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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE SECONDA IL RAJAH DI
SARAWAK

13. Le due prove
Erano le due del pomeriggio. Uno
splendido sole fiammeggiava nel cielo facendo scintillare le acque azzurrognole
della baia, e un fresco, leggero venticello spirava dal mare sussurrando
misteriosamente fra le foglie degli alberi. Non si udiva né sull'isolotto né
nella baia alcun rumore all'infuori del monotono gorgoglio dell'onda che si
rompeva contro le coste e lo svolazzare incessante e il cicaleccio delle cacatua
nere e degli argus giganteus, splendidi uccelli della famiglia dei
fagiani. Tremal-Naik, in preda ad una vivissima eccitazione, Sandokan, Yanez
e Kammamuri camminavano a rapidi passi verso la punta settentrionale
dell'isolotto, nascosta da una fitta cortina di alberi gommiferi e di piante
rampicanti. A quaranta passi dalla costa, uno dei guardiani della pazza, che
stava sdraiato dietro un cespuglio, si alzò. - La mia Ada? - chiese
Tremal-Naik, precipitandosi incontro a lui. - È sulla sponda - rispose il
pirata. - Che cosa fa? - chiese Sandokan. - Guarda il mare. - Dov'è
l'altro tuo compagno? - A pochi passi da qui. - Ritiratevi tutti e due nel
fortino. Tremal-Naik, Sandokan, Yanez e il maharatto attraversarono
rapidamente la fitta cortina d'alberi e si arrestarono sul margine della
boscaglia. Un grido soffocato uscì dalle labbra dell'indiano. - Ada!... -
esclamò. Spiccò un salto per slanciarsi verso la spiaggia, ma Sandokan fu
pronto ad afferrarlo per i polsi. - Calmatevi - gli disse. - Non dimenticate
che quella donna è pazza. - Sarò calmo. - Lo promettete? - Ve lo
prometto. - Andate dunque. Noi vi aspetteremo qui. - Sandokan, Yanez e
Kammamuri si sedettero sul tronco di un albero rovesciato e Tremal-Naik, in
apparenza calmo, ma in realtà profondamente commosso, si diresse verso la
spiaggia. Là, a pochi passi dal mare, seduta all'ombra di un bellissimo
albero di garofani, i cui fiori spandevano un inebbriante profumo, stava la vergine della pagoda con le mani incrociate sulla splendida corazza d'oro
che scintillava per i riflessi dei numerosi diamanti, i neri capelli sciolti
sulle spalle e gli occhi fissi sull'azzurra distesa d'acqua che si apriva
dinanzi a lei: le onde venivano ad infrangersi con dolce mormorio ai suoi piedi.
La si sarebbe presa per una statua messa lì per abbellire la spiaggia. Non
parlava, non si muoveva: sembrava la statua superba di una divinità
misteriosa. Tremal-Naik, col viso alterato, gli occhi fiammeggianti, ansante,
s'avvicinava alla fidanzata con passo rapido e silenzioso. Si arrestò a due
passi dalla giovinetta che pareva non l'avesse udito. - Ada!... Ada!... -
esclamò d'un tratto l'indiano con voce soffocata. La pazza non si mosse.
Forse non lo aveva ancora udito. - Ada!... Oh mia diletta Ada!... - ripeté
Tremal-Naik precipitandosi alle ginocchia di lei. La vergine della
pagoda, alla vista di quell'uomo che le tendeva le mani con gesto
supplicante, s'alzò di scatto. Ella guardò fisso l'indiano, poi fece due passi
indietro mormorando: - I thugs!... La pazza non aveva riconosciuto
il fidanzato di un tempo - Ada!... mia diletta Ada! - gridò Tremal-Naik in
preda ad una terribile disperazione. - Non mi riconosci più, dunque? - I thugs!... - ripeté ella, ma senza manifestare terrore. Tremal-Naik
mandò un grido di dolore e di rabbia. - Ma non mi riconosci più, Ada? -
esclamò l'infelice cacciandosi le unghie nelle carni. - Non ti ricordi più del
disgraziato Tremal-Naik, del cacciatore di tigri della jungla nera?
