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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

12. La resurrezione di Tremal-Naik
Il drappello
sbucava dal folto del bosco. Era composto da Sambigliong, da un ufficiale della
guardia del rajah, da dieci indiani disarmati e da Yanez che non aveva né
le mani né le gambe legate. Sandokan, nello scorgere l'amico, non fu capace
di vincersi. Gli corse incontro e, allontanando violentemente gli indiani, se lo
strinse al petto con frenesia. Eppure quell'uomo era la Tigre della Malesia, era
il feroce capo dei pirati di Mompracem che da tanti anni insanguinavano i flutti
del mare malese. - Yanez!... Fratello mio! - esclamò con voce soffocata dalla
gioia. - Sandokan, amico mio, finalmente ti rivedo!.. - gridò il buon
portoghese, che non era meno commosso. - Temevo di non abbracciarti mai
più! - Non ci lasceremo più, Yanez, te lo giuro. - Lo credo, fratellino.
Che bella idea hai avuto facendo prigioniero il rajah. L'ho sempre detto
che tu sei un grand'uomo. E Tremal-Naik? Dov'è quel povero indiano? - A pochi
passi da noi. - Vivo? - Vivo, ma ancora addormentato. - E la
fidanzata? - È ancora pazza, ma tornerà in sé. - Signore - disse in
quell'istante una voce. Sandokan e Yanez si volsero. James Brooke stava loro
dinanzi, calmo, ma un po' pallido, con le braccia incrociate sul petto. -
Siete libero, James Brooke - disse Sandokan. - La Tigre della Malesia mantiene
la sua parola. Il rajah fece un leggero inchino e si allontanò di
alcuni passi, poi tornando bruscamente indietro: - Tigre della Malesia -
disse, - quando ci rivedremo? - Volete una rivincita? - chiese Sandokan con
ironia. - James Brooke non perdona. Sandokan lo guardò per alcuni istanti
in silenzio, quasi fosse sorpreso che quell'uomo osasse sfidarlo, poi, stendendo
il braccio destro verso il mare, disse con un accento che faceva fremere: -
Laggiù c'è un'isola: Mompracem. Il mare che la circonda è ancora rosso di sangue
e ingombro di navi colate a picco. Quando vi avvicinerete a quelle coste udrete
il ruggito della Tigre e i suoi tigrotti vi muoveranno incontro. Ma non
scordatevi, James Brooke, che la Tigre e i suoi tigrotti hanno sete di
sangue. - Verrò a trovarvi. - Quando? - L'anno venturo. Un sorriso
sfiorò le labbra del pirata. - Sarà troppo tardi - disse. - Perché? -
chiese il rajah sorpreso. - Perché allora non sarete più rajah
di Sarawak. Allora la rivoluzione sarà scoppiata nel vostro Stato e il nipote
del Sultano Muda-Hassin siederà al vostro posto. Il rajah, nell'udire
quelle parole, impallidì e fece un passo indietro. - Perché inventate queste
cose? - chiese con un tono di voce tutt'altro che calmo. - Non invento nulla,
milord - rispose Sandokan. - Voi sapete qualche cosa, dunque? - È
probabile. - Se vi pregassi di spiegarvi, mi... - Non mi spiego di più -
interruppe Sandokan. - Non mi resta che ringraziarvi
dell'avvertimento. Fece nuovamente un leggero inchino, raggiunse le sue
guardie e si allontanò a rapidi passi, dirigendosi verso Sarawak. Sandokan
con le braccia incrociate, cupo in volto, lo seguiva con lo sguardo. Quando non
lo vide più, un sospiro gli uscì dal petto. - Quell'uomo mi porterà sventura
- mormorò. - Lo sento. - Che cos'hai, Sandokan? - gli chiese Yanez
avvicinandosi. - Mi sembri inquieto. - Ho un triste presentimento, fratello -
disse il pirata. - Quale? - Fra noi e il rajah non è tutto
finito. - Temi che ci assalga? - Il cuore me lo dice. - Non credere ai
presentimenti, fratello mio. Fra due o tre giorni noi avremo abbandonato queste
coste e più nulla avremo da temere da parte del rajah. Dove andiamo
ora? - Alla baia e subito. Qui non mi sento sicuro. - Partiamo dunque.
