|

I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

14. La rivincita del Rajah Brooke
Nell'udire quei colpi di
fucile e quelle grida, la Tigre della Malesia aveva fatto un salto verso la
porta della capanna, mandando un vero ruggito. - Il nemico qui!... - esclamò
coi denti stretti. - Qui, in questo momento!... James Brooke, guai a te! Tirò
la scimitarra, terribile arma nelle mani di quel formidabile uomo, e si slanciò
fuori del forte gridando: - A me, tigrotti di Mompracem!... Yanez, i
pirati, Kammamuri e persino i due fidanzati si slanciarono dietro a lui con le
armi in pugno. La vergine della pagoda aveva anch'ella impugnato una
scimitarra, pronta a combattere a fianco dei suoi benefattori. Aïer-Duk e i
suoi otto uomini discendevano, correndo, la china che menava alla
baia. Dietro di essi, fra gli alberi della foresta, Sandokan vide una grossa
squadra d'uomini armati, alcuni bianchi, altri indiani e dayachi. -
All'erta, pirati di Mompracem! il nemico! - gridò Aïer-Duk, precipitandosi verso
la barca che era arenata sulla riva. Sei o sette colpi di fucile rintronarono
sotto la foresta ed alcune palle caddero in acqua. - Le truppe del rajah Brooke! - esclamò Sandokan. - E proprio in questo momento, quando
io credevo che la mia missione fosse terminata! Ebbene, James Brooke, vieni
pure a sfidarmi! La Tigre della Malesia non ti teme! - Cosa facciamo,
Sandokan? - chiese Yanez. - Combatteremo, fratello - rispose il pirata. -
Vi bloccheranno. - Che importa? - Siamo sopra un'isola, fratello mio. -
Ma dentro un forte. Aïer-Duk ed i suoi uomini, attraversato rapidamente il
braccio di mare, erano sbarcati sull'isola. Sandokan e Yanez si slanciarono
verso il bravo dayaco che aveva un braccio insanguinato. - Sei stato
sorpreso? - gli chiese Sandokan. - Sì, capitano, ma riconduco tutti i miei
uomini. - Quanti sono i nemici? - Trecento almeno. - Chi li
comanda? - Un bianco, capitano. - Il rajah? - No, non è il rajah; è un luogotenente di marina. - Un uomo di alta statura con due
lunghi baffi rossi? - chiese Yanez. - Sì - rispose il dayaco. - E ha
con sé una quarantina di marinai europei. - È il luogotenente Churchill. -
Chi è questo Churchill? - chiese Sandokan - Il comandante del fortino che
domina la città di Brooke. - E non hai veduto il rajah? - domandò la
Tigre ad Aïer-Duk. - No, capitano. Sandokan digrignò i denti. - Che
hai? - chiese Yanez. - Temo che il maledetto ci assalga dal mare - osservò il
pirata. - Forse a quest'ora il Realista naviga verso la baia. - Per
Giove! - esclamò Yanez, aggrottando la fronte. - Saremo presi fra due
fuochi! - Ma ci batteremo, e quando non avremo più né polvere né palle,
andremo all'attacco con la scimitarra e col kriss. Il nemico, che si
era arrestato a seicento metri dalle rive della baia, cominciava allora ad
avanzare tenendosi nascosto dietro gli alberi ed ai fitti cespugli. La
moschetteria, per un istante sospesa, ricominciò a scrosciare. - Per Giove! -
esclamò Yanez, - grandina! - Ritiriamoci nel forte - disse Sandokan. - È
solido e resisterà alle palle di fucile. I pirati, Tremal-Naik, Ada e
Kammamuri rientrarono nel recinto, dopo aver però affondata la barca, perché il
nemico non potesse servirsene per passare il braccio di mare. La porta
d'entrata fu barricata con enormi macigni, numerose feritoie vennero aperte
nella palizzata che era tanto alta da sfidare una scala, poi ogni combattente,
