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I PIRATI DELLA MALESIA
di: Emilio Salgari
PARTE PRIMA
LA TIGRE DELLA
MALESIA

9. La battaglia
La foce del fiume, che forma una
specie di porto riparato da banchi sabbiosi e da scogliere contro le quali si
rompe la furia del mare, presentava un magnifico spettacolo. Lungo le rive si
stendevano magnifiche boscaglie di pisang dalle gigantesche foglie, le
cui frutta hanno un color giallo dorato, di stupendi mangostani, di preziosi
sagù dai cui tronchi si estrae una fecola assai nutritiva, di gambir, di betel e di colossali alberi della canfora, sui cui rami urlavano bande di
scimmie di un bel colore verde, e cicalavano bande di tucani dagli enormi
becchi. Sul fiume andavano e venivano, o danzavano all'ancora, barche,
barchette, prahos malesi, bughisi, bornesi, macassaresi, grandi giong giavanesi con le vele dipinte, giunche cinesi di forme barocche e
pesanti, piccole navi olandesi ed inglesi. Alcuni navigli erano in attesa di un
carico e altri del vento propizio che permettesse loro di prendere il
largo. Sulle scogliere e sui banchi si vedevano dayachi seminudi
occupati a pescare e stormi di albatros, giganteschi volatili forniti di un
becco robustissimo che sfonda, senza fatica, il cranio di un uomo, e stormi di
rapidissimi uccelli marini, chiamati comunemente fregate. Sandokan, appena
l'Helgoland ebbe gettata l'ancora in un buon punto, proprio in mezzo alla
fiumana che scendeva lentamente con la marea, affrettossianciare uno sguardo
sulle navi che lo circondavano. I suoi occhi caddero subito su di un piccolo schooner, armato con numerose artiglierie, che sbarrava il passo trecento
metri più in su. A quella vista una sorda imprecazione gli uscì dalle labbra e
la sua fronte si aggrottò. - Yanez - diss'egli all'amico che gli stava
vicino, - leggi il nome di quel legno. - Temi qualche cosa? - chiese il
portoghese puntando il cannocchiale. - Chissà! Leggi, Yanez. - Il
Realista, sta scritto a poppa. - Non mi ero ingannato. Il cuore mi diceva
che quello era proprio di legno che servì a James Brooke per sterminare i pirati
malesi. - Per Bacco! - esclamò il portoghese. - Abbiamo un vicino
formidabile. - Che manderei a picco volentieri per vendicare i miei
confratelli. - Non lo manderai, se non ci seccherà. Bisogna essere prudenti,
fratello, e molto, se si vuole liberare il povero Tremal-Naik. - Lo so, e
sarò prudente. - Toh, guarda, una barca che si dirige verso di noi. Chi è
quel brutto uomo? Sandokan si curvò sulla murata e guardò. Una barchetta
scavata nel tronco di un albero, montata da un uomo dalla pelle giallognola, con
un perizoma rosso ai fianchi, anelli di rame ai piedi e alle mani, un berretto
di piume in capo e un gigantesco becco di tucano sulla fronte, si avvicinava al
vascello. - È un bazir - disse Sandokan. - Che cosa vuol dire? -
Un ministro di Dinata o di Giuwata, le due divinità dei dayachi. - Che
cosa viene a fare a bordo? - A regalarci qualche stupido presagio. -
Mandiamolo a casa di Belzebù, non sappiamo che farcene dei presagi. - Anzi,
lo riceveremo, Yanez. Ci darà precise informazioni su James Brooke e sulla sua
flotta. La barchetta era giunta presso il vascello. Sandokan fece gettare
la scala e il bazir salì sul ponte con un'agilità sorprendente. - Che
cosa vieni a fare? - chiese Sandokan, parlando in lingua dayaca. - A venderti