Ma... e Tremal-Naik! - Prima di mezzogiorno non si sveglierà. Sandokan
diede il segnale della partenza e il drappello, coi feriti e con Tremal-Naik,
malgrado la rapidissima marcia del mattino, si rimise in cammino seguendo un
piccolo sentieruzzo aperto, chi sa quanti anni prima, dagli abitanti della
foresta. Sandokan e Yanez con dieci dei più coraggiosi tigrotti aprivano la
marcia con le carabine in mano: dietro venivano le barelle e poi tutti gli
altri, due a due, con gli occhi volti ai due lati del sentiero e gli orecchi
tesi per raccogliere il più piccolo rumore. Avevano percorso mezzo miglio
circa, quando Aïer-Duk, che si era spinto alcuni passi più innanzi per esplorare
la via, improvvisamente si arrestava armando il fucile. Yanez e Sandokan
s'affrettarono a raggiungerlo. - Non muovetevi - disse il dayaco. -
Che cos'hai visto? - chiese Sandokan. - Un'ombra attraversare rapidamente
quelle macchie. - Un uomo o un animale? - Mi è parso un uomo. - Può
essere un povero dayaco - disse Yanez. - E anche una spia del rajah - disse Sandokan. - Lo credi? - Ne sono quasi certo.
Aïer-Duk, prendi quattro uomini e batti il bosco. Noi intanto andremo
avanti. Il dayaco chiamò quattro compagni e si cacciò nella fitta
boscaglia, strisciando fra le radici, i rami d'albero ed i cespugli. Poi la
marcia fu ripresa attraverso filari di sontar, specie di palme che danno,
incidendo il loro tronco, un succo zuccherino assai gradevole, e delle cui
foglie anticamente si servivano i popoli della Malesia per scrivervi
sopra. Poco dopo il drappello veniva raggiunto da Aïer-Duk e dai suoi
compagni. Avevano perlustrato la foresta in tutti i sensi, ma non avevano
trovato nulla fuorché tracce recenti di piedi umani. - Erano numerose? -
chiese Sandokan che era ancora assai inquieto. - Quattro - rispose il dayaco. - Erano impronte di piedi nudi o calzati? - Di piedi
nudi. - Forse quei due uomini erano dayachi. Affrettiamoci, tigrotti,
qui non siamo troppo sicuri. Per la terza volta il drappello si rimise in
cammino sorvegliando attentamente gli alberi ed i cespugli e, dopo tre quarti
d'ora, giungeva sulle rive di un ampio corso d'acqua che sfociava in una vasta
baia semi-circolare. Sandokan mostrò al portoghese un isolotto, alla distanza
di trecentocinquanta metri circa, ombreggiato da bellissimi gruppi di alberi
sagù, di durion, di mangostani e di arenghe saccarifere e difeso, verso
la punta meridionale, da un vecchio ma ancor solido fortino dayaco,
costruito con panconi e pali di teck, legno duro quanto il ferro, che
resiste alle palle di un cannone di non piccolo calibro. - È là che riposa la
vergine della pagoda? - chiese Yanez. - Sì, Ada è in quel fortino -
rispose Sandokan. - Non potevi trovarle un posto migliore. La baia è bella e
l'isolotto ben difeso. Se James Brooke verrà ad assalirci, avrà un osso duro da
rodere. - Il mare è a cinquecento passi dall'isolotto, Yanez - disse
Sandokan, - e una nave può bombardare il fortino. - Ci difenderemo. - Non
abbiamo cannoni. - Ma i nostri uomini sono coraggiosi. - È vero, ma sono
pochi e... - Che cos'hai? - Zitto!... Hai udito?... - Io?... Nulla,
Sandokan. - Mi parVE che un ramo si sia spezzato. - Dove? - In mezzo a
quel macchione. - Che ci siano proprio delle spie?... Comincio ad essere
inquieto, Sandokan. - ED anch'io. Affrettiamoci: sospiro il momento di
giungere all'isolotto. Aïer-Duk!... Il dayaco s'avvicinò alla
Tigre. - Prendi otto uomini e accampati in questo luogo - disse Sandokan. -
Se vedi degli uomini ronzare in questi dintorni verrai ad avvertirmi. -
Contate su di me, capitano, - rispose il dayaco. - Nessuno s'avvicinerà
alla baia senza il mio permesso. Sandokan, Yanez e gli altri scesero verso la
baia, le cui sponde erano coperte da fitte boscaglie, e giunsero ad una piccola
cala presso la quale stava nascosta, sotto un ammasso di canne e di rami
d'alloro, una scialuppa. La Tigre girò all'intorno un rapido sguardo, ma non
vide alcuno. Una viva inquietudine si dipinse sul suo volto. - Uno dei miei
due uomini dovrebbe guardare la scialuppa, -disse. - Saranno tutti e due al
fortino - disse Yanez. - E hanno lasciato qui la scialuppa!... Yanez... ho il
cuore che mi batte forte... temo una disgrazia. - Quale? - Che abbiano
rapito Ada. - Sarebbe un colpo terribile! - Taci! - Ancora un
rumore?... - Sì, capitano Yanez - confermarono i pirati impugnando le armi.
