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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

10. Nel cimitero
Mentre nella casa del rajah
accadevano gli avvenimenti or ora narrati, Sandokan che era stato, due ore dopo
il seppellimento di Tremal-Naik, raggiunto dal bravo maharatto, si
avvicinava a grandi passi alla città, seguito da tutta la sua terribile banda,
armata fino ai denti e pronta a combattere. La notte era bellissima. Miriadi
di stelle luccicavano in cielo come diamanti e la luna vagava nello spazio,
spandendo al di sopra dei grandi boschi una luce azzurrognola d'infinita
dolcezza. Un silenzio quasi perfetto regnava ovunque, rotto solo, di quando
in quando, da una lieve brezzolina che veniva dal mare e che curvava, con lieve
sussurrio, le foglie degli alberi. Sandokan, con la carabina sotto i]
braccio, gli occhi ben aperti, gli orecchi tesi per raccogliere il minimo rumore
che segnalasse la presenza di un nemico, camminava innanzi a tutti, seguito a
breve distanza dal maharatto. I pirati lo seguivano in fila indiana
col dito sul grilletto del fucile, calpestando con precauzione le foglie secche
ed i rami morti, e guardando attentamente a destra e a sinistra per non cadere
in un agguato. Alle dieci, nel momento in cui la festa da ballo del rajah cominciava, i pirati giungevano sul limite estremo dell'immensa
boscaglia. Ad oriente scintillava, come un immenso nastro d'argento, il
fiume, e presso le sue rive biancheggiavano le case e le casette della città. In
mezzo a queste, lo sguardo acuto di Sandokan distinse l'abitazione del rajah, le cui finestre erano illuminate. - Vedi nulla laggiù,
Kammamuri? - chiese. - Sì, capitano. Vedo delle finestre illuminate. - Si
danza, dunque, a Sarawak. - È certo. - Sta bene. Domani James Brooke si
pentirà!... - Lo credo, capitano. - Mettiti in testa e guidaci al
cimitero. Bada però di tenerti lontano dalla città. - Non temete,
capitano. - Avanti, dunque. La banda lasciò la foresta e s'inoltrò
attraverso una vasta pianura coltivata, sparsa qua e là di bellissimi gruppi di
cetting e di aranghe saccarifere. Dalla città, quando il venticello
soffiava un po' più fortemente, grida confuse, ma per le campagne non si vedeva
alcun abitante, né alcun drappello di guardie. Il maharatto nondimeno
prese un passo rapido e condusse la banda sotto un nuovo bosco che girava
attorno al colle difeso dal fortino. Egli sapeva che il rajah era
estremamente sospettoso e che teneva delle spie attorno alla città, paventando
un improvviso attacco da parte dei pirati di Mompracem. Dopo un venti minuti,
Kammamuri faceva cenno alla banda di arrestarsi. - Che cosa c'è - chiese
Sandokan raggiungendolo. - Siamo in vista del cimitero - disse il maharatto. - Dov'è? - Guardate laggiù, capitano, in quel
prato. Sandokan guardò nella direzione indicata e vide il recinto. La luna
faceva biancheggiare i cippi e scintillare le croci di ferro dei sepolcri
europei. - Odi nulla? - chiese Sandokan. - Nulla - rispose il maharatto, - fuorché il vento che sussurra fra i rami degli
alberi. Sandokan gettò un fischio. I pirati si affrettarono a raggiungerlo e
lo circondarono. - Uditemi, tigrotti di Mompracem - diss'egli. - Forse non
succederà nulla, ma bisogna diffidare. James Brooke, io lo so, è un uomo
perspicace e sospettoso che darebbe il suo regno per schiacciare la Tigre della
Malesia ed i suoi tigrotti. - Lo sappiamo - risposero i pirati. -
Prendiamo dunque delle precauzioni per non venire disturbati nel nostro lavoro.
Tu, Sambigliong, prenderai otto uomini e li disporrai attorno al cimitero, a
mille passi di distanza. Al primo segnale che odi, o al primo uomo che vedi,
manderai uno dei tuoi ad avvertirmi. - Sta bene, capitano - rispose il
pirata. - Tu, Tanauduriam, ne prenderai sei e li disporrai attorno al
cimitero a cinquecento passi da noi. Anche tu al primo fischio o al primo uomo
che vedrai mi verrai ad avvertire. - Sarà fatto, capitano. - E tu,
Aïer-Duk, prenderai quattro uomini e salirai a mezza costa di quella collina.
