Canto
quinto
(47-69)
47
E
perché ad ogni
incommodo
occorresse
(che
non men
ch’animoso, era
discreto),
contra
quei de la terra
il fratei messe,
con
buona gente, per
far lor divieto
che,
mentre gli occhi e
le man volte
avesse
a
quei dinanzi, non
venisser drieto,
o
venisser da’
fianchi, e con
gran scorno,
oltre
il danno, gli
dessero il mal
giorno.
48
Da
l’altra parte il
capitan d’Anglante
quelli
medesimi ordini
gli oppone:
fa
lungo il fiume
andar Teone
innante,
figliuolo
e capitan di
Tassillone;
da
l’altro corno al
conte di Barbante,
alla
schiera di mezo
egli s’oppone.
Bianca
e vermiglia avea
la sopravesta,
ma
di ricamo d’or
tutta contesta.
49
Ne
l’un quartiero e
l’altro la
figura
d’un
rilevato scoglio
avea ritratta,
che
sembra dal mar
cinto, e che non
cura
che
sempre il vento e
l’onda lo
combatta.
L’uno
di qua, l’altro
di là procura
pigliar
vantaggio, e le
sue squadre adatta
con
tal rumor e
strepito di trombe
che
par che triemi il
mar e ‘l ciel
ribombe.
50
Già
l’uno e
l’altro avea,
con efficace
et
ornato sermon,
chiaro e prudente,
cercato
d’animar e fare
audace
quanto
potuto avea più
la sua gente.
Era
d’ambi gli
eserciti capace
il
campo, sino al mar
largo e patente;
ché
non s’era
indugiato a questo
giorno
a
levar boschi e far
spianate intorno.
51
Gli
corridori e
l’arme più
leggiere,
e
quei che i colpi
lor credono al
vento,
or
lungi, or presso,
intorno alle
bandiere
scorrono
il pian con lungo
avvolgimento;
mentre
gli uomini
d’arme e le gran
schiere
vengon
de’ fanti a
passo uguale e
lento,
sì
che né picca a
picca o piede a
piede,
se
non quanto vuol
l’ordine,
precede.
52
L’un
capitano e
l’altro a
chiuder mira
dentro
‘l nimico, e poi
venirli a fianco.
Teon,
per questo, il
corno estende e
gira,
e
Ivo il simil fa
dal lato manco.
Andar
da l’altra parte
non s’aspira,
ché
l’acqua vi facea
sicuro e franco
a
Rinaldo il
sinistro, al Conte
serra
il
destro corno il
gran fiume de
l’Erra.
53
L’un
campo e l’altro
venìa stretto e
chiuso
con
suo vantaggio,
stretto ad
affrontarsi:
tutte
le lance con le
punte in suso
poteano
a due gran selve
assimigliarsi,
le
quai venisser,
fuor d’ogn’uman
uso,
forse
per magica arte,
ad incontrarsi.
Cotali
in Delo esser
doveano, quando
andava
per l’Egeo
l’isola errando.
54
All’accostarsi,
al ritener del
passo,
all’abbassar
de l’aste ad una
guisa,
sembra
cader l’orrida
Ircina al basso,
che
tutta a un tempo
sia dal piè
succisa:
un
fragor s’ode, un
strepito, un
fracasso,
qual
forse Italia udì
quando divisa
fu
dal monte Apennin
quella gran costa
che
su Tifeo per soma
eterna è imposta.
55
Al
giunger degli
eserciti si spande
tutto
‘l campo di
sangue e ‘l ciel
di gridi:
a
un volger
d’occhi in mezo
e da le bande
ogni
cosa fu piena
d’omicidi:
in
gran confusion
tornò quel grande
ordine,
e non è più chi
regga o guidi,
o
ch’oda o vegga;
ché conturba e
involve,
assorda
e accieca il
strepito e la
polve.
56
A
ciascuno a
bastanza, a
ciascun troppo
era
d’aver di se
medesmo cura.
La
fanteria fu per
disciorre il
groppo,
perduto
‘l lume in
quella nebbia
oscura:
ma
quelli da cavallo
al fiero intoppo
già
non ebbon la
fronte così dura;
le
prime squadre sùbito
e l’estreme
di
qua e di là
restar confuse
insieme.
57
Le
compagnie
d’alcuni, che
promesso
s’avean
di star vicine,
unite e strette,
e
l’un l’altro
in aiuto essersi
appresso
né
si lasciar se non
da morte astrette,
in
modo si disciolser
che rimesso
non
fu più ‘l stuol
fin che la pugna
stette;
e
di cento o di più
ch’erano stati,
al
dipartir non foro
i dui trovati.
