Canto
quinto
(70-93)
70
Con
parole confuse gli
rispose
Rinaldo,
che di còlera
ardea tutto;
Carlo,
Orlando e Terigi
insieme pose
in
un fastel, da non
ne trar construtto:
come
si suol rispondere
di cose
donde
quel che dimanda
è meglio
instrutto.
Pian, pian, fa ch’io t’intenda,
dicea
Orlando
cugino; e cessi intanto l’ira e ‘l brando.
71
In
questo tempo i
cavallieri e i
fanti
per
tutto il campo
fanno aspra
battaglia,
né
si vede anco in
mezo, né dai
canti
qual
parte abbia
vantaggio e che più
vaglia.
Le
trombe, i gridi, i
strepiti son
tanti,
che
male i duo cugin
alzar, che vaglia,
la
voce ponno, e far
sentir di fuore
perché
l’un l’altro
chiami traditore.
72
Per
questo fur
d’accordo di
ritrarsi
e
diferir la pugna
al nuovo sole;
poi,
la mattina,
insieme ritrovarsi
nel
verde pian con le
persone sole;
e
qual fosse di lor
certificarsi
il
traditor, con
fatti e con
parole.
Fatto
l’accordo, dier
subito volta,
e
per tutto sonar féro
a raccolta.
73
Al
dipartir vi fur
pochi vantaggi;
pur,
s’alcun ve ne
fu, Rinaldo
l’ebbe:
che,
oltre che prigioni
e carriaggi
vi
guadagnasse, a
grand’util gli
accrebbe,
ché
alloggiò dove
aver da li
villaggi
copia
di vettovaglie si
potrebbe.
L’altra
mattina, com’era
ordinato,
si
trovò solo alla
campagna armato.
74
Scendono
a basso a Basilea
et al Reno,
e
van lungo le rive
insino a Spira,
lodando
il ricco e di
cittadi pieno
e
‘l bel paese ove
il gran fiume
gira.
Entrano
quindi alla
Germania in seno,
e
son già a
Norimbergo, onde
la mira
lontan
si può veder de
la montagna
che
la Boemia serra da
la Magna.
75
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Venner,
continuando il lor
viaggio,
su
‘n monte onde
vedean giù ne la
valle
la
pugna che Sassoni,
Ungari e Traci
facean
crudel contra i
Francesi audaci:
76
e
gli aveano a tal
termine condotti,
per
esser tre, come io
dicea, contr’uno;
e
sì gli avean ne
l’antiguardia
rotti,
che
senza volger volto
fuggia ognuno:
né
per fermargli i
capitani dotti
de
la milizia avean
riparo alcuno;
anzi,
i primi che ‘n
fuga erano volti,
i
secondi e i terzi
ordini avean
sciolti.
77
L’ardite
donne, con
Guidone, e
‘nsieme
gli
altri venuti seco
a questa via,
sul
monte si fermar
che da l’estreme
rive
d’intorno tutto
il pian scopria:
dove
sì Carlo e li
suoi Franchi preme
la
gente di Sansogna
e d’Ungheria,
e
l’altre varie
nazioni miste,
barbare
e greche, ch’a
pena resiste.
78
Con
gran cavalleria
russa e polacca,
l’esercito
di Slesia e di
Sansogna
guida
Gordamo; e sì
fiero s’attacca
con
la gente di
Fiandra e di
Borgogna,
e
sì l’ha rotta,
tempestata e
fiacca
al
primo incontro,
che fuggir
bisogna;
né
può Olivier
fermargli, ch’è
lor guida,
e
prega invano e
‘nvan minaccia e
grida.
79
Or,
mentre questo et
or quell’altro
prende
ne
le spalle, nel
collo e ne le
braccia,
volge
per forza l’un,
l’altro
riprende,
che
‘l nemico veder
non voglia in
faccia;
Gordamo
di traverso a lui
si stende,
e
s’un corsier
ch’a tutta
briglia caccia
sì
con l’urto il
percuote e sì
l’afferra
con
la gross’asta,
che lo stende in
terra.
80
Non
lunge da Olivier
era un Gherardo
et
un Anselmo: il
primo è di sua
schiatta,
ché
di don Buovo
nacque, ma
bastardo
(però
avea il nome del
vecchio da
Fratta);
il
secondo fiamingo,
il cui stendardo
seguia
una schiera in sue
contrade fatta:
restar
questi dui soli
alle difese,
fuggendo
gli altri, del
gentil marchese.
81
Gherardo
col caval d’Olivier
venne,
e
si volea accostar
perché montassi;
et
Anselmo, menando
una bipenne,
gli
andava innanzi e
disgombrava i
passi:
quando
Gordamo alzò la
spada, e fenne
con
un gran colpo i
lor disegni cassi:
ché
da la fronte agli
occhi a quello
Anselmo
divise
il capo, e non li
valse l’elmo.
