VITA DI MECENATE Di: Cesare Caporali secondo la lezione vulgata
con le annotazioni di Carlo Caporali
Parte Prima | Parte Seconda | Parte Terza | Parte Quarta | Parte Quinta |
Parte Sesta | Parte Settima | Parte Ottava | Parte Nona | Parte Decima |
Note al Testo |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Con gli occhi , e il naso Mecenate nacque |
Di Regia Schiatta , e di Toscano Seme , |
E alla pregna sua madre il Ciel non tacque , |
Che il Bamboccio saría del Mondo speme . |
Ancor fanciullo ad Ottaviano Ei piacque : |
Fecero sempre in Scuola il chiasso insieme , |
Furon divisi , e si rivider poi , |
Che Cesar se n' andò pe' fatti suoi . |
Mecenate era un uom , che aveva il naso , |
gli occhi , e la bocca , come abbiamo noi , |
fatti dalla Natura , e non dal caso . 3 |
Si dilettava aver due gambe , e doi |
piedi da camminare , e aver due mani , |
da farsi da se stesso i fatti suoi . 6 |
Scese per razza già da i Re Toscani , |
e l' Avo del bisavo del suo avo |
Fece venire il canchero a i Romani . 9 |
Fu buon Poeta , fu Soldato bravo , |
e si legge , ch' Augusto un dì gli disse , |
Capitan Mecenate , io vi son schiavo . 12 |
Maneggiò dunque l' armi a un tempo , e scrisse , |
e spesso col pugnal temprò la penna , |
e molto in Corte favorito visse . 15 |
Il Padre suo fu Menodor Porsenna , |
ch' allor che Silla combattea con Mario , |
morì nel fatto d' arme di Ravenna . 18 |
So che del tempo nulla , o poco vario , |
perchè tutti gli annali ho sulle dita , |
e li raffronto al nostro Calendario . 21 |
Ma bisogna a descriver questa Vita |
di ritrovar le vie più larghe , e dritte , |
e farci in somma discussion più trita . 24 |
Io trovo in certe istorie manuscritte , |
recate già da Don Tristano Acugno , |
quando fu Ambasciator del Re Davitte , 27 |
che Mecenate nacque avanti Giugno |
due mesi in circa , e nel trar fuor le braccia |
diede su gli occhi a l' Avarizia un pugno . 30 |
Il che fu segno d' una gran bonaccia , |
onde le Muse , preso del formento , |
fecero al Dio degli Orti una focaccia . 33 |
Nell' Anno ab Urbe condita seicento |
novanta quattro , se però non hanno |
gl' Istorici intricato il nascimento , 36 |
si legge , che la Madre senz' affanno |
lo partorì ; benchè Macrobio scriva , |
che fu a gran rischio di sdruscirsi il panno ; 39 |
e ch' ella , mentre gravida dormiva , |
sognò di partorire un violone , |
che poi pian pian s' era converso in piva , 42 |
dal cui liberalissimo trombone |
tante chiare Sampogne aveano il fiato , |
che di dolcezza empiano ogni regione . 45 |
Tosto il fanciullo a scuola fu mandato |
dal Padre ad imparar la nobil arte |
di difender le cause nel Senato . 48 |
Benchè la scuola , circa questa parte , |
sol gli servì per starvi in compagnia |
con gli altri putti a schiccherar le carte . 51 |
perch' ei nella real fisonomia |
avea giunta la linea superiore |
con l' Oroscòpo della Poesia . 54 |
Nondimen , per far noto il suo valore , |
e che nel ventre de la Madre intese |
tutto quel , che si scrive de Oratore ; 57 |
a difender per scherzo un dì si prese |
l' accusato in giudizio Legno santo |
d' aver rotto la tregua al mal Francese . 60 |
Ove ingegno , e valor mostrò cotanto , |
che Ciceron , tinto d' invidia , finse |
gir a pisciar , e uscì dall' altro canto . 63 |
Nessun di grazia in quell' età lo vinse , |
nessun distese meglio il suo concetto , |
nessun di più bei fior mai lo dipinse . 66 |
Sol notato gli fu questo difetto , |
ch' usava sempre , che s' avea forbito |
il naso , di guardar sul fazzoletto . 69 |
Benchè dal Galateo ne fu avvertito ; |
nel resto poi quanto alla politezza , |
sembrava nato a Napoli , e nutrito : 72 |
ma 'l prender poi che fe domestichezza |
col nipote di Cesar , fu cagione , |
ch' anch' ei fosse tenuto una gavezza .[*] 75 |
Massime quando a Mastro Labeone , |
dormendo ne la Scuola un dì di festa , |
quella burla ordinar con quel soffione . 78 |
Peroch' alla decrepita sua vesta |