i miei presagi - rispose il bazir, scrollando i suoi numerosi anelli che
tintinnavano graziosamente. - Non so che cosa farne. Ti domando altre
cose. - Quali? - Odimi bene, amico mio. Io voglio sapere molte cose da te
e se mi risponderai bene, avrai un bel kriss e tanto tuwak
(liquore inebriante) da bere un mese. Gli occhi del dayaco brillarono
di cupidigia. - Parla - disse. - Da dove vieni? - Dalla città. - Che
cosa fa il rajah Brooke? - Si fortifica! - Ha paura di qualche
sollevazione? - Sì, dei cinesi e del nipote di Muda-Hassim, l'antico nostro
Sultano. - Hai mai lasciato Sarawak, tu? - Mai. - Hai visto condurre a
Sarawak un prigioniero color del bronzo? Il bazir pensò alcuni
istanti. - Un uomo grande e bello? - chiese. - Sì, grande e bello - disse
Sandokan. - Che aveva il colore degli indiani? - Sì, era un indiano. -
L'ho visto sbarcare alcuni mesi or sono. - Dove fu rinchiuso? - Non lo so,
ma può dirtelo un pescatore che abita laggiù disse il dayaco additando
una capannuccia di foglie che sorgeva sulla sponda sinistra. - Quell'uomo
accompagnò il prigioniero. - Quando potrò vedere quel pescatore? - Ora si
trova a pescare, ma questa sera tornerà alla capanna. - Basta così. Olà,
Hirundo, regala il tuo kriss a quest'uomo e deponi nella sua canoa un
barile di gin. Il pirata non se lo fece dire due volte. Fece portare nella
canoa un barilotto di liquore e diede il suo kriss al bazir, il
quale se ne andò contento, come se gli fosse stata regalata una intera
provincia. - Che cosa pensi di fare, fratello? - chiese Yanez appena il dayaco ebbe sgombrato il ponte. - Agirò immediatamente - rispose
Sandokan. - Fra un'ora sarà notte e manderemo a prendere il pescatore. - E
poi? - Quando sapremo dove si trova Tremal-Naik saliremo a Sarawak e andremo
a trovare James Brooke. - James Brooke? - Non andremo come pirati, ma come
grandi personaggi. Tu sarai ambasciatore olandese. - Si corre un brutto
pericolo, Sandokan. Se Brooke si accorge della gherminella ci farà
appiccare. - Non aver timore, Yanez. La corda che impiccherà la Tigre della
Malesia non è stata ancora intrecciata. - Capitano - disse in quell'istante
Hirundo, avvicinandosi a Sandokan. - Arrivano delle navi. La Tigre della
Malesia e Yanez si volsero verso la foce del fiume e videro due brigantini da
guerra con numerose artiglierie, battenti bandiera inglese, bordeggiare al
largo, cercando di girare la punta Montabas. - Oh! - fece Yanez. - Altri
vascelli da guerra! - Ti sorprende, forse? - chiese la Tigre della
Malesia. - Un poco, fratello. Qui, in questo fiume, sotto gli occhi di
Brooke, non mi sento sicuro. Dubito di tutti. - Hai torto, Yanez. Vascelli
inglesi ve ne sono sempre qui. I due brigantini, dopo aver bordeggiato per
una mezz'ora, entrarono nella fiumana, rimorchiati da una mezza dozzina di
imbarcazioni. Salutarono la bandiera del rajah con due colpi di
cannone, passarono a tribordo dell'Helgoland e andarono a gettare
l'ancora l'uno a destra e l'altro a sinistra del Realista, ad una
distanza di soli venti metri. Quando la manovra fu terminata, le tenebre
calavano rapidamente coprendo le boscaglie, gli scogli, le barche, le giunche, i
prahos e le acque del fiume. Era il momento scelto da Sandokan per
inviare i suoi uomini a terra a prendere il pescatore. Un'imbarcazione fu calata
