|

I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

11. Il combattimento
La detonazione non era ancora
cessata che urla spaventevoli rimbombavano nella prateria. Subito dopo,
dieci, quindici, venti schioppettate partivano dai cespugli con rapidità
fulminea. Una quindicina di indiani, parte morti e parte feriti, era rotolata
fra le erbe prima ancora di aver potuto far uso delle armi. - Avanti, miei
tigrotti! - urlò la Tigre della Malesia scavalcando il muricciuolo seguito da
Kammamuri, da Aïer-Duk e dagli altri. - Addosso a quei cani! Sambigliong e
Tanauduriam si slanciarono fuori dai cespugli con la scimitarra in pugno,
traendosi dietro i loro drappelli. - Viva la Tigre della Malesia! - urlarono
gli uni. - Viva Sandokan! Viva Mompracem! - urlarono gli
altri. Gl'indiani, vedendosi assaliti, si riunirono rapidamente scaricando a
casaccio i loro fucili. Tre o quattro pirati caddero insanguinando il
suolo. - Avanti, tigrotti! - ripeté la Tigre. I pirati, incoraggiati dal
loro capo, si gettarono furiosamente contro le file nemiche, sciabolando senza
pietà quanti si trovavano dinanzi a loro. L'urto fu così terribile che gli
indiani ripiegarono confusamente gli uni addosso agli altri, formando una massa
compatta di corpi umani. La Tigre della Malesia vi penetrò, come un cuneo
entro il tronco di un albero, e la divise in due. Dieci pirati lo seguirono
prendendo alle spalle gli indiani, i quali, perduta ormai ogni speranza, si
gettarono a destra e a sinistra cercando di salvarsi con una pronta
fuga. Alcuni di essi, però, tenevano duro: in mezzo a loro stava James
Brooke. Sandokan assalì furiosamente quel gruppo, deciso a distruggerlo pur
d'avere in mano il suo mortale nemico. Kammamuri, Aïer-Duk e Tanauduriam lo
avevano seguito con parecchi altri, mentre Sambigliong dava la caccia ai
fuggiaschi per impedire loro di riunirsi e di ritornare alla carica. -
Arrendetevi, James Brooke - gridò Sandokan. Il rajah rispose con un
colpo di pistola la cui palla fece stramazzare un pirata. - Avanti, tigrotti!
- urlò Sandokan, rovesciando un indiano che lo toglieva di mira. Il gruppo in
men che non si dica, malgrado la sua disperata resistenza fu aperto dalle
scimitarre e dai kriss avvelenati dei tigrotti di Mompracem. Kammamuri e
Tanauduriam si gettarono sul rajah, impedendogli di seguire i suoi fedeli
che fuggivano attraverso alla prateria inseguiti da Aïer-Duk e dai suoi
compagni. - Arrendetevi! - gli gridò Kammamuri, strappandogli la sciabola e
le pistole. - Mi arrendo - rispose James Brooke, che comprendeva come ogni
resistenza fosse ormai inutile. Sandokan si fece innanzi con la scimitarra in
pugno. - James Brooke - disse con accento beffardo, - sei mio. Il rajah, che era stato atterrato dal pugno di ferro di Tanauduriam, si alzò
guardando in viso il capo dei pirati che non aveva mai veduto. - Chi sei tu?
- chiese con voce strozzata dall'ira. - Guardami in viso - disse
Sandokan. - Saresti tu... - Sono Sandokan, o meglio, la Tigre della
Malesia. - Lo avevo sospettato. Ebbene, signor pirata, che cosa si vuole da
James Brooke? - Una risposta, innanzi a tutto. Un sorriso ironico sfiorò
le labbra del rajah. - E risponderò io? - disse. - Sì; dovessi
impiegare il fuoco per farti parlare, James Brooke. Ti odio, sai, ma ti odio
come sa odiare la Tigre. Tu hai fatto troppo male ai pirati della Malesia, e
potrei vendicare quelli che hai spietatamente assassinati. - E non avevo
forse il diritto di sterminarli? - Ed anch'io avevo il diritto di sterminare
gli uomini di razza bianca che mi avevano colpito al cuore. Ma lasciamo i
diritti e rispondete alla mia domanda. - Parlate. - Che avete fatto di
Yanez? - Yanez! - esclamò il rajah. - Vi interessa molto
quell'individuo? - Assai, James Brooke. - Non avete torto. - L'avete
fatto prigioniero? - Sì. - Lo sospettavo. E quando? - Questa sera. -
E in che modo? - Siete troppo curioso, signor pirata. - Non volete
dirmelo? - Anzi, ve lo dirò. - Parlate dunque. - Conoscete lord
Guillonk? Sandokan nell'udire quel nome trasalì. Una profonda ruga si disegnò
sulla sua ampia fronte, ma tosto si dileguò. - Sì - rispose con voce