Ritorna in te, Ada, ritorna in te. Non ricordi più i nostri incontri nella jungla? Non ricordi più la notte che io ti vidi nella pagoda sacra? Non
ti ricordi più di quella notte fatale in cui i thugs ci fecero
prigionieri? Ada, o mia Ada, riconosci il tuo Tremal-Naik,
riconoscilo!... La pazza lo aveva ascoltato senza batter ciglio, senza fare
il minimo gesto. Evidentemente non ricordava più nulla. La pazzia aveva tutto
spento nel cuore della povera donna. - Ada - riprese Tremal-Naik che non
frenava le lacrime, guardami fisso, guardami, o mia Ada. Non è possibile che tu
non riconosca il tuo Tremal-Naik.. Ma perché taci? Perché non guardi? Perché non
ti getti fra le mie braccia? È forse perché hanno ucciso tuo padre?... Sì,
ucciso... ucciso... Il disgraziato indiano a quel terribile ricordo scoppiò
in singhiozzi, nascondendo il viso fra le mani. D'improvviso la pazza, che
aveva assistito impassibile alla disperazione di quell'uomo che un tempo ella
aveva adorato, fece un passo innanzi, curvandosi verso terra. Il suo viso aveva
subito un rapido cambiamento: era diventata più pallida e un lampo balenava nei
suoi occhioni neri. - Dei singhiozzi - mormorò. - Perché qui si
piange? Tremal-Naik, udendo quelle parole, aveva rialzato il capo. -
Ada!... - gridò tendendo le braccia verso di lei. - Mi riconosci? La pazza lo
guardò per alcuni istanti in silenzio, aggrottando a più riprese le ciglia.
Pareva che cercasse di rammentarsi dove aveva visto il viso dell'indiano e udita
la voce di lui. - Dei singhiozzi - ripeté. - Perché si piange qui? -
Perché tu non mi conosci più, Ada - disse Tremal-Naik. Guardami in viso,
guardami. Ella si curvò verso di lui, poi fece un passo indietro e diede in
uno scoppio di risa. - I thugs! I thugs! - esclamò. Poi
volse le spalle e si allontanò rapidamente, dirigendosi verso il
fortino. Tremal-Naik emise un urlo di disperazione. - Gran Siva! -
esclamò, scoppiando nuovamente in singhiozzi. - Tutto è perduto! Ella non mi
riconosce più! Ricadde in ginocchio, ma poi si alzò di scatto, lanciandosi
verso la pazza che stava per scomparire sotto un boschetto. Ma non aveva
fatto cinque passi che due braccia di ferro l'arrestavano. - Calmatevi,
Tremal-Naik - disse una voce. Era Sandokan che aveva lasciato il suo posto,
seguito da Yanez e da Kammamuri. - Ah! signore - balbettò l'indiano. -
Calmatevi - ripeté Sandokan. - Tutto non è ancora perduto. - Non mi riconosce
più. Ed io che credevo di stringerla ancora, dopo tanto tempo, tante angosce e
tante torture, fra le mie braccia! Tutto è finito, tutto! - mormorò il povero
indiano. - C'è ancora speranza, Tremal-Naik. - Perché illudermi, signore?
Ella è pazza, né più mai guarirà più. - Guarirà, e questa sera stessa: te lo
dice la Tigre della Malesia. Tremal-Naik guardò Sandokan con gli occhi pieni
di lacrime. - Non è una speranza del momento, dunque? - chiese. - È proprio
vero quello che dite? Voi che vi siete mostrato tanto generoso verso di me, che
tanto bene mi avete fatto, operate anche questo miracolo, e la mia vita sarà
vostra. - Questo miracolo lo compirò, ve lo prometto, Tremal-Naik - disse
Sandokan con voce grave. - E quando?... - Questa sera, vi ho detto. -
In che modo? - Lo saprete presto. Kammamuri! Il maharatto si fece
innanzi. Il buon giovanotto, come il suo padrone, aveva le lacrime agli
occhi. - Parlate, capitano - disse. - La notte in cui il tuo padrone si
presentò nella caverna di Suyodhana, c'eri nel tempio? - Sì, capitano. -
Sapresti ripetermi ciò che dissero il capo dei thugs e il tuo
padrone? - Sì, parola per parola. - Ebbene, vieni con me al forte. - E
noi che cosa dovremo fare? - chiese Yanez. - Per ora non abbiamo bisogno né
di te né di Tremal-Naik - disse Sandokan. - Andate a passeggiare e non ritornate
al forte prima di questa sera. Vi preparerò una sorpresa. Sandokan e il maharatto si allontanarono in direzione del forte. Yanez passò un braccio
in quello del povero Tremal-Naik e si misero a passeggiare lungo la costa
discorrendo. - Che cosa preparerà? - chiese Tremal-Naik al portoghese. -
