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I PIRATI DELLA MALESIA

di: Emilio Salgari

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PARTE PRIMA

LA TIGRE DELLA MALESIA

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 8. La Baia di Sarawak

 
Al grido terribile di: al fuoco! al fuoco! l'ingegnere aveva fatto immediatamente arrestare il vascello, il quale non avanzava più che sotto l'impulso delle ultime battute dell'elica.
Una confusione indescrivibile, all'apparire dei due pirati, regnava sul ponte. Dal castello di prua, seminudi o in camicia, uscivano alla rinfusa i marinai, ancora mezzo assonnati, in preda ad un indicibile sgomento, urtandosi gli uni con gli altri, sospingendosi, cadendo e risollevandosi. Gli uomini di guardia, non meno atterriti, credendo che il fuoco avesse già preso allarmanti proporzioni, s'affannavano a raccogliere le secchie sparse sul ponte. Dai boccaporti, invece, come marea montante, salivano in furia i tigrotti di Mompracem, col kriss fra i denti e le pistole in pugno, pronti alla battaglia. Comandi, grida, imprecazioni, esclamazioni, domande, s'incrociavano per ogni dove, dominando i muggiti della macchina e gli ordini dell'ufficiale di quarto.
- Dov'è il fuoco? - chiedeva uno.
- Nella batteria, - rispondeva un altro.
- Alla Santa Barbara! Alla Santa Barbara!
- Formate la catena.
- Tuoni! Alle pompe!
- Capitano! Dov'è il capitano?
- Ai vostri posti! - tuonava l'ufficiale. - Animo, ragazzi, alle pompe! Ai vostri posti!
D'un tratto una voce, squillante come una tromba, risuona in mezzo al ponte del vascello immobile.
- A me, tigrotti!
La Tigre della Malesia si slancia fra i suoi uomini. Nella mano destra stringe come una morsa la scimitarra che scintilla al vago chiarore dei fanali di prua.
Un urlo feroce rimbomba:
- Viva la Tigre della Malesia!
I marinai del vascello, sorpresi, spaventati nel vedere tutti quegli uomini armati pronti a gettarsi contro di loro, si precipitano confusamente a prua ed a poppa afferrando le scuri, le aspe, le manovelle, i boscelli, le gomene.
- Tradimento! tradimento! - si urla da ogni parte.
I pirati, col kriss in mano, si preparano a sfondare le due muraglie umane. La Tigre della Malesia con un fischio arresta lo slancio.
Il capitano era apparso sul ponte e si dirigeva coraggiosamente verso di loro, col revolver nella destra.
- Che cosa succede? - chiese egli, con voce imperiosa.
Sandokan uscì dal gruppo movendo verso di lui.
- Lo vedete bene, capitano - disse egli. - I miei uomini assaltano i vostri.
- Chi siete voi?
- La Tigre della Malesia, mio capitano.
- Come!... Un altro nome dunque?... Dov'è l'ambasciatore?...
- Là in mezzo, con la pistola in pugno, pronto a sparare su di voi, se non vi affrettate ad arrendervi.
- Miserabile!...
- Calma, capitano. Non si insulta impunemente il capo dei pirati di Mompracem.
Il capitano fece tre passi indietro.
- Pirati!... - esclamò. - Voi, pirati!...
- E dei più formidabili.
- Indietro! - tuonò egli alzando il revolver. - Indietro o vi ammazzo!
- Capitano - riprese Sandokan facendosi innanzi; - noi siamo ottanta, tutti armati e decisi a tutto, e voi non avete che quaranta uomini quasi inermi. Io non vi odio e non voglio sacrificarvi inutilmente; arrendetevi dunque, e vi giuro che non vi sarà torto un capello.
- Ma infine che cosa volete?
- Il vostro vascello.
- Per corseggiare poi il mare?
- No, per compiere una buona azione. capitano; per riparare un'ingiustizia degli uomini.
- E se io rifiutassi?
- Lancerei i miei tigrotti contro di voi.
- Ma voi volete derubarmi!
Sandokan si slacciò una cintura ben gonfia che portava sotto la casacca e, mostrandola al capitano:
- Qui vi è un milione in diamanti - disse: - prendete!
Il capitano lo guardò trasognato.
- Non comprendo - disse. - Avete degli uomini coi quali potreste impadronirvi del vascello senza troppi sacrifici e invece mi regalate un milione! Che uomo siete voi?
- Sono la Tigre della Malesia - rispose Sandokan. - Orsù, arrendetevi o sarò costretto a scatenare contro di voi questi tigrotti che mi circondano.