sorda. - Se non m'inganno, lord Guillonk è vostro zio. Sandokan non
rispose. - Fu vostro zio che riconobbe Yanez e che lo fece arrestare. -
Lui!... - esclamò Sandokan. - Ancora lui!... E dove trovasi Yanez? - Nella
mia abitazione, solidamente legato e ben guardato. - Che farete di lui? -
Non lo so, ma vi penserò. - Ci penserete? - esclamò la Tigre della Malesia
sorridendo, ma d'un sorriso che faceva fremere. - E non pensate, James Brooke,
che siete in mia mano? E non pensate, James Brooke, che io vi odio? E non
pensate che domani mattina potreste non essere più rajah di
Sarawak? Il rajah, quantunque possedesse un coraggio straordinario, a
quelle parole era diventato pallido. - Si vorrebbe uccidermi? - chiese con un
tono di voce che non era più calmo. - Se non accettate lo scambio, lo farò -
disse freddamente Sandokan. - Uno scambio? E quale? - Che i vostri mi
restituiscano Yanez, ed io restituirò a voi la libertà. - Vi preme dunque
quell'uomo? - Assai. - Perché? - Perché mi ha sempre amato come se
fossi suo fratello. Accettate la proposta? - Accetto - disse il rajah,
dopo un momento di riflessione. - Dovete lasciarvi legare e
imbavagliare. - Perché? - I vostri potrebbero ritornare qui in maggior
numero e darci battaglia. - Volete condurmi via? - In un luogo
sicuro. - Fate quello che credete. Sandokan fece un gesto a Kammamuri.
Subito quattro barelle di rami intrecciati, portate da robusti pirati, si fecero
innanzi. La prima era libera, la seconda era occupata da Tremal-Naik e le altre
da due dayachi del drappello di Sambigliong, gravemente feriti. -
Imbavaglia e lega il rajah - disse Sandokan al maharatto. - Sta
bene, capitano. Con solide corde legò il rajah, lo imbavagliò con un
fazzoletto di seta, indi lo fece collocare nella barella vuota. - Dove
andiamo, capitano? - chiese quand'ebbe finito. - Torniamo all'accampamento -
rispose Sandokan. Accostò il fischietto d'argento alle labbra e ne trasse tre
note acute. I pirati che stavano inseguendo gli indiani tornarono rapidamente
indietro, con Sambigliong e Aïer-Duk. Sandokan fece rapidamente
l'appello. Undici uomini mancavano. - Sono morti - disse
Tanauduriam. Il drappello si mise rapidamente in cammino, cacciandosi sotto i
boschi e descrivendo un semicerchio attorno alla collina dominata dal fortino.
Dieci uomini, guidati da Sambigliong e da Tanauduriam, aprivano la marcia con le
carabine in mano, pronti a respingere qualsiasi attacco, poi venivano le barelle
dei feriti, quella del rajah e quella di Tremal-Naik, Aïer-Duk, con gli
altri, chiudeva la marcia. Il viaggio fu rapidissimo. Alle cinque del
mattino, senza che avessero incontrato alcun indiano od alcun dayaco,
giungevano al villaggio abbandonato, difeso da solide palizzate e da
terrapieni. Sandokan lanciò alcuni uomini in tutte le direzioni, per non
venire improvvisamente attaccato dalle truppe di Sarawak, poi fece slegare il rajah, il quale durante il viaggio non aveva mai tentato di pronunciare
una parola. - Se non vi dispiace, scrivete, James Brooke - gli disse Sandokan
presentandogli un foglietto di carta e una matita. - Cosa devo scrivere? -
chiese il rajah che sembrava assai calmo. - Che siete prigioniero
della Tigre della Malesia e che per salvarvi bisogna porre immediatamente in
libertà Yanez, o meglio lord Welker. Il rajah prese il foglietto, se
lo mise sulle ginocchia e si accinse a scrivere. - Un momento - disse
Sandokan. - C'è qualcosa d'altro? - chiese l'inglese inarcando le
ciglia.- Aggiungete che se fra quattro ore Yanez non è qui, io vi impiccherò
al più grosso albero della foresta. - Sta bene. - Un'altra cosa aggiungete
- disse Sandokan. - Ed è?... - Che non tentino di liberarvi con la forza,
perché al primo drappello armato che scorgo vi faccio egualmente appiccare. -
Pare che vi prema assai di vedermi appiccato - disse il rajah con
ironia. - Non lo nego, James Brooke - rispose Sandokan dardeggiando su di lui
uno sguardo feroce. - Scrivete. Il rajah prese la matita e scrisse la
lettera che poi passò a Sandokan. - Va bene - rispose questi dopo averla
letta. - Sambigliong! Il pirata accorse. - Porterai questa lettera a
