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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Oreste

Di: Vittorio Alfieri

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ATTO PRIMO

 

 

SCENA PRIMA

Elettra.

 

 

Notte! funesta, atroce, orribil notte,

presente ognora al mio pensiero! ogni anno,

oggi ha due lustri, ritornar ti veggio

vestita d'atre tenebre di sangue;

eppur quel sangue, ch'espiar ti debbe,

finor non scorre. - Oh rimembranza! Oh vista!

Agamennón, misero padre! in queste

soglie svenato io ti vedea; svenato;

e per qual mano! - O notte, almen mi scorgi

non vista, al sacro avello. Ah! pur ch'Egisto,

pria che raggiorni, a disturbar non venga

il mio pianto, che al cenere paterno

misera reco in annual tributo!

Tributo, il sol ch'io dar per or ti possa,

di pianto, o padre, e di non morta speme

di possibil vendetta. Ah! sí: tel giuro:

se in Argo io vivo, entro tua reggia, al fianco

d'iniqua madre, e d'un Egisto io schiava,

null'altro fammi ancor soffrir tal vita,

che la speranza di vendetta. È lungi,

ma vivo, Oreste. Io ti salvai, fratello;

a te mi serbo; infin che sorga il giorno,

che tu, non pianto, ma sangue nemico

scorrer farai sulla paterna tomba.

 

 

SCENA SECONDA

Clitennestra, Elettra.

 

CLITENNESTRA

Figlia.

ELETTRA

Qual voce? Oh ciel! tu vieni?...

CLITENNESTRA

O figlia,

deh! non sfuggirmi; io la sant'opra teco

divider voglio; invan lo vieta Egisto:

ei nol saprá. Deh! vieni; andiam compagne

alla tomba.

ELETTRA

Di chi?

CLITENNESTRA

... Del... tuo... infelice...

padre.

ELETTRA

Perché non dir, del tuo consorte?

Non l'osi; e ben ti sta. Ma il piè ver esso

come ardirai tu volgere? tu lorda

ancor del sangue suo?

CLITENNESTRA

Scorsi due lustri

son da quel dí fatale; il mio delitto

due lustri interi or piango.

ELETTRA

E qual può tempo

bastare a ciò? fosse anco eterno il pianto,

nulla saria. Nol vedi? ancor rappreso

sta su queste pareti orride il sangue,

che tu spargesti: ah! fuggi: al tuo cospetto,

mira, ei rosseggia, e vivido diventa.

Fuggi, o tu, cui né posso omai, né debbo

madre nomar: vanne; dell'empio Egisto

riedi al talamo infame. Al fianco suo

tu sua consorte sta: né piú inoltrarti

a perturbar le quete ossa d'Atride.

Giá giá l'irata sua terribil ombra

sorge a noi contro, e te respinge addietro.

CLITENNESTRA

Fremer mi fai... Tu giá mi amasti,... o figlia...

Oh rimorsi!... oh dolore!... ahi lassa!... E pensi,

ch'io con Egisto sia felice forse?

ELETTRA

Felice? E il merti? Oh! ben provvide il cielo,

ch'uom per delitti mai lieto non sia.

Eternamente nell'eterno fato

sta tua sventura scritta. Ancor non provi,

che i primi tuoi martíri: il premio intero

ti si riserba di Cocíto all'onda.

Lá sostener del trucidato sposo

dovrai gl'irati minacciosi sguardi:

lá, al tuo giunger, vedrai fremer degli avi

l'ombre sdegnose: udrai de' morti regni

lo inesorabil giudice dolersi,

che niun tormento al tuo fallir si adegui.

CLITENNESTRA

Misera me! Che dir poss'io?... pietade...

ma, non la merto... Eppur, se in core, o figlia,

se tu in cor mi leggessi... Ah! chi lo sguardo

può rivolger senz'ira entro il mio core

contaminato d'infamia cotanta?

L'odio non posso in te dannar, né l'ira.

Giá in vita tutti i rei tormenti io provo

del tenebroso Averno. Il colpo appena

dalla man mi sfuggia, che il pentimento

tosto, ma tardo, mi assalia tremendo.

Dal punto in poi, quel sanguinoso spettro

e giorno e notte orribilmente sempre

sugli occhi stammi. Ov'io pur muova, il veggo

di sanguinosa striscia atro sentiero

precedendo segnarmi: a mensa, in trono,

mi siede a lato: infra le acerbe piume,

se pure avvien che gli occhi al sonno io chiuda,

tosto, ahi terribil vista! ecco mostrarsi

nel sogno l'ombra; e il giá squarciato petto

dilaniar con man rabida, e trarne

piene di negro sangue ambe le palme,

e gittarmelo in volto. - A orrende notti,

dí sottentran piú orrendi: in lunga morte

cosí men vivo. - O figlia, (qual ch'io sia,

mi sei pur tale) al pianger mio non piangi?

ELETTRA

Piango,... sí,... piango. - Ma tu, di'; non premi,

tuttor non premi l'usurpato trono?

teco tuttora Egisto vil non gode

comune il frutto del comun misfatto? –

Pianger di te, nol deggio; e meno io deggio

credere al pianger tuo. Vanne, rientra;

lascia ch'io sola a compier vada...

