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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA
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I MISTERI DELLA JUNGLA NERA

di: Emilio Salgari

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PARTE SECONDA

IV. Uccidere per essere felice.

Era venuta la sera.

Il capitano Macpherson durante la giornata non si era fatto vedere e nessun incidente era accaduto nel bengalow.

Saranguy, dopo di aver errato a capriccio qua e là, nei dintorni delle tettoie e delle palizzate, porgendo attento orecchio ai discorsi dei sipai s'era sdraiato dietro ad un folto cespuglio, a cinquanta passi dalla abitazione, come uno che cerca di addormentarsi.

Di quando in quando però alzava prudentemente la testa, ed il suo sguardo percorreva rapidamente la circostante campagna. Si sarebbe detto che egli cercava qualche cosa, o che aspettava qualcuno.

Passò una lunga ora. La luna s'alzò sull'orizzonte, illuminando vagamente le foreste e il corso della grande fiumana la quale mormorava gaiamente, frangendosi contro le rive.

Un urlo acuto, l'urlo dello sciacallo, si fece udire in lontananza.

Saranguy s'alzò bruscamente, guardandosi d'attorno con diffidenza.

- Finalmente, - mormorò egli, rabbrividendo. Saprò la mia condanna.

A duecento passi, fra una macchia, comparvero due punti luminosi, con riflessi verdastri, Saranguy accostò due dita alle labbra e mandò un leggiero fischio.

Tosto i due punti luminosi si slanciarono innanzi. Erano gli occhi di una grande tigre, la quale fece udire quel sordo miagolìo che è famigliare a simili belve.

- Darma! - chiamò l'indiano.

La tigre s'abbassò, schiacciandosi contro il terreno, e si mise a strisciare silenziosamente. S'arrestò proprio dinanzi a lui emettendo un secondo miagolìo.

- Sei ferita?- gli chiese l'indiano, con voce commossa.

La tigre per tutta risposta aprì la bocca e lambì le mani ed il volto dell'indiano..

- Hai sfidato un gran pericolo, povera Darma, ripigliò l'indiano con tono affettuoso. - Sarà l'ultima prova.

Passò una mano sotto il collo della belva e vi trovò una piccola carta rossa, arrotolata e sospesa ad un sottile filo di seta.

L'aprì con mano tremante, gettandovi sopra gli occhi. V'erano dei segni bizzarri d'una tinta azzurra e una riga di sanscrito. "Vieni, che il messaggero è giunto" lesse egli.

Un nuovo brivido agitò le sue membra e alcune goccie di sudore imperlarono la sua fronte.

- Vieni, Darma, - diss'egli.

Guardò alla sfuggita il bengalow, percorse tre o quattrocento passi strisciando, seguito dalla tigre, poi s'internò nel bosco di borassi.

Camminò per venti minuti rapidamente, seguendo un sentieruzzo appena appena visibile, poi s'arrestò, chiamando con un gesto la tigre.

A venti passi da lui, s'era improvvisamente alzato da terra un individuo, il quale spianò risolutamente un fucile, gridando:

- Chi vive?

- Kâlì, - rispose Saranguy.

- Avanzati.

Saranguy si avvicinò a quell'indiano il quale lo esaminò attentamente.

- Sei forse colui che aspettiamo? - gli chiese.

- Sì.

- Sai chi ti aspetta?

- Kougli.

- Sei proprio quello: seguimi.

L'indiano gettò la carabina ad armacollo e si mise in marcia con passo silenzioso.

Saranguy e Darma lo seguirono.

- Hai veduto il capitano Macpherson? - chiese qualche istante dopo

- Sì.

- Cosa fa?

- Non saprei dirlo.

- Sai nulla di Negapatnan?

- Sì, so che è prigioniero del capitano.

- È vero ciò che dici?

- Verissimo.

- E sai dov'è nascosto?

- Nei sotterranei del bengalow.

- Si vede che sono prudenti quegli europei.

- Sembra.

- Ma tu lo libererai.

- Io! - esclamò Saranguy.

- Lo credo.

- Chi te lo disse?

- Non so nulla; taci e cammina.

L'indiano ammutolì e affrettò il passo, cacciandosi in mezzo ai macchioni di bambù ed a cespugli irti di spine. Ogni qual tratto s'arrestava ed esaminava il tronco dei palmizi tara che trovava sul suo passaggio.

- Cosa guardi? - chiese Saranguy, sorpreso.

