Canto
terzo
(85-113)
85
Orlando
venne accelerando
il passo,
ch’ogni
via sapea quivi o
breve o lunga;
e
come cacciator
ch’attenda al
passo
ch’a
ferire il cingial
nel spiedo giunga,
si
mise fra dui monti
dietro un sasso;
né
molto Gano il suo
venir prolunga,
che
dinanzi e di
dietro e d’ambi
i lati
cinta
la donna avea
d’uomini armati.
86
Lassò
di molta turba
andare inante
Orlando,
prima che mutasse
loco;
ma
come vide giunger
Bradamante,
parve
bombarda a cui sia
dato il foco:
con
sì fiero e
terribile
sembiante
l’assalto
cominciò, per
durar poco:
la
prima lancia a
Gano il petto
afferra,
e
ferito aspramente
il mette a terra.
87
Passò
lo scudo, la
corazza e il
petto;
e
se l’asta allo
scontro era più
forte,
gli
seria dietro
apparso il ferro
netto,
né
data fòra mai
più degna morte.
Pur
giacer gli
conviene a suo
dispetto,
né
quindi si può
tòr, ch’altri
nol porte:
Orlando
il lassa in terra
e più nol mira,
volta
il cavallo e
Durindana aggira.
88
Le
braccia ad altri,
ad altri il capo
taglia;
chi
fin a’ denti e
chi più basso
fende;
chi
ne la gola e chi
ne la inguinaglia,
chi
forato nel petto
in terra stende.
Non
molto in lungo va
quella battaglia,
ché
tutta l’altra
turba a fuggir
prende:
gli
caccia quasi
Orlando meza lega,
indi
ritorna e la
cugina slega.
89
La
quale, eccetto
l’elmo, il scudo
e il brando,
tutto
il resto de
l’armi ritenea:
ché
Gano, per alzar
sua gloria, quando
non
più ch’una
donzella presa
avea,
pensò,
avendola armata,
ir dimostrando
che
‘l medesimo onor
se gli dovea
ch’ad
Ercole e Teseo gli
antiqui dènno
di
quel ch’a
Termodonte in
Scizia fenno.
90
Orlando,
che non volse
conosciuto
esser
d’alcun, indi
accusato a Carlo;
e
per ciò con un
scudo era venuto
d’un
sol color, che
fece in fretta
farlo;
andò
là dove Gano era
caduto,
e
prima l’elmo,
senza salutarlo,
e
dopo il scudo, la
spada gli trasse,
e
volse che la donna
se n’armasse.
91
Poi
se n’andò fin
che a Mattafellone,
il
buon destrier di
Gan, prese la
briglia,
e
ritornando fece ne
l’arcione
salir
d’Amon la
liberata figlia;
né,
per non dar di sé
cognizione,
levò
mai la visiera da
le ciglia:
poi,
senza dir parola,
il freno volse,
e
di lor vista in
gran fretta si
tolse.
92
Bradamante
lo prega che ‘l
suo nome
le
voglia dire, et
ottener nol puote:
Orlando
in fretta il
destrier sprona, e
come
corrier
che vada a gara,
lo percuote.
Va
Bradamante a Gano,
e per le chiome
gli
leva il capo, e
due e tre volte il
scuote;
et
alza il brando
nudo ad ogni
crollo,
con
voglia di spiccar
dal busto il
collo.
93
Ma
poi si avvide che,
lasciandol vivo,
potria
Marsiglia aver per
questo mezo,
e
gli faria bramar,
d’ogn’agio
privo,
che
di sé fosse già
polvere e lezo.
Come
ladro il legò,
non che cattivo,
e
col capo scoperto
al sole e al rezo,
per
lunga strada or
dietro sel
condusse,
or
cacciò innanzi a
gran colpi di
busse.
94
Quella
sera medesima
veduto
le
venne quel scudier
del quale io dissi
ch’andò
a Valenza a
dimandare aiuto,
né
parve a lui che
Orlando lo
esaudissi;
indi
era dietro
all’orme egli
venuto
di
Gano, per veder
ciò che seguissi
de
la sua donna, e
per poter di
quella
ai
fratelli portar
poi la novella.
