Poesie Di: TOMMASO CAMPANELLA (57-84) |
57 |
La congiunzione magna cade nella revoluzione della natività di Cristo. |
1 Del spazio immenso a siti originali 2 del ciel stellato i cardini congiunti 3 (donde or per molti gradi son disgiunti) 4 eran di Cristo nelle ore natali; 5 mutava l'anno e i secoli mortali 6 Febo, di Capricorno ne' due punti, 7 dov'ora il veggo; e, nel primo raggiunti 8 trigono, i lumi erranti principali 9 in mobil segni han l'assidi; e 'n consiglio 10 seco han Mercurio; e presto vien più grande 11 a lor poi Marte a ponere scompiglio. 12 Ecco ceder le sètte empie e nefande 13 al Primo Senno; e, s'io fuor di periglio 14 sarò, predicherò cose ammirande. |
58 |
Sonetto cavato dall'«Apocalisse» e santa Brigida. |
1 Molti secoli son, che l'uman germe, 2 vinto dal rio costume, al mondo diede 3 genti doppie di sesso e doppia fede, 4 pronti agl'inganni, alle virtuti inferme. 5 In mezzo a tanti mali io per vederme, 6 stavo piangendo, ed ecco che s'avvede 7 Europa in parte, dove men possiede 8 ambo gli porti di lussuria il verme. 9 Quel che aspettavan tutti vati insieme, 10 veggo più venti correre a vendetta 11 contra la belva onde natura geme. 12 Un destrier bianco il suo cammino affretta, 13 di nostra redenzion verace speme: 14 l'adultera il destin, temendo, aspetta. |
59 |
Sopra la statua di Daniele. |
1 Babel disfatta, che fu l'aurea testa, 2 venne l'argenteo petto, Persia; a cui 3 ventre e cosce di rame siete vui, 4 Macedoni; a cui Roma ultima resta. 5 Fûr due gambe di ferro note in questa; 6 ma le dita han di terra i piedi sui, 7 significando i regni or sparti e bui, 8 di chi fu schiava, ed or donna funesta. 9 Ahi, terra arsiccia, donde sempre fuma 10 vanagloria, superbia e crudeltate, 11 che infetta, acceca, annegrica e consuma! 12 Ma voi la Bibbia e Daniel negate 13 per schifar questo: ch'è vostra costuma 14 coprirvi di menzogna e falsitate. |
60 |
Al carcere. |
1 Come va al centro ogni cosa pesante 2 dalla circonferenza, e come ancora 3 in bocca al mostro che poi la devora, 4 donnola incorre timente e scherzante; 5 così di gran scienza ognuno amante, 6 che audace passa dalla morta gora 7 al mar del vero, di cui s'innamora, 8 nel nostro ospizio alfin ferma le piante. 9 Ch'altri l'appella antro di Polifemo 10 palazzo altri d'Atlante, e chi di Creta 11 il laberinto, e chi l'Inferno estremo 12 (ché qui non val favor, saper, né pièta), 13 io ti so dir; del resto, tutto tremo, 14 ch'è ròcca sacra a tirannia segreta. |
61 |
Di se stesso. |
1 Sciolto e legato, accompagnato e solo, 2 gridando, cheto, il fiero stuol confondo: 3 folle all'occhio mortal del basso mondo, 4 saggio al Senno divin dell'alto polo. 5 Con vanni in terra oppressi al Ciel men volo, 6 in mesta carne d'animo giocondo; 7 e, se talor m'abbassa il grave pondo, 8 l'ale pur m'alzan sopra il duro suolo. 9 La dubbia guerra fa le virtù c¢nte. 10 Breve è verso l'eterno ogn'altro tempo, 11 e nulla è più leggier ch'un grato peso. 12 Porto dell'amor mio l'imago in fronte, 13 sicuro d'arrivar lieto, per tempo, 14 ove io senza parlar sia sempre inteso. |
62 |
Di se stesso, quando, ecc. |
1 D'Italia in Grecia ed in Libia scorse, 2 bramando libertà, Catone il giusto; 3 né potendo saziarsene a suo gusto, 4 sino alla morte volontaria corse. 5 E 'l sagace Annibàl, quando s'accorse 6 che schifar non potea l'imperio augusto, 7 l'anima col velen svelse dal busto. 8 Onde anche Cleopatra il serpe morse. 9 Fece il medesmo un santo Maccabeo; 10 Bruto e Solon furor finto coperse, 11 e Davide, temendo il re geteo. 12 Però, là dove Iona si sommerse 13 trovandosi, l'Astratto, quel che feo 14 al santo Senno in sacrificio offerse. |
63 |
A certi amici uficiali e baroni, che, per troppo sapere, o di poco governo o di fellonia l'inculpavano. |
1 Non è brutto il demòn quanto si pinge: 2 sta ben con tutti, a tutti, cortesia: 3 la più sentenza eroica è la più pia: 4 un piccol vero gran favola cinge. 5 Il paiuol della pentola più tinge; 6 nera chiamarla dunque non dovria. 7 Libertà bramo, e chi non la desia? 8 ma il viver sporca chi per viver finge. 9 - Chi si governa mal, spesso si duole. - 10 Se pur lo dite a me, ditelo a tanti 11 gran profeti e filosofi ed a Cristo. 12 Né il saper troppo, come alcun dir suole, 13 ma il poco senno degli assai ignoranti 14 fa noi meschini e tutto il mondo tristo. |
64 |
A consimili. |
1 Ben seimila anni in tutto 'l mondo io vissi: 2 fede ne fan l'istorie delle genti, 3 ch'io manifesto agli uomini presenti 4 co' libri filosofici ch'io scrissi. 5 E tu, marmeggio visto ch'io mi ecclissi, 6 ch'io non sapessi vivere argomenti, 7 o ch'io fossi empio; e perché il sol non tenti, 8 se del Fato non puoi gli immensi abissi? 9 Se a' lupi i savi, che 'l mondo riprende, 10 fosser d'accordo, e' tutto bestia fôra; 11 ma perché, uccisi, s'empi eran, gli onora? 12 Se 'l quaglio si disfà, gran massa apprende; 13 e 'l fuoco, più soffiato, più s'accende, 14 poi vola in alto e di stelle s'infiora. |
65 |
Orazione a Dio. |
1 Tu, che, forza ed amor mischiando, reggi 2 e muovi gli enti simili e diversi 3 ordinati a quel fine, ond'io scoversi 4 il Fato, l'armonia di tutte leggi; 5 s'è ver che i prieghi di cosa correggi 6 non decretata negli eterni versi, 7 ma solo i tempi prosperi e perversi 8 d'affrettar o tardar ne privileggi; 9 così prego io, che tant'anni mi truovo 10 di sciocchi e d'empi favola e bersaglio, 11 e nuove ingiurie e pene ognora pruovo: 12 allevia, abbrevia, Dio, tanti travagli; 13 ché tu pur non farai consiglio nuovo, 14 se a libertà antevista quinci saglio. |
66 |
A Dio. |
1 Come vuoi ch'a buon porto io mi conduca, 2 se de' compagni dati io veggio a prova 3 altri infedeli, e chi fede ha, si trova 4 che senno in lui pochissimo riluca? 5 e 'l fido e saggio, come lepre in buca, 6 timor nasconde, o fugge, e non mi giova; 7 e, se l'audacia in tal virtù si cova, 8 cattività ed inopia le manuca? 9 L'onor tuo, l'util mio, la ragion sprezza 10 vaneggiante l'aiuto, che m'invii, 11 per cui m'annunzi libertà e grandezza. 12 Credo e farò, se gli empi vuoi far pii: 13 ma vorrei, per alzarmi a tanta altezza, 14 ch'io m'intuassi, come tutt'immii. |
67 |
Ad Annibale Caracciolo, detto Niblo, scrittor d'egloche. |
1 Non Licida, né Driope, né Licòri 2 pôn mai, Niblo gentil, farti immortale, 3 se d'amor infinito oggetto eguale 4 l'ombre non son, né gli cadenti fiori. 5 La bellezza, che in altri ammiri e adori, 6 nell'anima tua diva più prevale; 7 per cui lo Spirto mio spiega anche l'ale 8 verso le note degli eterni ardori. 9 Illustra dunque quel che 'n te risplende 10 con l'amor di virtù che mai non manca, 11 e laudi immense da Dio solo attende. 12 Di far conto con gli uomini omai stanca 13 l'anima mia, la tua richiama, e rende 14 alla scuola di Dio con carta bianca. |
68 |
Al Telesio cosentino. |