82
Tutto
ad un tempo, o con
poco intervallo,
con
la spada a due man
menò Baraffa,
venuto
quivi con Gordamo,
et hallo
accompagnato
il dì sempre alla
staffa;
e
le gambe troncò
dietro al cavallo
de
l’altro sì, che
parve una giraffa:
ch’alto
dinanzi e basso a
dietro resta.
Sopra
Gherardo ognun
picchia e
tempesta;
83
e
tanto gli ne dàn
che l’hanno
morto
prima
ch’aiutar possa
il suo parente.
Dolse
a Olivier vederli
far quel torto,
ma
vendicar non lo
potea altrimente;
perché,
da terra a gran
pena risorto,
avea
da contrastar con
troppa gente;
pur,
quanto lungo il
braccio era e la
spada,
dovunque
andasse si facea
far strada.
84
E
se non fosser
stati sì lontani
da
lui suoi
cavallieri in fuga
volti,
che
fuggian come il
cervo inanzi a’
cani
o
la perdice alli
sparvieri sciolti;
tra
lor per forza de
piedi e di mani
saria
tornato, e gli
avria ancor
rivolti:
ma
che speme può
aver perché
contenda
che
forza è ch’egli
muoia o che
s’arrenda?
85
Ecco
Gordamo, senza
alcun rispetto
ch’egli
a cavallo e ch’Olivier
sia a piede,
arresta
un’altra lancia,
e ‘n mezzo il
petto
a
tutta briglia il
Paladino fiede;
e
lo riversa sì,
che de l’elmetto
una
percossa grande al
terren diede.
Tosto
ch’in terra fu,
sentì levarsi
l’elmo
dal capo, e non
potere aitarsi:
86
ché
li son più di
venti adosso a un
tratto,
su
le gambe, sul
petto e su le
braccia;
e
più di mille un
cerchio gli hanno
fatto:
altri
il percuote et
altri lo minaccia;
chi
la spada di mano,
chi gli ha tratto
dal
collo il scudo, e
chi l’altre arme
slaccia.
Al
duca di Sansogna
al fin si rende,
che
lo manda prigione
alle sue tende.
87
Se
non tenea Olivier,
quando avea ancora
l’arme
e la spada, la sua
gente in schiera,
come
fermarla e come
volgerl’ora
potrà,
che disarmato e
prigion era?
Fuggesi
l’antiguardia,
et apre e fora
l’altra
battaglia, e
l’urta in tal
maniera
che,
confondendo
ogn’ordine, ogni
metro,
seco
la volge e seco
porta indietro.
88
E
perché Praga è
lor dopo le
spalle,
i
fiumi a canto e
gli Alemanni a
fronte,
non
sanno ove trovar
sicuro calle
se
non a destra,
ov’era fatto il
ponte;
e
però a quella via
sgombran la valle
con
li pedoni i
cavallieri a
monte;
ma
non riesce, perché
già re Carlo
preso
avea il passo e
non volea lor
darlo.
89
Carlo,
che vede
scompigliata e
sciolta
venir
sua gente in fuga
manifesta,
la
via del ponte gli
ha sùbito tolta,
perché
ritorni, o
ch’ivi faccia
testa;
né
vi può far però
ripar, ché molta
l’arme
abbandona e di
fuggir non resta;
e
qualche un, per la
tema che
l’affretta,
lascia
la ripa e nel
fiume si getta.
90
Altri
s’affoga, altri
nuotando passa,
altri
il corso de
l’acqua in giro
mena;
chi
salta in una barca
e ‘l caval
lassa,
chi
lo fa nuotar
dietro alla
carena;
o
dove un legno
appare, ivi
s’ammassa
la
folta sì, che, di
soverchio piena,
o
non si può levar
se non si scarca,
o
nel fondo tra via
cade la barca.
91
Non
era minor calca in
su l’entrata
del
ponte, che da
Carlo era difesa;
e
sì cresce la
gente spaventata,
a
cui più d’ogni
biasmo il morir
pesa,
che
‘l re non pur,
con tutta quella
armata
che
seco avea, ne
perde la contesa,
ma,
con molt’altri
uomini e bestie a
monte,
nel
fiume è
rovesciato giù
del ponte.
92
Carlo
ne l’acqua giù
dal ponte cade,
e
non è chi si
fermi a darli
aiuto;
che
sì a ciascun per
sé da fare
accade,
che
poco conto
d’altri ivi è
tenuto:
quivi
la cortesia, la
caritade,
amor,
rispetto,
beneficio avuto,
o
s’altro si può
dire, è tutto
messo
da
parte, e sol
ciascun pensa a se
stesso.
93
Se
si trovava sotto
altro destriero
Carlo,
che quel che si
trovò quel
giorno,
restar
potea ne l’acqua
di leggiero,
né
mai più in
Francia bella far
ritorno.
Bianco
era il buon caval,
fuor ch’alcun
nero
pelo,
che parean mosche,
avea d’intorno
il
collo e i fianchi
fin presso alla
coda:
da
questo al fin fu
ricondotto a
proda.

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