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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

Poesie

Di: TOMMASO CAMPANELLA

(85-112)

  (57-84)                    113-140

 

85
  Salmodia che invita il cielo e le sue 
 parti e abitatori a lodar Dio benedetto.
  1      Dal ciel la gloria del gran Dio rimbomba:
  2 egli è sonora tromba - a pregi tanti;
  3 i lumi stanti - e que' ch'errando vanno
  4 musica fanno.
  5     Musica fanno per ogni confino,
  6 dove il calor divino - il ciel dispiega,
  7 ed Amor lega - tante luci, e muove
  8 altronde altrove.
  9     Altronde altrove tutti van correndo,
 10 te, Dio, benedicendo - e predicando,
 11 dolce, sonando, - ch'ogni moto è suono,
 12 come io ragiono.
 13     Così io ragiono. Ahimè! ch'udir non posso;
 14 ch'innato rumor grosso - è, che m'occùpa
 15 l'orecchia cupa, - ed un molino vivo
 16 me ne fa privo.
 17     Se mi fa privo, voi, spiriti eletti,
 18 che non siete soggetti - a corpo sordo,
 19 fate un accordo - al suon di tai strumenti
 20 co' vostri accenti.
 21     Co' vostri accenti sacri, intellettuali,
 22 d'una spiegando l'ali - in altra stella
 23 vostra favella: - Santo, santo, santo! -
 24 dicete intanto.
 25     Dicete intanto, ardenti Serafini,
 26 sagaci Cherubini, - e giusti Troni,
 27 Dominazioni, - Virtù e Potestati
 28 e Principati;
 29     principiate, Arcangeli, e seguite,
 30 Angeli, che venite - a darmi aiuto.
 31 Da voi, perduto - il corpo, in Cielo accolte
 32 son l'alme sciolte.
 33     O alme sciolte, o patriarchi grandi,
 34 profeti venerandi, - in cortesia,
 35 la salmodia - di Davide canoro
 36 dicete in coro.
 37     Dicete in coro, apostoli, che 'l mondo
 38 vinto e reso fecondo - di virtuti,
 39 e risoluti - fatto avete noi
 40 di seguir voi.
 41     Di seguir voi gli martiri non tardi,
 42 con l'animo gagliardi - e sparso sangue,
 43 fan che non langue - la musica nostra
 44 nell'alta chiostra.
 45     Dall'alta chiostra, con varie dottrine,
 46 anime pellegrine - confessare
 47 odo per mare, - per terra e per cielo
 48 vero il Vangelo.
 49     Vero il Vangelo voi, vergini caste,
 50 virilmente provaste - a chi udir vuole:
 51 l'eterea mole - or per questo e le stelle
 52 son vostre celle.
 53     Oh sante celle, murate di luce,
 54 che 'l passar vi conduce, - non ritiene,
 55 ad ogni bene! - E quelle vie di latte
 56 per voi son fatte.
 57     Per voi son fatte le scene e l'istorie
 58 delle divine glorie, - ché a mirarle
 59 e celebrarle - vi dà il primo fuoco
 60 possanza e luoco.
 61     Per ogni luoco Dio quant'have in mente
 62 vuol che si rappresente - in cielo. E poi
 63 de' segni suoi - tu, suolo e mar, ti adempi
 64 di tempi in tempi.
 65     Di tempi in tempi Ariete, Cancro e Libra
 66 e Capricorno vibra - l'alte idee,
 67 quante si dèe - all'arte; a la natura
 68 virtù e figura,
 69     virtù e figura per il sol deriva,
 70 statua, immagin più diva - del Monarca,
 71 lucerna ed arca - di deitate in suso,
 72 padre quaggiuso.
 73     Padre è quaggiuso, che la terra impregna,
 74 perch'a' figli sovvegna. - Poi la luna
 75 virtute aduna - d'ogni stella, e dice
 76 esser nutrice.
 77     E` ben nutrice amorosa e veloce:
 78 se 'l gielo e l'ardor nuoce, - il fa soave.
 79 Or sembra nave, - or globo, or mezzo tondo
 80 per ben del mondo.
 81     Per ben del mondo ne' splendor superni
 82 degli enti non eterni - è misurato
 83 la vita e 'l stato; - e nelli sacri giri
 84 parmi che 'l miri.
 85     Parmi ch'io miri quella provvidenza,
 86 chi da tanta eloquenza - si celèbra.
 87 Mia squilla è ebra - per troppo desio
 88 di cantar vosco, o stelle, il grande Dio:
 89 gloria all'omnipotente Signor mio!