1 Telesio, il telo della tua faretra 2 uccide de' sofisti in mezzo al campo 3 degli ingegni il tiranno senza scampo; 4 libertà, dolce alla verità, impetra. 5 Cantan le glorie tue con nobil cetra 6 il Bombino e 'l Montan nel brettio campo: 7 e 'l Cavalcante tuo, possente lampo, 8 le ròcche del nemico ancora spetra. 9 Il buon Gaieta la gran donna adorna 10 con diafane vesti risplendenti, 11 onde a bellezza natural ritorna; 12 della mia squilla per li nuovi accenti, 13 nel tempio universal ella soggiorna: 14 profetizza il principio e 'l fin degli enti. |
69 |
A Ridolfo di Bina. |
1 Senno ed Amor, innanzi a primavera 2 degli anni tuoi, t'han dato, o Bina, l'ale 3 a volar con Adam, guida fatale, 4 per molti spazi della nostra sfera. 5 Così s'arriva alla virtute intiera, 6 virtù ch'a voi dà gloria, e morte al male: 7 mal, che gran tempo te, Germania, assale: 8 Germania, che de' suoi figli dispera. 9 Ma in te grazie divine, eroica prole, 10 leggendo il cielo, scorge il senno mio; 11 deh! lascia al volgo errante ciance e fole. 12 Tu, con animo ardente, altiero e pio, 13 bandisci guerra alle falsarie scuole, 14 ch'io vincitor ti veggo, e veggo in Dio. |
70 |
A Tobia Adami filosofo. |
1 Portando in man la cinica lucerna, 2 scorri, Tobia, l'Europa, Asia ed Egitto; 3 finché i piedi d'Ausonia in luogo hai fitto, 4 dov'io, nascosto in ciclopea caverna, 5 fatal brando a te tempro in luce eterna 6 contra Abaddon, ch'oscura il vero e 'l dritto, 7 di quanto in nostra scuola già s'è scritto 8 a gloria di chi noi fece e governa. 9 Contra sofisti, ipocriti e tiranni 10 d'armi del Primo Senno ornato vai 11 la patria a liberar di tanti inganni. 12 Mal, se torci; gran ben, s'indrizzerai 13 virtute, diligenza, ingegno ed anni 14 verso l'aurora degli eterni rai. |
71 |
Sonetto nel Caucaso. |
1 Temo che per morir non si migliora 2 lo stato uman; per questo io non m'uccido: 3 ché tanto è ampio di miserie il nido 4 che, per lungo mutar, non si va fuora. 5 I guai cangiando, spesso si peggiora, 6 perch'ogni spiaggia è come il nostro lido; 7 per tutto è senso, ed io il presente grido 8 potrei obbliar, com'ho mill'altri ancora. 9 Ma chi sa quel che di me fia, se tace 10 Omnipotente? e s'io non so se guerra 11 ebbi quand'era altro ente, ovvero pace? 12 Filippo in peggior carcere mi serra 13 or che l'altrieri; e senza Dio nol face. 14 Stiamci come Dio vuol, poiché non erra. |
72 |
Lamentevole orazione profetale dal profondo della fossa dove stava incarcerato. |
1 A te tocca, o Signore, 2 se invan non m'hai creato, 3 d'esser mio salvatore. 4 Per questo notte e giorno 5 a te lagrimo e grido. 6 Quando ti parrà ben ch'io sia ascoltato? 7 Più parlar non mi fido, 8 ché i ferri, c'ho d'intorno 9 ridonsi e fanmi scorno 10 del mio invano pregare, 11 degli occhi secchi e del rauco esclamare. 12 Questa dolente vita, 13 peggior di mille morti, 14 tant'anni è sepelita, 15 che al numero io mi trovo 16 delle perdute genti, 17 qual, senza aiuto, uom libero, tra morti, 18 di morte e non di stenti: 19 a' quali il mio composto 20 sol vive sottoposto, 21 nel centro ad ogni pondo 22 di tutte le rovine, ahimè, del mondo. 23 Gli uccisi in sepoltura, 24 dati da te in oblio, 25 de' quai non hai più cura, 26 de' sotterranei laghi 27 nell'infimo rinchiuso 28 di morte fra le tenebre sembro io. 29 Qui un mar di guai confuso, 30 pien di mostri e di draghi, 31 ........................... 32 sopra di me si aduna, 33 e 'l tuo furor spirando aspra fortuna. 34 Dagli amici disgiunto 35 sono, e opprobrio al mio sangue, 36 di scorni e d'orror punto, 37 che fiutar non mi vuole 38 né potrebbe, volendo, 39 me abbominato qual pestifero angue; 40 e 'l tradimento orrendo 41 lor fai apparir sole 42 verso cotanta mole 43 di paure e di affanni, 44 perch'io mendìco sol qui pianga gli anni. 45 Signor, a cui son figlie 46 le pietose preghiere, 47 le tue gran maraviglie 48 e grazie in me non mostri; 49 faraile a' morti note? 50 o il fisico a cantar tue glorie altere 51 risuscitar gli puote? 52 o fia ne' ciechi chiostri, 53 chi narri gli onor vostri? 54 o qui al buio alcun scerne, 55 tra obblio e perdizion, tue pruove eterne? 56 Quinci io pur sempre esclamo, 57 sera e dì ti prevengo: 58 - Libertà, Signor, bramo - 59 e tu pur non m'ascolti, 60 ma volgi gli occhi altrove. 61 Povero io nacqui, e di miserie vengo 62 nutrito in mille prove; 63 poscia, tra i saggi e stolti 64 alzato, mi trasvolti 65 con terribil prestezza 66 nella più spaventevole bassezza. 67 Sopra me si mostrâro 68 tutti gli sdegni tuoi, 69 tutti mi circondâro, 70 come acqua tutti insieme; 71 ahi come stansi fermi! 72 né che m'aiuti alcun permetter vuoi. 73 ...................... 74 La gente del mio seme 75 m'allontanasti, e preme 76 duro carcer gli amici; 77 altri raminghi vanno ed infelici. 78 Va', amaro lamento, 79 tratto di salmodia, 80 ch'è d'altri profezia, 81 ma di me troppo assai vero argomento. 82 Vanne allo Spirto Santo, 83 di cui se' parto santo: 84 forse avrà per sua figlia alcun contento, 85 che non merta il mio accento. |
73 |
Orazioni tre in salmodia metafisicale congiunte insieme. |
Canzone prima |
1 Omnipotente Dio, benché del Fato 2 invittissima legge e lunga pruova 3 d'esser non sol mie' prieghi invano sparsi, 4 ma al contrario esauditi, mi rimuova 5 dal tuo cospetto, io pur torno ostinato, 6 tutti gli altri rimedi avendo scarsi. 7 Che s'altro Dio potesse pur trovarsi, 8 io certo per aiuto a quel n'andrei. 9 Né mi si potria dir mai ch'io fosse empio, 10 se da te, che mi scacci in tanto scempio, 11 a chi m'invita mi rivolgerei. 12 Deh, Signor, io vaneggio; aita, aita! 13 pria che del Senno il tempio 14 divenga di stoltizia una meschita. 15 Ben so che non si trovano parole 16 che muover possan te a benivolenza 17 di chi ab aeterno amar non destinasti; 18 ché 'l tuo consiglio non ha penitenza, 19 né può eloquenza di mondane scuole 20 piegarti a compassion, se decretasti 21 che 'l mio composto si disfaccia e guasti 22 fra miserie cotante ch'io patisco. 23 E se sa tutto 'l mondo il mio martoro, 24 il ciel, la terra e tutti i figli loro, 25 perché a te, che lo fai, l'istoria ordisco? 26 E s'ogni mutamento è qualche morte, 27 tu, Dio immortal, ch'io adoro, 28 come ti muterai a cangiar mia sorte? 29 Io pur ritorno a dimandar mercede, 30 dove il bisogno e 'l gran dolor mi caccia. 31 Ma non ho tal retorica né voce, 32 ch'a tanto tribunal poi si confaccia. 33 Né poca carità, né poca fede, 34 né la poca speranza è che mi nuoce. 35 E se, com'altri insegna, pena atroce, 36 che l'anima pulisca e renda degna 37 della tua grazia, si ritrova al mondo, 38 non han l'Alpe cristallo così mondo, 39 ch'alla mia puritade si convegna. 40 Cinquanta prigioni, sette tormenti 41 passai, e pur son nel fondo; 42 e dodici anni d'ingiurie e di stenti. 43 Stavamo tutti al buio. Altri sopiti 44 d'ignoranza nel sonno; e i sonatori 45 pagati raddolcîro il sonno infame. 46 Altri vegghianti rapivan gli onori, 47 la robba, il sangue, o si facean mariti 48 d'ogni sesso, e schernian le genti grame. 