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LE VITE DE' PIÚ ECCELLENTI ARCHITETTI, PITTORI, ET SCULTORI ITALIANI, DA CIMABUE INSINO A' TEMPI NOSTRI
Nell'edizione per i tipi di Lorenzo
Torrentino - Firenze 1550

di Giorgio Vasari

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MINO

 

Scultore da Fiesole

 

Quando gli artefici nostri non cercano altro nelle opere ch'e' fanno, che imitare la maniera del loro maestro o d'altro eccellente, che gli piaccia il modo di quello operare, o nell'attitudini delle figure, o nell'arie delle teste, o nel piegheggiare de' panni, e studiano quelle solamente, se bene col tempo e con lo studio le contraffanno simili, non possono arrivare con questo solo a la perfezzione dell'arte; avvenga che manifestissimamente si vede che rare volte si passi a chi si camina dietro, perché la imitazione della natura | è ferma nella maniera di quello artefice che ha fatto la lunga pratica diventare maniera. Con ciò sia che l'imitazione è una ferma arte di fare appunto quel che tu fai, come sta il piú bello delle cose della natura, pigliandola schietta senza la maniera del tuo maestro o d'altri; i quali ancora eglino ridussono in maniera le cose che tolsono da la natura. E se ben pare che le cose delli artefici eccellenti siano cose naturali o ver simili, non è che mai si possa usar tanta diligenzia che si facci tanto simile che elle sieno com'essa natura; né ancora, scegliendo le migliori, si possa fare composizion di corpo tanto perfetto che la arte la trapassi. E se questo è adunque le cose tolte da lei per far e le pitture e le sculture perfette, rimanendoci per la maniera imperfezzione, chi studia strettamente le maniere de gli artefici e non i corpi o le cose naturali, è necessario che facci l'opere sue e men buone della natura e da chi si to' la maniera. Laonde s'è visto molti de' nostri artefici non avere voluto studiare altro che le opere de' loro maestri e lasciato da parte la natura; de' quali n'è avenuto che non le hanno apprese del tutto e non passato il maestro loro, ma hanno fatto ingiuria grandissima all'ingegno ch'egli hanno avuto, che s'eglino avessino studiato la maniera e le cose naturali, arebbon fatto maggior frutti nelle opere loro che e' non feciono. Come intervenne <ne> l'opere di Mino scultore da Fiesole, il quale aveva l'ingegno atto a far quel che e' voleva, invaghito della maniera di Desiderio da Settignano suo maestro, per la bella grazia che dava alle teste delle femmine e de' putti e d'ogni sua figura; parendoli al suo giudizio meglio della natura, esercitò et andò dreto a quella, abandonando e tenendo cosa inutile le naturali; onde fu piú graziato che fondato in el l'arte.

Nel monte di Fiesole, già città antichissima vicino a Fiorenza, nacque Mi|no di Giovanni scultore, il quale posto a l'arte dello squadrar le pietre con Desiderio da Settignano, e' giovane eccellente nella scultura, che inclinato a quel mestiero, imparò, mentre lavorava le pietre squadrate, a far di terra figure, e condusse alcune cose di basso relievo ritratte dalle cose che aveva fatte di marmo Desiderio sí simili, che egli vedendolo volto a far profitto in quella arte lo tirò innanzi, e lo messe a lavorare di marmo sopra le cose sue, <ne> le quali con una osservanza grandissima cercava di mantenere la bozza di sotto; né molto tempo andò seguitando ch'egli si fece assai pratico in quel mestiero, del che se ne sodisfaceva Desiderio infinitamente, ma piú Mino dell'amorevolezza di lui, vedendolo continuo a insegnarli et a instruillo che e' si difendessi da gli errori che si possono fare in quell'arte; et in mentre ch'egli era per venire in quella professione eccellente, la disgrazia sua volse che Desiderio passassi a miglior vita; la qual perdita fu di grandissimo danno a Mino il quale, come disperato, si partí da Fiorenza e se ne andò a Roma, et aiutò a' maestri che lavoravano allora opere di marmo e sepolture di cardinali, che andorono in San Pietro di Roma, le quali sono oggi ite per terra per la nuova fabbrica, tal che fu conosciuto per maestro molto prattico e sufficiente, e gli fu fatto fare da un cardinale che li piaceva la sua maniera, l'altare di marmo dove è il corpo di San Girolamo nella chiesa di Santa Maria Maggiore, con istorie di basso rilievo della vita sua, le quali egli condusse a perfezzione. Avenne che Papa Paulo II veneziano faceva fare il suo palazzo a San Marco che vi si adoperò molto e cosí il papa si morí in quel tempo, e Mino trovandosi a' suoi servigii gli fu fatto allogazione della sua sepoltura, della quale egli penò duo anni et alfine la menò in San Pietro, che fu allora tenuta la piú ricca | sepoltura che fussi stata fatta di ornamenti e di figure a pontefice nessuno; la quale da Bramante fu messa in terra nella rovina di San Piero, e quivi stette sotterrata fra i calcinacci parecchi anni, et or nel mdxlvii fu fatta rimurare d'alcuni Veneziani in S. Piero nel vecchio, in una pariete vicino alla cappella di Papa Innocenzio. E se bene alcuni credono che tal sepoltura sia di mano di Mino del Reame, ancor che fussino quasi a un tempo, a me pare alla maniera di mano di Mino da Fiesole.

