14. Il demonio della
guerra
Il Re del Mare, imbarcata rapidamente la scialuppa,
aveva subito virato di bordo lanciandosi verso il nord,
onde non impegnarsi fra le scogliere che si prolungavano
verso occidente.
La squadra degli alleati accorreva a tutto vapore,
sperando di tagliargli il passo e forzava le macchine
per giungere in tempo.
Nessuna però di quelle navi, tutte di tipo
antiquato, logorate nelle stazioni d'oltre mare, poteva
competere col velocissimo incrociatore, il quale
marciava già a tiraggio forzato, nè poteva competere
colle sue formidabili artiglierie, che erano le più
moderne di quell'epoca.
I proiettili cadevano fitti sul ponte
dell'incrociatore e battevano anche furiosamente i suoi
fianchi e le granate scoppiavano in buon numero sulle
torrette con un fracasso assordante ed alzando lunghe
fiammate, senza però riuscire a spaccare le lastre
metalliche.
La nave delle tigri di Mompracem rispondeva con pari
energia. I suoi grossi pezzi da caccia tuonavano senza
posa, danneggiando gravemente gli avversari, troppo
deboli per misurarsi con lui.
Yanez, colla eterna sigaretta in bocca, e Sandokan
assistevano tranquillamente a quell'orribile spettacolo,
senza che un muscolo del loro viso trasalisse. Solamente
quando qualche proiettile colpiva in pieno le navi
avversarie, manifestavano la loro compiacenza con una
fumata più vigorosa il primo e con una semplice mossa
del capo il secondo.
A bordo il rimbombo era assordante, spaventevole.
Getti di fuoco scattavano dalle feritoie delle
torricelle e dai sabordi delle batterie e nembi di fumo
avvolgevano i fianchi della poderosa nave.
Il Re del Mare fuggiva rapidissimo, sottraendosi al
minaccioso accerchiamento della squadra, lasciandosi
dietro turbini di fumo e di scintille.
Passò come un proiettile fra due navi che cercavano
di stringerlo, scaricando addosso a loro due tremende
bordate e proteggendosi con due pezzi di poppa.
La squadra degli alleati, impotente a dargli una
caccia vigorosa per deficienza di velocità, rimaneva
indietro, nonostante marciasse pure a tiraggio forzato.
Le sue palle non giungevano più sul ponte
dell'incrociatore.
Già le tigri di Mompracem si credevano oramai salve,
quando dietro un'altra scogliera videro uscire a tutto
vapore quattro superbi incrociatori, grossi quanto il Re
del Mare.
- Saccaroa! - esclamò Sandokan. - Da dove sono sorte
quelle navi, Yanez?... Fa' mettere la prora al nord!
I quattro incrociatori si erano slanciati sulla via
del Re del Mare, ma disgraziatamente eran comparsi
troppo tardi per prendere parte attiva al combattimento.
- Un momento prima e non so come ce la saremmo
cavata, - disse Yanez, che li osservava attraverso la
feritoia di comando.
- Ma ora, signor Yanez, ci rimarranno sempre a poppa,
- disse l'ingegnere americano che li osservava
attentamente. - Forse per armamento potranno competere
con noi; non certo per forza di macchine. Guardate:
guadagniamo visibilmente via e fra sei ore non li
vedremo più.
- E di chi saranno quelle belle navi? - chiese
Tremal-Naik. - Non vedo alcuna bandiera ondeggiare sulle
loro alberature.
- Suppongo che siano inglesi, - rispose Yanez. -
Apparterranno forse alla squadra anglo-indiana. Prima a
Labuan, non si vedevano navi così moderne.
- E pare che non ci vogliano lasciare così
facilmente, - disse Sandokan, che era rientrato in quel
momento nella torre. - Fortunatamente siamo fuori di
portata ormai dalle loro artiglierie. Aspetteremo la
notte per fare falsa rotta e piegare verso occidente.
Risaliremo dalle coste di Labuan.
- Che credano che noi cerchiamo di tentare un colpo
di testa su quell'isola? - chiese Yanez.
- O su Mompracem, - rispose Sandokan. - Peccato di
dover consumare tanto carbone per mantenere una simile
velocità.
- Ne abbiamo ancora abbastanza da farli correre e
poi, ci riforniremo più tardi a spese dei piroscafi
mercantili.
Il Re del Mare continuava intanto la sua corsa
rapidissima a tiraggio forzato. La squadra degli
alleati, che aveva tentato di circondarlo presso la
scogliera, era ormai quasi fuori di vista, mentre i
quattro incrociatori, pur perdendo via, continuavano
vigorosamente la caccia.
Dovevano possedere nondimeno anche essi delle
macchine poderose, poichè, quando l'alba sorse, il Re
del Mare non era riuscito a guadagnare che un miglio e
divorando immense quantità di carbone. Avendo però
quattro miglia di vantaggio fino da prima, si teneva
benissimo fuori di portata dalle artiglierie che in
quell'epoca non potevano tirare a simile distanza.
A mezzodì la caccia non era cessata, ma un altro
miglio era stato raggiunto.
