ABNER |
Eccomi: appena dal convito or sorge
il re, ch'io vengo a' cenni tuoi. |
DAVID |
Parlarti
a solo a solo io volli |
ABNER |
Udir vuoi forse
della prossima pugna? |
DAVID |
E dirti a un tempo,
che me non servi; ma ch'entrambi al pari
il popol nostro, il nostro re, l'eccelso
Dio d'Israèl serviamo. Altro pensiero
in noi, deh! no, non entri. |
ABNER |
Io, pel re nostro,
del di cui sangue io nasco, in campo il brando
sanguinoso rotai, già pria che il fischio
ivi si udisse di tua fionda |
DAVID |
Il sangue
del re non scorre entro mie vene: a tutti
noti sono i miei fatti: io non li vanto:
Abner li sa.-Deh! nell' obblio sepolti
sian pur da te; sol ti rammenta i tuoi:
emulo di te stesso, oggi tu imprendi
a superar solo te stesso. |
ABNER |
Il duce
io mi credea finor: David non v'era:
tutto ordinar per la vittoria quindi
osai: s'io duce esser potessi, or l'odi.-
Incontro a noi, da borea ad austro, giace
per lungo, in valle, di Filiste il campo.
Folte macchie ha da tergo, è d'alti rivi
munito in fronte: all' orïente il chiude
non alto un poggio, di lieve pendìo
ver esso, ma di scabro irsuto dorso
all'opposto salire: un'ampia porta
s'apre fra' monti all'occidente, donde
per vasto piano infino al mar sonante
senza ostacol si varca. Ivi, se fatto
ci vien di trarvi i Filistei, fia vinta
da noi la guerra. È d'uopo a ciò da pria
finger ritratta. In tripartita schiera
piegando noi da man manca nel piano,
giriamo in fronte il destro loro fianco.
La schiera prima il passo affretta, e pare
fuggirsene; rimane la seconda
lenta addietro, in scomposte e rade file,
certo invito ai nemici. Intanto, scelti
i più prodi de' nostri, il duro poggio
soverchiato han dall'oriente, e a tergo
riescon sovra il rio nemico. In fronte,
dalle spalle, e dai lati, eccolo, è chiuso;
eccone fatto aspro macello intero. |
DAVID |
Saggio e prode tu al pari. All' ordin tuo,
nulla cangiare, Abner, si debbe. Io laudo
virtude ov' è: sarò guerrier, non duce:
e alla tua pugna il mio venir null'altro
aggiungerà, che un brando. |
ABNER |
Il duce è David:
di guerra il mastro è David. Chi combatte,
fuorch' egli, mai? |
DAVID |
Chi men dovria mostrarsi
invido, ch' Abner, poich' ei val cotanto?
Ottimo, ovunque io 'l miri, è il tuo disegno.
Gionata ed io, di qua, verso la tenda
di Saùl schiereremci; oltre, ver l'orsa,
Us passerà; Sadòc, con scelti mille,
salirà il giogo; e tu, coi più, terrai
della battaglia il corpo. |
ABNER |
A te si aspetta;
loco è primiero. |
DAVID |
E te perciò vi pongo.-
Ascende il sole ancora: il tutto in punto
terrai tu intanto, ma non s' odan trombe
fin che al giorno quattr'ore avanzin sole.
Spira un ponente impetuoso, il senti;
il sol negli occhi, e la sospinta polve,
anco per noi combatteran da sera. |
ABNER |
Ben dici. |
DAVID |
Or, va'; comanda: e a te con basse
arti di corte, che ignorar dovresti,
pregio non tor di capitan, cui merti. |
|
MICOL |
Sposo, non sai? Da lieta mensa il padre
sorgeva appena, Abner ver lui si trasse,
e un istante parlavagli: io m'inoltro,
egli esce; il re già quel di pria non trovo. |
DAVID |
Ma pur, che disse? in che ti parve? |
MICOL |
Egli era
dianzi tutto per noi; con noi piangea;
ci abbracciava a vicenda; e da noi stirpe
s' iva augurando di novelli prodi,
quasi alla sua sostegno; ei più che padre
pareane ai detti: or, più che re mi apparve. |
DAVID |
Deh! pria del tempo, non piangere, o sposa:
Saulle è il re; farà di noi sua voglia.