in mare e Hirundo assieme con altri tre pirati vi discese, arrancando verso la
riva. Sandokan li seguì collo sguardo finché poté, poi si mise a passeggiare
sul ponte, fumando freneticamente la sua pipa. Non aveva ancora fatto due
giri, quando il portoghese gli corse incontro col viso stravolto e gli occhi
pieni di spavento. - Sandokan! - esclamò. - Cos'hai? - chiese il pirata. -
Perché quella faccia atterrita? - Sandokan, si prepara qualcosa contro di
noi. - È impossibile! - esclamò la Tigre, girando all'intorno uno sguardo
minaccioso. - Sì, Sandokan, si prepara un attacco. Guarda verso il
mare. Sandokan, inquieto suo malgrado, diresse gli sguardi verso la foce del
fiume. Le sue mani si chiusero attorno all'impugnatura del kriss e della
scimitarra. Un sordo ruggito gli uscì dalle labbra frementi. Là, presso le
scogliere, si scorgeva una massa nera, enorme, minacciosa, ancorata in maniera
da sbarrare l'uscita. Non ci volle molto a riconoscerla per un vascello di
grandi dimensioni che presentava il fianco all'Helgoland - Folgori del
cielo! - mormorò con estrema rabbia. - Sarebbe vero?... Eppure non lo
credo. - Ma non vedi che ci presenta la bocca dei suoi cannoni? - disse
Yanez. - Ma chi vuoi che ci abbia traditi? - Forse la cannoniera. - Non
è possibile. La cannoniera andava al nord. - Ma alle due del mattino gli
uomini di guardia hanno veduto una massa nera, rapidissima, filare verso
Sarawak. - E tu vuoi che...? - La cannoniera ci abbia traditi - terminò
Yanez. - Forse ha raccolto gl'inglesi delle imbarcazioni e, chissà, forse l'uomo
che gridò: "Olà, della cannoniera!" era un marinaio inglese gettatosi in mare
durante il combattimento. - Sandokan si volse e diresse gli sguardi verso il Realista. La nave di James Brooke era ancora al suo posto, ma le due navi
inglesi si erano considerevolmente avvicinate all'Helgoland che si
trovava così preso tra due fuochi. - Ah! - esclamò Sandokan - volete
battaglia? Ebbene, sia! Vi farò vedere chi sono, al baleno dei miei
cannoni! Non aveva ancora terminato di parlare che un urlo acutissimo partiva
dalla riva sinistra, verso la quale Hirundo si era diretto. - Aiuto! aiuto! -
si era udito gridare. Sandokan, Yanez ed i pirati balzarono come un solo uomo
a tribordo cercando di distinguere ciò che accadeva sotto la tenebrosa
foresta. - Chi grida? - esclamò un pirata. - Che Dinata mi faccia tagliare
la testa se non era la voce di Hirundo - disse un dayaco d'atletica
statura. - Ehi! Hirundo! - gridò Yanez. Due colpi di fucile scoppiarono
sotto le boscaglie, seguiti da quattro tonfi. Quantunque l'oscurità fosse
profonda, i pirati scorsero quattro uomini che nuotavano disperatamente
dirigendosi verso la nave. - È Hirundo! - esclamò un pirata. - Ohé! La
cosa diventa seria! - esclamò un altro. - Che ci si giuochi un brutto tiro? -
chiese il terzo. - Silenzio - disse la Tigre. - Gettate delle funi. I
quattro uomini, che nuotavano come pesci, in pochi istanti giunsero sotto il
vascello. Aggrapparsi alle funi e arrampicarsi fino alla murata fu per essi
l'affare di un solo istante. - Hirundo! - chiamò Sandokan, riconoscendo in
quei quattro uomini i pirati inviati poco prima in cerca del pescatore. -
Capitano, - gridò il dayaco, scuotendosi di dosso l'acqua, - siamo
circondati. - Folgori del cielo! - tuonò la Tigre. - Presto, narra ciò che
hai veduto. - Ho visto là sotto, in quei boschi, soldati del rajah,