- Ma che cosa farete dei miei uomini?
- V'imbarcheremo tutti nelle scialuppe e vi lasceremo liberi.
- E dove andremo?
- La costa del Borneo non è molto lontana. Spicciatevi, decidete.
Il capitano esitava. Forse temeva che, deposte le armi, i pirati si scagliassero contro i suoi uomini per massacrarli.
Yanez indovinò subito ciò che passava nella mente di lui e, facendosi innanzi:
- Capitano - disse, - avete torto di dubitare della parola della Tigre della Malesia, poiché mai egli mancò alle promesse fatte.
- Avete ragione - disse il comandante. - Olà, marinai, deponete le armi; ogni resistenza è inutile.
I marinai, che se la vedevano molto brutta, non esitarono un solo istante e gettarono sul ponte coltelli, scuri, manovelle e aspe.
- Bravi ragazzi - disse Sandokan.
Ad un suo cenno, le due baleniere e tre scialuppe furono calate in mare, dopo averle ben provviste di viveri.
I marinai, inermi, sfilarono in mezzo ai pirati prendendo posto nelle imbarcazioni. Ultimo rimase il capitano.
- Signore - diss'egli, arrestandosi dinanzi alla Tigre della Malesia, - non abbiamo né un'arma per difenderci, né una bussola per dirigerci. Sandokan staccò da una catenella che gli pendeva sul petto una bussola d'oro e, porgendola all'ufficiale:
- Questa è per dirigervi - rispose.
Si levò dalla cintura le due pistole e dal dito un magnifico anello, ornato di un diamante grosso come una nocciola, e porse i tre oggetti al capitano.
- Queste armi per difendervi, questo anello per ricordo, e la borsa piena di diamanti per pagarvi il vascello che vi ho preso - disse Sandokan.
- Siete l'uomo più strano che abbia incontrato in vita mia - osservò il capitano, ricevendo i tre oggetti. - E non pensate che io potrei scaricarvi addosso queste armi?
- Non lo farete.
- Perché?
- Perché siete un leale gentiluomo. Andate!
Il capitano fece un leggero saluto con la mano e discese nell'imbarcazione, la quale prese subito il largo, seguita da tutte le altre, dirigendosi verso l'ovest.
Venti minuti dopo l'Helgoland lasciava quei paraggi navigando lestamente verso la costa di Sarawak che era lontana tutt'al più un centinaio di miglia.
- Andiamo ora a trovare Kammamuri e la sua padrona - disse Sandokan, dopo aver dato la rotta. - Speriamo che non sia accaduto nulla alla povera Ada.
Scese la scaletta di poppa assieme con Yanez e bussò alla cabina del maharatto
- Chi è? - domandò Kammamuri.
- Sandokan.
- Abbiamo vinto, capitano?
- Sì, amico mio.
- Evviva la Tigre della Malesia! - urlò il bravo maharatto. Tolse i mobili che aveva accumulato dietro la porta ed aprì. Yanez e Sandokan entrarono.
Il maharatto era armato fino ai denti. Aveva ancora in mano la scimitarra e la sua cintura era zeppa di pistole e di pugnali. Sdraiata su di una poltroncina stava la pazza, occupata a strappare, con mano nervosa, i petali ad una rosa di Cina, tolta poco prima da un vaso di fiori.
Vedendo entrare Sandokan e Yanez si alzò di scatto, fissando su di loro uno sguardo che rivelava un profondo terrore.
- I thugs!... I thugs!... - esclamò.
- Sono i nostri amici, padrona - disse il maharatto
Ella guardò Kammamuri per qualche istante, poi ricadde sulla poltroncina tornando a strappare il fiore che teneva in mano.
- Le urla dei combattenti hanno prodotto qualche impressione sulla disgraziata? - chiese Sandokan al maharatto
- Sì - rispose egli. - Si è alzata tutta tremante gridando: I thugs! i thugs! Ma poi, a poco a poco, si è calmata.
- Null'altro?
- Null'altro, capitano.
- Veglia attentamente su di lei, Kammamuri.
- Non lascerò il suo fianco.
Yanez e Sandokan risalirono in coperta. Proprio in quel medesimo istante gli uomini di guardia segnalavano, verso sud, un punto rossastro che correva con rapidità.
Yanez e Sandokan si slanciarono a prua guardando attentamente in quella direzione.
- Dev'essere il fanale di una nave - disse il portoghese.
- Lo è certamente. Ciò mi inquieta assai - rispose Sandokan.
- Perché, fratello mio?