86
  Salmodia che invita la terra e le cose 
 in quella nate a lodar Dio, e declara lor fine
 e la providenza divina.
  1      La terra nostra di far giuoco e festa
  2 nullo tempo si resta - al sommo Dio;
  3 da che l'unìo - l'amor, pésola in mezzo,
  4 gioisce al rezzo.
  5     Gioisce al rezzo, e 'l circondante caldo
  6 schifando, viver saldo - e freddo gode;
  7 rendendo lode - all'Eterno, eternarsi
  8 vuol, non disfarsi.
  9     Vuol non disfarsi; e 'l sol vorria disfarla
 10 non per odio; per farla - mole amica,
 11 seco l'intrica, - e con focose braccia
 12 cinge ed abbraccia.
 13     Cinge ed abbraccia anch'ella lui nel seno:
 14 ché, schifandolo, pieno - pur se 'l vede
 15 di calor: fede, - che al destin più incorre
 16 chi più l'abborre.
 17     Chi più l'abborre, poscia più l'aggrada;
 18 che sua fuga sia strada - a quel s'ammira.
 19 Ch'alla sua mira - e gloria gli rivolge
 20 chi il mondo volge.
 21     Chi il mondo volge così fece madre
 22 la terra, e 'l sole padre - d'infinita
 23 prole, ch'addita - del Primero Ingegno
 24 l'arte e 'l disegno.
 25     L'arte e 'l disegno su esaltate, o monti,
 26 della gran madre pronti - alle difese,
 27 ossa distese, - e fini a' regni nostri:
 28 stanza a' gran mostri.
 29     Stanze a' gran mostri e piccioli prestate,
 30 acque, che circondate - il nostro suolo:
 31 voi date il volo - a' pesci ed alle navi,
 32 sì in terra gravi.
 33     La terra aggravi, e pur non la sommergi,
 34 tu, ocean, che t'ergi - sì superbo.
 35 Per divin verbo - dal suo ventre uscisti,
 36 e 'l mondo unisti.
 37     Tu 'l mondo unisti, ch'è il primo animale.
 38 Tra l'etra spirituale - e 'l terren grosso
 39 sangue ti posso - dir, che nutre e viene
 40 va tra le vene.
 41     Va tra le vene e per li fonti spiccia,
 42 dove la terra arsiccia - ha più bevuto;
 43 indi il perduto - alle campagne rende;
 44 poi in alto ascende.
 45     In alto ascende a far giuoco al Signore
 46 col terrestre vapore - insieme misto;
 47 or stella è visto, - ed or, come bombarde,
 48 rimbomba ed arde.
 49     Rimbomba ed arde ed atterrisce gli empii.
 50 Non perdona agli tempii, - o vivi o morti.
 51 Tu, Dio, n'esorti - a be' celesti nidi
 52 con questi gridi.
 53     Con questi gridi gli animai richiami,
 54 perché non restin grami - alle tempeste.
 55 Gioconde feste - agli angeli, a' demòni
 56 fatiche doni.
 57     Fatiche doni con saper immenso
 58 sotterra al fuoco accenso, - che fracassa,
 59 cuoce e relassa, - e dentro fa i metalli,
 60 fuor monti e valli.
 61     Co' monti e valli, e fiumi e mar, distingui
 62 i paesi: altri impingui, - altri fai macri,
 63 e dolci ed acri - agli abitanti vari
 64 più necessari;
 65     più necessari e più capaci ancora
 66 di vite, che si fôra - ugual per tutto;
 67 e perché tutto - pur le cose stesse
 68 non producesse;
 69     ma producesse biade la campagna,
 70 s'alzasse alla montagna - il fummo e l'onda:
 71 arte profonda - di doppi lambicchi
 72 per farci ricchi.
 73     Per farci ricchi altrove oro ed argento
 74 nasce; altrove frumento, - augelli e fiere,
 75 rivi e peschiere, - macchie, salti e boschi,
 76 perch'io 'l conoschi.
 77     Perch'io conoschi, l'alta Cagion Prima
 78 fa mancar al mio clima - molte cose.
 79 Commerzio puose, - amor e conoscenza
 80 tal providenza.
 81     Tal providenza in due quadranti opposti
 82 fa che in su il mar s'accosti: - in uno bolle,
 83 l'altro s'estolle - per l'acque pendenti,
 84 là concorrenti.
 85     Son concorrenti di diversi fianchi
 86 in cui avvien che manchi: - e in tutti lidi
 87 sei ore vidi - alzarsi e sei abbassarsi,
 88 per più avvivarsi.
 89     Per più avvivarsi fa il medesmo l'aria,
 90 e pur qual mar si varia, - dove accolti
 91 son vapor molti, - che capir non ponno
 92 e spazio vonno.
 93     E spazio vonno, e spazio van cercando,
 94 purgando, ventilando, - trasferendo
 95 e convertendo - il fummo in util pioggia:
 96 stupenda foggia!
 97     Stupenda foggia, ch'a più parti giove.
 98 Fiere ed augelli altrove - e pesci porta:
 99 le navi esorta - al corso, noi a consulta;
100 altri sepulta.