Sol ch'ei non perda oggi la pugna; il crudo
suo pensier contro me doman ripigli,
ripiglierò mio stato abbietto, e il duro
bando, e la fuga, e l'affannosa vita.
Vera e sola mia morte emmi il lasciarti:
e il dovrò pure . . . Ahi vana speme! infauste
nozze per te! Giocondo e regio stato
altro sposo a te dava; ed io tel tolgo.
Misero me! . . . Né d'ampia prole, e lieta,
padre puoi far me tuo consorte errante
e fuggitivo sempre |
MICOL |
Ah! no; divisi
più non saremo: dal tuo sen strapparmi
niuno ardirà. Non riedo io no, più mai
a quella vita orribile, ch'io trassi
priva di te: m'abbia il sepolcro innanzi.
In quella reggia del dolore io stava
sola piangente, i lunghi giorni; e l' ombre
l'aspetto mi adducean d' orrende larve.
Or, sopra il capo tuo pender vedea
del crudo padre il ferro; e udia tue voci
dolenti, lagrimose, umili, tali
da trar del petto ogni più atroce sdegno;
e sì l' acciar pur t' immergeva in core
il barbaro Saulle: or, tra' segreti
avvolgimenti di negra caverna,
vedeati far di dure selci letto;
e ad ogni picciol moto il cor balzarti
tremante; e in altra ricovrarti; e quindi
in altra ancor; né ritrovar mai loco,
né quïete, né amici: egro, ansio, stanco
da cruda sete travagliato . . . Oh cielo! . . .
Le angosce, i dubbi, il palpitar mio lungo
poss' io ridir?-Mai più, no, non ti lascio;
mai più . . . |
DAVID |
Mi strappi il cor: deh! cessa . . . Al
sangue,
e non al pianto, questo giorno è sacro. |
MICOL |
Pur ch' oggi inciampo al tuo pugnar non
nasca.
Per te non temo io la battaglia, hai scudo
di certa tempra, Iddio: ma temo, ch' oggi
dal perfid' Abner impedita, o guasta,
non ti sia la vittoria. |
DAVID |
E che? ti parve
dubbio il re d' affidarmi oggi l' impresa? |
MICOL |
Ciò non udii; ma forte accigliato era,
e susurrava non so che, in se stesso
di sacerdoti traditor; d' ignota
gente nel campo; di virtù mentita
rotte parole, oscure, dolorose
tremende, a chi di David è consorte,
e di Saulle è figlia. |
DAVID |
Eccolo: si oda. |
MICOL |
Giusto Iddio, deh! soccorri oggi al tuo
servo:
l' empio confondi; il genitor rischiara
salva il mio sposo; il popol tuo difendi. |
|
GIONATA |
Deh! vieni, amato padre; a' tuoi pensieri
da' tregua un poco: or l' aura aperta e pura
ti fia ristoro; vieni: alquanto siedi
tra i figli tuoi. |
SAUL |
Che mi si dice? |
MICOL |
Ah! padre! . . . |
SAUL |
Chi sete voi?
Chi d' aura aperta e pura
qui favellò? . . . Questa? è caligin densa;
tenebre sono; ombra di morte . . . Oh! mira;
più mi t' accosta, il vedi? il sol dintorno
cinto ha di sangue ghirlanda funesta
Odi tu canto di sinistri augelli?