eccettuata la vergine della pagoda che venne condotta nella gran capanna,
prese il posto che meglio gli conveniva. - Fuoco, tigrotti di Mompracem! -
tuonò Sandokan, che si era arrampicato con Yanez e sette o otto dei più arditi
pirati sul tetto della gran capanna. Al comando rispose l'urlo di guerra dei
pirati, seguito da parecchi colpi di fucile. - Viva la Tigre della Malesia! Viva
Mompracem! Il nemico, continuando a sparare, era giunto presso la
spiaggia. Alcuni uomini cercavano di abbattere alberi, forse con l'intenzione
di fare una zattera e approdare all'isola. Ben presto s'accorsero però che
non era cosa tanto facile avvicinarsi ad un fortino difeso dai terribili pirati
di Mompracem. Scariche micidiali partivano dal recinto con una rapidità tale
e una precisione così matematica, che in pochi minuti quindici o sedici uomini
giacevano a terra senza vita. - Fuoco, tigrotti di Mompracem! - si udiva
gridare, ad ogni istante, dalla Tigre della Malesia. - Viva la Tigre!... Viva
Mompracem! - rispondevano i pirati, e scaricavano le loro armi dirigendo le
palle nel più fitto della massa nemica. I soldati del rajah ben presto
si videro costretti a retrocedere fino al bosco e celarsi dietro i tronchi degli
alberi. Quella ritirata si era appena effettuata, quando dalla sponda opposta
della baia apparve, all'incerto chiarore delle stelle, un'altra grossa truppa
d'uomini. Una terribile grandinata di palle cadde quasi subito sul forte e
sul tetto della gran capanna sulla cima della quale, ritto, col fucile in mano,
si teneva Sandokan. - Per Giove! - esclamò Yanez che udì fischiare alcune
palle ai suoi orecchi. - Altri nemici! - E anche delle barche - disse
Sambigliong che gli era vicino. - Dove? - Guardate laggiù, all'estremità
della baia. Sono due, quattro, sette, una vera flottiglia!... - Mille tuoni!
- esclamò il portoghese. - Ehi! fratello mio! - Che cosa vuoi? - chiese
Sandokan che stava caricando la sua carabina. - Stiamo per venir presi. -
Non hai un fucile tu? - Sì. - E una scimitarra e un kriss? -
Certamente. - Ebbene, fratello, noi ci batteremo. Salì sulla cima del
tetto, senza darsi pensiero delle palle che gli fischiavano attorno e
tuonò: - Tigrotti di Mompracem, vendetta! Lo sterminatore dei pirati si
avvicina! Tutti sulle palizzate e fuoco su quei cani che ci sfidano! I pirati
abbandonarono precipitosamente le feritoie e si arrampicarono come gatti sul
recinto. Tremal-Naik, Sambigliong, Tanauduriam e Aïer-Duk li dirigevano,
incoraggiandoli con la voce e con l'esempio. Ben presto la moschetteria
ricominciò con furia incredibile. Sotto ogni albero della costa balenava un
lampo, seguito da una detonazione. Centinaia e centinaia di palle
s'incrociavano nell'aria con fischi lamentevoli. Di quando in quando, fra il
crescente frastuono, si udivano la voce tonante della Tigre della Malesia, le
imprecazioni dei tigrotti, i comandi degli ufficiali del rajah e le urla
selvagge degli indiani e dei dayachi. Talvolta però non erano
esclamazioni di trionfo o di entusiasmo: erano grida strazianti, gemiti di
feriti e di moribondi. D'improvviso, verso il mare, si udì una fortissima
detonazione che coprì lo scrosciare della moschetteria. Era la possente voce del
cannone. - Ah! - esclamò Sandokan. - La flotta del rajah! Guardò
verso l'Oceano. Una grande ombra entrava nella baia accostandosi all'isola; due
fanali, verde l'uno, rosso l'altro, brillavano ai suoi fianchi. - Ehi!