Lassù c'è un fortino abitato e potrebbe scendere qualcuno. - Sono pronto,
Tigre della Malesia. - Andate, dunque, e al mio primo fischio ripiegatevi
tutti verso il cimitero. I tre drappelli si divisero, prendendo tre diverse
direzioni. Gli altri pirati, guidati dalla Tigre della Malesia e da Kammamuri,
scesero verso il recinto. - Sai precisamente dove fu sepolto? - chiese
Sandokan a Kammamuri. - In mezzo al cimitero - rispose il maharatto. - Molto profondo? - Non lo so. Io e il capitano Yanez
eravamo ai piedi del colle quando i marinai lo sotterrarono. Lo ritroveremo
vivo? - Vivo sì, ma non riaprirà gli occhi che domani dopo mezzodì. - Dove
andremo dopo che lo avremo disotterrato? - Torneremo nei boschi e, appena
Yanez ci avrà raggiunti, ci recheremo da Ada. - E poi? - Poi partiremo
subito. Se James Brooke si accorge del tiro, ci darà la caccia su tutto il
territorio. Erano allora giunti nel recinto, Sandokan per primo, il maharatto e i pirati poi entrarono nel cimitero. - Siamo soli, a
quanto pare - disse Sandokan. - Avanti. Si diressero verso il centro del
cimitero e si arrestarono davanti ad una fossa riempita di fresco. -
Dev'essere qui - disse il maharatto con viva commozione. Povero
padrone! Sandokan estrasse la scimitarra e sollevò con precauzione la
terra. Kammamuri e i pirati col loro kriss, lo imitarono. - Era
chiuso in una cassa o in un'amaca? - chiese Sandokan. - In un'amaca - rispose
Kammamuri. - Scavate adagio; si potrebbe ferirlo. Scavando con prudenza e
ritirando la terra con le mani, erano giunti a due piedi di profondità, quando
la punta di un kriss incontrò una certa resistenza. - Ci siamo - disse
un pirata ritirando prontamente il braccio. - Hai trovato il corpo? - chiese
Sandokan. - Sì - rispose l'interrogato. - Leva la terra. Il pirata
cacciò le braccia nella fossa e fece volare a destra e a sinistra la terra.
Subito apparve l'amaca che avvolgeva Tremal-Naik. - Prova ad alzarla - disse
Sandokan. Il pirata afferrò l'amaca e, riunendo tutte le sue forze, si mise a
tirare. A poco a poco la terra si alzò, poi si divise e il tumulato
apparve. - Padron mio - mormorò il maharatto con voce soffocata dalla
gioia. - Deponetelo qui - disse Sandokan. Tremal-Naik fu collocato presso
la fossa. L'amaca era perfettamente immobile e umida. - Vediamo - disse
Sandokan. Impugnò il kriss e delicatamente squarciò in tutta la
lunghezza la grossa stoffa, mettendo allo scoperto Tremal-Naik. L'indiano
aveva le apparenze di un morto. I suoi muscoli erano rigidi, la sua pelle
lucente e di una tinta grigiastra, invece che bronzea, gli occhi rovesciati che
lasciavan solamente vedere il bianco, le labbra aperte e macchiate d'una bava
sanguigna. Chiunque l'avesse visto, avrebbe detto che quell'uomo era stato
ucciso da un potente veleno. - Padron mio! - ripeté Kammamuri curvandosi su
di lui. - È proprio vero, capitano, che non è morto? - Te lo garantisco -
rispose Sandokan. Il maharatto appoggiò una mano sul petto di
Tremal-Naik. - Il suo cuore non batte - disse con terrore. - Ma non è
morto, ti ho detto. - Non si può farlo risuscitare ora? - È
impossibile. - E domani a... Il maharatto non finì la domanda.
Nella pianura era improvvisamente echeggiato un fischio acuto: il fischio
d'allarme. Sandokan, che si era inginocchiato presso Tremal-Naik, balzò in
piedi con l'agilità d'una tigre. Il suo sguardo percorse d'un colpo solo la
prateria. - Un uomo s'avvicina - disse. - Un pericolo ci minaccia
forse? Un pirata s'avvicinava al recinto con la rapidità di un cervo. Nella
destra aveva una scimitarra sguainata che la luna faceva scintillare come se
fosse d'argento. In brevi istanti, dopo aver varcato con un solo salto la
palizzata, fu presso Sandokan. - Sei tu, Sambigliong? - chiese la Tigre della
Malesia, aggrottando la fronte. - Sì, mio capitano - disse il pirata con voce
rotta per la lunga corsa. - Che nuove mi rechi? - Stiamo per essere
assaliti. - Chi? - Nopi - Sandokan fece un passo innanzi. S'era tutto
d'un tratto trasfigurato. I suoi occhi mandavano baleni, le labbra, ritrattesi,
mostravano i denti, bianchi come quelli di un carnivoro. La Tigre della Malesia
stava per risvegliarsi. - Noi, assaliti!... - ripeté stringendo con frenesia
la sua terribile scimitarra. - Sì, capitano. Una banda d'uomini armati è
uscita dalla città e si dirige a rapidi passi verso questo luogo - disse
Sambigliong. - Quanti uomini sono? - Una sessantina almeno. - E si
dirigono qui? - Sì, capitano. - Che cos'è accaduto dunque?... E Yanez?...