glie l' appiccar , come si legge espresso |
in Livio , e Quinto Curzio anco l' attesta . 81 |
Tremò il Mastro a quel schioppo , e a un tempo stesso |
svegliossi , e vide quelle due fraschette |
fuggir , ridendo , e a lui voltarsi spesso . 84 |
Onde per l' erudite tavolette |
del proprio dizzionario , e per le sparse |
polver delle tarlate sue bachette , 87 |
giurò contro ambedue di vendicarse |
più ch' altro Mastro fatto avesse mai , |
da che memini sta per ricordarse . 90 |
Ma i Putti , che temeano i propri guai , |
fecer risoluzione ambedue insieme |
per quella volta aver studiato assai . 93 |
Cesare intanto avendo il maggior seme |
spento del gran Pompeo , e scorsa Spagna , |
per le parti di mezzo , e per l' estreme , 96 |
e recandosi a scorno , e gran magagna , |
che i Parti nel Trionfo avesser posto |
Romul , che gli pagava di calcagna , 99 |
chiamò i soldati a l' arme , e fe , che tosto |
vent' otto insegne di spazzacamini |
venissero a trovarlo al fin d' Agosto , 102 |
che non ardiva in sì lontan confini |
gir senza queste genti essercitate |
per lunghi , ed oscurissimi camini . 105 |
Indi per soddisfar molte brigate , |
a dar incominciò norma , ed effetto |
a le pubbliche cose , e a le private , 108 |
ordinando al nipote giovanetto , |
ch' andasse a studio in Apollonia , dove |
le dotte Muse allor avean ricetto . 111 |
E perchè 'l capo non volgesse altrove , |
e per torgli ancche l' occasion del gioco , |
gli abbruciò un par di carte nove nove . 114 |
Gran cosa certo , e da stupir non poco , |
che l' asso di Denar , ch' era nel fondo , |
rimase intatto fra le fiamme , e 'l fuoco ! 117 |
Onde preso l' augurio da quel tondo , |
predisser gl' indovin , che resterebbe , |
gli emuli estinti , ei sol padron del Mondo . 120 |
Il partir di costui cotanto increbbe |
a Mecenate , che più volte corse |
per attoscarsi a un fiasco di giulebbe : 123 |
ma poi che si ravvide , e che s' accorse , |
che poteva ancor egli alla Valona |
gir con diece velate , e in manco forse ; 126 |
tosto da se scacciò , come persona |
saggia , quei pensier tristi , ed inquieti , |
che un' ora aver non gli lasciavan buona . 129 |
Ei si fece venir fin da Spoleti |
Melisso , uom dotto negli studi umani , |
che gl' insegnasse l' arte de i Poeti . 132 |
Ne la qual fe profitti poi sì strani , |
ch' avria di capo a Febo i lauri tolti , |
s' egli non ci correva con le mani . 135 |
Scrisse molt' elegie , compose molti |
sonetti , e celebrò leggiadramente |
la sorella d' Ottavio in versi sciolti . 138 |
Onde nacque un bisbiglio fra la gente , |
ch' Apollo , entrando per la balestriera |
del tetto , il giva a visitar sovente ; 141 |
e di più gli dettava ogni maniera |
di versi , e che quel Putto nulla cosa |
più sembrava quel Dio , che ne la cera ; 144 |
perch' una grazia avea miracolosa |
nel Zafir de i begl' occhi , e nel divino |
lampeggiar de la fronte spaziosa . 147 |
Là dove nostr' Adam nel Taccuino |
dice , che a mezo dì venian le stelle |
a giocar con le Muse a sbaraglino . 150 |
Baja , ch' avanza in ver quante novelle , |
quante mai disser favole , e carote , |
stando al fuoco a filar le vecchierelle ; 153 |
onde con l' opinion manco remote |
me ne girò seguendo la scrittura |
più veridicamente che si puote . 156 |
Dava trattenimento ozio , e pastura |
a tutti i letterati di quei tempi , |
e de i Poeti avea precipua cura ; 159 |
talchè vedeansi le colonne , e i Tempi |
tutti impiastrati d' Epigrammi , e versi , |
fatti in onor de i suoi cortesi essempi . 162 |
Dicean , come ne i dì freddi , e perversi , |
fece aprir la cucina a Tucca , e a Varo , |
che pe 'l freddo de i piè givan dispersi . 165 |
Dicean com' egli offerse il calamaro |
a Maron per finir quei pochi carmi , |
che tronchi nell' Eneide restaro . 168 |
Già gli venian da Paro i ricchi marmi , |
per fare un nobilissimo Museo |
d' uomini illustri sol di lettre , e d' armi ; 171 |
ma di Cesare il caso indegno , e reo , |
il qual con ventitre parteggianate |