Lugùbre un pianto sull' aere si spande,
che me percuote, e a lagrimar mi sforza
Ma che? Voi pur, voi pur piangete? |
GIONATA |
O sommo
Dio d' Israello, or la tua faccia hai tolta
dal re Saùl così? lui, già tuo servo
lasci or così dell' avversario in mano? |
MICOL |
Padre, hai la figlia tua diletta al fianco:
se lieto sei, lieta è pur ella; e piange,
se piangi tu . . . Ma, di che pianger ora?
gioia tornò. |
SAUL |
David, vuoi dire. Ah! . . . David . . .
deh! perché non mi abbraccia anch' ei co' figli? |
DAVID |
Oh padre! . . . Addietro or mi tenea
temenza
di non t' esser molesto. Ah! nel mio core
perché legger non puoi? son sempre io teco. |
SAUL |
Tu . . . di Saulle . . . ami la casa
dunque? |
DAVID |
S' io l' amo? Oh ciel! degli occhi miei
pupilla
Gionata egli è; per te, periglio al mondo
non conosco, né curo: e la mia sposa,
dica, se il può, ch' io nol potrei, di quanto,
di quale amore io l' amo |
SAUL |
Eppur, te stesso
stimi tu molto |
DAVID |
Io, me stimare? In campo
non vil soldato, e tuo genero in corte
mi tengo; e innanzi a Dio, nulla mi estimo. |
SAUL |
Ma, sempre a me d' Iddio tu parli; eppure,
ben tu il sai, da gran tempo, hammi partito
da Dio l' astuta ira crudel tremenda
de' sacerdoti. Ad oltraggiarmi, il nomi? |
DAVID |
A dargli gloria, io 'l nomo. Ah! perché
credi
ch' ei più non sia con te? Con chi nol vuole
non sta: ma, a chi l' invoca, a chi riposto
tutto ha se stesso in lui, manca egli mai?
Ei sul soglio chiamotti; ei vi ti tiene:
sei suo, se in lui, ma se in lui sol, ti affidi. |
SAUL |
Chi dal ciel parla? . . . Avviluppato in
bianca
stola è costui, che il sacro labro or
schiude?
vediamlo . . .Eh no: tu sei guerriero, e il brando
cingi: or t' inoltra; appressati; ch' io veggia,
se Samuèle o David mi favella.-
Qual brando è questo? ei non è già lo stesso
ch' io di mia man ti diedi |
DAVID |
È questo il brando,
cui mi acquistò la povera mia fionda.
Brando, che in Ela a me pendea tagliente
sul capo; agli occhi orribil lampo io 'l vidi
balenarmi di morte, in man del fero
Goliàt gigante: ei lo stringea: ma stavvi
rappreso pur, non già il mio sangue, il suo. |
SAUL |
Non fu quel ferro, come sacra cosa,
appeso in Nobbe al tabernacol santo?
Non fu nell' Efod mistico ravvolto,
e così tolto a ogni profana vista?
consecrato in eterno al Signor primo? |
DAVID |
Vero è; ma |
SAUL |
Dunque, onde l' hai tu? Chi ardiva
dartelo? chi |
DAVID |
Dirotti. Io fuggitivo,
inerme in Nob giungea: perché fuggissi,
tu il sai. Piena ogni via di trista gente,
io, senza ferro, a ciascun passo stava
tra le fauci di morte. Umìl la fronte
prosternai là nel tabernacol, dove
scende d' Iddio lo spirto: ivi, quest' arme,
(cui s' uom mortal riadattarsi al fianco
potea, quell' uno esser potea ben David)
la chiesi io stesso al sacerdote. |
SAUL |
Ed egli? |
DAVID |
Diemmela. |
SAUL |
Ed era? |
DAVID |
Achimelèch. |
SAUL |
Fellone. Vil traditore . . . Ov' è l'
altare? . . . oh rabbia! . . .
Ahi tutti iniqui! traditori tutti!
d' Iddio nemici; a lui ministri, voi?
Negr' alme in bianco ammanto . . . Ov' è la scure? . . .
Ov' è l' altar? si atterri . . . Ov' è l' offerta?
svenarla io voglio . . . |
MICOL |
Ah padre! |
GIONATA |
Oh ciel! che fai? ove corri? che parli? . .
. Or, deh! ti placa:
non havvi altar; non vittima; rispetta
nei sacerdoti Iddio, che sempre t' ode. |
SAUL |
Chi mi rattien? . . . Chi di seder mi
sforza? . . .