Non lo so, Tremal-Naik; ma senza dubbio prepara qualcosa di straordinario. -
Per la mia Ada? - Certamente. - Riuscirà a farle riacquistare la
ragione? - Lo credo. La Tigre della Malesia sa mille cose che noi
ignoriamo. - Ah! potesse riuscire! - Riuscirà, Tremal-Naik. Ditemi, è
ancora vivo questo Suyodhana? - Lo credo. - È potente? - Potentissimo,
signor Yanez. Comanda a migliaia e migliaia di strangolatori. - Sarà
difficile colpirlo. - Dite impossibile. - Per tutti, ma non per la Tigre
della Malesia. Chissà, forse un giorno la Tigre della Malesia e la Tigre
dell'India potrebbero trovarsi l'una di fronte all'altra. - Lo credete? -
Ho un presentimento. Ditemi, Tremal-Naik, credete che i thugs abbiano
ancora la loro sede nell'isola di Raimangal? - Non lo credo. Quando gli
inglesi mi processarono, svelai il luogo ove abitavano i thugs e alcune
navi furono mandate a Raimangal, ma tornarono senza avere trovato un solo
strangolatore. - Erano fuggiti? - Senza dubbio. - Ma dove? - Non lo
so. - Sono ricchi i thugs? - Ricchissimi, signor Yanez, perché essi
non si accontentano di strangolare. Saccheggiano carovane e paesi interi. -
Che bel nemico da combattere! La Tigre della Malesia si divertirebbe. Chissà, un
giorno forse, stanchi di Mompracem, potremmo andare in India a misurarci con
Suyodhana e le sue genti. - Avete intenzione di ritornare a Mompracem? -
Sì, Tremal-Naik - disse Yanez. - Domani manderemo alcuni uomini a Sarawak ad
acquistare dei prahos e poi riguadagneremo la nostra isola. - Ed io
verrò con voi? - Se voi veniste esporreste la vergine della pagoda ad
un continuo pericolo. Voi sapete che noi siamo pirati e che ogni giorno dobbiamo
combattere. - Dove andrò dunque? - Vi daremo una scorta di valorosi pirati
che vi condurranno a Batavia. Là abbiamo una palazzina e l'abiterete con
Ada. - Questo è troppo, signor Yanez - disse Tremal-Naik con voce commossa. -
Non vi basta aver esposto la vostra vita per salvarmi, volete ancora darmi una
casa? - E un gruzzolo di diamanti che varrà qualche milione, mio caro
Tremal-Naik. - Ma io non accetterò. - Alla Tigre della Malesia nulla si
deve rifiutare, Tremal-Naik. Un rifiuto la irriterebbe. - Ma... - State
zitto, Tremal-Naik. Un milione per noi è nulla. - Siete molto ricchi
dunque? - Forse più dei thugs indiani. Mentre discorrevano, il sole
era rapidamente tramontato e le tenebre erano calate. Yanez guardò l'orologio
all'incerto chiarore delle stelle. - Sono le nove - disse, - possiamo tornare
al forte. Lanciò un ultimo sguardo sull'ampia distesa d'acqua che appariva
deserta fino agli estremi limiti dell'orizzonte, poi lasciò la costa entrando
nel boschetto. Tremal-Naik, triste e pensieroso, col capo chino sul petto, lo
seguiva. Pochi minuti dopo i due compagni si trovarono dinanzi al fortino
sull'entrata del quale stava Sandokan che fumava flemmaticamente la pipa. -
Vi aspettavo - diss'egli muovendo loro incontro. - Tutto è pronto. - Che cosa
è pronto? - chiese Tremal-Naik. - Ciò che deve far riacquistare la ragione
alla vergine della pagoda. - Prese per mano i due amici e li condusse
nell'interno di una vastissima capanna che occupava quasi l'intero recinto del
forte, un tempo destinato a contenere una guarnigione e gran copia di viveri e
di munizioni. Tremal-Naik e Yanez mandarono un grido di sorpresa. L'ampia
sala, in poche ore, era stata trasformata, per opera di Sandokan, di Kammamuri e
dei pirati, in un'orribile caverna che a Tremal-Naik ricordava, in parte, il
tempio dei thugs indiani, dove il truce Suyodhana aveva compiuto la sua
spaventevole vendetta. Una infinità di rami resinosi accesi spandevano
all'intorno una luce azzurrognola, livida, spettrale. Qua e là erano stati
accumulati massi enormi e rizzati tronchi d'alberi che potevano passare per
colonne, adorni di mostri d'argilla rozzamente plasmati rappresentanti Visnù, il
dio conservatore degli indiani, il quale ha la sua residenza nel Vaicondu o mare
di latte del serpente Adissescien altri dèi cateri, giganteschi geni malvagi