Sandokan!... - gridò una voce. - Corpo di una spingarda! - Coraggio, Yanez! -
rispose Sandokan. - Per Giove! Abbiamo una nave alle spalle. - Se occorre
l'abborderemo e... Non finì. Una fiammata era balenata a prua della nave che
entrava nella vasta baia e una palla aveva abbattuto un pezzo di recinto. -
Il Realista! - esclamò Sandokan. Infatti quella nave che accorreva in
aiuto degli assalitori era lo schooner del rajah Brooke, lo stesso
che alla foce del Sarawak aveva attaccato e mandato a picco
l'Helgoland. - Maledetto - ruggì Sandokan, guardandolo con due occhi
che mandavano fiamme. - Ah! Perché non ho un praho anch'io? Ti farei vedere come
sanno battersi all'arma bianca i tigrotti di Mompracem!... Un nuovo colpo di
cannone rimbombò sul ponte del legno nemico e una nuova palla venne ad aprire un
nuovo foro. La Tigre della Malesia mandò un urlo di dolore e di rabbia. -
Tutto è finito! - esclamò. Si precipitò giù dal tetto della capanna, seguito
da tutti i suoi compagni, mentre un nembo di mitraglia spazzava la sommità del
forte, salì sulla barricata che chiudeva l'entrata del fortino gridando: -
Fuoco, tigrotti di Mompracem, fuoco! Mostriamo al rajah come sanno
battersi i pirati della Malesia!... La battaglia prendeva allora proporzioni
spaventevoli. Le truppe del rajah, che fino allora si erano tenute
nascoste sotto i boschi, si erano spinte verso la spiaggia e di là facevano un
fuoco infernale; la flottiglia, tenutasi sempre ad una rispettabile distanza,
vedendosi appoggiata dai cannoni del legno, aveva ora fatto una mossa innanzi,
risoluta, a quanto pareva, ad approdare all'isola. La posizione dei pirati
divenne ben presto disperata. Combattevano con rabbia estrema, ora tirando sulla
nave, ora tirando sulla flottiglia, ora sparando sulle truppe ammassate sulla
spiaggia della baia, entusiasmati dalla voce della Tigre della Malesia; ma erano
troppo pochi per tener testa a tanti nemici! Le palle cadevano fitte,
entrando per le feritoie e le fessure della cinta, e facevano cadere a due, a
tre alla volta i pirati che sparavano dall'alto della palizzata. E spesso non
erano semplici palle, ma granate che i cannoni del Realista vomitavano e
che, scoppiando con terribile violenza, aprivano brecce enormi, per le quali il
nemico, una volta sbarcato, poteva penetrare nel fortino. Alle tre del
mattino un nuovo soccorso giungeva agli assalitori. Era uno svelto yacht armato
di un solo ma grosso cannone, il quale aprì subito il fuoco contro le ormai
cadenti palizzate del forte. - È finita! - disse Sandokan dall'alto della
barricata, mentre con le dita arse, la faccia stravolta, tirava contro la
flottiglia che continuava ad avanzare. - Fra dieci minuti bisognerà
arrendersi. Alle quattro del mattino, nel fortino non rimanevano che sette
persone: Sandokan, Yanez, Tremal-Naik, Ada, Sambigliong, Kammamuri e
Tanauduriam. Avevano lasciato la cinta che non offriva più riparo alcuno e si
erano ritirati nella gran capanna, una parte della quale era stata già distrutta
dalle cannonate del Realista e dello yacht. - Sandokan - disse Yanez
ad un certo momento, - non possiamo più resistere. - Finché abbiamo polvere e
palle non dobbiamo arrenderci - rispose la Tigre della Malesia, guardando la
flottiglia nemica che, respinta sei volte di seguito, tornava alla carica per
sbarcare i suoi uomini. - Noi siamo soli, Sandokan. Abbiamo con noi una
donna, la vergine della pagoda. - Possiamo ancora vincere, Yanez.
