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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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VITA

Di: Vittorio Alfieri

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EPOCA PRIMA - PUERIZIA

ABBRACCIA I PRIMI NOVE ANNI NELLA CASA MATERNA

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Primi sintomi di carattere appassionato.

Ma qui mi occorre di notare un'altra particolarità assai strana, circa allo sviluppo delle facoltà amatorie. La privazione della sorella, mi avea lasciato addoloratissimo, e non ci trovava miglior rimedio (oltre al visitarla quanto più spesso me lo concedevano) che di andare nella Chiesa del Carmine attigua alla nostra casa, e di sentirvi la musica, e vedervi officiare que' frati, e far tutte le cerimonie della messa cantata, processione, ecc. In capo a qualche mese io pensava assai meno alla sorella, ed in capo a qualche altro quasi più niente ci pensava, e altro non desiderava, che di esser condotto mattina e sera al Carmine: eccone la ragione. Dopo il viso di mia sorella che aveva circa nove anni quando uscì di casa, non avea più visto altro viso di donna, né di giovine, fuorché certi novizi del Carmine, che poteano avere 15, o 16, o al più 18 anni, i quali coi loro roccetti assistevano alle fonzioni; e questi visi aveano lasciato nel mio tenero ed inesperto cuore la stessa traccia quasi, e l'istesso desiderio di loro, che mi vi avea già lasciato per lungo tempo il viso della sorella. Tutte queste cose conobbi poi, e combinai riflettendovi, parecchi anni dopo; perché di quello ch'io allora facea nulla per certo sapeva, ed al solo istinto naturale obbediva. Questo mio amore innocente per quei novizi giunse tant'oltre, che sempre pensava a quelle loro funzioni, e i miei studi mi noiavano. Una volta fra l'altre essendo fuori il mio maestro, trovatomi solo in camera, cercai ne' due vocabolari latino, e italiano l'articolo Frati, e cassai in ambedue, e vi posi Padri: così credendomi di nobilitare, o che so io, quei noviziotti, che vedeva ogni giorno, a cui non avea parlato mai, e da cui non sapeva quel ch'io volessi: ma avea alle volte sentito dire con certo disprezzo la parola frate, e con rispetto e amore quella di padre, onde questa sola confusa e indigesta idea mi fece correggere così il dizionario: il che poi con gran cura nascosi al maestro, che mai non ci pensò, né se n'avvide. Tralascio il più riflettere su questa inezia; ma chi ci vorrà riflettere, e studiarvi il seme delle nostre passioni, ed in qual primissima età di già si sviluppi, non la troverà per avventura tanto ridicola, ed inutile, quanto ella pare.

Da quest'amore incognito in me stesso, e pur tanto operante nella mia fantasia, nasceva, per quel ch'io credo, un umor malinconico assai, che a poco a poco s'insignoriva di me, e dominava su tutte le altre qualità dell'indole mia. Fra gli otto e nov'anni, trovandomi un giorno in queste disposizioni malinconiche, occasionate forse anche da salute, che era gracile anzi che no, visto uscire il maestro, e il servitore, uscii dal mio salotto che in un terreno dava nel cortile, dov'era intorno intorno molt'erba. Mi misi a strapparne colle mani quanta ne poteva, ed a metterne in bocca, masticarne, e ingoiarne quanta poteva, benché il sapore me ne riuscisse ostico assai, ed amaro. Aveva sentito dire non so da chi che la cicuta era un'erba che avvelenava, e faceva morire; non aveva fatto nessun pensiero di morire, e quasi non sapea quel che fosse; pure, seguendo un istinto naturale misto con non so quale idea di dolore, mi spinsi avidamente a mangiar di quell'erba, credendo che in quella vi dovea anch'esser cicuta. Ributtato poi dall'amarezza di essa così disgustosa, rientrai, e sentitomi provocato il vomito corsi al giardino, e così liberato da quasi tutta quell'erba, stetti con qualche dolore di ventre, soletto e tacito, finché tornò il maestro, che di nulla si avvide, ed io nulla dissi. Poco dopo s'andò in tavola, e la madre vedendomi gli occhi rossi e qualche lagrimetta soffocata, domandò, insisté, volle saper cosa fosse; oltre che i doloretti di ventre continuando io non potea mangiare. Io duro a tacere, o a dire che niente era. Finalmente la madre osservandomi meglio, mi vide le labbra verdiccie, spaventatasi, s'alza, si approssima, m'interroga, e stringe; io piangendo confesso il tutto; mi si dà qualche leggiero rimedio, e nulla ne segue; fuorché io sono per alcuni giorni rinchiuso in camera; nuovo pascolo, e fomento all'umor malinconico.

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:08/02/2001 17.25

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