CLITENNESTRA

O figlia,

deh! m'odi;... aspetta... Io son misera assai.

Mi abborro piú, che tu non m'odj... Egisto,

tardi il conobbi... Oimè!... che dico? appena

estinto Atride, atroce appien quant'era

conobbi Egisto; eppure ancor lo amai.

Di rimorso e d'amor miste ad un tempo

provai le furie,... e provo. Oh degno stato

di me soltanto!... Qual mercé mi renda

del suo delitto Egisto, appien lo veggo:

veggo il disprezzo in falso amor ravvolto:

ma, a tal son io, che omai qual posso ammenda

far del misfatto, che non sia misfatto?

ELETTRA

Alto morire ogni misfatto ammenda.

Ma, poiché al petto tuo tu non torcesti

l'acciar del sangue marital fumante;

poiché in te stessa il braccio parricida

l'usato ardir perdea; perché il tuo ferro

non rivolgesti, o non rivolgi, al seno

di quell'empio, che a te l'onor, la pace,

la fama toglie, ed al tuo Oreste il regno?

CLITENNESTRA

Oreste?... oh nome! Entro mie vene il sangue

tutto in udirlo agghiacciasi.

ELETTRA

Ribolle,

d'Oreste al nome, entro ogni vena il mio.

Di madre amor, qual dee tal madre, or provi.

Ma, Oreste vive.

CLITENNESTRA

E lunga vita il cielo

gli dia: sol ch'ei mai non rivolga incauto

ad Argo il piè. Misera madre io sono;

tolto a me stessa anco per sempre ho il figlio;

e forza m'è, per quanto io l'ami, ai Numi

porger voti, affinché mai piú davanti

non mel traggano.

ELETTRA

Amor tutt'altro io provo.

Bramo, che in Argo ei torni, e il ciel ne ho stanco;

e di sí cara ardente brama io vivo.

Spero, che un giorno ei qui mostrarsi ardisca,

qual figlio il debbe del trafitto Atride.

 

SCENA TERZA

Egisto, Clitennestra, Elettra.

 

EGISTO

L'intero giorno al dolor tuo par dunque

breve, o regina? a lai novelli sorgi

giá dell'aurora pria? Dona una volta

il passato all'obblio; fa' che piú lieti

teco io viva i miei dí.

CLITENNESTRA

Regnar, non altro,

volevi, Egisto; e regni. Or, qual ti prende

di mie cure pensiero? Eterno è il duolo

entro il mio core; il sai.

EGISTO

Ben so qual fonte

dolor perenne a te ministra: in vita

costei volesti ad ogni costo; e viva

io la serbai, per tua sventura, e mia.

Ma questo aspetto d'insoffribil lutto

vo' torti omai dagli occhi: omai la reggia

vo' serenar; con lei sbandirne il pianto.

ELETTRA

Me caccia pur; fia reggia ognor di pianto

quella, ove stai. Qual risuonar può voce

altra che il pianto, ove un Egisto ha regno?

Ma, viva gioja di Tiéste al figlio

fia, il veder lagrimar figli d'Atréo.

CLITENNESTRA

O figlia,... ei m'è consorte. - Egisto, ah! pensa

ch'ella m'è figlia...

EGISTO

Ella? d'Atride è figlia.

ELETTRA

Costui? d'Atride è l'uccisore.

CLITENNESTRA

Elettra!...

Egisto, abbi pietá... La tomba... vedi,

la orribil tomba,... e non sei pago?

EGISTO

O donna,

men da te stessa omai discorda. Atride,

di', per qual mano in quella tomba giace?

CLITENNESTRA

Oh rampogna mortal! Ch'altro piú manca

alla infelice misera mia vita?

Chi mi vi ha spinto, or mi rimorde il fallo.

ELETTRA

Oh nuova gioja! oh sola gioja, ond'io

il cor beassi, or ben due lustri! Entrambi

vi veggio all'ira, ed ai rimorsi in preda.

Di sanguinoso amore al fin pur odo,

quali esser denno, le dolcezze: al fine

ogni prestigio è tolto; appien l'un l'altro

conosce omai. Possa lo sprezzo trarvi

all'odio; e l'odio a nuovo sangue.

CLITENNESTRA

Oh fero,

ma meritato augurio! oh ciel!... Deh,... figlia...

EGISTO

Sol da te nasce ogni discordia nostra.

Ben può una madre perder cotal figlia,

né dirsi orba per ciò. Potrei ritorti

quant'io mal diedi a' preghi suoi; ma i doni

io ripigliar non soglio: il non vederti,

basta alla pace nostra. Oggi n'andrai

del piú negletto de' miei servi sposa;

lungi con lui ne andrai: fra lo squallore

d'infame povertá, dote gli arreca

le tue lagrime eterne.

ELETTRA

Egisto, parli

tu d'altra infamia mai, che di te stesso?

Qual mai tuo servo fia di te piú vile?

Piú scellerato, quale?

EGISTO

Esci.