Lasciamo che i nemici sbarchino e gettiamoci a corpo perduto contro di
loro. - E se una palla cogliesse la Vergine? Guarda, Sandokan,
guarda!... Una granata lanciata dal Realista era in quel momento
scoppiata, sfondando un lungo tratto della parete. Alcuni frammenti di ferro
entrarono nel camerone, fischiando sopra il gruppo dei pirati. - Ammazzano la
mia fidanzata!... - esclamò Tremal-Naik che si era prontamente gettato dinanzi
alla vergine della pagoda. - Bisogna arrendersi o prepararsi a morire
- disse Kammamuri. - Arrendiamoci, Sandokan - gridò Yanez. - Si tratta di
salvare la cugina di Marianna Guillonk. Sandokan non rispose. Dinanzi ad una
delle finestre col fucile fra le mani, gli occhi fiammeggianti, le labbra
semiaperte, i lineamenti alterati da una rabbia violenta, guardava il nemico che
si avvicinava rapidamente all'isola. - Arrendiamoci, Sandokan - ripeté
Yanez. La Tigre della Malesia rispose con un rauco sospiro. Una seconda
granata entrò da un foro e cadde contro la parete opposta dove scoppiò,
scagliando all'intorno schegge infuocate. - Sandokan!... - gridò per la terza
volta Yanez. - Fratello - mormorò la Tigre. - Bisogna arrendersi. -
Arrendersi!... - gridò Sandokan con un accento che più nulla aveva di umano. -
La Tigre della Malesia arrendersi a James Brooke!... Perché non ho un cannone da
opporre a quelli del rajah? Perché non ho qui i tigrotti lasciati nella
mia Mompracem?... Arrendermi!... Arrendersi la Tigre della Malesia!... - Hai
una donna da salvare, Sandokan!... - Lo so... - E questa donna è la cugina
di tua moglie. - È vero! è vero! - Arrendiamoci, Sandokan. Una terza
granata scoppiò nella stanza mentre due palle di grosso calibro, colpendo la
sommità della capanna, facevano rovinare buona parte del tetto. La Tigre della
Malesia si volse e guardò i suoi compagni. Avevano tutti le armi in pugno ed
erano pronti a continuare la lotta; in mezzo ad essi la vergine della
pagoda. Sembrava tranquilla, ma nei suoi occhi si leggeva la più viva
ansietà. - Non vi è più speranza alcuna - mormorò con voce cupa il pirata. -
Fra dieci minuti nessuno di questi prodi rimarrà in piedi. Bisogna arrendersi.
- Si prese il capo fra le mani e parve volesse schiacciarsi la fronte. -
Sandokan! - disse Yanez. Un urrah fragoroso coperse la sua voce. I soldati
del rajah avevano attraversato il braccio di mare e si dirigevano verso
il forte. Sandokan si scosse. Impugnò la sua terribile scimitarra e fece
l'atto di slanciarsi fuori della capanna per contrastare il passo ai vincitori,
ma si trattenne. - L'ultima ora è suonata per le tigri di Mompracem! -
esclamò con dolore. - Sambigliong, issa la bandiera bianca. Tremal-Naik con
un gesto arrestò il pirata che stava legando uno straccio bianco sulla canna di
un fucile, e si avvicinò a Sandokan tenendo per mano la sua fidanzata. -
Signore - gli disse, - se vi arrendete, io, Kammamuri e la mia fidanzata saremo
salvi, ma voi, che siete pirati e perciò odiati a morte dal rajah,
verrete senza dubbio tutti impiccati. Voi ci avete salvati: noi mettiamo nelle
vostre mani la vita di noi tutti. Se avete ancora la speranza di vincere,
comandate l'assalto e noi ci slanceremo contro il nemico al grido di: Viva la
Tigre della Malesia! Viva Mompracem! - Grazie, miei nobili amici - disse
Sandokan con voce commossa, stringendo vigorosamente le mani della giovinetta e
dell'indiano. - Ormai il nemico ha approdato e noi non siamo che sette.