49 Io accesi un lume: ecco, qual d'api esciame, 50 scoverti, la fautrice tolta notte 51 sopra me a vendicar ladri e gelosi, 52 e que' le paghe, e i brutti sonnacchiosi 53 del bestial sonno le gioie interrotte: 54 le pecore co' lupi fûr d'accordo 55 contra i can valorosi; 56 poi restâr preda di lor ventre ingordo. 57 Deh! gran Pastor, il tuo can, la tua lampa, 58 da' lupi omai difende e da' ladroni. 59 Fa noto il tutto all'ignorante gregge; 60 ché se mia luce e voce, pur tuoi doni, 61 lasci spacciare per peccato in stampa, 62 più dannato fia il sole e la tua legge. 63 Ma, s'altra colpa è pur che mi corregge, 64 sai che non può volarsi senza penne 65 della tua grazia; né, senza, io le merto. 66 Pur sempr'ho l'occhio al tuo splendor aperto; 67 che fallo è il mio, se dentro egli non venne? 68 Ma sciogli Bocca, e fai tuo messaggero 69 Gilardo; e con qual merto? 70 Màncati la ragion forse o l'impero? 71 Parlo teco, Signor, che mi comprendi, 72 e dell'accuse altrui poco mi cale. 73 Io ben confesso che del mondo hai cura 74 e ch'a nulla Sua parte vogli male; 75 quantunque, a ben del tutto che più intendi, 76 senza annullarle, le muti a misura: 77 in che consiste proprio la natura; 78 e tal mutanza male e morte noi 79 di qualità o di essenza sogliam dire, 80 ch'è del tutto alma vita e bel gioire, 81 bench'alle parti tanto par ch'annoi. 82 Così del corpo mio più morti e vite 83 veggo andare e venire, 84 di parti a ben del tutto in vita unite. 85 Il mondo, dunque, non ha male; ed io 86 di mali innumerabili sto oppresso 87 per letizia del tutto e d'altre parti. 88 Ma, se alle particelle hai pur concesso 89 d'invocar chi l'aiuta «proprio Dio», 90 ché a tutti gli enti il tuo valor comparti 91 e le mutanze lor con segrete arti 92 addolcisci, amoroso temperando 93 Necessitate, Fato ed Armonia, 94 Possanza, Senno, Amor per ogni via; 95 m'è avviso, ch'a pregarti ritornando, 96 truovi rimedio alcun, che rallentarmi 97 possa la pena ria, 98 o 'l dolce crudo amor di vita trarmi. 99 Cosa il mondo non ha che non si muti, 100 né che del suo mutarsi non si doglia, 101 né che del suo dolersi Dio non preghi. 102 Fra' quali molti son cui avvenir soglia, 103 che, come tu ab aeterno vuoi, l'aiuti; 104 e molti ancora, a cui l'aiuto neghi. 105 Come dunque io saprò per cui ti pieghi, 106 s'io presente non fui al consiglio antico? 107 Argomento verace alfin m'addita 108 che quella orazion sia esaudita, 109 che con ragione e puramente io dico. 110 Così spesso, non sempre, nel tuo volto 111 sentenza è diffinita, 112 che 'l campo frutti ben, s'egli è ben c¢lto. 113 Del mio contrito e ben arato suolo 114 la coltura mi reca gran speranza, 115 ma più lo sol del Senno che 'l feconda, 116 che molte stelle forse sopravanza, 117 esser predestinato sopra il polo, 118 che la preghiera mia non si confonda, 119 e ch'abbia il fine, a cui di mezzi abbonda 120 pur da te infusi e previsti ab aeterno. 121 Con condizion pregò Cristo, sapendo 122 che schivar non potea il calice orrendo. 123 E l'angel suo rispose: al gran governo 124 convenir ch'egli muoia. Io senza prego, 125 risposta ricevendo 126 dal mio diversa, che sovente allego. 127 Canzon, di' al mio Signor: - Chi per te giace 128 tormentato in catena intra una fossa, 129 dimanda come possa 130 volar senza ale. O manda, o tu insegna 131 come la ruota fatale è ben mossa, 132 e se si truova in Ciel lingua mendace. - 133 Ma parrai troppo audace, 134 senza l'altra, ch'or teco uscir disegna. |
74 |
Canzone seconda della medesima salmodia. |
1 Se ha' destinato ch'io ben sparga il seme, 2 avrai forse voluto che ben mieta: 3 perché dunque si tarda il giusto fine? 4 Perché le stelle fai e più d'un profeta, 5 i tuo' doni e sc‹enze vani insieme? 6 Perché le forze e le voglie divine 7 il nemico schernisce? e le rovine, 8 ch'a lui si converrian, a me rivolve? 9 Perché tra 'l Fato un'animata terra 10 bestemmia e nega Dio, s'egli non erra, 11 e me che t'amo in tante pene involve? 12 Quando ignorai e negai, molto impetrai 13 con chi il tuo nome atterra; 14 or ch'io t'adoro, vo traendo guai. 15 Se tu già m'esaudisti peccatore, 16 perch'or non m'esaudisci penitente? 17 Perch'a Bocca, il tuo Nume dispregiante, 18 le porte apristi, e me lasci dolente 19 preda al nemico e riso al traditore? 20 Così m'hai dato il corridor volante? 21 Ogni tiranno è contra i tuoi costante, 22 e 'n ben trattar chi a' suo' piaceri applaude; 23 e tu gli amici tuoi sempre più aggravi, 24 e nel lor sangue l'altrui colpe lavi. 25 Che maraviglia se cresce la fraude 26 moltiplicano i vizi e le peccata? 27 Ché, ad onta nostra, i pravi 28 si vantan, che dài lor vita beata. 29 Io con gli amici pur sempre ti scuso 30 ch'altro secolo in premio a' tuoi riserbi; 31 e che i malvagi in sé sieno infelici, 32 sempre affliggendo gli animi superbi 33 sdegno, ignoranza e sospetto rinchiuso; 34 e che di lor fortune traditrici 35 traboccan sempre al fine. Ma gli amici, 36 se, quelli dentro e noi di fuor, siamo 37 tutti meschini, chieggon la cagione, 38 che fa nel nostro mal tue voglie buone; 39 che se gli altri enti e noi, figli d'Adamo, 40 doveamo trasmutarci a ben del tutto 41 di magione in magione, 42 perché non fai tal muta senza lutto? 43 Senza lutto se fosse, senza senso 44 sarian le cose e senza godimento, 45 né l'un contrario l'altro sentirebbe, 46 né ci sarìa tra lor combattimento, 47 né generazione, e 'l caos immenso 48 la bella distinzione assorbirebbe. 49 E pur nel punto che mutar si debbe 50 la cosa, uopo è che senta, perch'all'altra 51 resista e faccia ch'ella si muti anco, 52 secondo il Fato vuol, né più né manco, 53 chi regge il mondo. Or qui tuo Senno scaltra. 54 Io, teco disputando, vinto e lasso 55 cancello, e metto in bianco 56 le mie ragioni; in altro conto passo. 57 Solevo io dir fra me dubbiando: - Come 58 d'erbe e di bruti uccisi per mia cena 59 non curo il mal, né a' supplicanti vermi 60 dentro a me nati do favor, ma pena; 61 anzi il sol padre e terra madre il nome 62 struggon de' figli e i lor composti infermi; 63 così Dio non sol pare che s'affermi 64 che del mal nostro pietade nol punga, 65 ma ch'egli sembri il tutto; onde ne goda 66 trarci di vita in vita, con sua loda 67 che fuor del cerchio suo mai non si giunga. - 68 O pur, che in Dio fosse divario dolce, 69 dissi ragion men soda, 70 come in Vertunno è, che 'l nostro soffolce. 71 Or ti rendo, Signor, fermezza intègra: 72 ché i prieghi e 'l variar d'ogni ente fue 73 da te antevisto, e non ti è un iota nuovo, 74 ch'un tuo primo voler possa or far due. 75 D'essere e di non essere s'intègra: 76 per l'un la fermo, per l'altro la muovo; 77 che da te sia, da sé non sia, la truovo; 78 per sé si muta, e per te non s'annulla 79 la creatura; e stassi, te imitando; 80 e mutasi, tua idea rappresentando, 81 ché in infinite fogge la trastulla, 82 per non poterla tutta in un mostrare; 83 infinità mancando 84 a questa, nel cui male il tuo ben pare. 85 Le colpe di natura (ancor dichiaro), 86 in cui si fondan l'altre del costume, 87 per la continoa guerra, ch'indi avviene 88 che l'un l'altro non è, non dal tuo Nume, 89 ma dal niente origine pigliâro. 