101     Altri sepulta in sonno ed altri in sabbia;
102 svelle arbori con rabbia - e gran cittati.
103 Son fecondati - i campi, ove dolce aura
104 il verde innaura.
105     Fa verdi, innaura e purpuree le nubbi
106 il sol, perch'io non dubbi - or, che più pèra
107 la nostra sfera - in mare: in suo ben vale
108 ciò che in su sale.
109     Quando in su sale, in grandini s'ingroppa
110 grosso vapor, che scoppia - in caldo loco;
111 ma non a poco a poco, - qual la neve,
112 che il freddo beve.
113     Il freddo beve, e si congela in brina
114 quel ch'aura mattutina - o sera agguaglia,
115 come si quaglia - in pioggia il fummo, e cade
116 dolce alle biade.
117     Per far le biade e' manca nell'Egitto,
118 onde il Nil fu prescritto - che inondasse,
119 che Assur fruttasse - e l'India in questa guisa,
120 che Dio n'avvisa.
121     Dio pur n'avvisa, che l'Arabia ottenne
122 solo rugiada, e fenne - incenso e manna,
123 nettarea canna, - e ragia, di che degni
124 fûr i miei regni.
125     Tutti anche i regni han piani, balze e selve,
126 pasto e casa di belve. - Oh, maraviglia!
127 quanta famiglia - per te, Signor, nasce,
128 si cresce e pasce.
129     Si cresce e pasce di liquor terrestre
130 il ferro, il sasso alpestre; - un grasso e molle
131 l'erbe satolle, - immobili animali;
132 fa' a que' ch'an l'ali,
133     a que' c'han l'ali, a chi serpe, a chi anda
134 foglie, radici, ghianda, - grani e pomi;
135 altri ne domi, - altri armi, altri fai inermi,
136 né senza schermi.
137     Hanno per schermi i ricci e gli arboscelli
138 spine contra gli augelli, - asini e bovi;
139 altura trovi - in querce, abbeti e faggi
140 per tali oltraggi.
141     Per tali oltraggi han le quaquiglie, e i pini
142 guscio; e vesti d'uncini - contra i colpi,
143 che ghiro non le spolpi, - han le castagne;
144 ma pur le fragne.
145     Però le fragne, ché Dio ha destinato
146 ch'ogni ente non sol nato - sia d'ogn'altro,
147 ma l'uno all'altro - sia cibo ed avello,
148 or questo, or quello.
149     Ma questo e quello, resistendo, addita
150 godersi in ogni vita, - che Dio dona:
151 e, perch'è buona - ogn'altra viva norma,
152 pur si trasforma.
153     Chi la trasforma con tanta sua laude,
154 che sieno molti gaude - gl'innocenti:
155 pochi possenti - orsi e leon vedrai,
156 pecore assai.
157     Pecore assai, che dal caldo e dal gelo
158 solo difende il pelo. - Frutti e fiori,
159 tu, fronda, onori: - a' timidi è soccorso
160 la tana e 'l corso.
161     Le tane e 'l corso ha il cervo, il lepre, il capro:
162 corna il bue: sanne l'apro: - onghie il cavallo:
163 vivezza il gallo, - ch'al fiero leone
164 spavento pone.
165     Spavento pone all'elefante il drago.
166 Oh, spettacolo vago - di lor gesti!
167 Falcon, tu avesti - rostro, e duro artiglio
168 l'aquila e 'l niglio.
169     L'aquila e 'l niglio han pur la vista acuta,
170 come il can lunge fiuta - la sua preda;
171 perché provveda - ode lontano il lupo
172 al ventre cupo.
173     Pel ventre cupo ha forza la balena,
174 molta astuzia ha la iena, - industria l'ape.
175 Oh, come sape - politìa e governo,
176 d'està e d'inverno!
177     D'està e d'inverno han città le formiche;
178 stanze altri sempre apriche - si procaccia;
179 va il ragno a caccia, - e si fa rete [e] stanza
180 di sua sostanza.
181     Di sua sostanza si circonda e cova,
182 prende l'api, e fa uova - quindi uscendo,
183 varie vivendo - vite un verme: ahi lasso!
184 Oltre io non passo.
185     Oltre io non passo, non posso; assai ignoro
186 l'anatomia, il lavoro, - fraudi ed ire,
187 gioie e martìre - di quanti il mar serra
188 l'aria e la terra.
189     O aria, o terra, o mar, mirar potrei
190 ne' vostri colisei - ta' giuochi io sciolto!
191 Ma chi è sepolto - in corpo, sol s'accorge
192 che poco scorge.
193     Se poco scorge, potrà dirne meno.
194 Ma il sermon vostro appieno - a tutti è aperto;
195 non è coperto - a nazione alcuna
196 sotto la luna.
197     Sotto la luna il nostro dir trascenda
198 al Re della tremenda - maestate.
199 Transumanate - menti, voci e note:
200 ite al Signor, che tutto sape e puote.