Arrendiamoci. - Ma voi? - chiese Ada. - James Brooke non mi appiccherà,
signora - rispose il pirata. - La bandiera bianca, Sambigliong - disse
Yanez. Il pirata s'arrampicò sul tetto della capanna e agitò lo straccio
bianco. Subito s'udì uno squillo di tromba echeggiare sul ponte del Realista, seguito da strepitosi urrah. Sandokan con la scimitarra in
pugno uscì dalla capanna, attraversò il piazzale del forte ingombro di rottami e
di cadaveri, di armi e di palle di cannone, e si fermò presso la barricata
sfondata. Duecento soldati del rajah erano sbarcati e stavano
allineati sulla spiaggia con le armi in mano, pronti a slanciarsi all'assalto.
Una scialuppa montata dal rajah Brooke, da lord Guillonk e da dodici
marinai si era staccata dal fianco del Realista e si avvicinava
rapidamente all'isola. - Lui è mio zio - mormorò Sandokan con voce
triste. Incrociò le braccia sul petto, dopo aver ringuainata la scimitarra, e
aspettò tranquillamente i suoi due più acerrimi nemici. L'imbarcazione,
vigorosamente spinta innanzi, in pochi minuti approdò presso il fortino: James
Brooke e lord Guillonk sbarcarono, e, seguiti a breve distanza da un forte
drappello di soldati, s'avvicinarono a Sandokan. - Chiedete una tregua o vi
arrendete? - chiese il rajah salutando con la sciabola. - Mi arrendo,
signore - disse il pirata restituendo il saluto. I vostri cannoni ed i vostri
uomini hanno domato le tigri di Mompracem. - Lo sapevo che avrei finito col
vincere la indomabile Tigre della Malesia - disse. - Signore, io vi
arresto. Sandokan, che fino allora non si era mosso, nell'udire quelle parole
rialzò fieramente la testa, gettando sul rajah uno sguardo che lo fece
fremere. - Rajah Brooke - disse con voce sibilante. - Ho dietro di me
cinque tigri di Mompracem, cinque sole, ma capaci di sostenere ancora una lotta
contro tutti i vostri soldati. Ho dietro di me cinque uomini capaci di
scagliarsi ad un mio cenno contro di voi e di stendervi a terra senza vita. Mi
arresterete quando a quegli uomini avrò dato l'ordine di deporre le armi. -
Non vi arrendete? - Mi arrendo, ma ad un patto. - Signore, vi faccio
notare che le mie truppe son già sbarcate; che voi siete in sei e noi
duecentocinquanta; vi faccio notare che basta un mio cenno per farvi fucilare.
Mi sembra strano che la Tigre della Malesia vinta voglia dettare ancora delle
condizioni. - La Tigre della Malesia non è ancora vinta, rajah Brooke
disse Sandokan con fierezza. - Ho ancora la mia scimitarra e il mio kriss. - Devo comandare l'assalto? - Quando vi avrò detto ciò che
io chiedo. - Parlate. - Rajah Brooke, io, il capitano Yanez de
Gomera e i dayachi Tanauduriam a Sambigliong, tutti appartenenti alla
banda di Mompracem, ci arrendiamo alle seguenti condizioni: "Che ci si
giudichi alla Corte Suprema di Calcutta e che si accordi ampia libertà di
andarsene dove meglio crederanno a Tremal-Naik, al suo servo Kammamuri e a miss
Ada Corishant!..." - Ada Corishant! Ada Corishant! - esclamò lord Guillonk,
slanciandosi verso Sandokan. - Sì, Ada Corishant - rispose Sandokan. - È
impossibile che sia qui! - E perché, milord? - Perché ella fu rapita dai
thugs indiani e non se ne udì più parlare. - Eppure è in questo forte,