armati di fucili, appiattati dietro i tronchi degli alberi e in mezzo ai
cespugli. Pare che non attendano che un segnale per incominciare il fuoco. -
Sei certo di non esserti ingannato? - Ci sono più di duecento uomini e li ho
veduti con questi occhi. Non avete udito i due colpi di fucile che ci hanno
sparato contro? - Sì, ho udito. - Che cosa facciamo, fratello? - chiese
Yanez. - Ritirarsi non è possibile. Ci prepareremo, e alle prime cannonate
daremo battaglia. Tigrotti, a me! I pirati, che si tenevano a rispettosa
distanza, alla chiamata della Tigre si fecero innanzi. I loro occhi brillavano e
le loro mani accarezzavano le impugnature dei kriss. Sapevano già di che
cosa si trattava e fremevano d’impazienza. - Tigrotti di Mompracem - disse
Sandokan, - James Brooke, lo sterminatore dei pirati malesi, si prepara a darci
battaglia. Migliaia di uomini, migliaia di malesi e di dayachi
assassinati da quell'uomo; che da tanti anni chiedono ai loro confratelli
vendetta. Giurate dinanzi a me di vendicare quegli uomini. - Lo giuriamo! -
risposero in coro i pirati, in preda ad un terribile entusiasmo. - Tigrotti
di Mompracem - riprese Sandokan, - siamo uno contro quattro, ma la Tigre della
Malesia è con voi. Ferro e fuoco finché ci saranno polvere e palle a bordo, poi
fiamme da prua a poppa. Questa notte bisognerà mostrare a quei cani come sanno
combattere i tigrotti della selvaggia Mompracem, guidati dalla Tigre della
Malesia. Ai vostri posti, tigrotti, ai vostri posti! Al mio comando,
fuoco! Un sordo urlo rispose alle parole incitatrici della Tigre della
Malesia. I pirati, con Yanez alla testa, si precipitarono nella batteria
drizzando le nere gole dei bronzi verso le navi nemiche. Sul ponte rimasero due
pirati, ritti accanto alla ruota del timone, e Sandokan che dal castello di prua
spiava attentamente le mosse del nemico. Le quattro navi che si preparavano a
sfasciare l'Helgoland con i loro quaranta cannoni sembravano che
dormissero profondamente. Nessun rumore si udiva sui loro ponti; però si
vedevano delle ombre agitarsi a prua e a poppa. - Si preparano - mormorò
Sandokan coi denti stretti. - Fra dieci minuti la baia s'illuminerà sotto il
fuoco di cinquanta e più cannoni; e questa quiete solenne sarà rotta dal ruggito
dei pezzi d'artiglieria, dallo scoppio delle bombe, dal sibilo delle palle,
dalle urla dei feriti, dagli urrà dei vincitori! Quanto sarà bello lo
spettacolo! D'improvviso la sua fronte si corrugò. - E Ada? - mormorò; -
se una palla la cogliesse? Sambigliong!... Sambigliong! Il dayaco che
portava quel nome accorse prontamente alla chiamata del suo capo. - Eccomi,
capitano - rispose. - Dov'è Kammamuri? - chiese Sandokan. - Nella cabina
della vergine della pagoda - Andrai a raggiungerlo e accumulerai
intorno alle pareti della cabina quante botti, quanto ferraccio e quanti
pagliericci troverai nella stiva e nel quadro di poppa. - Si tratta di
difendere dalle palle la cabina della Vergine? - Sì, Sambigliong. -
Lasciate fare a me, capitano. Il ferro non giungerà là dentro. - Va', amico
mio! - Una parola, capitano. Dovrò rimanere nella cabina? - Sì, e
t'incaricherai di salvare la Vergine se saremo costretti a lasciare la nave. So
che tu sei il miglior nuotatore della Malesia. Affrettati, Sambigliong; il
nemico si prepara ad assalirci. Il dayaco si precipitò verso poppa.
