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LE VITE DE' PIÚ ECCELLENTI ARCHITETTI, PITTORI, ET SCULTORI ITALIANI, DA CIMABUE INSINO A' TEMPI NOSTRI
Nell'edizione per i tipi di Lorenzo
Torrentino - Firenze 1550

di Giorgio Vasari

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DE LA PITTURA

CAP. XXXIII

 

Del niello e come per quello abiamo le stampe di rame; e come si intaglino gl'argenti per fare gli smalti di basso rilievo, e similmente si ceselino le grosserie.

 

Il niello, il quale non è altro che un disegno tratteggiato e dipinto su lo argento, come si dipigne e tratteggia sottilmente con la penna, fu trovato da gli orefici fino al tempo degli antichi, essendosi veduti cavi co' ferri ripieni di mistura negli ori et argenti loro. Questo si disegna con lo stile su lo argento, che sia piano, e si intaglia col bulino, ch'è un ferro quadro | tagliato a unghia da l'uno degli angoli a l'altro per isbieco, che cosí calando verso uno de' canti, lo fa piú acuto e tagliente da due lati e la punta di esso scorre e sottilissimamente intaglia. Con questo si fanno tutte le cose, che sono intagliate ne' metalli, per riempierle o per lasciarle vote, secondo la volontà dello artefice. Quando hanno dunque intagliato e finito co 'l bulino pigliano argento e piombo e fanno di esso al fuoco una cosa, ch'incorporata insieme è nera di colore e frangibile molto e sottilissima a scorrere. Questa si pesta e si pone sopra la piastra dello argento dov'è l'intaglio, il qual è necessario che sia bene pulito et accostatolo a fuoco di legne verdi, soffiando co' mantici, si fa che i raggi di quello percuotino dove è il niello. Il quale per la virtú del calore fondendosi e scorrendo, riempie tutti gli intagli, che aveva fatti il bulino. Appresso, quando l'argento è raffreddo, si va diligentemente co' raschiatoi levando il superfluo e con la pomice appoco appoco si consuma, fregandolo e con le mani e con un cuoio tanto che e' si truovi il vero piano e che il tutto resti pulito. Di questo lavorò mirabilissimamente Maso Finiguerra fiorentino, il quale fu raro in questa professione, come ne fanno fede alcune paci di niello in San Giovanni di Fiorenza, che sono tenute mirabili. Da questo intaglio di bulino son derivate le stampe di rame onde tante carte et italiane e tedesche veggiamo oggi per tutta Italia; che sí come negli argenti s'improntava, anzi che fussero ripieni di niello, di terra, e si buttava di zolfo, cosí gli stampatori trovarono il modo del fare le carte su le stampe di rame col torculo, come oggi abbiam veduto da essi imprimersi.

Ècci un'altra sorte di lavori in argento o in oro, comunemente chiamata smalto, che è spezie di pittura mescolata con la scultura; e serve dove | si mettono l'acque, sí che gli smalti restino in fondo. Questa dovendosi lavorare in su l'oro, ha bisogno di oro finissimo, et in su lo argento, argento almeno a lega di giulii. Et è necessario questo modo, perché lo smalto ci possa restare e non iscorrere altrove che nel suo luogo: bisogna lasciarli i proffili d'argento, che di sopra sian sottili e non si vegghino. Cosí si fa un rilievo piatto et in contrario a l'altro; acciò che, mettendovi gli smalti, pigli gli scuri e chiari di quello da l'altezza e da la bassezza dello intaglio. Pigliasi poi smalti di vetri di varii colori, che diligentemente si fermino co 'l martello, e si tengono negli scodellini con acqua chiarissima, separati e distinti l'uno da l'altro. E nota che quegli che si adoperano a l'oro sono differenti da quegli che servono per l'argento, e si conducono in questa maniera: con una sottilissima palettina di argento si pigliano separatamente gli smalti e con pulita pulitezza si distendono a' luoghi loro; e vi se ne mette e rimette sopra, secondo che ragnano, tutta quella quantità, che fa di mestiero. Fatto questo, si prepara una pignatta di terra, fatta a posta, che per tutto sia piena di buchi et abbia una bocca dinanzi; e vi si mette dentro la mufola, cioè un coperchietto di terra bucato, che non lasci cadere i carboni a basso; e da la mufola in su si empie di carboni di cerro e si accende ordinariamente. Nel voto che è restato sotto il predetto coperchio, in su una sottilissima piastra di ferro, si mette la cosa smaltata a sentire il caldo a poco a poco, e vi si tiene tanto che fondendosi gli smalti, scorrino per tutto quasi come acqua. Il che fatto, si lascia rafreddare; e poi con una frassinella, ch'è una pietra da dare filo ai ferri, con rena da bicchieri si sfrega, e con acqua chiara, finché si truovi il suo piano; e quando è finito di levare il tutto, si rimette nel fuoco medesimo, che | il lustro nello scorrere l'altra volta gli dà per tutto. Fassene d'un'altra sorte a mano, che si pulisce con gesso di Tripoli e con un pezzo di cuoio, del quale non accade fare menzione; ma di questo l'ho fatto, perché, essendo opra di pittura, come le altre, m'è paruto a proposito.