Che sia stato scoperto?... Guai a te, James Brooke, guai a te!... - Che cosa
dobbiamo fare? - chiese Sambigliong. - Radunare i nostri uomini, prima di
tutto. Accostò alle labbra un fischietto al cui suono tutti i pirati si
raccolsero attorno a lui. - Siamo in cinquantasei - disse quindi, ma tutti
coraggiosi; cento uomini non ci fanno paura. - Nemmeno duecento - disse
Sambigliong agitando la scimitarra. - Quando la Tigre della Malesia darà il
comando, piomberemo su Sarawak e la incendieremo. - Non domando, tanto, per
ora - disse Sandokan. - Ascoltatemi. - Parlate, Tigre della Malesia. - Tu,
Sambigliong, prenderai otto uomini e andrai a nasconderti dietro quegli alberi.
Tu, Tanauduriam, ne prenderai altrettanti e ti nasconderai dietro quell'altro
gruppo di piante, proprio di fronte a Sambigliong. - Bene - dissero i due
capi. - Tu, Aïer-Duk, prenderai tre uomini e ti collocherai in mezzo al
cimitero. - Va bene. - Ma fingerai di scavare una fossa. - Perché? -
Per lasciare che le guardie si avvicinino senza timore. Io mi nasconderò cogli
altri dietro al muricciuolo e, quando sarà giunto il momento propizio, darò il
segnale dell'attacco. - Che sarà?... - chiese Sambigliong. - Un colpo di
fucile. Dato il segnale, tutti voi scaricherete le carabine sul nemico, poi lo
assalirete con le scimitarre. - Bel piano! - esclamò Tanauduriam. - Li
prenderemo in mezzo. - A posto! - comandò la Tigre. Sambigliong con i suoi
uomini andò ad imboscarsi nella macchia di destra; Tanauduriam cogli altri in
quella di sinistra. La Tigre della Malesia s'inginocchiò dietro al muricciuolo,
circondato dagli altri, e Aïer-Duk coi compagni si mise presso Tremal-Naik
fingendo di scavare la terra. Era tempo. Una doppia fila d'indiani sbucava
allora nella prateria preceduta da un uomo vestito di tela bianca. Si avanzavano
in silenzio, coi fucili in mano, pronti ad assalire. - Kammamuri - disse
Sandokan che spiava la banda nemica, vedi chi è quell'uomo vestito di bianco?
- S', capitano. - Sapresti dirmi chi è? Il maharatto aggrottò
le ciglia e guardò con estrema attenzione. - Capitano - disse con una certa
commozione, - scommetterei che quell'uomo è il rajah Brooke. - Lui...
lui... - esclamò la Tigre con accento d'odio. - Lui viene a sfidarmi!... Rajah Brooke, sei perduto! - Volete ucciderlo! - Il mio primo colpo
di fucile sarà per lui. - Non lo farete, capitano. La Tigre della Malesia
si volse verso Kammamuri mostrando i denti. - Capitano, Yanez è forse
prigioniero. - È vero. - Se noi c'impadronissimo del rajah, non
sarebbe meglio? - Ti comprendo. Tu vorresti fare uno scambio. - Sì,
capitano. - L'idea è eccellente, Kammamuri. Ma io odio quell'uomo che tanto
male ha fatto ai pirati malesi. - Yanez vale più del rajah. - Hai
ragione, maharatto. Sì, Yanez è prigioniero, il cuore me lo dice. -
Dunque? Chi si incaricherà di prenderlo? - Noi due. Zitto ora e attenti al
segnale. Gl'indiani erano giunti a quattrocento metri dal cimitero. Temendo
di venire scoperti da Aïer-Duk, che continuava a scavare imitato dai suoi tre
compagni, si erano gettati a terra e avanzavano strisciando. - Ancora dieci
passi - mormorò Sandokan, tormentando la batteria della sua carabina, - poi vi
farò vedere come si batte la Tigre della Malesia in mezzo ai tigrotti di
Mompracem. Ma gli indiani, invece di continuare ad avanzarsi, ad un cenno del
rajah si erano fermati volgendo gli sguardi verso le macchie che
circondavano la prateria. Senza dubbio sospettavano un agguato. Dopo
alcuni minuti si allargarono, formando una specie di semicerchio, e ripresero,
ma con maggior prudenza, la marcia in avanti. Ad un certo momento Sandokan,
che era inginocchiato dietro al muricciuolo, si alzò. Puntò la carabina, mirò
alcuni secondi, poi premette il grilletto. Un colpo rintronò turbando il
profondo silenzio che regnava nel cimitero. Un indiano, il capofila, cadeva
all'indietro con una palla in fronte.
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