cadde innanzi alla statua di Pompeo , 174 |
ritirar fe le Muse spaventate , |
e le corone de i privati allori |
si trasformaro in pubbliche celate . 177 |
Si dice , che fuggendo i Senatori , |
non furo accompagnati pur da un cane , |
anzi fin li schifaro i servitori . 180 |
Perocchè , mentre si menar le mane , |
molti per tema s' empiro i calzoni , |
e colava per tutto l' Ambracane .[*] 183 |
Sol un corpo di guardia di Mosconi |
gli accompagnò mai sempre , e li difese |
da l' assalto importun de i calabroni . 186 |
Tosto ch' in Apollonia ciò s' intese , |
perch' una velocissima feluca |
vi spedì Mecenate a le sue spese , 189 |
dicon , che Ottavio , volto a certo Duca , |
al corpo ( disse ) del Re Massinissa , |
che mi faranno uscir fuor della buca . 192 |
I traditor , senza occasion di rissa , |
Cesare han morto , e quel , che più mi cale , |
Roma ancor se ne stà balorda , e fissa . 195 |
Ahi portati si son ( o Diavol ) male ! |
Orsù datemi il giacco , e la mia spada , |
ma recatemi prima l' orinale . 198 |
Mecenate mi scrive , che la strada |
prenda del mar , sol per fuggir gli agguati , |
e che verso l' Italia me ne vada . 201 |
Dunque in sua compagnia tosto chiamati |
alcuni capitan di Fanterie , |
amici già di Cesare , e soldati , 204 |
a Brindisi passò per l' ampie vie |
del mar , dove i Tedeschi arditi , e fieri |
stavan divisi in venti compagnie . 207 |
Quì prima a i Capitani , indi a gli Alfieri |
donò tanto vin Corso , e tanto Greco , |
ch' a ciascun ne toccar trenta bicchieri . 210 |
Fatto poi sagrificio , e tolto seco |
qualunque in guerra bravo era pur dianzi |
o rimaso stroppiato , o mezo cieco , 213 |
lieto imbarcossi con trecento Lanzi , |
sciolta prima una cifera , secondo |
che ne scrive Lucan ne i suoi Romanzi , 216 |
la qual dicea : Va pur lieto , e giocondo , |
ma ponti su le spalle un matarazzo , |
che non ti schiacci il gran peso del Mondo . 219 |
Fer quel viaggio in ver con gran solazzo , |
vedendosi per tutto corteggiare |
da pesci , e far tra lor gara , e schiamazzo , 222 |
A guisa , che bramasser di montare |
su la Real d' Ottavio , a cui portate |
avesser molte commission dal mare ; 225 |
ma quel , che le marittime brigate |
non prezzò mai , da giorni magri in fuora , |
sol gustò del sapor di certe Orate . 228 |
Al fin una mattina , che l' Aurora |
uscia dalle riviere arse , e biscotte |
dell' Indo Mar tutta dolente fuora , 231 |
anzi spargendo lagrime dirotte , |
per esserle a l' aprir della finestra |
caduta in mar la scuffia della notte , 234 |
giunsero a Terracina , e a man destra |
sbarcar , mentre gridava il Piano , e 'l Monte |
Bene reversa dominatio vestra . 237 |
Correan le genti tutte allegre , e pronte , |
sol per veder del gran Cesare il Figlio , |
con tanti bravi armato come un Conte . 240 |
Nacque per questo in Roma alto bisbiglio , |
tanto più , che i parenti , ed i fautori |
del Putto , non temendo alcun periglio , 243 |
con infinite genti , e servitori |
eran giti a incontrarlo , e ci fur anco |
non so che travestiti Senatori . 246 |
Già non avea più Terracina , e manco |
i convicini , stalla alcuna , e tetto , |
per tanta gente , nè pan bruno , o bianco . 249 |
Ed è cosa certissima in effetto , |
ch' appena due Pretor , che giunser tardi , |
ebber mezza scodella di brodetto . 252 |
Quando ecco Mecenate da gagliardi |
schiavi portato , e da i garzon de l' oste , |
giunse , ma veramente a passi tardi . 255 |
Perocchè alquanto gli dolean le coste , |
avendo ricevuto da un cavallo |
un par di calci nel mutar le poste . 258 |
E questo lo trattenne [se non fallo] |
tanto a venir , siccome ancor lo scusa |
negli epigrammi suoi Cornelio Gallo . 261 |
Fersi tra lor gran cera , come s' usa |
tra i cari amici , e fu tosto recata , |
e aperta in sala una valigia chiusa , 264 |
piena di doni in ver di gran portata , |
un sajo nero , e una berretta fina , |
e due camicie bianche di bucata . 267 |