che, divisi in cinque tribù, vanno errando per il mondo dal quale non possono
uscire né meritare la beatitudine promessa agli uomini, se non dopo aver
raccolto un certo numero di preghiere. Nel mezzo si ergeva una statua, pure
d'argilla, orribile a vedersi. Aveva quattro braccia, una lingua smisurata e
i suoi piedi posavano sopra un cadavere. Dinanzi a quel mostro era collocata una
vaschetta entro la quale nuotava un pesciolino. - Dove siamo noi? - chiese
Yanez, guardando con stupore quei mostri e quelle torce. - In una pagoda dei thugs indiani - disse Sandokan. - Chi ha fatto tutti questi brutti
mostri? - Noi, fratello. - In così poche ore? - Tutto si fa, quando si
vuole. - Chi è quella brutta figura che ha quattro braccia? - Kalì, la dea
dei thugs - rispose Tremal-Naik che l'aveva riconosciuta. - Vi sembra,
Tremal-Naik, che questa pagoda improvvisata somigli a quella dei thugs? - Sì, Tigre della Malesia. Ma che cosa volete fare? -
Uditemi. - Vi ascoltiamo. - Io credo che solamente una straordinaria
impressione possa far riacquistare la ragione a Ada. - Anch'io sono del tuo
parere, Sandokan - disse Yanez, - e comprendo il tuo piano. Tu vuoi ripetere la
scena che accadde nella pagoda dei thugs quando Tremal-Naik si presentò a
Suyodhana. - Sì, Yanez, è proprio così. Io sarò il capo dei thugs e
ripeterò le parole pronunciate dal terribile uomo in quella notte fatale. - E
i thugs? - chiese Tremal-Naik. - I thugs saranno i miei uomini
- disse Sandokan. - Sono stati istruiti da Kammamuri. - Avanti
dunque. Sandokan accostò alle labbra il fischietto d'argento ed emise un
suono acuto. Subito trenta dayachi seminudi coi fianchi stretti da un
laccio di fibre di rotang e con un serpente dalla testa di donna dipinto
in mezzo al petto entrarono nella grande capanna schierandosi ai lati della
mostruosa divinità dei thugs. - Perché hanno quel serpente sul petto?
- chiese Yanez. - Tutti i thugs hanno un tatuaggio simile - rispose
Tremal-Naik. - Kammamuri non ha dimenticato nulla a quanto pare. - Siete
pronti? - chiese Sandokan. - Tutti - risposero i dayachi. - Yanez -
disse allora Sandokan, - ti affido una parte importante. - Che cosa devo
fare? - Tu che sei un bianco, devi rappresentare il padre di Ada. Guiderai
gli altri pirati che fingeranno di essere i sipai indiani e farai quanto
ti dice Kammamuri. - Sta bene. - Quando io fingerò di assalirti fuori del
forte, cadrai dinanzi a Ada come morto. - Fidati di me, fratello. Ognuno al
suo posto. Tremal-Naik, Yanez e Kammamuri uscirono, mentre Sandokan si
fermava dinanzi alla statua della dea Kalì e i dayachi, i finti thugs, si schieravano ai suoi lati. Ad un cenno della Tigre, un pirata
percosse dodici volte una specie di gong che era stato trovato in un angolo del
fortino. All'ultimo colpo la porta del capannone s'aprì e la vergine della
pagoda entrò sorretta da due dayachi. - Avanzati, vergine della
pagoda - disse Sandokan con voce grave, - Suyodhana te lo comanda. A quel
nome di Suyodhana, la pazza si era arrestata, liberandosi dalle braccia dei due
pirati. Il suo sguardo, improvvisamente acceso e dilatato, si fissò su Sandokan,
che stava ritto in mezzo alla pagoda, poi sui dayachi che conservarono
una immobilità assoluta e da ultimo sulla dea Kalì. Un fremito agitò il suo
corpo e alcune rughe si disegnarono sulla nivea fronte. - Kalì - mormorò con
un accento nel quale si sentiva una vibrazione di terrore. - I thugs... Si avanzò di alcuni passi continuando a volgere lo sguardo
ora su Sandokan, ora sui pirati, ora sulla mostruosa divinità dei thugs,
poi si passò due o tre volte la mano sulla fronte e parve che facesse un supremo
sforzo per richiamare alla memoria una qualche orribile scena. D'improvviso
Tremal-Naik irruppe nella pagoda e le si slanciò incontro gridando: -
Ada!... La giovinetta si era arrestata di colpo; il suo volto era diventato
pallidissimo e manifestava una inesprimibile ansietà. I suoi occhi, che pareva
perdessero a poco a poco quella luce strana, propria dei pazzi, si fissavano su