- I segni che indicano la via.

- Ha cambiato dimora Kougli?

- Sì, perché gl'inglesi si sono mostrati presso la sua capanna.

- Di già?

- Il capitano Macpherson ha dei buoni bracchi al suo servizio. Sta' allerta, Saranguy; potrebbero giuocarti qualche brutto tiro, quando meno te lo aspetti.

Si fermo, accostò le mani alle labbra ed emise un urlo simile a quello dello sciacallo.

Un secondo urlo vi rispose.

- La via è libera, - disse l'indiano. - Segui questo sentiero e giungerai alla soglia della capanna. Io rimango qui a vegliare.

Saranguy ubbidì. Percorrendo il sentiero s'avvide che dietro ad ogni albero stava appiattato un indiano con una carabina in mano e il laccio stretto attorno al corpo.

- Siamo ben guardati, - mormorò egli. - Potremo discorrere senza temere di venire sorpresi dagli inglesi.

Ben presto si trovò dinanzi ad una grande capanna, costruita con solidissimi tronchi d'albero, nei quali erano aperte molte feritoie per lasciar passare le carabine. Il tetto era coperto da foglie di latania e sulla cima v'era una rozza statua della dea Kâlì

- Chi vive? - chiese un indiano, che era seduto sulla soglia della porta armato di carabina, di pugnale e laccio.

-Kâlì - rispose per la seconda volta Saranguy.

L'indiano entrò in una stanzuccia illuminata da un ramo d'albero resinoso, il quale spandeva all'intorno una luce fumosa.

Sdraiato su di una stuoia stavasene un indiano alto come il truce Suyodhana, spalmato di fresco d'olio di cocco, col misterioso tatuaggio sul petto.

La sua faccia era d'una tinta bronzina, dura, feroce, con folta barba nera. Gli occhi suoi, profondamente incavati, brillavano d'una cupa fiamma.

- Addio, Kougli, - disse l'indiano entrando, ma pronunciando le parole quasi con pena.

- Ah! sei tu, amico, - rispose Kougli, alzandosi prontamente. - Cominciava a impazientirmi.

- La colpa non è mia; la strada è lunga.

- Lo so, amico mio. Come sono andate le cose?

- Benissimo; Darma ha eseguito appuntino la sua parte. Se non ero pronto, schiacciava la testa del capitano.

- L'aveva atterrato?

- Sì.

- Brava bestia la tua tigre.

- Non dico di no.

- Sicché sei ai servigi del capitano.

- Sì.

- In che qualità?

- Di cacciatore.

- Sospetta di nulla?

- No.

- Sa che ti sei allontanato dal bengalow?

- Non lo so. Del resto mi ha accordato ampia libertà di andarmene nei boschi o nella jungla, a cacciare.

- Sta' in guardia però. Quell'uomo ha cent'occhi.

- Lo so.

- Narrami qualche cosa di Negapatnan.

- È arrivato ieri notte al bengalow.

- Lo so, nessuna cosa sfugge al mio sguardo. Dove l'hanno nascosto?

- Nel sotterraneo.

- Lo conosci quel sotterraneo?

- Non ancora, ma lo conoscerò. So che ha le pareti di uno spessore enorme, e che un sipai armato veglia dì e notte dinanzi alla porta.

- Sai più di quanto speravo. Lascia che te lo dica, sei un brav'uomo.

- Il cacciatore di serpenti della jungla nera è più forte e più astuto di quello che tu credi, - rispose l'indiano Saranguy.

- Sai se ha parlato Negapatnan?

- Non lo so.

- Se quell'uomo parla, noi siamo perduti.

- Diffidi di lui? - chiese Saranguy con una leggiera vibrazione ironica.

- No, poiché Negapatnan è un gran capo ed è incapace di tradirci. Ma il capitano Macpherson sa tormentare i suoi prigionieri. Orsù, veniamo al fatto.

La fronte di Saranguy s'aggrottò e un leggiero tremito percorse le sue membra.

- Parla, - diss'egli, con strano accento.

- Sai perché ti ho chiamato?

- Lo indovino, si tratta...

- Di Ada Corishant.

A quel nome, il cupo sguardo di Saranguy si spense; qualche cosa di umido brillò sotto le sue ciglia, e un profondo sospiro gli uscì dalle labbra scolorite.

- Ada!... Oh mia Ada!... - esclamò egli con voce soffocata. - Parla Kougli, parla. Soffro troppo, troppo!...