Ma per tornare a lui, acquistato ch'egli ebbe nome in Roma per tal sepoltura e per le opere che egli aveva fatte, non isté molto ch'egli con buon numero di danari avanzati, a Fiesole se ne ritornò e tolse donna. Né molto tempo andò ch'egli per servigio delle donne delle Murate fece un tabernacolo di marmo di mezzo rilievo, per tenervi il Sacramento, il quale fu da lui con tutta quella diligenza ch'e' sapeva condotto a perfezzione. Il quale non aveva ancora murato, che inteso le monache di Santo Ambruogio, che erano desiderose di far fare un ornamento simile nella invenzione ma piú ricco d'ornamento, per tenervi dentro la reliquia del miracolo che fu del Sacramento in quel luogo de' frammenti rimasti nel calice, da quel·lloro cappellano che diceva la messa lasciati da lui inavertentemente, che diventoron carne, Mino li fece un'opera molto finita e lavorata con diligenza, che, satisfatte da lui quelle donne, gli diedono tutto quello ch'e' dimandò per prezzo di quell'opera; e cosí poco di poi prese a fare una tavoletta con figure d'una Nostra Donna col Figliuolo in braccio, messa in mezzo da San Lorenzo e da San Lionardo, di mezzo rilievo, che doveva servire per i preti o capitolo di San Lorenzo, ad instanzia di M<esser> Dietesalvi Neroni, ma è rimasta nella sagrestia della Badia di Firenze. Et a que' monaci | fece un tondo di marmo, drentovi una Nostra Donna di rilievo col suo Figliuolo in collo, qual posono sopra la porta principale che entra in chiesa, il quale piacendo molto a l'universale, fu fattogli allogazione di una sepoltura per il magnifico M<esser> Bernardo cavaliere di Giugni, il quale per essere stato persona onorevole e molto stimata, meritò questa memoria da' suoi fratelli.

Condusse Mino in questa sepoltura, oltre alla cassa et il morto che sono assai belli, una Giustizia, la quale 'mita la maniera di Desiderio molto, se non avessi i panni di quella un poco tritati dalla maniera dello intaglio. La quale opera fu cagione che l'abate di quel luogo e' suoi monaci che avevano il corpo del Conte Ugo figliuolo del Marchese Uberto di Madeborgo, il quale lasciò a quella badia molte facultà e privilegii, e come desiderosi onorallo il piú ch'e' potevano, feciono fare a Mino, di marmo di Carrara, una sepoltura che fu la piú bella opera che Mino facesse mai; perché n'è alcuni putti che tengono·ll' arme di quel conte, che stanno molto arditamente e con una fanciullesca grazia; oltre alla figura del conte morto ch'egli fece in sulla cassa, et in mezzo sopra la bara, nella faccia, una figura d'una Carità con que' suoi putti, lavorata molto diligente et accordata insieme molto bene; simile una Nostra Donna, nel mezzo tondo col putto in collo, imitando la maniera di Desiderio piú ch'e' poteva, e se egli avesse aiutato il far suo con le cose vive ch'egli li avessi studiate, non è dubio che egli arebbe fatto grandissimo profitto ne l'arte. Costò questa sepoltura a tutte sue spese lire 1600 e la finí nel mcccclxxxi; della quale acquistò molto onore, e per questo gli fu allogato a fare nel Vescovado di Fiesole, a una cappella vicina alla maggiore a man dritta salendo, credo dov'è il Sacramento, un'altra sepoltura per il Vescovo Lionar|do Salutato da Pescia, vescovo di detto luogo; nella quale egli vi fece il suo ritratto in pontificale che lo somigliò molto, e di questa ne conseguí medesima laude che nelle altre fatto aveva. Avenne che un giorno Mino, volendo muovere certe pietre, si affaticò piú che il solito non avendo molti aiuti, e cosí prese una calda; e perché non vi rimediò col cavarsi sangue, egli passò di questa ad un'altra vita, dolendo a' suoi amici che rimasono, per la perdita sua, sconsolati molti mesi, per essere egli molto grato nella conversazione. E cosí nella chiesa della Calonaca di Fiesole, gli diedono sepoltura l'anno mcccclxxxvi. E fu per memoria et onore di lui, non dopo molto spazio di tempo, fattoli questo epitaffio:

 

DESIDERANDO A 'L PARI

DI DESIDERIO ANDAR NELLA BELLA ARTE,

MI TROVAI TRA QVE' RARI

A CVI VOGLIE SÍ BELLE IL CIEL COMPARTE.


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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 12/07/2005 23.19

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