       Appendice delle tre elegie fatte con misura latina
87
  Al senno latino, ch'e' volga il suo parlare
 e misura di versificare dal latino al barbaro idioma.
  1      Musa latina, è forza che prendi la barbara lingua:
  2 quando eri tu donna, il mondo beò la tua.
  3     Volgesi l'universo: ogni ente ha certa vicenda,
  4 libero e soggetto ond'ogni paese fue.
  5     Cogliesi dal nesto generoso ed amabile pomo.
  6 Concorri adunque al nostro idioma nuovo.
  7     Tanto più, che il Fato a te die' certo favore,
  8 perché, comunque soni, d'altri imitata sei:
  9     d'Italia augurio antico e mal cognito, ch'ella
 10 d'imperii gravida e madre sovente sia.
 11 Musa latina, vieni meco a canzone novella:
 12 te al novo onor chiama quinci la squilla mia,
 13     sperando imponer fine al miserabile verso,
 14 per te tornando al già lagrimato die.
 15     Al novo secolo lingua nova instrumento rinasca:
 16 può nova progenie il canto novello fare.

88
  Il salmo CXI: «Beatus vir qui timet», ecc.
  1      Quegli beato è, del Signor c'ha santa temenza;
  2 sicuro e lieto il fa sua legge pia.
  3     Di costui in terra alligna il seme potente,
  4 del giusto il germe ognor benedetto fia.
  5     Ne' cui bei tetti ricchezza e gloria abonda,
  6 in tutti tempi alberga la giustizia.
  7     Pur nelle tenebre a' santi il bel lume si mostra
  8 del pietoso Dio splendido tuttavia.
  9     Giocondo è sempre il donator largo e benigno;
 10 dal buon giudizio non si rimove mai.
 11     Il suo nome mai non potrà estinguere morte,
 12 né mala fama teme, e vittorioso vola.
 13     Sta nel Signor fermo e sempre di speme ripieno:
 14 non si movrà innanzi ch'ogni nemico pèra.
 15     Il suo divise, e mangiâro i poveri amici;
 16 gloria subblima il corno potente suo.
 17     Il che vedendo poi, il peccator tristo s'adira,
 18 dibatte i denti, e pur rabioso crepa.
 19     Del giusto, ancor che al tardo, il disegno riesce,
 20 e de' malvagi l'empia voglia père.