Chi a me resiste? . . . |
GIONATA |
Padre. . . |
DAVID |
Ah! tu il soccorri,
alto Iddio d' Israèle: a te si prostra,
te ne scongiura il servo tuo. |
SAUL |
La pace
mi è tolta; il sole, il regno, i figli, l' alma
tutto mi è tolto! . . . Ahi Saùl infelice!
chi te consola? al brancolar tuo cieco,
chi è scorta, o appoggio? . . . I figli tuoi, son muti;
duri son, crudi Del vecchio cadente
sol si brama la morte: altro nel core
non sta dei figli, che il fatal diadema
che il canuto tuo capo intorno cinge.
Su strappatelo, su: spiccate a un tempo
da questo omai putrido tronco il capo
tremolante del padre . . . Ahi fero stato!
meglio è la morte. Io voglio morte |
MICOL |
Oh padre!
noi vogliam tutti la tua vita: a morte
ognun di noi, per te sottrarne, andrebbe |
GIONATA |
-Or, poiché in pianto il suo furor già
stemprasi,
deh! la tua voce, a ricomporlo in calma,
muovi, o fratello. In dolce oblio l' hai ratto
già tante volte con celesti carmi. |
MICOL |
Ah! sì; tu il vedi, all' alitante petto
manca il respiro; il già feroce sguardo
nuota in lagrime: or tempo è di prestargli
l' opra tua. |
DAVID |
Deh! per me, gli parli Iddio.--
"O tu, che eterno, onnipossente, immenso,
siedi sovran d' ogni creata cosa;
tu, per cui tratto io son dal nulla, e penso,
e la mia mente a te salir pur osa;
tu, che se il guardo inchini, apresi il denso
abisso, e via non serba a te nascosa
se il capo accenni, trema lo universo;
se il braccio innalzi, ogni empio ecco è disperso:
già su le ratte folgoranti piume
di Cherubin ben mille un dì scendesti;
e del tuo caldo irresistibil nume
il condottiero d' Israello empiesti:
di perenne facondia a lui tu fiume,
tu brando, e senno, e scudo a lui ti festi;
deh! di tua fiamma tanta un raggio solo
nubi-fendente or manda a noi dal polo.
Tenebre e pianto siamo . . ." |
SAUL |
Odo io la voce
di David? Trammi di mortal letargo:
folgor mi mostra di mia verde etade. |
DAVID |
"Chi vien, chi vien, ch' odo e non
veggo? Un nembo
negro di polve rapido veleggia
dal torbid' euro spinto.-
Ma già si squarcia; e tutto acciar lampeggia
dai mille e mille, ch' ei si reca in grembo
Ecco, qual torre, cinto
Saùl la testa d' infuocato lembo.
Traballa il suolo al calpestìo tonante
d' armi e destrieri:
la terra, e l' onda, e il cielo è rimbombante
d' urli guerrieri.
Saùl si appressa in sua terribil possa;
carri, fanti, destrier sossopra ei mesce:
gelo, in vederlo, scorre a ogni uom per l' ossa;
lo spavento d' Iddio dagli occhi gli esce.
Figli di Ammòn, dov' è la ria baldanza?
dove gli spregi, e l' insultar, che al giusto
popol di Dio già feste?
Ecco ora il piano ai vostri corpi angusto;
ecco, a noi messe sanguinosa avanza
di vostre tronche teste:
ecco ove mena in falsi iddii fidanza.-
Ma, donde ascolto altra guerriera tromba
mugghiar repente?
È il brando stesso di Saùl, che intomba
d' Edom la gente.
Così Moàb, Soba così sen vanno,
con l' iniqua Amalèch, disperse in polve:
Saùl, torrente al rinnovar dell' anno,
tutto inonda, scompon, schianta, travolve". |
SAUL |
Ben questo è grido de' miei tempi antichi,
che dal sepolcro a gloria or mi richiama.