Arme non mica goffe , o da dozzina , |
un stocco , che co i denti in più partite |
s' avea già rosa mezza la guaina , 270 |
due fionde fatte a lieva , e ben guarnite , |
un pistolese a ruota , un giacco a fuoco , |
una picca mancina fatta a vite . 273 |
Or queste Mecenate , a poco a poco |
cacciate fuor , donolle al degno erede |
di Cesar , che ne fe gran festa , e gioco . 276 |
E subito gridò : Venga una sede |
per Mecenate mio , che mille Rome |
non pagherian la sua bontade , e fede . 279 |
Posto dunque a seder , cominciò come |
Cesar fu morto a dir , ch' a più d' un pajo |
per lo spavento s' arricciar le chiome . 282 |
Cimbro [disse] gli diè con una ravajo , |
Bruto con una ronca Bolognese , |
Cassio con un coltel da macellajo . 285 |
Disse ancor , come un pezzo si difese , |
poi spiccò un salto a guisa di leone |
dal trono , e Cassio al primo balzo il prese . 288 |
Ma mosse più del resto a compassione |
il sentir raccontar , che i traditori |
rovinato gli avean tutto il giubbone . 291 |
Indi narrò , che molti Senatori , |
per la disposizion del testamento |
di Cesar , fur eletti a grandi onori . 294 |
Ma che pur di quei Padri era l' intento , |
non si parlasse più nè mal , nè bene |
del parricidio , e fosse ogni odio spento . 297 |
E perciò data avean Creta , e Cirene |
di Macedonia in vece , e di Soria |
a Bruto , e a Cassio per tenerli in speme . 300 |
Così diceva , ed era tuttavia |
Mecenate per dir fino a compieta ; |
ma Ottavio , sotto vel di cortesia , 303 |
per man lo prese , e nella più secreta |
camera entraro , e mandar su la porta , |
che non v' entrasse Istorico , o Poeta . 306 |
Perchè sta gente è quella , che rapporta , |
pubblica , e scrive ciò , che vede , e sente |
tanto più volentier , quanto più importa . 309 |
Scusandosi , che questo inconveniente |
vien da Natura , che desia far note |
le cose , che rinchiuse ha nella mente . 312 |
Nè ritrovar rimedio vi si puote , |
sebben con qualche segnalata noja |
molti gli han tratto sangue dalle gote . 315 |
Come già il Protomedico Lanoja , |
che al volto d' un Poeta appor fe certo |
unguento corrosivo da Pistoja . 318 |
Rimedio in ver troppo crudele al merto . |
Ahi non so , come Apollo non si sdegna |
ch' a un Vate sia col ferro il viso aperto ! 321 |
Perchè 'l dir mal , come Galeno insegna , |
si suol purgar con certa calamita , |
il cui proprio è tirare a se le legna . 324 |
Anzi appresso i Chirurgi è cosa trita |
ch' ogni mordace lingua ha la sua vena |
arterial , che ver le spalle addita . 327 |
Ond' è , che tanti oggi l' Italia han piena |
Cavalier da la Quercia , io dico quelli , |
che portan la Medaglia sù la schiena . 330 |
Ma mentre io rado altrui sul vivo i velli , |
che deve Ottavio , e Mecenate or fare |
là dentro ? forse arruotano i coltelli 333 |
per trinciar Cassio , e Bruto scorticare ? |
Pur sia che vuol , noi , che stiam quì di fuore , |
non vuò che ci mettiamo a indovinare , 336 |
come fe dianzi un garrulo Scrittore , |
che sognandosi ber l' onda Aganippa , |
s' accorse poi benissimo al sapore , 339 |
ch' era la lavatura d' una trippa . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Mentre si leva il Sol , e dà in freddure , |
In Terracina Mecenate , e Augusto |
Apprestan l' armi , e le cavalcature , |
E fan poi su due brenne il bellimbusto , |
Marcian ver Roma pieni d' alte cure , |
Che del mangiar non tolgon loro il gusto , |
Giacchè si pappan quella cena ria |
Che lor dà il Vate , e fugge in Librerìa . |
Già sopra un velocissimo Andaluzzo |
montato il Sol , scopriva il Monte Corno , |
e la Majella altissima d' Abruzzo . 3 |
E come quel , ch' è gran mastro del giorno , |
posto al collo quel dì s' avea il Tosone , |
d' ardenti felci , e bei focili adorno . 6 |
Con che l' Aurora suol l' esca , e 'l carbone |
accender sul mattin quando s' invia |
avanti il Sol portando il lanternone . 9 |
Dico , che per far bella compagnia |
Febo ad Ottavio , era quel dì montato |
sopra quel buon caval d' