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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

17. La fuga del principe Hassin
Sir Hunton, che non
dubitava di aver invitato un'autentica principessa indiana e non aveva il minimo
sospetto della trama così abilmente ordita dall'astuto maharatto, fece
gli onori di casa con la più squisita cortesia e senza risparmi, poiché gli era
stato donato un diamante di grande valore. Il pranzo offerto alla principessa
non poteva essere migliore. Il cuoco aveva saccheggiato la dispensa, i pollai
dei dayachi e i vivai di pesce. Non mancavano nemmeno autentiche
bottiglie di vino di Spagna che il governatore aveva ricevuto in dono da un suo
amico delle Filippine e aveva serbato con cura per le grandi
occasioni. Quando i commensali ebbero terminato il tradizionale pudding, la notte incominciava a calare. - Il principe Hassin si
inquieterà non vedendoci - osservò Ada, dopo aver gettato uno sguardo
all'esterno. - Le tenebre scendono rapidamente, signor governatore. - È già
stato avvertito che andremo a prendere il thè in casa sua, Altezza - rispose sir
Hunton. - Non facciamoci aspettare troppo. - Se credete, alziamoci. -
Una passeggiata in riva al fiume ci farà bene. Si era alzata, gettandosi sul
capo una ricca mantiglia di seta per difendersi dall'umidità della notte, assai
pericolosa in quelle regioni. Kammamuri, che aveva preso parte al pranzo
nella sua qualità di segretario dell'amabile principessa, era già uscito. Due
marinai dello yacht lo attendevano in riva al fiume. - È tutto pronto? -
chiese loro. - Sì - risposero. - Quanti cavalli avete acquistati? -
Otto. - Dove ci attendono? - Sul margine del bosco. - Va bene:
raggiungete i compagni. Ada usciva in quel momento al braccio del
governatore. Kammamuri la raggiunse e con un rapido gesto lo fece comprendere
che tutto era pronto. La notte era splendida. Ad oriente una nube rosea, che
diventava rapidamente grigia, indicava il luogo dove era scomparso il sole. Il
cielo si copriva rapidamente di stelle che si specchiavano nelle placide acque
del fiume. Per l'aria svolazzavano i pipistrelli giganti, e fra i cespugli e
gli alberi erravano miriadi di lucertoline volanti, mentre le to-chi,
altre lucertoline, ma simili alle tarantole, uscivano dalle screpolature delle
case per cominciare le loro ardite evoluzioni sui soffitti delle stanze
emettendo le loro lievi strida: to-chi!... to-chi!... Sul fiume
qualche battelliere cantava una monotona canzone, mentre le giunche cinesi, le
sole navi che salgano fino a Sedang, accendevano le loro monumentali lanterne di
carta oliata o di talco. Mille profumi giungevano dalle vicine foreste: gli
alberi della canfora, le noci moscate, gli alberi dei garofani e i mangostani
esalavano i loro acuti aromi. Ada non parlava, ma cercava invece di
affrettare il passo; il governatore, che aveva bevuto un po' troppo, la seguiva,
facendo sforzi per mantenersi ritto. Fortunatamente la via era breve. Pochi
minuti dopo si trovavano dinanzi alla reggia dell'erede del sultano; una reggia
molto modesta, poiché era una casetta a due piani, circondata da una veranda e
guardata da quattro indiani armati incaricati di sorvegliare attentamente il
prigioniero. Il governatore, dopo essersi fatto annunziare, condusse la
principessa in un salottino adorno di divani e di tappeti già in gran parte
consunti, di alcuni specchi e d'un tavolo sul quale stavano ammucchiati, in
completo disordine, gingilli cinesi, chicchere, teiere e palle d'avorio
traforate. Il nipote di Muda-Hassin li attendeva seduto su di una vecchia
poltrona mezzo sgangherata, sormontata da un piccolo gaviale dorato, emblema dei
sultani di Sarawak. Il rivale di James Brooke non aveva in quell'epoca che
trent'anni. Era di alta statura, di portamento maestoso, con una bella testa
coperta da lunghi e neri capelli, un viso leggermente abbronzato adorno d'una