90 Né toglier la discordia a te conviene, 91 né far che l'un sia l'altro, perché 'l bene 92 di tanti cangiamenti sarìa spento, 93 né la tua gloria nota in tante forme 94 gioiose mentre stanno a te conforme, 95 dogliose mentre vanno al mutamento, 96 dove il niente le chiama. Ond'io veggio 97 che il tuo Senno non dorme; 98 ma io, in niente assorbito, vaneggio. 99 Sì come il ferro, di natura impuro, 100 sempre s'arruggia e 'l fabbro invita all'opra, 101 così le cose, dal niente nate, 102 tornan sempre al niente; e Dio sta sopra, 103 ché non s'annullin, ma di quel che fûro 104 in altro essere e vita sien recate. 105 S'e' fregia nostra colpa e nullitate, 106 Dio ringraziar debbiam, non lamentarci; 107 ed io, vie più che gli altri, che son meno, 108 onde di guai mi truovo sempre pieno. 109 Ma, se de' pannilini i vecchi squarci 110 carta facciam, che noi di morte rape 111 d'eternitade al seno, 112 che fia di me, se Dio di noi più sape? 113 - Ma perché più degli altri io fui soggetto 114 alle doglienze della vita nostra? 115 - Ché in questa o in altra aspetti miglior sorte, 116 e in quelli forza e in te saper Dio mostra. 117 - Ma perché l'una e l'altro io non ho stretto? 118 - Ché se' parte e non tutto. - E perché forte 119 fu e savio chi a Golia donò la morte? 120 - Quel ch'era in lui, in te non è or bisogno. 121 - Perché così? - Ché l'ordine fatale 122 ottimo il volle, che Dio fece tale. 123 Miser, so men quanto saper più agogno! 124 Miserere di me, Signor, se puoi 125 far corto e lieve il male, 126 senza guastar gli alti consigli tuoi! 127 Canzon, di' al mio Signor, ch'io ben conosco 128 ch'ogni cosa esser puote 129 migliore a sé, ma non all'universo; 130 ch'e' già sarìa disperso, 131 se uguali al sol fussero l'altre ruote 132 del mio desir non vòte. 133 Ma più ho da dirli. Aspetta 134 la tua terza sorella, che non tarda; 135 sarai in mezzo eletta 136 e più a grazia impetrar forse gagliarda. |
75 |
Canzone terza della medesima salmodia. |
1 Vengo a te, potentissimo Signore, 2 sapientissimo Dio, 3 amorosissimo Ente Primo ed Uno: 4 miserere del nostro antico errore; 5 cessi omai l'uso rio; 6 non sia più l'uno all'altro uomo importuno; 7 tornin, dove io gli aduno, 8 alla Prima Ragion tua; donde errando, 9 siamo trascorsi a diverse menzogne, 10 talché ognun par ch'agogne 11 farsi degli altri dio, gli occhi abbagliando 12 al popol miserando, 13 già di cieca paura 14 sforzato a perseguir chi ben gli adduce; 15 ond'io sto in sepoltura, 16 perché lor predicai la prima luce. 17 Per l'Unità ti priego viva e vera, 18 per cui disfarsi stimo 19 la discordia, la morte e l'empio inganno; 20 per la Possanza universal primera, 21 e per lo Senno primo 22 e per lo primo Amor, ch'un ente fanno: 23 togliene omai quel danno, 24 che da valor, da senno e d'amor finti, 25 tirannide, sofismi, ipocrisia, 26 spande pur tuttavia; 27 che l'alme e i corpi a pugna cieca ha spinti 28 fra lacci e laberinti, 29 ove par che sia meglio 30 non veder l'uscio a chi forza non have; 31 e me n'hai fatto speglio, 32 quando senz'arme m'hai dato la chiave. 33 Per le medesme eminenze ch'io soglio 34 dir di se stesse oggetti, 35 essenza, verità e bontade insieme, 36 ti prego, s'io di maschere le spoglio, 37 quella colpa rimetti, 38 che tôrre i falsi dèi dall'uman seme 39 vantansi, e più ci preme. 40 Chi vide ch'unquanco in terra si faccia 41 il tuo voler, sì come si fa in Cielo? 42 chi d'ignoranza il velo, 43 chi il giogo sotto gli empi, che n'allaccia, 44 in fatti rompe o straccia? 45 Sol libertà può farci 46 forti, sagaci e lieti. E 'l suo contrario 47 valere a consumarci 48 di sei milia anni mostra il gran divario. 49 Poi ti prego, ti supplico e scongiuro 50 per l'influenze magne, 51 Necessità, Fato, Armonia, che 'l regno 52 dell'universo mantengon sicuro, 53 tue figlie, non compagne; 54 per lo spazio, ch'è base al tuo disegno; 55 per la mole all'ingegno, 56 pel caldo e per lo freddo, d'elementi 57 gran fabbri, e per lo cielo e per la terra, 58 pe' frutti di lor guerra; 59 pel tempo e per le statue tue viventi, 60 stelle, uomini ed armenti 61 per tutte l'altre cose; 62 per Cristo, Senno tuo, Prima Ragione, 63 che dalle sorti ascose 64 spezzi la crudel mia lunga prigione. 65 Se mi sciogli, io far scuola ti prometto 66 di tutte nazioni 67 a Dio liberator, verace e vivo, 68 s'a cotanto pensier non è disdetto 69 il fine a cui mi sproni; 70 gl'idoli abbatter, far di culto privo 71 ogni dio putativo 72 e chi di Dio si serve e a Dio non serve; 73 pôr di ragione il seggio e lo stendardo 74 contra il vizio codardo; 75 a libertà chiamar l'anime serve, 76 umiliar le proterve. 77 Né a' tetti, ch'avvilisce 78 fulmine o belva, dir canzon novelle, 79 per cui Siòn languisce. 80 Ma tempio farò il cielo, altar le stelle. 81 Deh! risorga a pietà l'Amor eterno, 82 e l'infinito Senno 83 proponga l'opra al gran Valor immenso, 84 che il duro scempio del mio lungo inferno 85 vede senza il mio cenno: 86 sei e sei anni, che 'n pena dispenso 87 l'afflizion d'ogni senso, 88 le membra sette volte tormentate, 89 le bestemmie e le favole de' sciocchi, 90 il sol negato agli occhi, 91 i nervi stratti, l'ossa scontinoate, 92 le polpe lacerate, 93 i guai dove mi corco, 94 li ferri, il sangue sparso, e 'l timor crudo, 95 e 'l cibo poco e sporco; 96 in speme degna di tua lancia e scudo. 97 Farsi scanni gli uman corpi a' giganti, 98 gli animi augei di gabbia, 99 bevanda il sangue, e di lor prave voglie 100 le carni oggetto, e le fatiche e i pianti 101 giuoco dell'empia rabbia, 102 maniche a' ferri usati a nostre doglie 103 l'ossa, e le cuoia spoglie; 104 de' nostri sensi, testimoni e spie 105 false contra noi stessi; e ch'ogni lingua 106 l'altrui virtute estingua, 107 e fregi i vizi lor con dicerie, 108 vedrai da queste arpie 109 più dal tuo tribunale. 110 Che pel tuo onor, mia angoscia se non basta, 111 ti muova il comun male, 112 a cui la providenza più sovrasta. 113 Se favor tanto a me non si dovea 114 per destino o per fallo, 115 sette monti, arti nuove e voglia ardente 116 perché m'hai dato a far la gran semblea, 117 e 'l primo albo cavallo, 118 con senno e pazienza tanta gente 119 vincere? Dunque, mente 120 tanto stuol di profeti che tu mandi? 121 ed ogn'anima santa, che già aspetta 122 veder la tua vendetta, 123 falsa sarà per gloria di nefandi? 124 Più prodigi e più grandi 125 il tuo Nume schernito, 126 qual muto idolo, agogna oggi, che quei 127 ch'i mostri han sovvertito 128 di Samaria, d'Egitto e di Caldei. 129 Tre canzon, nate a un parto 130 da questa mia settimontana testa, 131 al suon dolente di pensosa squilla, 132 ch'ostetrice sortilla, 133 ite al Signor, con facce e voce mesta 134 gridando miserere 135 del duol, che 'l vostro padre ange e funesta. 136 Né sia chi rieda a darmi altra novella 137 dal Rettor delle sfere 138 che 'l fin promesso dell'istoria bella 139 (sia stato falso o vero il messaggiere), 140 cantando: - Viva, viva Campanella! - |