milord. - Lord James - disse il rajah. - Avete conosciuto miss Ada
Corishant? - Sì, Altezza - rispose il vecchio lord. - La conobbi pochi mesi
prima che fosse rapita dai settari di Kalì. - Vedendola, la
riconoscereste? - Sì, e sono certo che anch'ella mi riconoscerebbe,
quantunque siano trascorsi da quell'epoca funesta ben cinque anni. - Ebbene,
signori, seguitemi - disse Sandokan. Fece loro varcare la palizzata e li
condusse nella gran capanna, in mezzo alla quale stavano, riuniti attorno alla vergine della pagoda, coi fucili in mano e il
kriss fra le labbra,
Yanez, Tremal-Naik, Kammamuri, Tanauduriam e Sambigliong. Sandokan prese Ada
per mano e, presentandola al lord, gli disse: - La riconoscete? Due grida
gli risposero: - Ada! - Lord James! Poi il vecchio e la giovanetta si
abbracciarono con effusione, baciandosi. Entrambi si erano riconosciuti. -
Signore - disse il rajah volgendosi verso Sandokan, - come mai miss Ada
Corishant si trova nelle vostre mani? - Ve lo dirà ella stessa - rispose
Sandokan. - Sì, sì, voglio saperlo! - esclamò lord James che continuava ad
abbracciare e baciare la giovanetta, piangendo di gioia. - Voglio sapere
tutto. - Narrategli tutto, dunque, miss Ada - disse Sandokan. La
giovanetta non se lo fece ripetere e narrò brevemente al lord e al rajah
la sua storia, che i lettori già conoscono. - Lord James - diss'ella, quando
ebbe finito - la mia salvezza la devo a Tremal-Naik e a Kammamuri; la mia
felicità alla Tigre della Malesia. Abbracciate questi uomini, milord. Lord
James si avvicinò a Sandokan che, con le braccia incrociate sul petto e il volto
lievemente alterato, guardava i suoi compagni. - Sandokan - disse il vecchio
con voce commossa. - Mi avete rapito mia nipote, ma mi ridonate un'altra donna
che io amavo quanto l'altra. Vi perdono; abbracciatemi, nipote,
abbracciatemi!... La Tigre della Malesia si precipitò nelle braccia del
vecchio e quegli accaniti nemici, dopo tanti anni, si baciarono in
viso. Quando si separarono, grosse lacrime cadevano dagli occhi del vecchio
lord. - È vero che tua moglie è morta? - chiese egli con voce rotta. A
quella domanda la faccia della Tigre della Malesia si alterò spaventevolmente.
Chiuse gli occhi, se li coprì con le dita contratte e mandò un rauco
gemito. - Sì, è morta - disse la Tigre con un gemito straziante. - Povera
Marianna! Povera nipote! - Tacete, tacete - mormorò Sandokan. Un
singhiozzo soffocò la sua voce. La Tigre della Malesia piangeva! Yanez si
avvicinò all'amico e, mettendogli una mano sulla spalla: - Coraggio,
fratellino mio - gli disse. - Dinanzi allo sterminatore dei pirati, la Tigre
della Malesia non deve mostrarsi debole. - Sandokan si terse quasi con rabbia
le lacrime e rialzò il capo con fiero gesto. - Rajah Brooke, sono a
vostra disposizione. Io e i miei compagni ci arrendiamo. - Quali sono questi
vostri compagni? - chiese il rajah con la fronte abbuiata. - Yanez,
Tanauduriam e Sambigliong. - E Tremal-Naik? - Come!... Voi
osereste... - Io non oso nulla - disse James Brooke. - Obbedisco e niente
più. - Che cosa volete dire? - Che Tremal-Naik rimarrà prigioniero al pari
di voi. - Altezza!... - esclamò lord Guillonk. - Altezza!... - Mi
rincresce per voi, milord, ma non sta a me accordare la libertà a Tremal-Naik.