Sandokan tornò a prua guardando attentamente il fiume. Dal vascello che
sbarrava la foce del fiume si era improvvisamente alzato un razzo. Quasi nel
medesimo istante un lampo balenava sul ponte del Realista, seguito da una
formidabile detonazione. La Tigre della Malesia sussultò, mentre l'estremità
dell'albero maestro, smussata da una palla da otto, cadeva in coperta con gran
fracasso. - Tigrotti! - urlò egli. - Fuoco! Fuoco! Un urlo tremendo gli
rispose: - Viva la Tigre della Malesia! Viva Mompracem! Successe un breve
silenzio, gravido di minaccia, poi la piccola rada s'incendiò da un capo
all'altro. Dalle quattro navi nemiche uscivano vampe, fumo e palle,
squarciando le tenebre e turbando la pace della notte; dalle foreste giungeva un
fuoco nutrito di moschetteria che si estendeva con incredibile celerità lungo le
rive. La battaglia era cominciata. I cinque vascelli combattevano con rabbia
indicibile, lampeggiando, tuonando, vomitando uragani di ferro che fendevano
l'aria con fischi stridenti. Gli equipaggi, anneriti dala polvere, ebbri di
entusiasmo, caricavano e scaricavano senza posa le artiglierie, cercando di
distruggersi a vicenda, incoraggiandosi con urla
selvagge. L'Helgoland, in mezzo alla baia, solidamente ancorato, si
difendeva furiosamente contro i giganti che lo attaccavano. Tuonava a
babordo, tuonava a tribordo senza perdere un colpo, rispondendo con la mitraglia
alla mitraglia, con le bombe alle bombe, atterrando gli alberi, massacrando le
manovre, smontando i cannoni, sfondando le batterie, forando le carene,
tempestando le foreste sotto le quali sparavano i soldati di James
Brooke. Sembrava un vascello di ferro difeso da un esercito di
titani. Cadevano i suoi pennoni e tentennavano i suoi alberi; si sventravano
le imbarcazioni, si demolivano le murate, si sfasciavano i suoi fianchi, si
ammazzavano i suoi uomini, ma che importava? Polvere e palle ce n’era per tutti
e rispondeva con crescente furore, risoluto a perire piuttosto che
arrendersi. Ad ogni colpo, ad ogni scarica, giù nella batteria si udivano i
tigrotti di Mompracem urlare: - Vendetta! Viva Mompracem! La Tigre della
Malesia, in piedi in mezzo alla nave, contemplava l'orribile spettacolo. Come
era bello quel formidabile uomo, là sul ponte del vascello, che tremavagli sotto
i piedi, al chiarore di cinquanta cannoni, cogli occhi in fiamme, i capelli
sciolti al vento, le labbra aperte ad un terribile sorriso, la scimitarra in
pugno! Il pirata sorrideva, mentre la morte gli fischiava attorno, gli alberi
cadevano dinanzi a lui, mentre la mitraglia ruggiva ai suio orecchi schiantando
le tavole del ponte, mentre le bombe scoppiavano, lanciando a trecento metri le
loro schegge infuocate! Gli stessi suoi nemici, nel vederlo là sull'eroico
vascello, impassibile fra l'uragano di ferro, si sentivano presi da una voglia
matta di urlare: - Viva la Tigre della Malesia! Viva l’eroe della pirateria
malese! - La battaglia durava da mezz'ora, sempre più tremenda, sempre più
accanita. L'Helgoland, schiacciati dal fuoco non interrotto di quelle
cinquanta bocche, sbranato dalla mitraglia, dilaniato dalla tempesta di bombe
che cadeva sempre più fitta, non era più che una fumante carcassa. Non
alberi, non manovre, non murate, non un madiere intero. Era una spugna: i cui
fori precipitavasi fischiando l'acqua del fiume. Tirava ancora, rispondeva
sempre a quei quattro nemici che avevano giurato di colarlo a picco, ma non si
sentiva più capace di tirare innanzi. Già dieci pirati giacevano nella batteria,
senza vita; giàdue cannoni non tuonavano più, smontati dal fuoco infernale del
nemico; già le bombe venivano meno, già la poppa piena d'acqua calava a poco a
poco. Dieci, forse quindici minuti ancora, e l'eroico Helgoland sarebbe
andato a picco. Yanez, che faceva bravamente il suo dovere scaricando un cannone
dei più grossi, si avvide della gravità della situazione. A rischio di ricevere
una scarica di mitraglia nella testa, si slanciò sul ponte in mezzo al quale
stava la Tigre della Malesia. - Fratello! - gridò. - Fuoco, Yanez!...