76 |
Canzone prima del dispregio della morte. |
1 Anima mia, a che tanto disconforto? 2 forse temi perir tra immensi guai? 3 Tema il volgo. Tu sai 4 dirsi morir chi fuor del suo ben giace. 5 Se nulla in nulla si disfà giammai, 6 non può altronde, chi a sé pria non è morto, 7 morte patir o torto, 8 né temer guerra chi a se stesso ha pace. 9 Non ti muova argomento altro fallace. 10 Se nativa prigion te non legasse, 11 legar non ti potria l'empio tiranno, 12 ch'e' non può far tal danno 13 a' sciolti venti, agli angeli, alle stelle. 14 Solo a lui male i tuoi tormenti fanno, 15 ma a te ben, come se ti liberasse, 16 o ti risuscitasse, 17 chi da sepolcro o da prigion ti svelle; 18 ché l'uno e l'altro son l'umane celle. 19 Dentro il gran spazio, in cui lo mondo siede 20 tutto consperso di serena luce, 21 che 'l sommo Ente produce, 22 e di vive magion lucenti adorno, 23 dove han gli spirti repubblica e duce, 24 in libertà felice: sol si vede 25 nera la nostra sede. 26 Dunque, de' regni bianchi, ch'ella ha intorno, 27 fu a' peccatori esilio e rio soggiorno. 28 Il centro preme in sempiterna notte 29 sotto ogni pondo i più rubbelli; e 'l giro 30 or letizia, or martiro, 31 or tenebra ed or lume al mondo apporta, 32 che i proprii dal comun carcer sortîro; 33 né, quindi uscendo, in nulla son corrotte. 34 Ma chi scende alle grotte, 35 tornar non può, perché ivi al doppio è morta; 36 e chi va in alto, al carcer odio porta. 37 Se lo spirto corporeo, che 'l calore 38 ne' bruti e pur negli uomini ha produtto, 39 sempre esala al suo tutto, 40 né riede a noi, quantunque esca a dispetto, 41 ignorando ch'a gaudio va dal lutto: 42 vie più la mente, che di lui men muore 43 tornando al suo Fattore, 44 poi, saggia e sciolta, fugge il nostro tetto: 45 avviso che non erri al coro eletto. 46 E` tutto opaco il corpo che ti cinge, 47 e sol ha due forami trasparenti; 48 né in lor le cose senti, 49 ma sol le specie, e non qua' son, ché l'onda 50 le fa, il cristallo e 'l corno differenti, 51 che 'l lume che le porta àltera e tinge. 52 Né pur tuo specchio attinge 53 a veder l'aria sottil che 'l circonda, 54 né gli angeli, né cosa più gioconda. 55 Indebolite luci e moti e forze 56 delle cose, che batton la muraglia 57 del carcer che n'abbaglia, 58 sentiamo noi, non le possenti o dive; 59 perché sfarìan la nostra fragil maglia. 60 Né virtù occulta ammetton le sue scorze, 61 che per noi non si ammorze: 62 poche sembianze e di certezza prive 63 solo ha chi meglio tra noi parla e scrive. 64 Qual uomo a volo non vorria levarsi, 65 o più saltar a giugner? Ma nol lascia 66 questa di morti cascia. 67 Va col pensiero a più parti del mondo, 68 dove esser brama; ma la grossa fascia 69 non vuol che vada, né possa internarsi 70 [di tutte cose a infarsi]. 71 Dunque tien l'alma il tenebroso pondo, 72 l'allegrezza, i desiri e i sensi in fondo. 73 Di': come al buio hai tu distinto l'ossa? 74 i nervi soprasteso alle giunture? 75 tante varie testure 76 di vene, arterie e muscoli formasti, 77 le viscere, le fibre e legature? 78 come il bodel si piega, stringe e ingrossa? 79 come, di carne rossa 80 vestendo il tutto, la testa scarnasti? 81 come il caldo obbedia? come il frenasti? 82 Non mi risponder quel ch'impari altronde 83 e nell'anatomia, ché non è tuo 84 cotal saper, ma suo, 85 di chi t'avvisa: e pur t'inganni spesso, 86 come n'hai sperimenti più che duo. 87 Or, se [in] te ignori ciò che 'l corpo asconde 88 e in altri spii, risponde 89 non essere, a chi al buio sta, concesso 90 veder che fa, né il luogo, né se stesso. 91 Pur, se 'l vario nutrir t'ha fatto porre 92 la fabbrica in obblio, di' mo: in che modo 93 il nutrimento sodo 94 all'ossa tiri, ed a' nervi il viscoso, 95 ed agl'impuri vasi feccia e brodo? 96 Come odi, e vedi, e pensi, quando a scôrre 97 ten vai nell'alta torre? 98 Di': il respirar, e 'l polso stretto e ondoso 99 come dài al spirto, fatica e riposo? 100 Tu non sai quel che fai, ch'altri ti guida, 101 come al cieco chi vede apre 'l cammino. 102 Il tuo carcer sì fino 103 per tu' avviso e suo gioco il Sir compose. 104 Libera hai volontà sol, don divino, 105 per meritar, pigliando scorta fida, 106 no' Macon, Cinghi o Amida, 107 ma chi formò tua stanza e l'altre cose; 108 e perché prezzi il ben, tra guai ti pose. |
77 |
Canzone seconda del medesimo tema. |
1 Quante prende dolcezze e meraviglie 2 l'anima, uscendo dal gravante e cieco 3 nostro terreno speco! 4 Snella per tutto il mondo e lieta vola, 5 riconosce l'essenze, e vede seco 6 gli ordini santi e l'eroica famiglia, 7 che la guida e consiglia, 8 e come il Primo Amor tutti consola, 9 e quanti mila n'ha una stella sola. 10 Questo, ch'or temi di lasciar, albergo 11 tanto odierai, che, se: - Di ferro e vetro 12 per non sentir ferètro 13 né scurità né doglia, - Dio dicesse - 14 tel renderò, ed in lui torna; - a tal metro, 15 crucciata, del voler voltando il tergo: 16 - In pianto mi sommergo - 17 risponderesti; salvo se 'l rendesse 18 tutto celeste, qual Cristo s'elesse. 19 Mirando 'l mondo e le delizie sacre 20 e quanti onor a Dio fan gli almi spirti, 21 comincerai stupirti 22 come egli miri pur la nostra terra 23 picciola, nera, brutta e, più vo' dirti, 24 dove ha tante biastemme orrende ed acre, 25 che par che si dissacre; 26 dove sta l'odio, la morte e la guerra, 27 e l'ignoranza troppo più l'afferra. 28 Vedrai pugnar contro la terra il cielo 29 e 'l caldo bianco e la freddezza oscura, 30 e che d'essi natura, 31 per trastullo de' superi, ne forma 32 vento, acqua, pianta, metal, pietra dura; 33 del ciel scordarsi il caldo, e contra 'l gelo 34 vestirsi terren velo, 35 e come a suo' bisogni lo conforma; 36 e che doglia e piacer gli enti trasforma. 37 Possanza, Senno, Amor da Dio vedrai 38 participar il tutto ed ogni parte; 39 ed usar la Prima Arte 40 Necessitade, Fato ed Armonia, 41 per cui tanta comedia orna e comparte, 42 a Dio rappresentando giuochi gai; 43 e divin fiati e rai 44 (che son l'anime umane) a' corpi invia 45 per far le scene con più leggiadria. 46 Fia aperto il dubbio, che torce ogn'ingegno: 47 perché i più savi e buoni han più flagelli, 48 e fortuna i più felli? 49 Ché Dio a que' die' le parti ardue del gioco, 50 per trarli a maggior ben da' lordi avelli; 51 e del suo mal goder lascia chi è degno. 52 E n'ho visto pur segno, 53 più indotti e schiavi e impuri amar non poco 54 l'error, la prigionia e l'infame loco. 55 Il giuoco della cieca per noi fassi: 56 ride natura, gli angeli e 'l gran Sire, 57 vedendo comparire 58 della primera idea modi infiniti, 59 premiando a chi più ben sa fare e dire. 60 Se i nostri affanni son divini spassi, 61 perché vincer ti lassi? 62 Miriamo i spettator, vinciam le liti 63 contra prìncipi finti, stravestiti. 64 Il carcere, che 'n tre morti mi tieni 65 con timor falso di morir, dispreggio. 66 Vanne al suolo, tuo seggio, 67 ch'io voglio a chi m'è più simile andarmi. 68 - Né tu se' quel che prima ebbi io, ma peggio, 69 che sempr'esali, e rifatto altro vieni 70 da quel che prandi e ceni: 71 onde lo spirto tuo nuovo ognor parmi. 72 Or perché temo in tutto io di sbrigarmi? |