89
  Al Sole, nella primavera, per desio di caldo.
  1      M'esaudì al contrario Giano. La giusta preghiera
  2 drizzola a te, Febo, ch'orni la scola mia.
  3     Veggoti nell'Ariete, levato a gloria, ed ogni
  4 vital sostanza or emola farsi tua.
  5     Tu subblimi, avvivi e chiami a festa novella
  6 ogni segreta cosa, languida, morta e pigra.
  7     Deh! avviva coll'altre me anche, o nume potente,
  8 cui più ch'agli altri caro ed amato sei.
  9     Se innanzi a tutti te, sole altissimo, onoro,
 10 perché di tutti più, al buio, gelato tremo?
 11     Esca io dal chiuso, mentre al tuo lume sereno
 12 d'ime radici sorge la verde cima.
 13     Le virtù ascose ne' tronchi d'alberi, in alto
 14 in fior conversi, a prole soave tiri.
 15     Le gelide vene ascose si risolvono in acqua
 16 pura, che, sgorgando lieta, la terra riga.
 17     I tassi e ghiri dal sonno destansi lungo;
 18 a' minimi vermi spirito e moto dài.
 19     Le smorte serpi al tuo raggio tornano vive:
 20 invidio, misero, tutta la schera loro.
 21     Muoiono in Irlanda per mesi cinque, gelando,
 22 gli augelli, e mo pur s'alzano ad alto volo.
 23     Tutte queste opere son del tuo santo vigore,
 24 a me conteso, fervido amante tuo.
 25     Credesi ch'ogge anche Giesù da morte resurse;
 26 quando me vivo il rigido avello preme.
 27     L'olive secche han da te pur tanto favore:
 28 rampolli verdi mandano spesso sopra.
 29     Vivo io, non morto, verde e non secco mi trovo,
 30 benché cadavero per te seppelito sia.
 31     Scrissero le genti a te senso e vita negando,
 32 e delle mosche fecerti degno meno.
 33     Scriss'io ch'egli erano eretici, a te ingrati e ribelli;
 34 m'han sotterrato, vindice fatto tuo.
 35     Da te le mosche e gl'inimici prendono gioia;
 36 esserti, se séguiti, mosca o nemico meglio è.
 37     Nullo di te conto si farà, se io spento rimango:
 38 quel tuo gran titolo meco sepolto fia.
 39     Tempio vivo sei, statua e venerabile volto,
 40 del verace Dio pompa e suprema face.
 41     Padre di natura e degli astri rege beato,
 42 vita, anima e senso d'ogni seconda cosa;
 43     sotto gli auspici di cui, ammirabile scola
 44 al Primo Senno filosofando fei.
 45     Gli angelici spirti in te fan lietissima vita:
 46 a sì gran vite viva si deve casa.
 47     Cerco io per tanti meriti quel candido lume,
 48 ch'a nullo mostro non si ritenne mai.
 49     Se 'l Fato è contra, tu appella al Principe Senno,
 50 ch'al simolacro suo grazia nulla nega.
 51     Angelici spirti, invocate il principe Cristo,
 52 del mondo erede, a darmi la luce sua.
 53     Omnipotente Dio, gli empi accuso ministri,
 54 ch'a me contendon quel che benigno dài.
 55     Tu miserere, Dio, tu chi sei larghissimo fonte
 56 di tutte luci: venga la luce tua.

90
  Sulla penna.
  1      Mentre vissi, o signor, tacqui e fui muta,
  2 e parlo or che di vita priva sono;
  3 m'è d'uopo aver la lingua mia feruta
  4 nel mentre che io parlo o che ragiono;
  5 son bianca, e pur di nero io vo pasciuta
  6 e neri ancor tutti i miei figli sono;
  7 io bramo all'opre mie ben spesso il sale:
  8 istromento son io di bene e male.

91
  [A Torquato Tasso.]
  1      Tasso, i leggiadri e graziosi detti
  2 de' duoi maggior della tosca favella
  3 dilettan ben, perché la vesta è bella,
  4 onora l'esquisiti alti concetti;
  5     ma via più giova il fuoco de' lor petti,
  6 onde nell'alma a virtù non rubella
  7 nasce il soave ardor e la fiammella
  8 ch'è propria dei ben nati spirti eletti.
  9     Voi gli aggiungete e trapassate in dire,
 10 ma il cor per l'ale vostre ancor non sente
 11 ergersi al ciel e punger da giuste ire.
 12     Deh! quando fuor della smarrita gente
 13 ci sentirem dal vostro stil rapire
 14 al degno oggetto dell'umana mente?

92
  [Contro Lutero.]
  1      Olla Lutherus erat fervens aquilonis ad oram;
  2 illinc in mundum panditur omne malum.

93
  [Posteri degeneri.]
  1      O servili petti, perché la gloria tanta
  2 de' nostri antichi fate che non vi mova?

94
  All'Accademia d'Avviati in Roma.
  1      Voi, peregrini ingegni, anime belle,
  2 chiamate al natural divino oggetto,
  3 ben dovreste scaldar il vostro petto
  4 ai rai di lui, ch'illumina le stelle.
  5     Egli è di carmi di rime novelle
  6 amoroso e dignissimo soggetto,
  7 talché venir faravvi onta e dispetto
  8 delle vili arti e frivole novelle.
  9     Che giova sempre d'immaggini e d'ombre
 10 essere amanti, senza saggia téma
 11 d'adunar quanto un'atra notte sgombre?
 12     Per Dio, il piacer, il pro, l'onor vi prema;
 13 né più il vulgar terror le menti ingombre:
 14 volgete gli occhi alla Virtù Suprema.

95
  Ad un novo alumno della religione di Somaschi.
  1      O di novella pianta or or inserta
  2 del sommo Sire al nobile giardino
  3 germe più bello, in cui, se dal mattino
  4 conosco il giorno, la speranza è certa,
  5     pregoti, essendo al cominciar de l'erta,
  6 ravvìvite di Spirito divino,
  7 ch'ogni parte del mondo, ogni confino
  8 alita, quanto ciascun ente merta.
  9     Apri la mente al suo calor fecondo,
 10 ché frutti produrrai d'eterna fama,
 11 purgate le caligini del mondo.
 12     Il vaneggiante spirto a sé ti chiama
 13 con lusinghe bugiarde e spasso immondo:
 14 vedi ove asconde sua maligna brama.