Yanez, che non aveva lasciato un solo istante la
coperta, stava per scendere nella sala da pranzo, quando
fu avvicinato da Darma.
La fanciulla appariva imbarazzata e molto triste.
- Signor Yanez, - disse fermandolo. - L'avete
veduto?...
- Chi? - chiese il portoghese, quantunque avesse
compreso che cosa desiderava sapere.
- sir Moreland.
- No Darma. Non l'ho scorto su nessun ponte di
comando della squadra degli alleati.
La fanciulla era diventata pallida.
- Che sia morto? - chiese poi.
- Lui?... E perchè?... Non si è misurato con noi e
quando io gli ho danneggiata la sua scialuppa a vapore
era vivo quanto me.
- Che sia su una di quelle quattro navi?
- Non l'ho veduto nemmeno su quelle, Darma. Ho
osservato attentamente i ponti col cannocchiale, senza
scorgerlo.
- Eppure il mio cuore mi dice che egli deve essere su
uno di quegli incrociatori.
Yanez sorrise senza rispondere e offertole il braccio
la condusse nella sala da pranzo.
Alla sera i quattro incrociatori erano ancora in
vista, ad una distanza di dodici miglia. I loro camini
vomitavano torrenti di fumo, tuttavia perdevano
continuamente strada.
A mezzanotte, il Re del Mare, che non aveva accesi i
suoi fanali, virava bruscamente di bordo dirigendosi
verso ponente, in direzione del capo Tanjong-Datu per
gettarsi nel mare della Sonda.
Il bisogno di rifornirsi di carbone s'imponeva e,
privi come erano di porti amici, senza più l'aiuto
della Marianna, non avevano altra speranza che di
prenderne alle navi inglesi, le quali non dovevano
certamente avere interrotto i loro viaggi.
Sandokan, dopo essersi assicurato che gli
incrociatori non erano più visibili, aveva ordinato di
ridurre la velocità dell'incrociatore onde economizzare
il combustibile, non sapendo quando avrebbe potuto
rinnovare le sue provviste di già nuovamente molto
scarse.
Avvistato due giorni dopo il capo Tanjong-Datu, il Re
del Mare aveva proseguita la corsa verso il nord-ovest,
sperando di sorprendere in quella direzione qualche nave
proveniente da Singapore o dai porti di Giava o di
Sumatra, tuttavia nei primi giorni che si seguirono
nessun fumo fu segnalato all'orizzonte.
Certo, la voce che un corsaro batteva quei paraggi si
era sparsa su tutte le isola della Sonda ed i piroscafi
inglesi non avevano osato abbandonare i loro ancoraggi
ed attendevano che la squadra di Labuan lo catturasse o
lo affondasse.
Sandokan e Yanez, quantunque molto preoccupati,
dipendendo dall'abbondanza del carbone la loro salvezza,
non erano però uomini da disperarsi.
Potevano ancora percorrere, a velocità ridotta, tre
o quattrocento miglia e spingersi quindi fino nei mari
della Cina meridionale e, se lo avessero desiderato,
tentare ancora qualche buon colpo.
Non avevano però, almeno pel momento, alcun
desiderio di allontanarsi troppo dalle coste del Borneo.
Forse anche la flotta inglese dell'estremo Oriente
doveva già essersi messa in moto per catturarli e non
desideravano affrontarla con una così scarsa dotazione
di carbone.
- Aspettiamo, - aveva detto Sandokan a Tremal-Naik
che lo interrogava sui suoi progetti. - Non ci conviene
pel momento lasciare questi paraggi ed oltrepassare le
isole Natuna e Bunguran.
So bene che lassù le navi da predare non mi
mancherebbero, se lo volessi; però anche qui il lavoro
non ci mancherà.
- Che cosa aspetti qui? Si direbbe che tu attenda
qualche cosa?
- Infatti, aspetto, - rispose Sandokan con un sorriso
misterioso. - Desidero raccogliere, ad un tempo i due
piccioni ed anche la fava.
- Sono già quattro giorni che abbiamo lasciato le
acque di Sarawak.
- Il tempo per noi non ha valore. Aspettiamo dunque.
- E quegli incrociatori che continuano
l'inseguimento?
- Certo, - rispose Sandokan, - ma dietro a chi? Io
sono ormai convinto di averli ingannati e dubito molto
di ritrovarli per ora sulla mia via.
Per quarantott'ore il Re del Mare continuò a
navigare verso il nord-ovest, spingendosi assai lontano
dalle coste bornesi, poi, avendo nuovamente avvistate le
isole Natuna e Bunguran, ripiegò verso levante,
desiderando i due comandanti fare una punta a Bruni, la
capitale del sultanato del Borneo, sapendo che era di
quando in quando frequentato da piroscafi inglesi.
Non dovevano ingannarsi. Avevano lasciate le isole da
una quindicina di ore, quando una grossa nave si
profilò sull'orizzonte limpidissimo. Era uno steamer a
due ciminiere e tambure, che filava in direzione di
Bruni, forse per far scalo colà prima di risalire verso
i mari della Cina.
La bandiera rossa che si vedeva ondeggiare a poppa,
aveva confermato le speranze di Yanez e di Sandokan, i
quali pareva che fiutassero da lontano le navi
avversarie.