- Quella nave può incontrare le scialuppe. - Corpo di una spingarda! Non ci mancherebbe che questa!...
- Non spaventarti, Yanez. L'Helgoland ha dei buoni cannoni. Ma... toh, quella nave è a vapore. Non vedi, Yanez, quella striscia rossastra che si alza verso il cielo?
- Per Giove! Hai ragione!
- Ai cannoni, ragazzi! Ai cannoni! - tuonò la Tigre della Malesia. -
- Che fai? - chiese Yanez, afferrandolo per un braccio.
- È la cannoniera, Yanez.
- Quale cannoniera?
- Quella che ci seguiva. La manderemo a picco.
- Sei matto!
- Ma non la vedi tu?
- Sì che la vedo, ma se tu le spari addosso, a Sarawak ci cannoneggeranno. Se non andrà a picco alla prima bordata, correrà da quel dannato di Brooke a denunciarci.
- Per Allah! - esclamò Sandokan, colpito da quel ragionamento.
- Stiamo calmi, fratello - disse Yanez.
- E se incontra le scialuppe?
- Non è cosa facile, Sandokan. La notte è oscura, le scialuppe filano verso ovest e la cannoniera, se non erro, ha la prua al nord. Un incontro, in simili circostanze, non è facile. Ho forse torto?
- No, ma vedere quella dannata cannoniera...
- Calma, fratello. Lasciamola filare al nord.
La cannoniera che con tanta ostinazione, ma probabilmente senza saperlo, seguiva i pirati di Mompracem, era allora vicinissima. A babordo e a tribordo brillavano i due fanali verde e rosso e sulla cima del trinchetto il bianco. A poppa si scorgeva il timoniere ritto accanto alla ruota.
Passò accanto all'Helgoland descrivendo una specie di semicerchio e sparve verso il nord, lasciandosi dietro una scia fosforescente.
Non erano trascorsi dieci minuti che si udì al largo una voce gridare:
- Olà, della cannoniera!
Sandokan e Yanez, nell'udire quella chiamata, si slanciarono sul cassero guardando attentamente verso il nord.
- Le scialuppe, forse? - si chiese Sandokan, inquieto.
- Non vedo che la cannoniera là in fondo - osservò Yanez.
- Eppure quella chiamata veniva dal largo
- Che abbiamo udito male?
- Ne dubito Yanez
- Cosa faccianmo?
- Ci terremo pronti e avanzeremo con precauzione.
Sandokan rimase sul ponte qualche ora, sperando di raccogliere un altro grido, ma non udì altro che il rumore dei flutti che si infrangevano contro i fianchi del vascello e i gemiti del vento attraverso l'attrezzatura.
A mezzanotte, tranquillo ma pensieroso, scendeva nella cabina del capitano dove Yanez l'aveva preceduto, stendendosi sul lettuccio. Tutta la notte l'Helgoland filò, avanzando nella baia di Sarawak che andava a poco a poco restringendosi. Dagli uomini di guardia nulla era stato avvertito di straordinario; soltanto verso le due del mattino, a cinquecento metri a tribordo, era stata vista un'ombra nera passare con grandissima rapidità e sparire poco dopo. Tutti l'avevano scambiata per un praho navigante senza fanali.
All'alba, quaranta miglia separavano il vascello dalla foce del Sarawak in riva al quale, a poche ore di marcia, sorge la cittadina omonima.
Il mare era tranquillo e il vento abbastanza buono. Qua e là si scorgevano alcuni prahos e alcuni giong, con le loro immense vele, e all'ovest, un po' confusamente, il monte Matang, gigantesco picco che alzasi nell’aria sino a 2790 piedi e sui cui fianchi arrampicasi verdeggianti boscaglie.
Sandokan, che non si sentiva tranquillo in quel mare battuto dai legni di James Brooke, lo sterminatore dei pirati malesi, fece spiegare sul corno la bandiera inglese, la grande striscia rossa sulla sommità della maestra, fece caricare i cannoni, ammonticchiare bombe nella batteria, aprire la Santa Barbara e armare i suoi uomini.
Alle 11 del mattino, a sette miglia, appariva la costa, molto bassa, coperta di foreste lussureggianti e riparata da larghe scogliere. A mezzogiorno l'Helgoland girava la penisola che si biforca, e si spingeva per buon tratto nella baia: poco dopo gettava l'ancora alla foce del fiume, al di là della punta Montabas.

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Ultimo Aggiornamento:
13/07/2005 22.28

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