96
  [Per monacazione.]
  1      Io, ch'oggi d'Artemisia lascio il nome,
  2 finito il corso del natio costume,
  3 e mi consacro al pio celeste Nume,
  4 cui son mie voglie omai soggette e dome,
  5     e rendo al mondo le caduche some
  6 presso la guida dall'Eterno Lume
  7 ch'all'alto volo mi vestì le piume,
  8 spogliati i panni e le superbe chiome:
  9     chieggio licenzia a voi del sangue mio:
 10 altro padre, altra madre a me conviene,
 11 altre suore e fratelli ed altro zio.
 12     Entro fra sacri ferri e pie catene;
 13 a tutti dico addio; parenti, addio:
 14 a rivederci presso al Sommo Bene.

97
  A Roma.
  1      Da le arme ai corpi e dagli corpi alle alme
  2 sorse l'imperio tuo già, Roma altiera,
  3 quando tua spada veloce e severa
  4 ti die' mille trionfi e mille palme.
  5     Lasciasti poscia le ferrigne salme
  6 (onde ognun ti stimò pazza e leggiera)
  7 al mondo da te vinto; e la via vera
  8 prendesti opposta, di cui tanto calme,
  9     per vincerlo di nuovo, e dolcemente.
 10 Deh! non pianger l'imperio, Italia mia,
 11 ch'oggi l'hai vie più certo e venerando;
 12     e sola avrai assoluta monarchia
 13 in austro, borea, levante e ponente,
 14 seguendo Roma il suo fato ammirando.

98
  Roma a Germania.
  1      Viveano, senza di natura il lume,
  2 di caccia e di rapina le tue genti;
  3 le selve avean per stanze con gli armenti:
  4 io ti purgai del selvaggio costume,
  5     Germania; e poscia, a fin non ti consume,
  6 ti donai leggi, e t'allevai con stenti:
  7 ti renunziai l'imperio, e gli altri ho spenti,
  8 quando fui seggio dell'eccelso Nume.
..9      Poi ti evagenlizzai l'eterna pace.
.10 Che piu' far ti potevo? Ma tu, ingrata,
 11 or m'abbandoni, superba ed audace,
 12     nuova Samaria o Grecia empia, malnata,
 13 cui il vaneggiar con sua ruina piace.
 14 Verrà, e ben presto, a te la lor giornata.

99
  Sonetto fatto sopra un che
  morse nel Santo Offizio in Roma.
  1      Anima, ch'or lasciasti il carcer tetro
  2 di questo mondo, d'Italia e di Roma,
  3 del Santo Offizio e della mortal soma,
  4 vattene al Ciel, ché noi ti verrem dietro.
  5     Ivi esporrai con lamentevol metro
  6 l'aspra severitate, che ne doma
  7 sin dalla bionda alla canuta chioma,
  8 talché, pensando, me n'accoro e 'mpetro.
  9     Dilli che, se mandar tosto il soccorso
 10 dell'aspettata nova redenzione
 11 non l'è in piacer, da sì dolente morso
 12     toglia, benigno, a sé nostre persone,
 13 o ci ricrei ed armi al fatal corso
 14 c'ha destinato l'Eterna Ragione.

100
  A Cesare d'Este che ritenea Ferrara contro al Papa.
  1      Tu, che t'opponi alla promessa eterna,
  2 che fe' Cristo a sua sposa, del retaggio
  3 del mondo tutto, ch'a lei giuri omaggio
  4 baciando i piedi di chi la governa:
  5     l'arme la man, la man la virtù interna
  6 non sai che regga? Dunque, qual vantaggio
  7 hai di milizia per cotanto oltraggio,
  8 che contro Dio avvilita non si scerna?
  9     L'argento e l'oro, tua più vil speranza,
 10 fian preda e forza all'esercito santo:
 11 lascia, meschin, sì stolta tracotanza.
 12     Vedrai quel muro, in cui ti fidi tanto,
 13 venirti a dosso: in Ciel se farai stanza,
 14 cadrai pur giù nel sempiterno pianto.

101
  Sovra il Monte di Stilo.
  1      Monte di Magna Grecia, ch'al gran seme
  2 non misto a gente unqua a virtù rubella,
  3 in Stilo, patria mia, nel tempo ch'ella
  4 siede nel lido ove l'Ionio freme,
  5     doni albergo secur, sì che non teme
  6 d'Annibale la gente cruda e fella,
  7 che per tutto scorrea dalle castella,
  8 predando i mari e le campagne insieme;
  9     Parnasso, Olimpo e Campidoglio scorgi
 10 sotto di te, per me lodato tardi
 11 di ciò e dell'erbe ch'ai fisici porgi,
 12     ch'assicurasti poi Ruggier Guiscardi,
 13 fuor che i tuoi dii, sant'Angelo e san Giorgi,
 14 rifiutando a tal uopo armi e valguardi.

