Per tre giorni Holker ed i suoi due amici si trattennero
nella colonia polare facendo delle escursioni nei dintorni,
sulla slitta dell'albergo, visitando parecchie case degli
anarchici e qualche capanna esquimese, nonostante il freddo
eccessivo che regnava all'aperto e la profonda oscurità
addensata sugli sterminati banchi di ghiaccio della regione
polare.
Dovettero constatare, e ne furono molto lieti, che quegli
uomini, un giorno così pericolosi, erano diventati
assolutamente pacifici e mansueti come agnellini.
Era l'influenza del freddo o l'isolamento che aveva
operato quel prodigio su quei cervelli esaltati?
Probabilmente l'una e l'altra cosa insieme.
Certo non ci trovavano più gusto a parlare di bombe,
d'incendi e di stragi, con un freddo di 45° sotto zero!
Preferivano fumare la pipa accanto ad una lampada a radium,
godendosi il calore che essa mandava.
Come si vede, i governi d'Europa e d'America avevano
avuto una eccellente idea a mandarli in quel clima,
perché... si raffreddassero.
La mattina del quarto giorno, mentre Holker, Brandok e
Toby stavano prendendo una bollente tazza di tè, furono
finalmente avvertiti che durante la notte era giunto il
tramvai elettrico dallo Spitzbergen e che si preparava a far
ritorno in Europa.
"Partiamo, amici" disse Holker. "D'inverno
il polo è poco piacevole, e ritengo che ne abbiate
abbastanza del nostro soggiorno fra i ghiacci eterni."
"Amerei di più trovarmi in un clima meno
rigido" rispose Brandok. "Io non ho nelle mie vene
il sangue ardente degli anarchici."
"E nemmeno io" disse Toby.
"Quando giungeremo allo Spitzbergen?" chiese
Brandok.
"Fra sessanta ore, essendo la galleria europea più
lunga di quella americana."
"E poi dove andremo?"
"C'imbarcheremo sul battello volante che fa il
servizio fra le isole e l'Inghilterra. Desidero mostrarvi
un'altra meraviglia."
"Quale?"
"I grandiosi mulini del Gulf-Stream."
"Che cosa saranno?"
"Dei mulini, vi ho detto."
"Per macinare granaglie?"
"Oh no!... Poi andremo a visitare una delle città
sottomarine inglesi dove si trovano relegati i più
pericolosi banditi del Regno Unito. Ecco la slitta: andiamo,
amici."
Saldarono il conto, presero i loro bagagli e salirono
sulla slitta dell'albergo che era tirata da sei vigorosi
cani di Terranova, più robusti e più obbedienti di quelli
di razza esquimese.
Un quarto d'ora dopo si fermavano sotto la tettoia della
stazione europea che si trovava nell'altro lato della
città.
Un carrozzone simile a quello della linea americana
aspettava i viaggiatori.
Anche quello era diviso in scompartimenti e addobbato con
lusso ed eleganza.
Vi salirono e qualche minuto dopo il tramvai, preceduto
dalla macchina pilota, partita già cinque minuti prima, si
cacciava sotto la galleria europea fatta costruire a spese
delle nazioni settentrionali del continente: Russia, Svezia,
Norvegia ed Inghilterra.
Nelle dimensioni, e nella forma non era diversa da quella
americana. Era solamente un po' meno illuminata, non
disponendo le nazioni europee settentrionali d'una forza
elettrica pari a quella nordamericana, perché non hanno le
cascate del Niagara.
Cinquanta ore dopo i tre viaggiatori, che avevano veduto
a poco a poco diradarsi le tenebre di miglio in miglio che
s'allontanavano dal polo, giungevano felicemente sulle coste
settentrionali della maggior isola del gruppo dello
Spitzbergen.
Avevano costeggiato per un lungo tratto la Groenlandia
settentrionale, poi avevano attraversato una parte
dell'oceano coperto da immensi banchi di ghiaccio, giungendo
alla stazione russa.
La galleria terminava là; però la linea continuava fino
al Porto della Ricerca.
Con molta sorpresa di Toby e Brandok videro ergersi sulle
rive nevose di quella baia, cent'anni prima appena
frequentata da rari balenieri e da cacciatori di foche, dei
palazzi imponenti, che erano alberghi destinati ad
accogliere nella stagione estiva i ricchi europei.
