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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

4. sotto i boschi
Andò a chiudere la porta a
catenaccio e si affacciò con precauzione alla finestra. A quaranta passi dalla
palazzina, alla fresca ombra di un'alta arenga saccariferica, stupenda palma
dalle lunghe foglie piumate, se ne stava il maharatto, appoggiato ad un
lungo bambù, munito all'estremità di una aguzza punta di ferro, probabilmente
avvelenata. Non senza sorpresa, il portoghese vide accanto a lui un piccolo
cavallo carico di due grandi ceste di foglie di nipa piene fino all'orlo
di frutta di ogni specie e di pani di sagù. - Il maharatto è più
prudente di quanto credevo - mormorò Yanez.- Mi sembra un provveditore delle
miniere. Arrotolò una sigaretta e l'accese. Il bagliore della piccola fiamma
attirò subito lo sguardo di Kammamuri. - Il giovanotto mi ha scorto - disse
Yanez, - ma non si muove. Comprende che bisogna essere prudenti. Gli fece un
cenno con la mano, poi rientrò e aprì un cassetto del tavolino. C'erano dei
foglietti di carta, un calamaio, delle penne e una borsa ben gonfia che diede,
urtandola, un suono metallico. - Il mio amico Brooke ha pensato a tutto -
disse il portoghese ridendo. - Queste sobno fiammanti sterline. Levò un
foglietto di carta, lo lacerò a metà e scrisse in minutissimo
carattere:
Sii prudente e guardati bene attorno. Va' ad
aspettarmi alla taverna del cinese.
Arrotolò il pezzetto di carta e
staccò dalla parete un fusto cilindrico, di legno duro, trapanato nel mezzo,
armato all'estremità di un ferro di lancia ben assicurato con strisce di rotang. Era un
sumpintan, una cerbottana, lunga metri 1,40, con la
quale i dayachi lanciano a sessanta passi, con straordinaria precisione,
frecce intinte nel velenosissimo succo dell'upas - Devo essere ancora
abile - disse il portoghese, esaminando l'arma. Staccò una freccia lunga 20
centimetri, vi infilò il foglietto scritto e la fece entrare nella cerbottana.
Un forte soffio bastò per lanciarla fino al maharatto, il quale fu lesto
a raccoglierla ed a staccare la carta. - Ed ora usciamo - disse Yanez, quando
ebbe veduto Kammamuri andarsene. Si gettò a tracolla un fucile a due canne e
uscì, rispettosamente salutato dalla sentinella. Percorrendo vie e viuzze
puzzolenti, fiancheggiate da capanne posate su pali sotto le quali
sonnecchiavano maiali e cani e saltellavano scimmie, spandendo un odore
insopportabile, in meno di un quarto d'ora giunse alla taverna, dinanzi alla
quale era legato il cavallo del maharatto - Prepariamo delle sterline
- disse il portoghese. - Prevedo una scena burrascosa. Guardò nella taverna.
In un angolo, seduto dinanzi ad una terrina di riso, stava Kammamuri; e dietro
al banco, con un paio d'occhiali di quarzo affumicato sul naso, stava il
taverniere, occupato a scarabocchiare un gran foglio di carta con un pennello di
rispettabile grandezza. Il celestiale era senza dubbio occupato a fare i
conti. - Olà - gridò il portoghese entrando. Il taverniere, a quella
chiamata, alzò la testa. Vederlo, balzare in piedi e slanciarglisi contro,
impugnando fieramente la sua mostruosa penna intinta nell'inchiostro di Cina, fu
tutt'uno. - Brigante! - urlò. Il portoghese fu pronto a fermarlo. -
Vengo a pagarti - disse, gettando sulla tavola un pizzico di sterline. -
Giusto Buddha! - esclamò il cinese precipitandosi sulle monete. - Otto sterline!