58
Ché
da una parte
Orlando e da
l’altra era
Rinaldo
entrato, e prima
con la lancia
forando
petti e più
d’una gorgiera,
più
d’un capo,
d’un fianco e
d’una pancia;
poi,
l’un con
Durindana, e con
la fera
Fusberta
l’altro, i dui
lumi di Francia,
a’
colpi, qual fece
in Val Flegra
Marte,
poneano
in rotta e l’una
e l’altra parte.
59
Come
nei paschi tra
Primaro e Filo,
voltando
in giù verso
Volana e Goro,
nei
mesi che nel Po
cangiato ha il
Nilo
il
bianco uccel
ch’a’ serpi dà
martoro,
veggiàn,
quando lo punge il
fiero asilo,
cavallo
andare in volta,
asino e toro,
così
veduto avreste
quivi intorno
le
schiere andar
senza pigliar
soggiorno.
60
A
Rinaldo parea che,
distornando
da
quella pugna il
cavallier di
Brava,
gli
suoi sarebbon
vincitori, quando
sol
Durindana è che
gli afflige e
grava;
di
lui parea il
medesimo ad
Orlando:
che
se da le sue genti
il dilungava,
facilmente
alli Franchi e
alli Germani
cederiano
i Pittoni e gli
Aquitani.
61
Perciò
l’un l’altro,
con gran studio e
fretta
e
con simil desir,
par che procacci
di
ritrovarsi, e da
la turba stretta
tirarse
in parte ove non
sia ch’impacci.
Per
vietarli il camin
nessun gli
aspetta,
non
è chi lor
s’opponga o che
s’affacci;
ma
in quella parte
ove gli veggon
volti,
tutti
le spalle dàn,
nissuno i volti.
62
Come
da verde margine
di fossa
dove
trovato avean
lieta pastura,
le
rane soglion far sùbita
mossa
e
ne l’acqua
saltar fangosa e
scura
se
da vestigio uman
l’erba percossa
o
strepito vicin lor
fa paura;
così
le squadre la
campagna aperta
a
Durindana cedono e
a Fusberta.
63
Gli
duo cugin, di
lance proveduti
(che
d’olmo l’un,
l’altro l’avea
di cerri),
s’andaro
incontro, e i lor
primi saluti
furo
abbassarsi alle
visiere i ferri.
Gli
dui destrier, che
senton con
ch’acuti
sproni
alli fianchi il
suo ciascun
afferri,
si
vanno a ritrovar
con quella fretta
che
uccel di ramo o
vien dal ciel
saetta.
64
Negli
elmi si feriro a
mezo ‘l campo
sotto
la vista, al
confinar dei
scudi:
suonar
come campane, e
gittar vampo,
come
talor sotto ‘l
martel gl’incudi.
Ad
amendui le
fatagion fur
scampo,
che
non potero
entrarvi i ferri
crudi:
l’elmo
d’Almonte e
l’elmo di
Mambrino
difese
l’uno e
l’altro
Paladino.
65
Il
cerro e l’olmo
andò, come se
stato
fosser
di canne, in
tronchi e in
schegge rotto:
messe
le groppe
Brigliador sul
prato,
ma,
come un caprio
snel, sorse di
botto.
L’uno
e l’altro col
freno abbandonato,
dove
piacea al cavallo,
era condotto,
coi
piedi sciolti e
con aperte
braccia,
roverscio
a dietro, e parea
morto in faccia.
66
Poi
che per la
campagna ebbono
corso
di
più di quattro
miglia il spazio
in volta,
pur
rivenne la mente
al suo discorso,
e
la memoria sparsa
fu raccolta:
tornò
alla staffa il piè,
la mano al morso,
e
rassettati in
sella dieder
volta;
e
con le spade
ignude aspra
tempesta
portaro
al petto, agli
omeri e alla
testa.
67
Tutto
in un tempo,
d’un parlar
mordente
Rinaldo
a ferir venne, e
di Fusberta,
al
cavallier d’Anglante,
e insiememente
gli
dice Traditor
a voce aperta;
e
la testa che
l’elmo rilucente
tenea
difesa, gli fe’
più che certa
ch’a
far colpo di spada
di gran pondo
si
ritrovava altro
che Orlando al
mondo.
68
Per
l’aspro colpo il
senator romano
si
piegò fin del suo
destrier sul
collo;
ma
tosto col parlare
e con la mano
ricompensò
l’oltraggio e
vendicollo:
gli
fe’ risposta che
mentia, e villano
e
disleal e traditor
nomollo;
e
la lingua e la
mano a un tempo
sciolse
e
quella il core e
questa l’elmo
colse.
69
Multiplicavan
le minacce e
l’ire,
le
parole
d’oltraggio e le
percosse;
né
l’un l’altro
potea tanto
mentire
che
detto traditor più
non gli fosse.
Poi
che tre volte o
quattro così dire
si
sentì Orlando dal
cugin, fermosse;
e
pianamente
domandollo come
gli
dava, e per che
causa, cotal nome.

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