Io l'ho avuto in consegna e devo restituirlo alle autorità inglesi, le quali non
mancheranno di reclamarlo. - Ma voi avete udito tutta la storia di questo mio
nuovo nipote. - È vero, ma non posso trasgredire gli ordini ricevuti dalle
autorità Anglo-Indiane. A giorni un vascello di deportati toccherà Sarawak ed io
dovrò consegnarlo a quel comandante. - Signore!... - esclamò Tremal-Naik con
voce rotta - voi non permetterete che mi separino dalla mia Ada e che mi
conducano a Norfolk. - Rajah Brooke - disse Sandokan, - voi commettete
una infamia. - No, obbedisco - rispose il rajah. - Lord Guillonk potrà
recarsi a Calcutta, spiegare le arti codarde dei thugs e fargli ottenere
la grazia ed io prometto, da parte mia, di appoggiarlo. Ada, che fino allora
era rimasta muta, oppressa da un'angoscia mortale, si fece innanzi: - Rajah - diss'ella con voce commovente, volete dunque che ritorni
pazza?... - Riavrete presto il fidanzato, miss. Le autorità Anglo-Indiane
rivedranno il processo e non indugeranno a rimettere in libertà
Tremal-Naik. - Allora lasciate che m'imbarchi con lui. - Voi!... Eh
via!... Scherzate, miss?... - Voglio seguirlo. - Su di un vascello di
forzati!... In una simile bolgia infernale!... - Vi dico che voglio seguirlo
- ripeté ella con esaltazione. James Brooke la guardò con una certa sorpresa.
Pareva che fosse impressionato della suprema energia di quella giovanetta. -
Rispondetemi - disse Ada, vedendo che rimaneva muto. - È impossibile, miss -
disse poi. - Il comandante della nave non vi accetterebbe. Sarà meglio per voi
che seguiate vostro zio in India per ottenere la grazia del vostro fidanzato. La
vostra testimonianza basterà per fargli rendere la libertà. - È vero, Ada -
disse lord Guillonk. - Seguendo Tremal-Naik io rimarrei solo e mi mancherebbe il
testimonio principale per salvare il tuo fidanzato. - Ma volete che
l'abbandoni ancora!... - esclamò ella scoppiando in singhiozzi. - Ada!... -
disse Tremal-Naik. - Altezza - disse Sandokan avanzandosi verso il rajah. - Mi accorderete cinque minuti di libertà! - Che cosa volete
fare? - chiese James Brooke. - Voglio persuadere miss Ada a seguire lord
James. - Fate pure. - Ma la vostra presenza non è necessaria: voglio
parlare libero, senza che altri odano. Uscì dalla semi-diroccata capanna e
condusse i suoi amici nella cinta del forte. - Vi accordo ciò che chiedete.
Vi acerto però, che se sperate di fuggire v'ingannate, perchè la baia è tutta
circondata. - Lo so. Seguitemi, amici. - - Ascoltatemi, amici - diss'egli.
- Io possiedo ancora tali mezzi da far impallidire il rajah se potesse
conoscerli. Miss Ada, lord James... - Non lord James, chiamatemi zio,
Sandokan - osservò l'inglese.- Siete pur voi mio nipote. - È vero, zio mio -
disse la Tigre con voce commossa. - Miss Ada, non insistete oltre e rinunciate
all'idea di seguire il vostro fidanzato all'isola di Norfolk. Cerchiamo invece
di ottenere dal rajah che trattenga in Sarawak Tremal-Naik fino a che le
autorità di Calcutta avranno riveduto il processo e deciso della sua sorte. -
Ma sarà una lunga separazione - disse Ada. - No, miss, sarà breve, ve
l'assicuro. Cerco di ottenere ciò dal rajah per guadagnare tempo. -
Cosa volete dire? - chiesero Tremal-Naik e lord Guillonk. Un sorriso sfiorò
le labbra di Sandokan. - Ah! - diss'egli. - Credete che io ignori la sorte
che mi attenderebbe anche a Calcutta?... Gli inglesi mi odiano ed ho fatto loro
una guerra troppo aspra e feroce per sperare che mi lascino la vita. Voglio
ancora essere libero, scorrere il mare e rivedere la mia selvaggia
Mompracem. - Ma che cosa vuoi fare? Su chi speri? - chiese lord
Guillonk. - Sul nipote di Muda-Hassin. - Del sultano spodestato da Brooke?