102
  [Pia esortazione.]
  1      Deh! mira, ingrato, su quell'alto legno,
  2 coronato di spine, in alto asceso,
  3 chi per dar vita a te, dal Ciel disceso,
  4 vestir manto terren non ebbe a sdegno.
  5     Giunto poi di sua vita a certo segno,
  6 fu da gente plebea legato e preso,
  7 battuto, strascinato e vilipeso:
  8 e, morto, di Pluton discese al regno.
  9     Indi, al prefisso termine risorto,
 10 per liberarci da mortal periglio,
 11 mostra il fianco squarciato e lui sol morto.
 12     Volgi dunque ver lui devoto il ciglio
 13 ché vita ti può dar nonché conforto,
 14 benché non sia del Padre Eterno il figlio.

103
  Sonetto sopra il presente stato d'Italia.
  1      Il fato dell'Italia oggi dipende
  2 dall'esser vera o falsa rebellione
  3 questa, ch'a' Calavresi Carlo impone,
  4 e Sciarava, che 'l Regno e 'l Re n'offende.
  5     E s'il Conte, che regge, ancor pretende
  6 che lor finte ragion sian vere e buone,
  7 entrando in parte dell'esaltazione
  8 che dal mal nostro ognun di loro attende,
  9     più grave fia l'antevista ruina
 10 (dice lo spirto), perché il giusto sangue
 11 a vendetta movrà gli uomini e Dio.
 12     Ahi cieca Italia nella tua rapina!
 13 sin quando il senno tuo sopito langue?
 14 s'io ben ti desiai, che t'ho fatt'io?

104
  Sonetto sopra il salmo: «Saepe expugnaverunt me»,
 ecc., applicandolo l'autore a se stesso.
  1      Spesso m'han combattuto, io dico ancora,
  2 fin dalla giovanezza; ahi, troppo spesso!
  3 Ma d'espugnarmi non fu lor concesso,
  4 ch'è Dio che mi sostiene e mi rincuora.
  5     Sopra le spalle mie, quasi ad ogn'ora,
  6 fabricando processo con processo,
  7 han prolungato il lor maligno eccesso;
  8 ma la spada del Ciel per me lavora.
  9     Vicino è 'l dì, che le cervici altiere
 10 e i colli torti e le lingue bugiarde
 11 farà pasto di tigri, orsi e pantere:
 12     qual fièn de' tetti, ch'in nascendo s'arde
 13 pria che si colga e maledetto père,
 14 son verso Dio le tirannie più tarde.
105
  Sonetto in lode di carcerati e tormentati
 per difesa dell'innocenza.
  1      Veggio spirti rivolti al Creatore
  2 schernir tormenti e morte, del tiranno
  3 armi sovrane, e scherzar con l'affanno,
  4 onta e dispetto del moresco core.
  5     Di libertà e ragion tanto è l'ardore,
  6 che dolcezza il dolor, ricchezza il danno,
  7 seguendo l'orme di color che sanno,
  8 stimano, armati di gloria ed onore.
  9     Rinaldi, il primo, sei notti e sei giorni
 10 vince i tormenti antichi e i nuovi sprezza,
 11 onde Calavria se ne fregi ed orni.
 12     Fan doi germani all'orrida fierezza
 13 del mostro di Granata gravi scorni,
 14 esempio agli altri d'invitta fortezza.

106
  Madrigale in lode di Maurizio Rinaldi.
  1      Generoso Rinaldi,
  2 vera stirpe del sir di Monte Albano,
  3 ristorasti l'onor di tutto 'l Regno;
  4 e di Giudei ribaldi
  5 mettesti a terra il consiglio profano
  6 e l'orgoglio moresco e 'l fiero sdegno.
  7 Rendesti al Re di fideltate il pegno,
  8 soffrendo tricent'ore
  9 con magnanimo core
 10 tormenti inusitati, solo e ignudo,
 11 se non che Dio di onor ti fece un scudo.

107
  Madrigale di palinodia.
  1      Vilissimo Rinaldi,
  2 vera stirpe di Cacco, empio, inumano,
  3 vituperasti tutto quanto il Regno;
  4 e di Giudei ribaldi
  5 mettesti in alto il consiglio profano
  6 e l'orgoglio moresco e l'alto sdegno.
  7 Rendesti al Re d'infideltate il pegno,
  8 negando con vil core
  9 l'onor di tricent'ore;
 10 mostrasti ch'eri di virtude ignudo;
 11 ma vil timor di morte ti fu scudo.