ELETTRA

Serbata

mi hai viva, il so, per maggior pena darmi:

ma, sia che vuol, questa mia man, che il cielo

forse destina ad alta impresa...

EGISTO

Or esci;

tel ridico.

CLITENNESTRA

Per or, deh!... taci,... o figlia:...

esci, ten prego:... io poscia...

ELETTRA

Da voi lungi,

pena non è, che il veder voi pareggi.

 

SCENA QUARTA

Egisto, Clitennestra.

 

CLITENNESTRA

Rampogne udir per ogni parte atroci,

e meritarle!... Oh vita! a te qual morte

fu pari mai?

EGISTO

Giá tel diss'io: di pace

aura spirar, finché costei dintorno

ci sta, nol potrem noi: ch'ella s'uccida,

gran tempo è giá, ragion di stato il vuole,

e il mio riposo, e il tuo: dannata a un tempo

è dal suo stolto orgoglio: ma il tuo pianto

vuol ch'io l'assolva. Al suo partir tu dunque

cessa di opporti: io 'l voglio, e indarno affatto

vi ti opporresti.

CLITENNESTRA

Ah! tel diss'io piú volte:

qual che d'Elettra il destin sia, mai pace,

mai non sará con noi: tu fra 'l sospetto,

io fra' rimorsi, e in rio timore entrambi,

trarrem noi sempre incerta orrida vita.

Altra sperar ne lice?

EGISTO

Addietro il guardo

non volgo; io penso all'avvenir: non posso

esser felice io mai, finché d'Atride

seme rimane: Oreste vive; in lui

l'odio per noi cresce cogli anni; ei vive

del feroce desio d'alta vendetta.

CLITENNESTRA

Misero! ei vive; ma lontano, ignoto,

oscuro, inerme. - Ahi crudo! ad una madre

ti duoli tu, che il suo figliuol respiri?

EGISTO

Con una madre, che il consorte ha spento,

men dolgo io, sí. Quello immolavi al nostro

amor; non dei questo immolar del pari

alla mia sicurezza?

CLITENNESTRA

Oh tu, di sangue

non sazio mai, né di delitti!... Oh detti!... –

Di finto amor me giá cogliesti al laccio:

tuoi duri modi poscia assai mel fero

palese, oimè!... Pur nel mio petto io nutro

pur troppo ancor verace e viva fiamma;

e il sai, pur troppo!... Argomentar puoi quindi,

s'io potrei non amare uno innocente

unico figlio mio. Qual cor sí atroce

può non pianger di lui?...

EGISTO

Tu, che d'un colpo

due n'uccidesti. Un ferro stesso al padre

troncò la vita, e in note atre di sangue

vergò del figlio la mortal sentenza.

Il mio troppo indugiar, la sorte, e scaltro

l'antiveder d'Elettra, Oreste han salvo.

Ma che perciò? nomi innocente un figlio,

cui tu pria 'l padre, e il regno poscia hai tolto?

CLITENNESTRA

Oh parole di sangue!... Oh figliuol mio,

privo di tutto, a chi tutto ti spoglia

nulla tu desti, se non dai tua vita?

EGISTO

E finch'ei vive, di', securo stassi

chi di sue spoglie gode? Ognor sul capo

ti pende il brando suo. Figlio d'Atride,

ultimo seme di quell'empia stirpe

ch'ogni delitto aduna, il furor suo

non fia pago in me solo. Omai mi stringe,

piú che di me, di te pensiero. Udisti

le fatidiche voci, ed i tremendi

oracoli, che Oreste un dí fatale

vaticinaro ai genitori suoi?

Ciò spetta a te, misera madre; io deggio,

ove il pur possa, accelerar sua morte;

tu soffrirlo, e tacerti.

CLITENNESTRA

Oimè!... il mio sangue...

EGISTO

Non è tuo sangue Oreste: impuro avanzo

è del sangue d'Atréo: sangue, che nasce

ad ogni empio delitto. Il padre hai visto,

mosso da iniqua ambizion, la figlia

svenarti sull'altar: d'Atride figlio,

l'orme paterne ricalcando Oreste,

ucciderá la madre. Oh cieca troppo,

troppo pietosa madre! Il figlio in atto

giá di ferirti sta: miralo; trema...

CLITENNESTRA

E in questo petto a vendicare il padre

lascia ch'ei venga. Altro maggior delitto,

se maggior v'ha, forse espiar de' il mio.

Ma, qual destin che a me sovrasti, Egisto,

ten prego, deh! per lo versato sangue

d'Agamennón, d'insidiare Oreste

cessa: da noi lontano, esule ei viva;

ma viva. Oreste il piè volgere ad Argo

non ardirebbe; e s'ei venisse, io scudo

col mio petto ti fora... Ma, s'ei viene,

il ciel vel tragge; e contro il ciel chi vale?

Qual dubbio allor? vittima chiesta io sono.

EGISTO

Per or di pianger cessa. Oreste è in vita

e speme ho poca, che in mie mani ei caggia.

Ma, se il dí vien, che a compier pure io basti

necessitá, che invan delitto nomi,

quel dí, se il vuoi, ripiglierai tu il pianto.

 



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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:
14/07/2005 00.05

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