95
A
costui diede la
capezza in mano,
che
pel collo, pei
fianchi e per le
braccia,
sopra
un debol roncin
l’iniquo Gano
traea
legato a
discoperta faccia.
Curar
la piaga gli fe’
da un villano,
che
per bisogno in tal
opre s’impaccia;
il
qual, stridendo
Gano per
l’ambascia,
tutta
l’empie di sal,
e a pena fascia.
96
Il
Maganzese al collo
un cerchio d’oro
e
preziose annella
aveva in dito,
et
alla spada un
cinto di lavoro
molto
ben fatto e tutto
d’or guarnito;
e
queste cose e
l’altre che
trovoro
di
Gano aver del
ricco e del
polito,
la
donna a Sinibaldo
tutte diede,
ch’era
di maggior don
degna sua fede.
97
A
Sinibaldo, che
così nomato
era
il scudier, con
l’altre anco
concesse
la
gemma in che
Vertunno era
incantato,
ma
non sapendo quanto
ella gli desse;
né
sapendolo ancora a
chi fu dato,
con
l’altre annella
in dito se lo
messe;
stimòllo
et ebbe in prezzo,
ma minore
di
quel ch’avria,
sapendo il suo
valore.
98
Pel
Delfinato, indi
per Linguadoca
ne
va, dove trovar
spera il fratello,
ch’avea
Guascogna, o ne
restava poca,
omai
ridotta al suo
voler ribello.
Come
la volpe che
gallina od oca,
o
lupo che ne porti
via l’agnello
per
macchie o luoghi
ove in perpetuo
adugge
l’ombra
le pallide erbe,
ascoso fugge;
99
ella
così da le città
si scosta
quanto
più può, né
dentro mura
alloggia;
ma
dove trovi alcuna
casa posta
fuor
de la gente, ivi
si corca o
appoggia:
il
giorno mangia e
dorme e sta
riposta,
la
notte al camin suo
poi scende e
poggia:
le
par mill’anni
ogni ora che ‘l
ribaldo
s’indugi
a dar prigion al
suo Rinaldo.
100
Come
animal selvatico,
ridotto
pur
dianzi in gabbia o
in luogo chiuso e
forte,
corre
di qua e di là,
corre di sotto,
corre
di sopra, e non
trova le porte;
così
Gano, vedendosi
condotto
da’
suoi nimici a
manifesta morte,
cercava
col pensier tutti
gli modi
che
lo potesson trar
fuor di quei nodi.
101
Pur
la guardia gli
lascia un dì
tant’agio,
che
dà de l’esser
suo notizia a un
oste;
e
gli promette
trarlo di disagio
s’andar
vuol a Baiona per
le poste,
et
al Lupo figliuol
di Bertolagio
far
che non sien le
sue miserie
ascoste:
ch’in
costui spera,
tosto che lo
intenda,
ch’alli
suoi casi alcun
rimedio prenda.
102
L’oste,
più per speranza
di guadagno
che
per esser di mente
sì pietosa,
salta
a cavallo, e la
sferza e ‘l
calcagno
adopra,
e notte o dì poco
riposa:
giunse,
io non so s’io
dica al Lupo o
all’agno:
so
ch’io l’ho da
dir agno in una
cosa:
ch’era
di cor più timido
che agnello,
nel
resto lupo
insidioso e fello.
103
Tosto
che ‘l Lupo ha
la novella udita,
senza
far il suo cor
noto a persona,
con
cento cavallier de
la più ardita
gente
ch’avesse, uscì
fuor di Baiona;
e
verso dove avea la
strada uscita
che
facea Bradamante,
in fretta sprona;
poi
si nasconde in
certe case guaste
ch’era
tra via, ma ch’a
celarlo baste.
104
L’oste
quivi lasciando i
Maganzesi,
andò
per trovar Gano e
Bradamante,
ché
da l’insidie e
dagli lacci tesi
non
pigliassero via
troppo distante.