108
  Sonetto fatto sopra li segni, con suoi appendici.
  1      Toglie i dì sacri il Tebro e calca Roma,
  2 Lombardia il Po. Più volte il sol s'oscura.
  3 Scorpion e Tauro cangiano figura.
  4 Stelle son viste con l'accesa chioma.
  5     Dell'una e l'altra Sicilia gran soma
  6 l'Inferno inghiotte. Ogni erba fresca e dura
  7 ràdeno i bruchi. Mostra la natura
  8 novelli mondi e la barbarie doma.
  9     La giustizia si compra e 'l Verbo santo
 10 sotto favole e scisme ognor si vende.
 11 Il premio a' buoni usurpa il ricco manto.
 12     Non c'è profeta: è anciso, ove s'intende.
 13 Ben diecemila miglia dal suo canto
 14 Febo calato a terra si comprende.
 15     A poco a poco rende
 16 sua vita il mondo al primo Creatore;
 17 viene il giorno fatale al malfattore;

109
  Sonetto contro don Aloise Sciarava,
  avvocato fiscale in Calavria.
  1      Campanella d'eretici e rubelli
  2 capo in Calavria mai non s'è trovato;
  3 ma l'infamaron, per raggion di Stato,
  4 Ruffi, Garaffi, Morani e Spinelli;
  5     ma tutti Giudi e tutti Achitofelli
  6 Sciarava granatese ha superato,
  7 giudice, parte e testimonio entrato,
  8 e boia più crudel. Ché, disser elli,
  9     nato d'uom moro e femina marrana
 10 (descendenti dal perfido ebraismo,
 11 venuti a forza alla fede cristiana),
 12     scommunicato e puzza d'ateismo
 13 mostro, ignorante, senza mente umana.
 14 Quinci Carlo potea far sillogismo.

110
  Sonetto contro Aloise Sciarava.
  1      Mentre l'albergo mio non vede esangue
  2 e gli spirti poggiar tremanti al cielo,
  3 l'empio mostro, che, sotto a finto zelo,
  4 la sua grandezza cerca nel mio sangue,
  5     di rabbia scoppia, si spaventa e langue;
  6 muta sembiante il suo volpino pelo;
  7 va a torno, informa, accusa e cangia stelo,
  8 come aggirato vien dal perfido angue.
  9     Dio par che dorma, e 'l suo bianco campione
 10 da falsi testimoni oppresso giaccia,
 11 che vendono il suo mal per devozione.
 12     Deh, Signor forte, in me volgi tua faccia,
 13 da' autorità più espressa al mio sermone,
 14 ond'i ministri di Satàn disfaccia.

111
  Sonetto in lode di Spagnuoli.
  1      Sciarava m'incitò ch'io maledica
  2 il governo e l'eserciti di Spagna.
  3 - Meglio è - diss'io - che muto mi rimagna
  4 che ciò, Dio non volendo, faccia o dica. -
  5     O figli di Iafet, o gente amica
  6 all'altissimo Sir, possente e magna
  7 d'armi e consiglio in mar e alla campagna,
  8 Dio mi comanda ch'io vi benedica.
  9     Di Sem nei padiglion tenendo il campo,
 10 i figlioli di Cam ti serviranno:
 11 non ti capen doi mondi; il terzo nasce.
 12     S'a quello interno lume, ond'io m'avampo,
 13 gli aquilin d'Austria fissi guarderanno,
 14 del sol, com'hanno il giro, aràn le fasce.

112
  Sonetto di rinfacciamento a Musuraca.
  1      Temendo il tuo signor possente e forte
  2 dici che mi tradisti, o Musuraca:
  3 scusa, che solo i parasiti placa
  4 della fortuna nell'ingiusta corte.
  5     Ma perché pria le vesti mi trasporte?
  6 perché in legarmi il tuo stuolo s'indraca?
  7 perché tua industria alla mia morte vaca?
  8 perché sul capo mio giochi a la sorte?
  9     La vita, che dovevi al padre mio,
 10 così la rendi, sconoscente, ingrato?
 11 Ben ti castigarà l'infamia e Dio.
 12     Ahimè! che, a tempo d'infelice stato,
 13 resta di amico, di giusto e di pio
 14 solo il nome, in coverta del peccato.
                            


  (57-84)                    135-140

Edizione HTML a cura di:mail@debibliotheca.com

Ultimo Aggiornamento: 
13/07/05 22:41