78 |
Canzone terza del medesimo tema. |
1 Piangendo, dici: - Io ti levai, - mia testa; 2 le man: - Scrivemmo -; i piè: - T'abbiam portato. 3 Dispregiarne è peccato. 4 Di più, te il dolor stringe e 'l riso spande; 5 ti prende obblio ed inganno, ché se' un fiato, 6 e la puzza greva, odor cresce e desta, 7 che sparso in aere resta; 8 perché noi, gloria, Venere e vivande 9 sprezzi, ove certo vivi, e molto, e grande? 10 - Compagno, se in obblio le doglie hai posto, 11 quando di terra in erba e in carne sei 12 fatto di membri miei 13 pur questa obblierai, ch'or ti martìra, 14 di farti terra; e poi godrai di lei. 15 Per farne altri lavori ha Dio disposto 16 disfare il tuo composto; 17 ma in tutto il Primo Amor dolcezza spira. 18 Poi sarai mio, se 'l tutto al tutto aspira. 19 S'or debbo a ciò che fosti e sarai mio, 20 porterò un monte: ma l'arte soprana 21 quanto ti trasumana, 22 staremo insieme: né pensar ch'io tema 23 disfarmi in nulla, o in cosa da me strana. 24 L'animal spirto, in cui involto sono io, 25 prende inganno ed obblio, 26 ed io per lui: quando egli cresce e scema, 27 patisco anch'io, ma non mutanza estrema. 28 Desir immenso delle cose eterne 29 e 'l vigor, per cui sempre alto più intendo 30 e terra e ciel trascendo, 31 se nulla eccede di sue cause il fine, 32 mostran che d'aria e dal sol non dipendo, 33 né di cose caduche, ma superne. 34 Ecco che mi discerne 35 da te, ch'ami e sai solo il tuo confine; 36 e pur gran pruove d'altre alme divine. 37 La morte è dolce a chi la vita è amara; 38 muoia ridendo chi piangendo nasce; 39 rendiam queste atre fasce 40 al Fato omai, ch'usura tanta esige, 41 ch'avanza il capital con tante ambasce. 42 L'udito, i denti vuol, la vista cara. 43 Prendi il tuo, terra avara, 44 perché me teco ancor non porti a Stige. 45 Beato chi del tempo si transige! 46 Tu, morte viva, nido d'ignoranza, 47 portatile sepolcro e vestimento 48 di colpa e di tormento, 49 peso d'affanni e di error laberinto, 50 mi tiri in giù con vezzi e con spavento, 51 perch'io non miri in Ciel mia propria stanza, 52 e 'l ben ch'ogn'altro avanza: 53 onde, di sua beltà invaghito e vinto, 54 non sprezzi e lasci te, carbone estinto.- |
79 |
Canzone quarta del dispregio della morte. |
1 Filosofia di fatti il Senno vuole, 2 che l'ultime due tuniche or mi spoglia, 3 ch'è del viver la voglia 4 e d'aver laude scrivendo e parlando. 5 Doglia è lasciarle. Ma smorza ogni doglia 6 chi nella mente sua il gran Senno cole, 7 seco vuole e disvòle, 8 di lui se stesso in se stesso beando. 9 Onor non ha chi d'altri il va cercando. 10 Se fusse meglio a tutto l'universo, 11 alla gloria divina ed a me ancora, 12 ch'io di guai fosse fuora, 13 liberato m'avria l'Omnipotente; 14 ch'astuzia e forza contra lui non fôra. 15 Tiranno, incrudelisci ad ogni verso; 16 sbrani e mangi il perverso: 17 ché non è mal là dove Dio consente. 18 Non doni legge al medico il languente. 19 Empio colui non sol, ma ancora stolto, 20 che, 'n croce giubilar Piero ed Andrea 21 veggendo, e che si bea 22 Attilio ne' tormenti e Muzio e Polo, 23 non sa avanzar la setta epicurea, 24 che sol piacer ha del piacer raccolto 25 traendo gaudio molto, 26 pur come fan gli amanti, anche dal duolo; 27 ché 'l Primo Amor ci leva a tanto volo. 28 Fuggite, amici, le scuole mondane; 29 alto filosofar a noi conviensi. 30 Or, c'han visto i miei sensi, 31 non più opinante son, ma testimonio, 32 né sciocche pruove ho de' secreti immensi. 33 Già gusto quel che sia di Cristo il pane. 34 Deh! sien da noi lontane 35 quelle dottrine, che il celeste conio 36 non ha segnato; ch'io vidi il Demonio. 37 Credendosi i demòn malvagi e fieri 38 indiavolarmi con l'inganni loro, 39 benché con mio martoro, 40 m'han fatto certo ch'io sono immortale 41 che sia invisibil più d'un consistoro; 42 che l'alme, uscendo, van co' bianchi e neri, 43 e co' fallaci e veri, 44 a cui più simil le fe' il bene e il male, 45 che più studiâro in questa vita frale. 46 Altri spinge a servir Dio vil temenza, 47 altri ambizione di Paradiso, 48 altri ipocrito viso; 49 ma noi, ch'è Primo Senno e Sommo Bene 50 amabile per sé, tenemo avviso, 51 a cui farci conformi è preminenza, 52 bench'avessim scienza 53 che n'abbia scritti alle tartaree pene. 54 Nel Primo Amor null'odio por conviene. 55 Chi dagli effetti Dio conoscer brama 56 per seco unirsi e lodarlo, sia certo, 57 come in me sono esperto, 58 delle sue colpe segreto perdono 59 conseguisce e scienza dell'incerto. 60 Dio osserva la pariglia: ama chi l'ama, 61 e risponde a chi il chiama. 62 Odia, disprezza il mal, sendo uno e buono; 63 chi a lui si dona, lo guadagna in dono. 64 Se mai fia ch'uomo ascolte 65 queste sotterra ed in silenzio nate 66 rime mie sventurate, 67 pria che nascan, sepolte, 68 pensier muti e costume; 69 ch'io non ragiono a caso, 70 ma sper‹enza e Nume 71 e legge natural m'hanno persuaso. |
80 |
Canzone a Berillo, di pentimento, desideroso di confessione, ecc., fatta nel Caucaso. |
1 Signor, troppo peccai, troppo, il conosco; 2 Signor, più non m'ammiro 3 del mio atroce martiro. 4 Né le mie abbominevoli preghiere 5 di medicina, ma di mortal tosco 6 fûr degne. Ahi, stolto e losco! 7 Dissi: - Giudica, Dio, - non - Miserere. - 8 Ma l'alta tua benigna sofferenza, 9 per cui più volte non mi fulminasti, 10 mi dà qualche credenza 11 che perdonanza alfin mi riserbasti. 12 Quattordici anni invan patisco (ahi lasso!), 13 sempre errore accrescendo 14 a me stesso, ed agli altri persuadendo 15 ch'io per difender verità e giustizia 16 da Dio, c'ho sconosciuto, sia qua basso, 17 qual Cristo, eletto sasso 19 Or ti vorrei pregar che, per discolpa 20 di tanti errori, accetti tante pene; 21 se non è nuova colpa 22 chieder ch'agli empi guai segua alcun bene. 23 Io merito in niente esser disfatto, 24 Signor mio, quando penso 25 l'opere prave mie e 'l perverso senso. 26 Poi, mirando ch'io son pur tua fattura, 27 che tocca riconciarla a chi l'ha fatto, 28 ch'io bramo esser rifatto 29 nel tuo cospetto nuova creatura, 30 questa sola ragion sola mi resta. 31 Onde sol fine al mio lungo tormento 32 chieggio, non quella festa, 33 né del prodigo figlio il gran contento. 34 Io mi credevo Dio tener in mano, 35 non seguitando Dio, 36 ma l'argute ragion del senno mio, 37 che a me ed a tanti ministrâr la morte. 38 Benché sagace e pio, l'ingegno umano 39 divien cieco e profano, 40 se pensa migliorar la comun sorte, 41 pria che mostrarti a' sensi suoi, Dio vero, 42 e mandarlo ed armarlo non ti degni, 43 come tuo messaggiero, 44 di miracolo e pruove e contrassegni. 