Tremal-Naik. - Ada!... - ripeté questi con voce straziante. - Ritorna in
te!... In quell'istante si udì una voce gridare: - Fuoco! Alcuni spari
rimbombarono sulla soglia della pagoda ed un gruppo di uomini guidati da Yanez
irruppe nell'interno, mentre i dayachi, come i thugs in quella
fatale notte, fuggivano in tutte le direzioni. Ada era rimasta immobile. Ad
un tratto trasalì, poi si curvò innanzi, come se cercasse di raccogliere il
rumore di una nuova scarica o qualche altra voce. Sandokan si era fermato
all'estremità della pagoda e non la perdeva di vista. Comprese ciò che aspettava
ancora la disgraziata?... Forse, poiché con voce tonante si mise a gridare, come
aveva gridato il feroce Suyadhama: - Andate!... Ci rivedremo nella jungla!... Aveva appena pronunciate quelle parole che un urlo
acutissimo irrompeva dalle labbra della pazza. Fece un passo innanzi col viso
sconvolto, le braccia alzate, barcollò, girò su se stessa e cadde fra le braccia
di Yanez. - Morta!... morta!... - urlò Tremal-Naik con accento
disperato. - No - disse Sandokan. - Ella è salva! Appoggiò una mano sul
petto della vergine. Il cuore batteva, debolmente sì, ma batteva. - È svenuta
- diss'egli. - Allora è salva - disse Yanez. - Fosse vero! - esclamò
Tremal-Naik che rideva e piangeva ad un tempo. Kammamuri ritornava con
dell'acqua. Sandokan spruzzò a più riprese il viso della giovinetta e attese che
ella ritornasse in sé. Passarono alcuni minuti, poi un sospiro profondo uscì
dalle labbra della fanciulla. - Sta per rinvenire - disse Sandokan. - Devo
rimanere qui? - chiese Tremal-Naik. - No - rispose Sandokan. - Quando noi le
avremo narrato ogni cosa, vi manderemo a chiamare. L'indiano gettò un lungo
sguardo sulla vergine della pagoda e uscì soffocando un singhiozzo. -
Speri, Sandokan? - chiese Yanez. - Molto - rispose il pirata. - Domani questi
due infelici potranno unirsi per sempre. - E noi... - Zitto, Yanez: apre
gli occhi. La giovinetta infatti ritornava in sé. Mandò un secondo sospiro
più lungo del primo, poi aprì gli occhi fissandoli su Sandokan e Yanez. Il suo
sguardo non era più torbido; era limpido, era lo sguardo di una donna che non
era più pazza. - Dove sono? - chiese con voce debole, cercando di
alzarsi. - Fra amici, signora - disse Sandokan. - Ma che cos'è successo? -
mormorò. - Ho sognato? Dove sono?... Chi siete voi? - Signora - disse
Sandokan, - vi ripeto che siete fra amici. Cos'è successo, mi chiedete? Vi dirò
che non siete più pazza. - Pazza?... pazza?... - esclamò la ragazza con
sorpresa. - Ero pazza io? Non ho sognato, dunque? Ah... mi ricordo... È
orribile... È orribile... Uno scoppio di pianto soffocò la sua voce. -
Calmatevi, signora - disse Sandokan. - Qui non correte alcun pericolo. Suyodhana
non esiste più e thugs qui non ce ne sono. Non siamo in India, ma nel
Borneo. Con uno sforzo Ada si rizzò in piedi e, afferrando strettamente le
mani di Sandokan, gli disse piangendo: - In nome di Dio, ditemi ciò che è
successo e chi siete voi. Mi sembra di non comprendere più nulla. Erano le
domande che Sandokan aspettava. Allora con voce grave le narrò succintamente
tutto quello che era accaduto prima in India, poi a Mompracem e da ultimo nel
Borneo. - Ora - concluse Sandokan, - se amate ancora Tremal-Naik, il
coraggioso indiano che per voi ha compiuto miracoli, ad un vostro cenno egli
sarà alle vostre ginocchia. - Se lo amo!... - esclamò Ada. - Dov'è? Lasciate
che lo riveda dopo una così lunga separazione. - Tremal-Naik!... - gridò
Yanez. L'indiano si precipitò nella pagoda e cadde ai piedi di Ada,
esclamando: - Mia!... Ancora mia!... Dimmelo ancora una volta, Ada, che sarai
mia moglie!... La giovinetta posò le mani sul capo del fidanzato: - Sì,
sarò tua moglie - diss'ella. - Mio padre mi ha promessa a te, e t'amo
ancora. Nel medesimo istante una scarica di fucili rintronava sulle sponde
della baia, seguita da una voce tonante che gridava: - All'erta!... pirati di
Mompracem!... Ecco il nemico!...
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