Il freddo ora aveva messo in fuga albergatori ed ospiti.
Vi si trovavano invece due o tre dozzine di pescatori di
merluzzi ed alcuni guardiani incaricati della sorveglianza
degli alberghi.
Holker s'informò se il vascello volante inglese era
giunto ed ebbe una risposta negativa.
Ventiquattro ore prima un violento ciclone si era
scatenato sull'Atlantico settentrionale e probabilmente
aveva costretto il vascello aereo a rifugiarsi in qualche
porto della Norvegia.
Era anzi probabile che non potesse arrivare nemmeno il
giorno dopo, essendo il cielo assai nebbioso ed il vento
violentissimo.
"Noi, già, non abbiamo fretta" disse Brandok.
"Qui fa meno freddo che al polo."
"Gli è che non vi è alcun albergo aperto in questa
stagione" rispose Holker. "Saremo costretti a
rimanere nelle sale della stazione o a chiedere asilo a
qualche famiglia di pescatori."
"Per noi poco importa" disse Toby.
Non fu difficile accordarsi con una famiglia mediante un
modesto compenso. La casetta era pulitissima, essendo i suoi
proprietari norvegesi, ben riscaldata e anche ben provvista
di viveri.
"Ci troveremo bene anche qui" disse Brandok.
"E avremo carne a tutti i pasti," disse Holker
"ciò che al giorno d'oggi non si può trovare
dappertutto sui continenti."
"Carne d'orso?" chiese Toby.
"Sono più di cinquant'anni che gli orsi sono
scomparsi" rispose Holker. "Anche nelle regioni
polari, ormai, la selvaggina è diventata rarissima. Qui
invece si allevano ancora molte renne che vengono poi
esportate in Russia e anche in Norvegia. Nonostante i lunghi
inverni e le forti nevicate, quegli animali riescono a
trovare ancora di che nutrirsi, cercando i licheni sepolti
sotto il ghiaccio."
"E in estate è popolata questa grande isola?"
chiese Toby.
"È una stazione di prim'ordine, mio caro signore.
Non vi giungono mai meno di cinque o seimila persone."
"Ai nostri tempi le montagne bastavano."
"Quelle servono ai modesti borghesi."
"Farà buoni affari in quella stagione la linea
polare?"
"I viaggiatori accorrono al polo a migliaia."
"E questi pescatori che cosa fanno qui?"
"Aspettano il passaggio dei grandi branchi di
merluzzi. Sapete che quegli eccellenti pesci non frequentano
più le coste di Terranova?"
"Hanno sentito anche loro il bisogno di qualche
novità?"
"Sembra" rispose Holker. "Da sessanta e
più anni non si mostrano più sulle coste canadesi. Ora
frequentano questi paraggi, dove si lasciano prendere in
numero sterminato."
"Si pescano ancora con le lenze?"
"Anticaglie quelle. Oggi delle gigantesche navi
munite di motori d'una potenza straordinaria vengono qui e
gettano delle reti di cinque o sei miglia di lunghezza, che
vengono poi rapidamente rimorchiate a terra. Bastano pochi
giorni per terminare la stagione della pesca, mentre ai
vostri tempi durava quattro mesi."
"Tutto ad elettricità!" esclamò Brandok.
"Quanti cambiamenti in questi cent'anni! Si fa tutto in
grande!"
"Se così non si facesse, come potrebbe nutrirsi
l'umanità? La pesca oggi è quadruplicata e ringraziamo la
Provvidenza che abbia popolato tanto gli oceani!"
Si erano seduti dinanzi ad una tavola ben apparecchiata
dalla moglie e dalle figlie del pescatore. Vi fumava un
enorme pezzo di renna arrostito che fu dichiarata squisita.
Divorarono poscia un'abbondante zuppa di pesce, vuotarono
alcune tazze di latte di renna, poi, essendosi il vento un
po' calmato, fecero una escursione nei dintorni della baia
colla speranza di veder giungere il vascello aereo che
doveva condurli in Europa.
Non fu che alle prime ore dell'indomani che furono
avvertiti dal loro ospite che il vascello aereo era comparso
all'orizzonte.
Sorseggiarono una tazza di tè e, indossati i grossi
mantelli di pelle d'orso, si precipitarono verso la baia,
per godersi lo spettacolo dell'arrivo.