fuoco!... - tuonò Sandokan. - Essi corrono all'abbordaggio. - Non possiamo
più reggere, fratello! Il vascello va a picco!... - Folgori del cielo! -
Cosa facciamo? I minuti sono preziosi. - Uno schianto formidabile seguì
queste parole. Il castello di prua, colpito da una bordata di granate, era
caduto, sfondando parte della coperta e della camera dei marinai. La Tigre della
Malesia emise un grido di rabbia. - È finita! A me, tigrotti, a me!... Si
precipitò nella batteria dalla quale i tigrotti di Mompracem continuavano a
bombardare i vascelli nemici. Un uomo, il maharatto Kammamuri, gli sbarrò
la via. - Capitano - disse, - l'acqua invade la cabina della Vergine. Dov'è
Sambigliong? - chiese la Tigre. - Nella cabina. - È viva la Vergine? -
Sì, capitano. - Conducetela sul ponte e state pronti a gettarvi nel fiume.
Tigrotti, tutti in coperta! I pirati scaricarono un'ultima volta i cannoni e
salirono sulla coperta ingombra di rottami. Le navi nemiche, rimorchiate da
alcune scialuppe, si avvicinavano per abbordare l'Helgoland -
Sandokan! - gridò Yanez, non vedendo comparire il terribile uomo. -
Sandokan! Risposero le urla vittoriose degli equipaggi nemici e le carabine
dei pirati. - Sandokan! - ripeté. - Sandokan! - Eccomi, fratello - rispose
una voce. La Tigre della Malesia si slanciò sul ponte con la scimitarra nella
destra e una torcia accesa nella sinistra. Dietro a lui venivano Sambigliong e
Kammamuri, portando la vergine della pagoda - Tigrotti di Mompracem! -
tuonò Sandokan. - Fuoco ancora una volta! - Viva la Tigre! Viva Mompracem! -
urlarono i pirati, scaricando le carabine contro i quattro
vascelli. L'Helgoland barcollava come un ubriaco e si fendeva
rapidamente sotto le continue scariche del nemico. Per i fianchi squarciati
entravano, muggendo, le acque, trascinandolo rapidamente a picco. Da prua, da
poppa, dai boccaporti, dai sabordi delle batterie uscivano dense colonne di
fumo. La voce della Tigre della Malesia, squillante come una tromba, si fece
ancora udire fra il rombo dei cannoni. - Si salvi chi può!... Sambigliong,
gettati nel fiume con la Vergine!... Il dayaco e Kammamuri balzarono
in acqua assieme con la giovanetta che aveva perduto i sensi, e dietro di loro
si precipitarono tutti gli altri, nuotando fra le navi nemiche che si trovavano
bordo contro bordo col vascello affondante. Sul legno era rimasto però un
uomo. Era la Tigre della Malesia. Nella destra stringeva ancora la scimitarra e
nella sinistra la torcia. Le sue labbra erano atteggiate ad un terribile
sogghigno: un lampo feroce balenava nei suoi occhi. - Viva Mompracem! - lo si
udì gridare. Un urrah formidabile echeggiò nell'aria. Venti, quaranta, cento
uomini si slanciarono con le armi in pugno sul ponte oscillante
dell'Helgoland La Tigre della Malesia non li attese. Con un balzo
prodigioso superò la murata e sparve nelle acque del fiume. Quasi nel
medesimo istante il vascello si apriva con un rimbombo orrendo, una fiamma
gigantesca si levava verso il cielo illuminando il fiume, le navi nemiche, i
boschi, i monti, e scagliando all'intorno miriadi di rottami
incandescenti. Vascelli ed equipaggi sparvero fra il fumo e le fiamme
dell'Helgoland saltato in aria per lo scoppio della
polveriera!...
FINE PRIMA PARTE
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