Lo steamer, accortosi della presenza
dell'incrociatore e anche dei suoi colori, dapprima
aveva continuata la sua corsa verso il nordest, poi
aveva bruscamente virato di bordo lanciandosi verso
levante, onde cercare un rifugio in qualche baia del
Borneo.
Il suo comandante, prima della sua partenza dai porti
dell'India, doveva aver ricevuto avviso della presenza
d'un corsaro malese nelle acque dei mari della Sonda e
si era subito dato alla fuga, non potendo impegnare la
lotta.
Il Re del Mare però, quantunque lo steamer corresse
velocissimo e vomitasse torrenti di fumo dalle sue due
ciminiere, segno certo che forzava le sue macchine, con
un'abilissima manovra lo raggiunse, sparando dapprima
una cannonata a polvere, poi a palla, per fargli meglio
comprendere che era risoluto ad affrontarlo.
Vedendo che non obbediva, e che anzi aumentava la
velocità, con una seconda cannonata tirata da uno dei
suoi pezzi da caccia gli sconquassò il cassero.
Un momento dopo la bandiera bianca s'alzava sulle
cime del trinchetto, mentre la velocità scemava.
- Ha del fegato quel comandante, - disse Yanez,
mentre si mettevano in acqua le scialuppe. -
Disgraziatamente non possiamo essere generosi e quel
superbo piroscafo andrà a raggiungere gli altri in
fondo al mare della Malesia.
Discese nella lancia a vapore e si diresse verso lo
steamer seguìto da cinque scialuppe montate da settanta
uomini, fra malesi e dayaki.
Il piroscafo si era arrestato a dieci gomene dal Re
del Mare. Era una magnifica nave, montata da numerosi
passeggeri, i quali, muti, atterriti, aspettavano
ansiosamente l'abbordaggio dei corsari. Il comandante,
attorniato dai suoi ufficiali, non aveva abbandonato il
ponte.
Yanez fu il primo a salire a bordo. Attraversò la
folla e si fece sotto il ponte di comando, dicendo al
capitano dello steamer, che non si era mosso per
incontrarlo:
- Non siete troppo cortese, signore, verso un uomo
che avrebbe potuto cannoneggiarvi.
- Fatelo, se così vi piace, - rispose freddamente il
comandante. - Io non mi oppongo. Pensate però che a
bordo della mia nave vi sono cinquecento e più donne,
molti fanciulli e molti uomini che non sono inglesi.
- Avete scialuppe sufficienti per contenerli tutti,
compreso l'equipaggio?
- Sì.
- La costa bornese non è lontana e il mare per ora
non ha alcuna intenzione di guastarsi. Fate imbarcare
tutti e andatevene, perchè il piroscafo non appartiene
ora che a me.
- I miei marinai ed i passeggeri sono liberi di
abbandonare la nave, io resterò qui, qualunque cosa
debba accadere, - disse l'inglese. - Io non cedo ai
pirati di Mompracem.
- Ah!... Sapete chi noi siamo? Bravissimo: vi
affonderò colla vostra nave.
- Voi l'affonderete?...
- Ci appartiene per diritto di guerra e, non avendo
alcun interesse per conservarla, la offriremo ai pesci.
Vi accordo due ore e aspetto coll'orologio alla mano.
- Vi ripeto che io non lascerò la nave, - rispose
l'inglese con ostinazione. - Desidero affondare insieme
ad essa.
- Se non vi strapperemo colla forza dal ponte di
comando, - rispose Yanez, impazientito.
Il portoghese stava per ritornare verso i suoi uomini
che aiutavano i marinai del piroscafo a mettere in acqua
le scialuppe, quando si vide venire incontro un uomo
piccolo, tozzo, col mento accuratamente rasato e che
celava gli occhi sotto due occhiali affumicati.
- Comandante, - gli disse lo sconosciuto, levandosi
vivacemente il cappello e sbottonandosi una lunga
zimarra di panno oscuro che pareva non gli desse alcun
fastidio, nonostante il caldo intenso. - Voi siete uno
di quei famosi pirati della Malesia?
- Uno dei capi, - rispose Yanez, guardando con
curiosità quell'omiciattolo panciuto e paffuto.
- Allora mi prenderete con voi, perchè io stavo
appunto cercando una nave che mi sbarcasse a Mompracem.
- Noi non andammo in quell'isola, che d'altronde non
è più in nostro possesso e non imbarchiamo altro che
uomini di mare e di guerra.
- Io volevo venire con voi per combattere gli
inglesi, signore. Io conosco tutte le vostre
meravigliose imprese.
- Voi! - esclamò Yanez, con accento beffardo.
- Voi non sapete chi sono io.
- No di certo.
- Il demonio della guerra, o meglio, se vi piace, il
dottor Paddy O'Brien di Filadelfia, infine un uomo che
potrà causare danni immensi agli inglesi. Ecco perchè,
signore, voi non rifiuterete d'imbarcarmi sulla vostra
nave assieme ai miei bagagli. Vi renderò dei preziosi
servigi, tali da far stupire e anche tremare il
mondo!... |