- chiese lord James. - Sì, zio. Io so che sta congiurando per riacquistare il
trono e che mina, lentamente ma incessantemente, la potenza di Brooke. - Che
cosa possiamo fare? - chiese Ada. - A voi devo la mia salvezza e dovrò la
libertà di Tremal-Naik. - Andare a trovare quell'uomo e dire a lui che le
tigri di Mompracem sono pronte ad aiutarlo. I miei pirati sbarcheranno qui, si
porranno alla testa degli insorti e verranno ad assalire prima di tutto la
nostra prigione. - Ma io sono inglese, nipote - disse il lord. - E nulla
esigo da voi, zio mio. Voi non potete cospirare contro un compatriota. - Ma
chi agirà? - Miss Ada e Kammamuri. - Oh, sì, signore - disse la
giovanetta. - Parlate. Che cosa devo fare? Sandokan si slacciò la casacca e
trasse dalla fascia che teneva sopra la camicia di seta una borsa rigonfia. -
Vi recherete dal nipote di Muda-Hassin e gli direte che Sandokan, la Tigre della
Malesia, gli regala questi diamanti, che valgono due milioni, per affrettare la
rivolta. - E io che cosa devo fare? - chiese Kammamuri. Sandokan si levò un
anello, d'una forma speciale, adorno d'un grosso smeraldo e glielo porse
dicendogli: - Tu andrai a Mompracem e farai vedere ai miei pirati questo
anello, dirai loro che io sono prigioniero e che si imbarchino per aiutare
l'insurrezione del nipote di Muda-Hassin. Ritorniamo: il rajah è
sospettoso. Rientrarono nella capanna diroccata dove Brooke li aspettava,
circondato dai suoi ufficiali che erano già sbarcati. - Ebbene? - chiese
brevemente. - Ada rinuncia all'idea di seguire il fidanzato, a condizione che
voi, Altezza, tratteniate prigioniero in Sarawak Tremal-Naik fino a che la Corte
di Calcutta avrà riveduto il processo disse il lord. - Sia - disse Brooke
dopo alcuni istanti di riflessione. Allora Sandokan si avanzò e, gettando a
terra la scimitarra e il kriss, disse: - Sono vostro
prigioniero. Yanez, Tanauduriam e Sambigliong gettarono pure le loro
armi. Lord James, con gli occhi umidi, si gettò fra il rajah e
Sandokan. - Altezza - disse, - che cosa farete di mio nipote? - Gli
accordo ciò che mi ha chiesto. - Cioè? - Lo manderò in India. La Corte
Suprema di Calcutta s'incaricherà di giudicarlo. - E quando partirà? - Fra
quaranta giorni, col postale proveniente da Labuan. - Altezza... è mio
nipote, ed io ho cooperato alla sua cattura. - Lo so milord. - Ha salvato
Ada Corishant, Altezza. - Lo so, ma nulla può fare colui che si chiama lo
sterminatore dei pirati. - E se mio nipote vi promettesse di lasciare per
sempre questi mari?... E se mio nipote vi giurasse di non rivedere più
Mompracem? - Fermatevi, zio - disse Sandokan. - Né io né i miei compagni
abbiamo paura della giustizia umana. Quando l'ultima ora sarà suonata, le tigri
di Mompracem sapranno morire da forti. - S'avvicinò al vecchio lord che
piangeva in silenzio e lo abbracciò, mentre Tremal-Naik abbracciava Ada. -
Addio, signora - disse poi, stringendo la mano alla giovanetta che singhiozzava.
- Sperate!... Si volse verso il rajah che lo attendeva presso la porta
e, alzando fieramente il capo, gli disse: - Sono ai vostri ordini,
Altezza. I quattro pirati e Tremal-Naik uscirono dal fortino e presero posto
nelle imbarcazioni. Quando queste presero il largo dirigendosi verso il Realista, volsero gli sguardi verso l'isolotto. Sulla porta del
recinto stava il lord con Ada a destra e Kammamuri a sinistra. Tutti e tre
piangevano. - Povero zio, povera miss - esclamò Sandokan, sospirando. -
Fatalità!... Fatalità!... Ma la separazione sarà breve, e tu, James Brooke,
perderai il trono!...
|
.



|
|