Vi domando perdono, señor... - Sta' zitto, e porta una bottiglia di vino di
Spagna. Il taverniere in quattro salti corse a prendere una bottiglia che
mise dinanzi a Yanez, indi si slanciò verso un gong sospeso alla porta e si mise
a batterlo furiosamente. - Cosa fai? - chiese Yanez. - Vi salvo, señor -
rispose il cinese. - Se non avverto i miei amici che voi avete pagato, non so
che cosa vi accadrebbe fra qualche giorno. Yanez gettò sulla tavola altre
dieci sterline. - Di' ai tuoi amici che lord Welker paga da bere -
disse. - Ma voi siete un principe, milord! - gridò il cinese. - Lasciami
solo. Il cinese, raccolte le sterline, uscì incontro ai suoi amici, i quali,
allarmati da quei colpi precipitati, accorrevano da tutte le parti armati di
bambù e di coltelli. Yanez si sedette dinanzi a Kammamuri sturando la
bottiglia. - Che nuove, mio bravo maharatto? - chiese. - Brutte,
signor Yanez - rispose Kammamuri. - Corre qualche pericolo Sandokan? - Non
ancora, ma potrebbe venire scoperto da un istante all'altro. Nelle foreste
ronzano guardie e dayachi. Ieri sera sono stato fermato e interrogato e
questa mane mi è toccata la stessa cosa. - E tu cos'hai risposto? - Mi
sono spacciato per un provveditore delle miniere di Poma. Per ingannare meglio
questi spioni, come avete visto, mi sono provvisto di un cavallo e di alcune
ceste. - Sei furbo, Kammamuri. Dove si trova Sandokan? - A sei miglia da
qui, accampato presso un villaggio in rovina. Sta fortificandosi perché teme di
venire assalito. - Andremo a trovarlo. - Quando? - Appena vuotata la
bottiglia. - C'è qualche cosa in aria? - Ho saputo ove sta imprigionato il
tuo padrone. Il maharatto balzò in piedi, fuori di sé per la
gioia. - Dov'è? Dov'è? - chiese con voce soffocata. - Nel fortino della
città, custodito da una sessantina di marinai inglesi. Il maharatto si
lasciò cadere sulla sedia, scoraggiato. - Lo salveremo ugualmente, Kammamuri
- riprese Yanez. - E quando? - Appena lo potremo. Mi reco da Sandokan per
progettare un piano. - Grazie, signor Yanez. - Lascia là i ringraziamenti
e bevi. - Il maharatto vuotò la sua tazza. - Volete che partiano? - Partiamo, - disse
Yanez, gettando sul tavolo alcuni
scellini. - Vi avverto che la strada è lunga e difficile e che bisognerà
allungarla ancotra di più, onde ingannare le spie. - Non ho fretta io. Ho
detto al rajah che vado a caccia. - Siete diventato amico del rajah? - Certamente. - In qual modo? - Te lo narrerò camminando.
- Uscirono dalla taverna. Il portoghese si mise dinanzi e Kammamuri lo seguì,
tenendo per la briglia il cavallo. - Evviva lord Welker! - gridò una
voce. - Evviva il lord! Viva il generoso bianco! - urlarono parecchie altre
voci. Il portoghese si volse e vide il taverniere circondato da una grossa
banda di cinesi che avevano le tazze in mano. - Addio, ragazzi! - gridò. -
Evviva il generoso lord! - tuonarono i cinesi. Usciti dal quartiere cinese,
fiancheggiato di bugigattoli ingombri di rotoli di carta fiorita di Tung, di
balle di seta, di scatole di thè di ogni qualità, di ventagli, di occhiali, di
sputacchiere, di sedie di bambù, di code, di lanterne microscopiche o
gigantesche, di armi, di amuleti, di vesti, di zoccoli, di cappelli di ogni
forma e dimensione, tutta roba proveniente dai porti del celeste Impero,
entrarono nel quartiere malese non molto dissimile da quello dayaco,
forse più sporco e più maleodorante, indi si arrampicarono su colli e di là
raggiunsero i boschi. - Camminate con precauzione - disse Kammamuri al
portoghese. Ho incontrato parecchi serpenti pitoni stamane e ho visto anche le
tracce di una tigre. - I boschi del Borneo li conosco, Kammamuri - rispose
Yanez. Non tremare per me. - Siete venuto altre volte qui? - No, ma ho
percorso più volte i boschi del reame di Varauni. - Combattendo? -
Talvolta sì. - Eravate nemici del sultano di Varauni? - Nemici fierissimi.
Egli odiava terribilmente i pirati di Mompracem perché in ogni scontro vincevano
la sua flotta. - Ditemi, padron Yanez, la Tigre della Malesia fu sempre
pirata? - No, mio caro. Una volta era un potente rajah del Borneo
settentrionale; ma un inglese ambizioso istigò alla ribellione le truppe e la
popolazione e lo detronizzò dopo avergli ucciso padre, madre, fratelli e
sorelle. - E vive ancora questo inglese? - Sì, vive. - E non l'avete
punito? - È troppo forte. La Tigre della Malesia però non è ancora
morta. - Ma voi, padron Yanez, perché vi siete unito a Sandokan? - Non mi
sono unito a lui, Kammamuri; fui fatto prigioniero mentre navigavo verso
Labuan. - Non uccideva i prigionieri Sandokan? - No, Kammamuri. Sandokan
fu sempre feroce verso i suoi più acerrimi nemici e generosissimo verso gli
altri, specialmente verso le donne. - Ed egli vi trattò sempre bene, padron
Yanez? - Mi amò come e forse più di un fratello! - Ditemi, padron Yanez,
quando avrete liberato il mio padrone, ritornerete a Mompracem? - È
probabile, Kammamuri. Alla Tigre della Malesia occorrono grandi distrazioni per
soffocare il suo dolore. - Quale dolore? - Quello di aver perduto Marianna
Guillonk. - L'amava molto dunque? - Immensamente, alla follia. - È
strano assaiche un uomo così feroce e terribile si sia innamorato di una
donna. - E di una donna inglese per di più - aggiunse Yanez. - Dello zio
di Marianna Guillonk avete saputo nulla? - Nulla, per ora. - Che sia
qui? - Potrebbe darsi. - Avete paura di lui? - Forse, e... - Alto là -
gridò in quell'istante una voce. Yanez e Kammamuri
si arrestarono.
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