Kougli guardò l'indiano che si era accasciato su se stesso, stringendosi fortemente la fronte. Un sorriso satanico, un sogghigno atroce sfiorò rapidamente le sue labbra.

- Tremal-Naik, - disse con voce quasi sepolcrale. - Ti ricordi quella notte che ti rifugiasti nel pozzo colla tua Ada ed il maharatto?

- Sì, me lo ricordo, - rispose con voce sorda Saranguy, o meglio Tremal-Naik, il cacciatore di serpenti della jungla nera.

- Tu eri in nostra mano. Bastava che Suyodhana lo volesse e tutti e tre a quest'ora dormireste sotto terra.

- Lo so. Ma perché rammentarmi quella notte!

- Bisogna che te la rammenti.

- Affrettati allora, non farmi soffrire tanto. Ho il cuore che mi sanguina.

- Sarò breve. I thugs avevano pronunciato la vostra sentenza di morte; tu dovevi essere strangolato, la vergine della pagoda doveva salire il rogo e Kammamuri morire tra i serpenti. Suyodhana fu quello che si oppose.

Negapatnan era caduto in mano degli inglesi e bisognava salvarlo. Tu avevi dato tante prove di essere un uomo audace e pieno di risorse e ti graziò, purché tu servissi la nostra setta.

- Affrettati.

- Ma tu amavi quella donna che si chiama Ada. Bisognava cedertela per avere un fedele e pronto alleato. La nostra dea Kâlì te la offre.

- Ah!... - esclamò Tremal-Naik, balzando in piedi, tutto trasfigurato.

- È vero quello che dici?

- Sì, è vero, - disse Kougli marcando su ogni parola.

- E sarà mia sposa?

- Sì, sarà tua sposa. Ma i thugs esigono qualche cosa da te.

- Qualunque cosa sia io l'accetto. Per la mia fidanzata darei alle fiamme l'India intera.

- Bisognerà uccidere.

- Ucciderò.

- Bisognerà salvare degli uomini.

- Li salverò, dovessi assalire una città zeppa di armi e d'armati.

- Bene; odimi.

Si levò dalla cintura una carta, la spiegò e la guardò alcuni istanti con profonda attenzione.

- I thugs, - disse - tu lo sai, amano Negapatnan, che è coraggioso. intraprendente e forte. Vuoi la tua Ada? Libera Negapatnan, ma c'è Suyodhana che esige qualche cosa da te.

- Parla, - disse Tremal-Naik, che senza saperlo, provò un brivido.- Ti ascolto.

Kougli non aprì bocca. Egli guardava fissamente ed in modo strano il cacciatore di serpenti.

- Ebbene? - balbettò Tremal-Naik.

- Suyodhana ti cede la tua fidanzata a patto che tu uccida il capitano Macpherson...

- Il capitano...

- Macpherson, - terminò Kougli, schiudendo le labbra ad un crudele sorriso.

- E solo a questo prezzo mi si cederà Ada?...

- A questo prezzo solamente.

- E se rifiutassi?

- Non l'ameresti più.

- Io? Cosa ti dissi poco fa? Per la mia fidanzata darei l'India alle fiamme.

- Hai ragione. Nel caso però che ti rifiutassi, la vergine della pagoda salirà il rogo e Kammamuri morrà fra i serpenti. Li teniamo entrambi in nostra mano. Cosa decidi?

- La mia vita appartiene ad Ada. Accetto.

- Hai già qualche piano?

- Nessuno, ma lo troverò.

- Bada a me; prima libera Negapatnan.

- Lo libererò.

- Noi veglieremo su di te. Se avrai bisogno di aiuti, vieni da me.

- Il cacciatore di serpenti farà senza i thugs.

- Come vuoi: puoi andartene.

Tremal-Naik non si mosse.

- Cosa desideri? - chiese Kougli.

- E non potrò veder colei che io amo?

- No.

- Siete proprio inesorabili?

- Compi la missione, poi... quella donna.... sarà tua sposa. Va', Tremal-Naik, va'.

L'indiano s'alzò in preda a una cupa disperazione e si diresse verso l'uscita.

- Tremal-Naik, - disse lo strangolatore, nel momento in cui varcava la soglia.

- Cosa vuoi?

- Non scordarti, che a noi preme la morte del capitano Macpherson!...

 

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Ultimo Aggiornamento:
17/07/2005 20.45

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