Il vascello volante era ormai visibile e solcava lo
spazio maestosamente, tenendosi a centocinquanta metri dai
banchi di ghiaccio che si stendevano sull'oceano.
Somigliava agli omnibus volanti che già Brandok e Toby
avevano veduto a Nuova York, però più in grande, avendo la
piattaforma più larga, dieci ali, quattro eliche mostruose
e doppi timoni. Sopra si estendeva una galleria a vetri,
riservata ai viaggiatori, e sormontata da un albero con una
antenna, probabilmente qualche apparecchio elettrico per la
trasmissione dei telegrammi aerei.
Il vascello che si avanzava con grande velocità fu ben
presto sopra la baia. Descrisse, nonostante il forte vento,
una curva assai allungata, ed andò a posarsi dolcemente
entro un recinto costruito su una collinetta che sorgeva a
qualche centinaio di metri dalla stazione estiva.
"Andiamo a raggiungerlo subito" disse Brandok,
che li aveva seguiti assieme al pescatore che portava le
valigie. "Il Centauro non si ferma più d'un quarto
d'ora, appena il tempo sufficiente per consegnare la posta e
sbarcare dei viveri e del tabacco per i pescatori e per i
guardiani."
Salirono la collina, entrarono nel recinto e
s'imbarcarono, dopo aver fatto acquisto del biglietto.
A bordo del vascello aereo non vi erano che sette uomini:
il comandante, due macchinisti, due timonieri, uno stewart
ed un medico.
L'interno della galleria era diviso in quattro
scompartimenti. Uno riservato alle macchine e
all'equipaggio; uno a camera da letto, suddivisa in piccole
cabine di leggera lamiera d'alluminio o d'un metallo
consimile; il terzo a sala da pranzo; il quarto a biblioteca
e sala da conversazione, con un organo elettrico per
divertire i viaggiatori.
"Bellissimo!" aveva esclamato Brandok,
osservando i ricchi mobili che arredavano le sale.
"Meraviglioso!"
"E quello che conta, tanto più sicuro delle navi
che solcano gli oceani" disse Holker.
"Quando giungeremo a Londra?" chiese Toby.
"Fra quarantasei ore" disse il comandante della
nave. "Dobbiamo spingerci prima fin sulle coste
dell'Irlanda per deporre nella città sottomarina un
pericoloso galeotto che ci è stato consegnato dalle
autorità norvegesi di Bergen e che è suddito
inglese."
"Ecco una buona occasione per visitare quella
città," disse Holker, "e anche i grandi mulini
del Gulf-Stream. Non supponevo di essere tanto
fortunato."
"Avete più nulla da imbarcare?" chiese il
capitano. "Null'altro, signore" rispose Brandok.
"Allora partiamo senza indugio: sta per scoppiare un
nuovo ciclone e non amo fermarmi qui o dovermi rifugiare
ancora nei fiords della Norvegia. A causa degli uragani sono
già in ritardo di due giorni."
Il Centauro, ad un comando del capitano, aveva rimesso in
movimento le due poderose macchine e si era innalzato di
duecento metri salutando la popolazione della stazione con
dei sibili acutissimi.
Girò due volte sulla baia, poi prese lo slancio
dirigendosi verso sud-ovest, con rapidità fantastica.
Dinanzi alla baia si estendevano degli immensi banchi di
ghiaccio, solcati da canali più o meno larghi e che
mandavano in alto un bagliore intenso, quasi accecante,
dovuto alla rifrazione di tutta quella massa trasparente. In
lontananza invece appariva la tinta azzurro-cupa del mare
che indicava le acque libere dell'Oceano Atlantico.
Brandok, Toby e Holker, ben coperti dai loro mantelli di
pelo, si erano seduti fuori della galleria, sulle panchine
di prora, per godersi meglio quello spettacolo.
Il vascello volante, nonostante la sua mole, si
comportava meravigliosamente bene, gareggiando coi lesti
gabbiani e coi grossi albatros che lo seguivano o lo
precedevano. Manteneva una linea rigorosamente diritta,
orientata sulla bussola, senza abbassarsi nemmeno d'un
metro.
Non era un pallone, era un vero vascello che obbediva
alle mosse dei due timoni, che funzionavano come le code dei
volatili.