Sarawak - disse la Tigre. - La consegnerai a lord James Guillonk. - Devo
prendere le mie armi? - Nemmeno il tuo kriss. Va' e torna presto. -
Correrò come un cavallo, capitano. Il pirata nascose la lettera sotto la
cintura, gettò a terra la scimitarra, la scure ed il kriss e partì di
corsa. - Aïer-Duk - disse Sandokan, rivolgendosi al pirata che gli stava
vicino. - Sorveglierai attentamente questo inglese. Bada che se fugge ti faccio
fucilare. - Fidatevi di me, capitano - rispose il tigrotto. Sandokan armò
la sua carabina, chiamò Kammamuri che si era accoccolato presso il suo padrone
addormentato e lasciò il villaggio dirigendosi verso un'altura dalla quale, in
lontananza, si vedeva la città di Sarawak. - Lo salveremo, dunque, il
capitano Yanez? - chiese il maharatto che lo seguiva. - Sì - rispose
Sandokan. - Fra due ore sarà qui. - Siete certo? - Certissimo. Il rajah vale quanto Yanez. - State in guardia, però, capitano - disse il
maharatto. - Gli indiani,m e a Sarawak ve ne sono parecchi, sono capaci
di attraversare un bosco senza produrre il più piccolo rumore. - Non temere,
Kammamuri. I miei pirati sono più astuti degli indiani e nessun nemico si
avvicinerà al nostro villaggio senz'essere scoperto. - Ci inseguirà poi il rajah? - Certamente, Kammamuri. Appena sarà tornato a Sarawak
raccoglierà le sue guardie e i dayachi e si lancerà sulle nostre
tracce. - Avremo quindi una seconda battaglia. - No, perché partiremo
subito. - Per dove? - Per la baia ove trovasi Ada Corishant. - E
dopo? - Acquisteremo un praho e lasceremo per sempre queste coste, ti
ho detto. - E dove condurrete il mio padrone? - Dove egli vorrà andare.
- Erano allora giunti sulla cima dell'altura che si alzava di parecchi metri
sopra i più alti alberi della boscaglia. Sandokan accostò le mani agli occhi per
difenderli dai raggi solari e guardò attentamente il paese circostante. A
dieci miglia era Sarawak. Il fiume che passava vicino alla città spiccava
chiaramente fra il verde delle piantagioni e dei boschi, come un gran nastro
d'argento. - Guarda laggiù - disse Sandokan additando al maharatto un
uomo che correva come un cervo verso la città. - Sambigliong! - esclamò
Kammamuri. - Se mantiene quel trotto sarà qui fra due ore. - Lo spero. Si
sedette ai piedi di un albero e si mise a fumare, guardando attentamente la
città. Kammamuri lo imitò. Trascorse un'ora, lunga quanto un secolo, senza
che nulla accadesse; poi ne passò una seconda, più lunga per i due pirati della
prima. Finalmente, verso le 10, un drappello di persone apparve vicino a un
boschetto di ippocastani. Sandokan balzò in piedi. Sul suo viso, di solito
impassibile, era dipinta una viva ansietà. Quell'uomo, quel pirata sanguinario,
lo si capiva, amava straordinariamente il suo fido compagno, il coraggioso
Yanez. - Dov'è? Dov'è?... - lo udì mormorare Kammamuri. - Vedo una veste
bianca in mezzo al drappello. Guardate! - disse Kammamuri. - Sì, sì, la vedo!
- esclamò Sandokan con indescrivibile gioia.- È lui, il mio buon Yanez. Presto,
fratello mio, fa' presto! Stette lì, immobile, curvo, con gli occhi fissi su
quel vestito bianco, poi quando vide il drappello scomparire sotto la grande
foresta si slanciò precipitosamente giù dall'altura correndo verso il
campo. Due pirati che guardavano il bosco giungevano nel medesimo
istante. - Capitano - gridarono, - essi vengono col signor Yanez. - Quanti
sono? - chiese Sandokan, che si dominava a stento. - Dodici con
Sambigliong. - Armati? - Senz'armi. Sandokan accostò il fischietto alle
labbra e ne cavò tre note acute. In pochi istanti tutti i pirati si trovarono
attorno a lui. - Preparate le armi - disse la Tigre. - Signore! - gridò
James Brooke, che stava seduto ai piedi di un albero, attentamente guardato da
Aïer-Duk. - Volete assassinare i miei uomini? La Tigre si volse verso
l'inglese. - James Brooke - rispose con voce grave, - la Tigre della Malesia
mantiene la sua parola. Fra cinque minuti voi sarete libero. - Chi va là? -
gridò in quell'istante una sentinella appostata a duecento metri dalle
trincee. - Amici - rispose la voce ben nota di Sambigliong. - Abbasso il
fucile.
|
.



|
|