Si vedevano i rami di un macchione di cespugli agitarsi a cento passi dalla
spiaggia. - Chi vive? - gridò Sandokan. - Mompracem - rispose una
voce. Poco dopo un pirata usciva dai cespugli. Era ansante e sudato, come se
avesse fatto una lunga corsa, e stringeva un fucile. - Viva la Tigre! -
esclamò scorgendo il capo. - Da dove vieni? - chiese Sandokan. - Dalla
foresta, capitano. - Dov'è la Vergine? - Nel fortino. - Sei
certo?... - L'ho lasciata due ore or sono sotto la guardia di Koty. Sandokan
respirò liberamente. - Cominciavo a temere - disse. - Come sta? -
Benissimo. - Che cosa faceva? - Quando la lasciai dormiva. - Hai veduto
qualcuno nei boschi? - Io no, ma Koty stamane ha visto un uomo passare lungo
la sponda e guardare con viva curiosità il fortino. Vedendosi osservato si
affrettò a scomparire. - E l'hai veduto quell'uomo? - L'ho cercato, ma non
sono riuscito a scoprirlo. - Che sia una spia del rajah? - chiese
Yanez. - È probabile - rispose Sandokan che pareva preoccupato. - Che
vengano ad assalirci qui?... - Chi può dirlo? - Che cosa conti di
fare?... - Lasciare questo posto al più presto. Imbarchiamoci. I due capi
e i loro uomini salirono nella scialuppa, attraversarono il braccio di mare che
era largo due o trecento metri e sbarcarono ai piedi della fortezza ove li
attendeva Koty. - Dorme ancora la vergine? - gli chiese Sandokan. - Sì,
capitano. - È accaduto nulla di straordinario? - No. - Andiamo a
vederla - disse Yanez. Sandokan gli additò Tremal-Naik che era stato deposto
su di uno strato di erbe e di foglie verdi. - Mancano pochi minuti a mezzodì
- disse. - Aspetta che si svegli. Ordinò ai suoi uomini di entrare nel
fortino e si sedette accanto all'indiano che non dava ancora segno di vita.
Yanez si accese una sigaretta e si sdraiò vicino a lui. - Ci vorrà molto,
prima che apra gli occhi? - chiese dopo alcune fumate a Sandokan che guardava
attentamente il viso dell'indiano. - No, Yanez. Vedo che la sua pelle a poco
a poco riacquista il colore naturale. È segno che il suo sangue ricomincia a
circolare. - Gli farai subito vedere la sua Ada? - Subito no, ma prima di
questa sera sì. - E se non lo riconoscesse? Se ella non riacquistasse la
ragione? - La riacquisterà. - Io dubito, fratello mio. - Ebbene,
tenteremo una prova. - E quale? - A suo tempo te lo dirò. - E
perché?... - Taci!... Un debole respiro aveva improvvisamente sollevato
l'ampio petto di Tremal-Naik e aveva mosso leggermente le sue labbra. - Si
sveglia, - mormorò Yanez. Sandokan si curvò sull'indiano e gli posò una mano
sulla fronte. - Si sveglia - disse. - Subito? - Subito. - Senza
fargli alcuna puntura? - Non ce n'è bisogno, Yanez. Un secondo respiro,
più forte del primo, sollevò nuovamente il petto di Tremal-Naik e le sue labbra
tornarono a muoversi. Poi le sue mani, che erano aperte, lentamente si chiusero,
le sue gambe pure lentamente si piegarono e infine i suoi occhi si aprirono
dilatandosi assai e si arrestarono su Sandokan. Rimase così alcuni istanti,
come se fosse sorpreso di trovarsi tuttora in vita, poi, con uno sforzo
violento, si alzò a sedere esclamando: - Vivo!... Ancora vivo! - E libero
- disse Yanez. L'indiano guardò il portoghese. Lo riconobbe subito. -
Voi!... Voi!... - esclamò. - Ma che cosa è successo? Come mi trovo qui? Ho
dormito io? - Per Bacco! - esclamò Yanez ridendo. - Non vi ricordate di
quella pillola che vi diedi nel fortino? - Ah!... Sì, sì... ora ricordo...
voi eravate venuto a trovarmi... Signore, signore, quanto vi ringrazio di avermi
liberato!... Così dicendo Tremal-Naik si era precipitato ai piedi di Yanez.