Non
molto andò che di
lucenti arnesi
guarnito
un cavallier si
vide inante,
che
cacciando il
destrier più che
di trotto,
parea
da gran bisogno
esser condotto.
105
Galoppandoli
innanzi iva un
valletto,
due
damigelle poi, poi
veniva esso:
le
damigelle avean
l’una
l’elmetto,
la
lancia e ‘l
scudo all’altra
era commesso.
Prima
che giunga ove lor
possa il petto
vedere
o ‘l viso, o
più si faccia
appresso,
l’oste
all’incontro la
figlia d’Amone
vede
venir col traditor
prigione.
106
Poi
vide il cavallier
da le donzelle,
tosto
ch’a Bradamante
fu vicino,
ire
a ‘bracciarla,
et accoglienze
belle
far
l’una
all’altra a capo
umile e chino;
e
poi ch’una o due
volte iterar
quelle,
volgersi
e ritornar tutte a
un camino:
e
chi pur dianzi in
tal fretta venia,
lasciar
per Bradamante la
sua via.
107
Quest’era
l’animosa sua
Marfisa,
la
qual non si
fermò, tosto
ch’intese
de
la cognata presa,
et in che guisa;
e
per ir in Maganza
il camin prese,
certa
di liberarla, pur
ch’uccisa
già
non l’avesse il
Conte maganzese;
e
se morta era, far
quivi tai danni,
che
desse al mondo da
parlar mill’anni.
108
L’oste
giunse tra lor e
salutolle
cortesemente,
e mostrò far
l’usanza,
ché
la sera albergar
seco invitolle,
e
finse che non
lungi era la
stanza;
poi,
mal accorto, a
Gano accennar
volle,
e
del vicino aiuto
dar speranza:
ma
dal scudier che
Gano avea legato
fu
il misero veduto
et accusato.
109
Marfisa,
ch’avea l’ira
e la man presta,
lo
ciuffò ne la
gola, e l’avria
morto,
se
non facea la cosa
manifesta
ch’avea
per Gano ordita,
et il riporto;
pur
gli travolse in
tal modo la testa,
ch’andò
poi, fin che
visse, a capo
torto.
Le
chiome in fretta
armar, ch’eran
scoperte,
de
le vicine insidie
amendue certe.
110
Tolgon
tra lor con ordine
l’impresa,
che
Bradamante non
s’abbia a
partire,
ma
star del traditor
alla difesa,
ch’alcun
nol scioglia né
faccia fuggire;
e
che Marfisa
attenda a fare
offesa
a’
Maganzesi,
ucciderli e
ferire.
Così
ne van verso la
casa rotta,
dove
i nimici ascosi
erano in frotta.
111
L’altre
donzelle e i dui
scudier restaro,
ch’eran
senz’armi, non
troppo lontano;
Bradamante
e Marfisa se n’andaro
verso
gli aguati, avendo
in mezo Gano.
Tosto
che dritto il loco
si trovaro,
saltò
Marfisa con la
lancia in mano
dentro
alla porta, e
messe un alto
grido,
dicendo:
Traditor,
tutti vi uccido.
112
Come
chi vespe o
galavroni o
pecchie
per
follia va a turbar
ne le lor cave,
se
gli sente per gli
occhi e per
l’orecchie
armati
di puntura aspera
e grave;1
così
fa il grido de le
mura vecchie
del
rotto albergo
uscir le genti
prave
con
un strepito
d’armi e, da
ogni parte,
tanto
rumor ch’avria
da temer Marte.
113
Marfisa,
che dovunque
apparia il caso
più
periglioso divenia
più ardita,
con
la lancia mandò
quattro
all’occaso,
che
trovò stretti
insieme in su
l’uscita;
e
col troncon,
ch’in man
l’era rimaso,
solo
in tre colpi a tre
tolse la vita.
Ma
tornate ad udir
un’altra volta
quel
che fe’ poi
ch’ebbe la spada
tolta.

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