 

 

CAP. XXXIIII

 

Della tausia, cioè lavoro a la damaschina.

 

Hanno ancora i moderni ad imitazione degli antichi rinvenuto una spezie di commettere ne' metalli intagliati d'argento o d'oro, faccendo in essi lavori piani o di mezzo o di basso rilievo; et in ciò grandemente gli hanno avanzati. E cosí abbiamo veduto nello acciaio l'opere intagliate a la tausia altrimenti detta a la damaschina, per lavorarsi di ciò in Damasco e per tutto il Levante eccellentemente. Laonde veggiamo oggi di molti bronzi et ottoni e rami, commessi di argento et oro con arabeschi, venuti di tali paesi; e negli antichi abbiamo veduto anelli d'acciaio con mezze figure suvi e fogliami. E di questa spezie di lavoro se ne sono fatte a' dí nostri armadure da combattere lavorate tutte d'arabeschi d'oro commessi e similmente staffe, arcioni di selle e mazze ferrate; et ora molto si costumano i fornimenti delle spade, de' pugnali, de' coltelli e d'ogni ferro che si voglia riccamente ornare e guernire; e si fa cosí: cavasi il ferro in sotto squadra e per forza di martello si commette l'oro in quello, fattovi prima sotto una tagliatura a guisa di lima sottile, sí che l'oro viene a entrare ne' cavi di quella et a fermarvisi. Poi con ferri si dintorna o con garbi di foglie o con girare di quel che si vuole; e tutte le cose co' fili d'oro passati per filiera si girano per il ferro e col martello s'amaccano | e fermano nel modo di sopra. Advertiscasi nientedimeno che i fili siano piú grossi et i proffili piú sottili, a ciò si fermino meglio in quegli. In questa professione infiniti ingegni hanno fatto cose lodevoli e tenute maravigliose: e però non ho voluto mancare di farne ricordo, dependendo da 'l commettersi et essendo scultura e pittura, ciò è cosa che deriva da 'l disegno.

CAP. XXXV

 

De le stampe di legno e de 'l modo di farle e del primo inventor loro e come con tre stampe si fanno le carte, che paiono disegnate e mostrano il lume, il mezzo e l'ombre.

 

Il primo inventore delle stampe di legno di tre pezzi, per mostrare, oltra il disegno, l'ombre, i mezzi et i lumi ancora, fu Ugo da Carpi il quale ad imitazione delle stampe di rame ritrovò il modo di queste, intagliandole in legname di pero o di bossolo, che in questo sono eccellenti sopra tutti gli altri legnami. Fecele dunque di tre pezzi, ponendo nella prima tutte le cose proffilate e tratteggiate, nella seconda tutto quello che è tinto a canto al proffilo con lo acquerello per ombra, e nella terza i lumi et il campo, lasciando il bianco della carta invece di lume e tingendo il resto per campo. Questa, dove è il lume et il campo, si fa in questo modo: pigliasi una carta stampata con la prima dove sono tutte le proffilature et i tratti, e cosí fresca fresca si pone in su l'asse del pero, et agravandola sopra con altri fogli che non siano umidi, si strofina, in maniera che quella ch'è fresca lascia su l'asse la tinta di tutti i proffili delle figure. Et allora il pittore piglia la biacca a gomma e dà in su 'l pero i lumi; i quali dati, lo intagliatore gli incava tutti co' ferri secondo che sono segnati. E questa è la stampa, che primieramente si adopera perché ella fa i lumi et il campo, quando ella | è imbrattata di colore ad olio; e per mezzo della tinta, lascia per tutto il colore, salvo che dove ella è incavata, che ivi resta la carta bianca. La seconda poi è quella delle ombre, che è tutta piana e tutta tinta di acquerello, eccetto che dove le ombre non hanno ad essere, che quivi è incavato il legno. E la terza, che è la prima a formarsi, è quella dove il proffilato del tutto è incavato per tutto, salvo che dove e' non ha i proffili tocchi dal nero della penna. Queste si stampano al torculo, e vi si rimettono sotto tre volte, ciò è una volta per ciascuna stampa, sí che elle abbino il medesimo riscontro. E certamente che ciò fu bellissima invenzione.

Tutte queste professioni et arti ingegnose si vede che derivano dal disegno, il quale è capo necessario di tutte, e non l'avendo non si ha nulla. Perché se bene tutti i segreti et i modi sono buoni, quello è ottimo per lo quale ogni cosa perduta si ritrova, et ogni difficil cosa per esso diventa facile, come potrete vedere nel leggere le vite degl'artefici; i quali dalla natura e dallo studio aiutati, hanno fatto cose sopra umane per il mezzo solo del disegno. E cosí faccendo qui fine alla introduzzione delle tre arti, troppo piú lungamente forse trattate che nel principio non mi pensai, me ne passo a scrivere le Vite.

 

IL FINE DELLA INTRODUZZIONE

 


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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 14/07/2005 00.02

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