barba fuligginosa ma rada, e due occhi ardenti e intelligentissimi. Portava in
capo il turbante verde dei sultani del Borneo e indossava una lunga zimarra di
seta bianca, stretta alla cintola da una larga fascia di seta rossa, dalle cui
pieghe uscivano le impugnature di due kriss, distintivo dei grandi capi,
mentre al fianco gli pendeva un golok, pesante sciabola malese, lunga,
affilatissima, di ferro battuto. Vedendo entrare il governatore, s'alzò
facendo un piccolo inchino, poi fissò i suoi occhi sulla giovanetta con viva
curiosità, dicendo: - Siate i benvenuti nella mia casa. - La principessa
Raibh aveva mostrato il desiderio di visitarvi e ve l'ho condotta nella speranza
di farvi un piacere - rispose il governatore. - Vi ringrazio della vostra
cortesia, signore. Sono così rare le distrazioni in questa città e ancora più
rare le visite!... Il rajah Brooke ha torto a lasciarmi in questo
isolamento. - Voi lo sapete che il rajah diffida di voi. - Senza
ragione, poiché io non ho più partigiani. La saggia amministrazione del rajah Brooke me li ha staccati tutti. - I
dayachi sì, ma i
malesi... - Anche quelli, sir Hunton... ma lasciamo la politica, e permettete
che vi offra un buon thè. - Si dice che voi ne abbiate di veramente
eccellente - disse il governatore ridendo. - Vero thè fiorito, ve lo
assicuro: il mio amico Tai-Sin me ne regala sempre, quando approda a Sedang.
Servite il thè - disse poi. Kammamuri fu lesto a passare in una stanza attigua
dove si udiva un rumore di chicchere e poco dopo rientrava seguito da un piccolo
malese, il quale recava un servizio completo su di un vassoio d'argento. Il
furbo maharatto versò la deliziosa bevanda e nella chicchera destinata al
governatore lasciò cadere una pillola, che subito si sciolse. Offrì la prima
tazza alla sua padrona, la seconda a sir Hunton e la terza al nipote del
sultano, poi ritornò nella stanza vicina. Riempì rapidamente quattro tazze, vi
sciolse altrettante pillole, poi disse al piccolo malese: - Seguimi col
vassoio. - Vi sono altri invitati, signore? - chiese il servo. - Sì -
rispose il maharatto con un misterioso sorriso. - Vi è un'altra uscita
senza passare per il salotto? - Sì. - Precedimi. Il malese lo fece
passare in una terza stanzetta la cui porta metteva sulla via. A pochi passi
vegliavano le quattro sentinelle. - Giovanotti - disse il maharatto
muovendo verso di loro. - La mia padrona, la principessa Raibh, vi offre il thè
di Hassin. Giù tutto alla sua salute, ed ecco un pugno di rupie che vi prega di
accettare. I quattro indiani non si fecero pregare due volte. Intascarono
sollecitamente le rupie e tracannarono d'un fiato il thè, alla salute della
munifica principessa. - Buona guardia, giovanotti - disse Kammamuri,
ironicamente. Ritornò nel salotto del nipote del sultano. Proprio in quel
momento il governatore, vinto dal potente narcotico, rotolava dalla sedia
stramazzando pesantemente sui tappeti. - Buon riposo- disse il maharatto. Ada e Hassin si erano alzati. - Morto?...- chiese
quest'ultimo con accento selvaggio. - No, addormentato - rispose Ada. - E
non si sveglierà?... - Sì, ma fra ventiquattro ore e noi allora saremo molto
lontani. - Dunque è vero che voi siete venuta qui per rendermi la
libertà?... - Sì. - E per aiutarmi a riacquistare il trono dei miei
avi? - È vero! - Ma per quale motivo?... Che cosa potrò fare io per voi,
signora?... - Lo saprete più tardi: ora si tratta di fuggire. - Sono
pronto a seguirvi: ordinate. - Avete dei partigiani? - Tutti i malesi sono
con me! - E i dayachi?... - Si batteranno sotto le bandiere di
Brooke. - Conoscete un luogo sicuro dove possiate attendere i vostri
partigiani? - Sì, il kampong del mio amico Orango-Tuah. - È
lontano? - Presso la foce del fiume. - Andiamo: i cavalli sono
pronti. - Ma le guardie? - Dormono al pari del governatore - disse