Questi lo rialzò e lo strinse affettuosamente al petto. - Come siete buono,
signore! - esclamò l'indiano che pareva avesse subito ricuperato le sue forze, e
che era fuori di sé dalla gioia. - Libero! Sono libero!... Vi ringrazio,
signore, vi ringrazio!... - Ringraziate quest'uomo, Tremal-Naik - disse Yanez
additandogli Sandokan che, con le braccia incrociate sul petto, guardava con
occhio commosso l'indiano. - È a quest'uomo, alla Tigre della Malesia, che voi
dovete la vostra libertà. Tremal-Naik si precipitò verso Sandokan che lo
accolse fra le sue braccia dicendo: - Sei mio amico! In quell'istante un
urlo di gioia risuonò alle loro spalle. Kammamuri, che era allora uscito dal
forte, correva loro incontro urlando: - Padrone! mio buon
padrone!... Tremal-Naik si slanciò verso il fedele maharatto che
pareva fosse diventato pazzo. I due indiani si abbracciarono a più riprese,
senz'essere capaci di scambiarsi una sola parola. - Kammamuri, mio buon
Kammamuri! - esclamò finalmente Tremal-Naik. - Credevo di non rivederti mai più
su questa terra. Ma come sei qui? Non ti hanno ucciso i thugs,
dunque? - No, padrone, no. Io sono fuggito per cercare te. - Per cercare
me! Ma sapevi che ero in questo luogo? - Sì, padrone, l'avevo saputo. Ah!
padrone! quanto ti ho pianto dopo quella notte fatale. Io ti stringo fra le
braccia, ti sento, eppure stento a credere che tu sia ancora vivo e libero. Non
ci lasceremo più, è vero? - No, Kammamuri, mai più. - Vivremo assieme al
signor Yanez e alla Tigre della Malesia. Quali nobili uomini, padrone! Se tu
sapessi quanto hanno fatto per te, se tu sapessi quante lotte... - Alto là,
Kammamuri - disse Yanez. - Altri uomini avrebbero fatto quello che abbiamo fatto
noi. - Non è vero, padrone. Nessun uomo potrà mai fare ciò che hanno fatto la
Tigre della Malesia e il signor Yanez. - Ma perché interessarsi tanto di me?
- chiese Tremal-Naik. - Eppure non vi ho mai veduti, signori. - Perché foste
un giorno il fidanzato di Ada Corishant - disse Sandokan, e mia moglie era
cugina di Ada Corishant. A quel nome l'indiano aveva fatto un passo indietro,
barcollando come se avesse ricevuto una pugnalata in mezzo al petto. Poi si
coprì con le mani il viso, mormorando con voce straziante: - Ada!... o mia
adorata Ada!... Un singhiozzo sollevò il suo petto e due lacrime, forse le
prime che stillavano da quegli occhi, gli rotolarono più per le gote abbronzate.
Sandokan gli si avvicinò e, abbassandogli le mani, disse con dolcezza: -
Perché piangete, mio povero Tremal-Naik? Questo è un giorno di gioia. - Ah,
signore!... - mormorò l'indiano. - Se voi sapeste quanto ho amato quella
donna!... Ada!... oh mia Ada!... Un secondo singhiozzo lacerò il petto
dell'indiano e nuove lacrime gli spuntarono sulle ciglia. - Calmatevi,
Tremal-Naik - disse Sandokan. - La vostra Ada non è perduta. L'indiano
risollevò il capo che teneva curvo sul petto. Un lampo di speranza balenava nei
suoi occhi neri. - Ella è salva? - Salva!... - disse Sandokan. - Ed è qui,
in quest'isolotto. Un urlo inumano irruppe dalle labbra di Tremal-Naik. -
Ella è qui... qui!... - gridò gettando all'intorno sguardi smarriti. -
Dov'è?... Io voglio vederla, io voglio vederla!... Ada!... Ada!... Oh mia
adorata Ada!... Fece l'atto di slanciarsi verso il fortino, ma Sandokan lo
afferrò per i polsi e con tale forza da fargli crocchiare i polsi. -
Calmatevi - gli disse. - Ella è pazza. - Pazza!... la mia Ada pazza!... -
gridò l'indiano. - Ah!... Ma io voglio vederla, signore, io voglio vederla fosse
pure per un solo momento. - La vedrete, ve lo prometto. - Quando? - Fra
pochi minuti. - Grazie, signore! grazie! - Sambigliong! - gridò
Yanez. Il dayaco, che ronzava attorno al fortino esaminando
attentamente le palizzate per assicurarsi se erano abbastanza solide per
sostenere un assalto, alla chiamata del portoghese accorse. - Dorme la vergine della pagoda? - chiese Sandokan. - No, capitano - rispose il
pirata. - È uscita alcuni minuti fa coi suoi guardiani. - Dove si è
diretta? - Verso la costa. - Venite, Tremal-Naik - disse Sandokan
prendendogli una mano. Ma vi raccomando di essere calmo: ricordate che è
pazza.
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