Vivo, in udirlo, ne' miei fervidi anni . . .-
Che dico? . . . ahi lasso! a me di guerra il grido
si addice omai? . . . L' ozio, l' oblio, la pace,
chiamano il veglio a sé. |
DAVID |
Pace si canti.-
"Stanco, assetato, in riva
del fiumicel natìo
siede il campion di Dio,
all' ombra sempre-viva
del sospirato alloro.
Sua dolce e cara prole,
nel porgergli ristoro,
del suo affanno si duole,
ma del suo rieder gode;
e pianger ciascun s' ode
teneramente,
soavemente
sì, che il dir non v' arriva.
L' una sua figlia slaccia
l' elmo folgoreggiante;
e la consorte amante,
sottentrando, lo abbraccia:
l' altra, l' augusta fronte
dal sudor polveroso
terge, col puro fonte:
quale, un nembo odoroso
di fior sovr' esso spande:
qual, le man venerande
di pianto bagna:
e qual si lagna,
ch' altra più ch' ella faccia.
Ma ferve in ben altr' opra
lo stuol del miglior sesso.
Finché venga il suo amplesso,
qui l' un figlio si adopra
in rifar mondo e terso
lo insanguinato brando:
là, d' invidia cosperso,
dice il secondo: e quando
palleggerò quest' asta,
cui mia destra or non basta?
Lo scudo il terzo,
con giovin scherzo,
prova come il ricopra.
Di gioia lagrima
su l' occhio turgido
del re si sta:
ch' ei di sua nobile
progenie amabile
è l' alma, e il sa.
Oh bella la pace!
Oh grato il soggiorno,
là dove hai dintorno
amor sì verace
sì candida fé!
Ma il sol già celasi;
tace ogni zeffiro;
e in sonno placido
sopito è il re".- |
SAUL |
Felice il padre di tal prole! Oh bella
pace dell' alma! . . . Entro mie vene un latte
scorrer mi sento di tutta dolcezza . . .-
Ma, che pretendi or tu? Saùl far vile
infra i domestich' ozi? Il pro' Saulle
di guerra or forse arnese inutil giace? |
DAVID |
"Il re posa, ma i sogni del forte
con tremende sembianze gli vanno
presentando i fantasmi di morte.
Ecco il vinto nemico tiranno
di sua man già trafitto in battaglia;
ombra orribil, che omai non fa danno.
Ecco un lampo, che tutti abbarbaglia
Quel suo brando, che ad uom non perdona,
e ogni prode al codardo ragguaglia.-
Tal, non sempre la selva risuona
del Leone al terribil ruggito,
ch' egli in calma anco i sensi abbandona;
né il tacersi dell' antro romito
all' armento già rende il coraggio;
né il pastor si sta men sbigottito,
ch' ei sa, ch' esce a più sangue ed oltraggio.
Ma il re già già si desta:
armi, armi, ei grida.
Guerriero omai qual resta?
Chi, chi lo sfida?
Veggio una striscia di terribil fuoco,
cui forza è loco -- dien le ostili squadre.
Tutte veggio adre -- di sangue infedele
l' armi a Israèle. -- Il fero fulmin piomba,
sasso di fromba -- assai men ratto fugge,
di quel che strugge -- il feritor sovrano,
col ferro in mano. -- A inarrivabil volo,
fin presso al polo -- aquila altera ei stende
le reverende -- risuonanti penne,
cui da Dio tenne, -- ad annullar quegli empi,
che in falsi tempi -- han simulacri rei
fatti lor Dei. -- Già da lontano io 'l seguo;
e il Filisteo perseguo,
e incalzo, e atterro, e sperdo; e assai ben mostro
che due spade ha nel campo il popol nostro". |
SAUL |
Chi, chi si vanta? Havvi altra spada in
campo,
che questa mia, ch' io snudo? Empio è, si uccida,
pera, chi la sprezzò. |
MICOL |
T' arresta: oh cielo! |
GIONATA |
Padre! che fai? . . . |
DAVID |
Misero re! |
MICOL |
Deh! fuggi . . .
a gran pena il teniam; deh! fuggi, o sposo. |
|