Kammamuri. - Andiamo - ripeté Ada. Il giovane principe raccolse le gioie
racchiuse in un piccolo forziere, staccò da una parete un fucile e seguì Ada e
Kammamuri, dopo aver lanciato un ultimo sguardo sul governatore, il quale
russava sonoramente. Dinanzi alla porta giacevano i quattro indiani, l'uno
sull'altro, profondamente addormentati. Kammamuri prese loro le carabine e le
cartucce, poi emise un fischio. Dal bosco vicino uscirono i quattro marinai
dello yacht e Bangawadi. Essi conducevano otto cavalli. Kammamuri aiutò la sua
padrona a salire su uno dei migliori, poi balzò agilmente in groppa a un altro
dicendo: - Al galoppo!... Il drappello, guidato dal principe che conosceva la
via meglio di Bagawadi, si mise al galoppo seguendo il margine della grande
foresta che si estendeva lungo la sponda destra del fiume. I cavalieri erano
giunti di fronte alla città, quando sulla riva opposta si udì una voce
gridare: - Chi passa?... - Che nessuno risponda - disse il principe. -
Chi passa? - ripeté la voce con accento minaccioso. Non ricevendo risposta,
la sentinella che doveva aver scorto quel gruppo di cavalieri, quantunque la
notte fosse oscura, fece fuoco gridando: - All'armi!... La palla passò
fischiando sopra il drappello e si perdette nella vicina foresta. -
Sprona!... - gridò Kammamuri. I cavalli partirono di carriera, mentre verso
la città si udivano le guardie del palazzo del governatore gridare: -
All'armi!... Il drappello percorse buon tratto della riva destra, poi guadò
il fiume ad un miglio dalla città e passò sulla sponda sinistra per percorrere
la via che conduce alla costa. - Credete che c'inseguiranno? - chiese Ada al
principe. - Lo temo, signora - rispose il pretendente. - A quest'ora avranno
già trovato il governatore e, accorgendosi della mia fuga, si lanceranno tutti
sulle nostre tracce. - Ma sono solamente venti. - Sedici, signora, poiché
quattro dormono. - Tanto meglio. Potremo respingerli facilmente. - Ma
andranno a cercare soccorsi nei villaggi dei dayachi e prima di dodici
ore avremo ai talloni due o trecento armati. - Giungeremo prima al kampong? - Fra due ore ci saremo, e se verranno ad assalirci
troveranno un osso duro da rodere. Fra due giorni spero di radunare cinque o sei
mila malesi e un centinaio di prahos. - Armati di cannoni, i prahos? - Alcuni solamente, e saranno sufficienti per assalire la
flotta di Brooke. - Fortunatamente fra quattro o cinque giorni giungeranno
molte artiglierie. - Delle artiglierie, avete detto?... - esclamò il
principe, al colmo dello stupore. - Sì, servite dai più formidabili pirati
del Borneo. - Da quali? - Da quelli di Mompracem. - Di Mompracem?...
Sandokan, la invincibile Tigre della Malesia, viene dunque in mio
soccorso?... - Lui no, ma le sue bande forse a quest'ora navigano verso la
baia di Sarawak. - Ma dov'è Sandokan? - Nelle mani del rajah. -
Lui prigioniero?... È impossibile!... - È stato vinto da forze venti volte
superiori alle sue, dopo un terribile combattimento, e fatto prigioniero assieme
con il suo luogotenente e il mio fidanzato. È per salvare loro che io vi ho
fatto fuggire. - Ma dove sono ora? - A Sarawak. - Li libereremo,
signora, ve lo giuro. Quando i malesi sapranno che le bande di Mompracem
prendono parte alla lotta insorgeranno tutti. James Brooke non ha che pochi
giorni di potere. - Alt! - gridò in quell'istante una voce. Il principe
rattenne violentemente il proprio cavallo e si pose davanti alla giovanetta
snudando il golok. - Chi vive? - gridò. - Guerrieri di
Orango-Tuah. - Va' a dire al tuo capo che il nipote di Muda-Hassin viene a
visitarlo. Poi volgendosi verso la giovanetta e indicandole una massa oscura
che s'ergeva sull'orlo d'una grande foresta, le disse: - Ecco il kampong!... Ora possiamo sfidare le guardie del
governatore.
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