45 Altri il Demonio, altri l'astuzia propia 46 spinse a far cose nuove, 47 permettente colui che 'l tutto muove, 48 per ragion parte chiare e parte oscure. 49 Laonde chi di senso ha maggior copia, 50 spesso sente più inopia, 51 empiendosi di false conghietture, 52 che i divi ambasciator sien anche tali; 53 e la bontà di Dio, che condescende 54 e si mostra a' mortali, 55 disconosce, discrede e non intende. 56 Osserva, uomo, osserva quella legge, 57 nella qual nato sei: 58 prencipe e sacerdoti sienti dèi, 59 e i lor precetti divini, quantunque 60 paiano ingiusti a te ed a tutto il gregge; 61 se Dio, per cui si regge, 62 diluvi, incendi e ferro usa quandunque 63 par giusto, e così que' ministri d'ira. 64 Dove Dio tace e vuole, taci e vogli; 65 con voti al porto aspira, 66 schifando via, non offendendo, i scogli. 67 Chi schernisce i decreti, ovvero ammenda, 68 o col peccato scherza, 69 o di quel gode, o per la prima sferza 70 da errar non fugge più che dal colùbro, 71 o l'occulta giustizia non gli è orrenda: 72 costui misero intenda 73 ch'è preso all'ami; e que' ch'al lido rubro 74 ostinati perîr, giungi al mio esempio. 75 Quanto ha il peccato in sé bruttezza e puzza 76 pria non conosce l'empio, 77 che, qual Antioco, inverminisce e puzza. 78 Ma tu quei miri, che peccano impune, 79 lieti e tranquilli sempre; 80 ma non penètri le segrete tempre 81 dell'uomo interior, e però sparli; 82 ché forse è di quel mal, che pensi, immune; 83 o pene ha più importune, 84 sdegno, sospetto, zelo, interni tarli; 85 né guardi il fin, né le divine ire, 86 quanto più tarde, tanto più gagliarde. 87 O ciò ne forza a dire: 88 - Necessario è l'Inferno, che sempre arde. - 89 Tardi, Padre, ritorno al tuo consiglio, 90 tardi il medico invoco; 91 tanto aggravato, il morbo non dà loco. 92 Quanto più alzar vo' gli occhi al tuo splendore, 93 più mi sento abbagliar, gravarmi il ciglio. 94 Poi con fiero periglio 95 dal lago inferior tento uscir fuore 96 con quelle forze che non ho, meschino. 97 Meschino me, per me stesso perduto, 98 ché l'aiuto divino, 99 che sol salvarmi può, bramo e rifiuto! 100 Desio di desiar tue grazie tengo: 101 certa, evidente vita, 102 quando voglia possente a te m'invita, 103 e quando è fiacca, avaccio sento il danno; 104 su l'ale del voler non mi sostengo 105 rotte e bagnate. Vengo 106 a que' favor, che sì pregar mi fanno: 107 - Deh! pregate per me voi, ch'io non posso, 108 voi, Piero e Paolo, luminar del Cielo, 109 Radamante e Minosso 110 della celeste legge e del Vangelo. 111 Merti non ho per quelli gran peccata, 112 che contra te ho commesso. 113 Madre di Cristo, e voi che state appresso, 114 spirti beati, abitator del lume, 115 che 'l mondo adempie e sol la terra ingrata 116 ancor non ha purgata; 117 prego contra ragion, contra il costume, 118 ch'al vostro capital fiero inimico 119 impetrate da lui qualche perdono, 120 ch'a' peccator fu amico; 121 poiché tra gli empi il maggior empio io sono. 122 Ah, come mi sta sempre innanzi agli occhi, 123 come mi fere e punge, 124 come l'alma dal corpo mi disgiunge, 125 e la fiducia dall'alma mi svelle 126 il gran fallo mio, gli atti miei sciocchi! 127 - Tu, che mi senti e tocchi, 128 aria, tu, vivo ciel, voi, sacre stelle, 129 e voi, spirti volanti dentro a loro, 130 ch'or m'ascoltate, ed io non veggio voi, 131 mirate al mio martoro; 132 di voi sicuri, pregate per noi. - 133 Canzon grave e dolente 134 delle mie iniquitati, 135 corri a Berillo vivo, da Dio eletto 136 a purgar l'alme da' brutti peccati. 137 Di' che la mia si pente; 138 ch'e' faccia il sacro effetto, 139 invocando per me l'Omnipotente. |
81 |
Della prima possanza. |
1 Le potestati umane tanto m'hanno 2 travagliato, ch'omai vengo a pensare, 3 ch'io peccai contra te, Possanza Prima; 4 però che di Saturno più d'un anno 5 tutto del Senno Primo a contemplare 6 mi diedi, e al Primo Amor volsi ogni rima, 7 di te tanto scrivendo 8 quanto per lor ti intendo, 9 di cui dovevo far principal stima. 10 Or io volgo il mio stile 11 alla tua dignitade, 12 perdon chiedendo umìle 13 ed aiuto, o Suprema Podestade. 14 Dove manca Possanza, il patimento 15 ch'al non esser le cose sempre tira, 16 abbonda, e 'l caso avverso, ed ogni male; 17 onde io tant'anni mi truovo scontento. 18 A te, Valor, dunque, oggi alzo la mira, 19 a cui soggiace ogni forza fatale: 20 ché 'l Senno e l'Amor pio, 21 com'or ben confesso io, 22 senza la tua difesa poco vale. 23 Può amar chi ha potenza 24 e sa chi può sapere, 25 ed è chi aver può essenza; 26 dunque, ogni quiddità vien dal Potere. 27 L'intrinseco poter fa che sossista 28 ogn'essere; e l'estrinseco il difende, 29 si è d'altri, o parte; e non da sé, né tutto. 30 Sta il mondo e gli enti magni in questa lista, 31 a cui precede chi da nullo pende, 32 Dio, che interno valor solo ha per tutto. 33 Ma può, se poter vuole 34 e se poter sa; e suole 35 (in sé volgendo quel che 'n lui è produtto) 36 saper, se puote ed ama; 37 e voler, se può e sape. 38 Dunque «tre in un» si chiama, 39 e distinzion d'origine sol cape. 40 Possanza e Senno producono Amore 41 unitamente; e però tutte cose 42 aman l'esser, però che sanno e ponno, 43 ma sanno perché ponno solo. Autore 44 dunque del Senno primo ben si pose 45 il primario Poter, degli enti donno. 46 Ma, perché regge amando 47 ed opera insegnando, 48 e l'esser, quando è desto e quando è in sonno, 49 d'essi tre si compone, 50 saran tre preminenze 51 d'ogni effetto e cagione 52 semplici metafisiche semenze. 53 E`, ciò ch'è, perché puote, sape ad ama; 54 non è, quel ch'esser non può, ignora o abborre, 55 per sé, o per forza d'altri, o del Primo Ente, 56 ch'è monotriade. E quel ch'all'esser chiama, 57 partecipando tre eminenze, corre, 58 pur limitato sempre dal niente, 59 all'esser suo finito, 60 che sta in quello infinito 61 esser, eterno, solo, independente, 62 che creò, come base 63 d'ogni essenza seconda, 64 lo spazio, immenso vase, 65 ch'è penetrato, penetra e circonda. 66 Quando di contener virtù donasti 67 al luogo, e dal tuo Senno senso prese, 68 e dall'Amor amor di farsi pieno, 69 la gran mole corporea ingenerasti, 70 delle virtuti agenti atta all'imprese, 71 in due triadi consimili a quel seno. 72 Poscia i maschi, possenti, 73 che di lei due elementi 74 cielo e terra, formâro: e del più e meno 75 di lor gare e rovine 76 ogni mistura uscìa, 77 Dio influendo a tal fine 78 Necessitate, Fato ed Armonia. 79 La vita, agli enti vari che seguiva, 80 era virtute, in quanto da te nacque. 81 Ma quel che dal non esser timor venne, 82 ogni vizio produsse, e la nociva 83 ragion di Stato, e poi 'l mal proprio piacque, 84 che 'l senso indi impotente a ciò s'attenne. 85 Ma, se ti svegli omai, 86 in meglio muterai 87 natura madre e i figli, come accenne. 88 L'impotenza e 'l peccato 89 tôrrai da' senni umani; 90 tutti in un lieto stato 91 gl'imperi adducerai vari profani. 92 Darai alla vita di durar virtute, 93 forza alla legge, che 'l gran Senno mise, 94 vigor all'amicizie, d'amor prole. 95 Senza te, gli enti han le bontà perdute; 96 venner l'insidie e l'unità divise, 97 ch'invidia partorîro e false scuole: 98 timidità e pigrizia, 99 sconfidenza, avarizia, 100 viltate e crudeltà, che starsi sole 101 non san l'una dall'altra. 102 Ma, dove è tua fortezza, 103 ogni natura è scaltra, 104 né teme il male, onde di farne sprezza. 105 Canzon, di' al Poter Primo 106 che per mancanza sua sto in tal paura, 107 che meditar non posso la Scrittura. 108 Traggami da questo imo 109 inferno. Ed in effetto, 110 se tutto il mio soggetto 111 ei non sarà, me stesso empio condanno 112 da mo al perpetuo lagrimoso affanno. |