"Una scoperta stupefacente" ripeteva Brandok,
che respirava a pieni polmoni l'aria gelata eppur
vivificante dell'oceano. "Chi avrebbe detto che l'uomo
sarebbe riuscito a dividere cogli uccelli l'impero dello
spazio? Che cosa sono i famosi condor in confronto a questi
vascelli volanti?
"Questi vascelli superano in velocità gli
uccelli?" chiese Toby.
"Li lasciano indietro senza fatica" rispose
Holker.
"Anche le fregate?"
"Sono gli unici volatili che li superano, potendo
quelli percorrere centosessanta chilometri all'ora."
"E gli albatros?" chiese Brandok.
"Quantunque abbiano un'ampiezza d'ali che in media
va dai quattro metri ai quattro e mezzo, non possono lottare
colle fregate."
"Che velocità sviluppano queste navi volanti?"
"Centocinquanta chilometri all'ora" rispose
Holker.
"E dire che noi, ai nostri tempi, andavamo superbi
delle nostre torpediniere, che riuscivano a percorrere
ventiquattro o venticinque miglia all'ora!" disse Toby.
"Che progressi! Che progressi!"
"Ditemi, signor Holker" disse Brandok. "Le
navi moderne che velocità raggiungono?"
"Le cinquanta e anche le sessanta miglia
all'ora" rispose l'interrogato.
"Che macchine hanno?"
"Mosse dall'elettricità."
"E la forma è quella d'un tempo?"
"Giudicatene voi. Ecco laggiù appunto una nave che
forse viene dall'Isola degli Orsi. Vi sembra che rassomigli
ad una di quelle che percorrevano gli oceani ai vostri
tempi?"
Brandok e Toby si erano vivamente alzati guardando nella
direzione indicata dal loro amico e videro delinearsi
sull'orizzonte una specie di fuso lunghissimo che correva
sulle onde con estrema rapidità, senza alcuna traccia di
fumo.
"Quella nave è il Tangaroff" disse il capitano
del vascello aereo. "Viene dal Mar Bianco e si reca in
Islanda. Una bella nave, ve lo dico io, che cammina come uno
squalo. Non ha paura dei ghiacci la sua prora!"
"Non rassomiglia affatto alle navi che solcavano i
mari ai nostri tempi" disse Brandok quando il capitano
si fu allontanato. "Le hanno modificate i costruttori
del Duemila?"
"In gran parte, per ottenere una maggiore velocità
e meno rollio e beccheggio" disse Holker. "Hanno
dato allo scafo una forma di sigaro molto affilato a prora e
la coperta è quasi scomparsa non essendovi che il posto per
una torre destinata ai timonieri. Come vedete, le navi
moderne sono quasi tutte sommerse e chiuse sopraccoperta in
modo che durante le tempeste le onde possono spazzarle senza
produrre il minimo inconveniente."
"Sapete che cosa mi ricordano, nella forma, queste
nuove navi? I battelli sottomarini che si incominciavano ad
usare ai nostri tempi."
"È vero" confermò Toby. "E come
procedono? Ancora ad elica?"
"Sì, e a ruote. Sotto la carena entro appositi
incavi ne hanno otto, dieci e perfino dodici, che talvolta
aiutano potentemente le eliche poppiere" disse Holker.
"Con questo doppio sistema che ricorda un po' i
nostri antichi piroscafi rotanti, i nostri ingegneri navali
hanno potuto imprimere alle nostre navi cinquanta e perfino
sessanta miglia all'ora."
"E voi mi avete detto che non, rollano e non
beccheggiano?"
"Il mal di mare è ora quasi sconosciuto, sui
piroscafi moderni, e anche le più formidabili ondate non
riescono nemmeno a scuoterli."
"E perché?" chiese Toby.
"Perché i loro fianchi sono spalmati d'una vernice
grassa che, distendendosi lentamente sull'acqua, produce il
medesimo effetto dell'olio usato dai balenieri nelle
tempeste."
"Che cosa non hanno inventato questi uomini del
Duemila!" esclamò Brandok.
"Molte cose, infatti, e utilissime" rispose
Holker, sorridendo.
"E di navi a vela ce ne sono ancora?" chiese
Toby.
"Da settant'anni non se ne vede più una. Guardate
che bella nave e ditemi se non vale meglio di quelle che
navigavano cent'anni fa." |