82 |
Sonetto della providenza. |
1 La fabbrica del mondo e di sue parti, 2 e di lor particelle e parti loro 3 gli usi accertati, il mirabil lavoro 4 pòn, saggio Autor, buon senza fin provarti. 5 Poi gli abusi de' bruti e di nostre arti, 6 de' mali il gaudio e de' buoni il martoro, 7 l'errar ciascun dal fine, a me ch'ignoro, 8 dicon che 'l Fabbro dal Rettor s'apparti. 9 Possanza, Senno, Amor, dunque, infinito 10 commette altrui il governo e si riposa: 11 dunque si invecchia o si fa negligente? 12 Ma un solo è Dio, da cui sarà finito 13 tanto scompiglio, e la ragion nascosa 14 aperta, onde peccò cotanta gente. |
83 |
Della possanza dell'uomo. |
1 Gloria a colui che 'l tutto sape e puote! 2 O arte mia, nipote - al Primo Senno, 3 fa' qualche cenno - di su' immagin bella, 4 ch'uomo s'appella. 5 Uomo s'appella chi di fango nacque, 6 senza ingegno soggiacque, - inerme, ignudo: 7 patrigno crudo - a lui parve il Primo Ente, 8 d'altri parente. 9 D'altri parente, a' cui nati die' forza 10 bastante, industria, scorza, - pelo e squame. 11 Vincon la fame, - han corso, artiglio e corno 12 contra ogni scorno. 13 Ma ad ogni scorno l'uomo cede e plora; 14 del suo saper vien l'ora - troppo tarda; 15 ma sì gagliarda, - che del basso mondo 16 par dio secondo. 17 E, dio secondo, miracol del primo, 18 egli comanda all'imo, - e 'n ciel sormonta 19 senz'ali, e conta - i suoi moti e misure 20 e le nature. 21 Sa le nature delle stella e 'l nome, 22 perch'altra ha le chiome - ed altra è calva; 23 chi strugge o salva - e pur quando l'eclisse 24 a lor venisse, 25 quando venisse all'aria, all'acqua, all'humo. 26 Il vento e 'l mar ha domo, - e 'l terren globbo 27 con legno gobbo - accerchia, vince e vede, 28 merca e fa prede. 29 Merca e fa prede; a lui poca è una terra. 30 Tuona, qual Giove, in guerra - un nato inerme; 31 porta sue inferme - membra e sottogiace 32 cavallo audace. 33 Cavallo audace e possente elefante; 34 piega il leon innante - a lui il ginocchio; 35 già tirò il cocchio - del roman guerriero: 36 ardir ben fiero! 37 Ogni ardir fiero ed ogni astuzia abbatte, 38 con lor s'orna e combatte, - s'arma e corre. 39 Giardino, torre - e gran città compone 40 e leggi pone. 41 Ei leggi pone, come un dio. Egli astuto 42 ha dato al cuoio muto - ed alle carte 43 di parlar arte; - e che i tempi distingua 44 dà al rame lingua. 45 Dà al rame lingua, perc'ha divina alma. 46 La scimia e l'orso han palma, - e non sì industre, 47 che 'l fuoco illustre - maneggiasse; ei solo 48 si alzò a tal volo. 49 S'alzò a tal volo, e dal pianeta il tolse; 50 con questo i monti sciolse, - ammazza il ferro, 51 accende un cerro, - e se ne scalda, e cuoce 52 vivanda atroce; 53 vivanda atroce d'animai che guasta. 54 Latte ed acqua non basta, - ogn'erba e seme 55 per lui; ma preme - l'uve e ne fa vino, 56 liquor divino. 57 Liquor divino, che gli animi allegra. 58 Con sale ed oglio intègra - il cibo, e sana. 59 Fa alla sua tana - giorno quando è notte: 60 oh, leggi rotte! 61 Oh, leggi rotte! ch'un sol verme sia 62 re, epilogo, armonia, - fin d'ogni cosa. 63 O virtù ascosa, - di tua gloria propia 64 pur gli fai copia. 65 Pur gli fai copia, se altri avviva il morto; 66 passa altri, e non è assorto, - l'Eritreo; 67 canta Eliseo - il futuro; Elia sen vola 68 alla tua scuola; 69 alla tua scuola Paolo ascende, e truova 70 con manifesta pruova - Cristo a destra 71 della maestra - Potestade immensa. 72 Pensa, uomo, pensa! 73 Pensa, uomo, pensa; giubila ed esalta 74 la Prima Cagion alta; - quella osserva, 75 perch'a te serva - ogn'altra sua fattura, 76 seco ti unisca gentil fede pura, 77 e 'l tuo canto del lor vada in più altura. |
84 |
Salmodia che invita le creature in commune e gli primi enti fisici a lodar Dio. |
1 Belle, buone e felici e senza ammenda, 2 onde laude si renda - al Creatore, 3 che tanto amore - ed arte in farle pose, 4 son tutte cose. 5 Voi, tutte cose, a celebrar invito 6 colui, che n'ha largito - ciò che siamo, 7 poi che eravamo - nulla. E per memoria, 8 cantiamo in gloria. 9 Cantiamo in gloria Dio, Prima Potenza, 10 Dio, Prima Sapienza, - Amor Primero, 11 Ben vivo e vero, - senza fin giocondo. 12 Cominci il mondo, 13 cominci il mondo, statua altèra e degna 14 di lui che sempre regna - e gran trofeo, 15 di ciò che feo - armario sacrosanto, 16 un nuovo canto. 17 Di' un nuovo canto tu, che l'universo 18 penetri, ad ogni verso - penetrato, 19 spazio, al creato - esser base immota, 20 che giace o mota. 21 Se giace o mota, la corporea mole, 22 unita o sparta, cole - l'alta idea, 23 per cui si bea - di forme ognor novelle, 24 soavi e belle. 25 Soavi e belle pompe del gran Dio, 26 lodate il vostro e mio - Signor, di cui 27 uscendo nui, - fu il tempo, ch'è il successo 28 degli enti, espresso. 29 Fu agli enti impresso anche 'l vigor nativo 30 che dal nascer descrivo - poi natura, 31 interna cura - ed arte, che dà loro 32 quel Dio ch'adoro. 33 Quel Dio, ch'adoro, a voi laudar conviensi, 34 calor e freddo, immensi - di possanza, 35 per cui sostanza, - guerreggiando, fue 36 partita in due. 37 Partite in due dunque i vostri accenti, 38 magnifici elementi, - cielo e terra, 39 dalla cui guerra - poi nasce ogni misto, 40 che Dio ha provvisto. 41 Dio ha pur provvisto che l'un porti 'l giorno, 42 l'altro la notte, intorno - raggirando, 43 manifestando - il Creator sovrano 44 di mano in mano. 45 Di mano in mano, voi, tenebre e luce, 46 cantate il sommo Duce, - e voi, quiete 47 e moto, avete - parte in tanto carme 48 per più svegliarme. 49 Per più svegliarme, raro e denso, estreme 50 tempre, mentre uno teme - e l'altro spera, 51 prendete sfera - di sorti diverse, 52 e cause avverse. 53 Fra cause avverse e simili, adornate, 54 Fato, Necessitate - ed Armonia, 55 che Dio v'invia - in ogni parte e tutto 56 ciò che ha costrutto. 57 Ciò che ha costrutto in Dio si sta e si muove, 58 e con secrete pruove - ancora sente 59 la Prima Mente - e, come sa, l'adora; 60 ed in lui vive, benché par che mora, 61 grazie a colui che sempre mi ristora. |
|
||||
Edizione HTML a cura di:mail@debibliotheca.com Ultimo Aggiornamento: |
||||
|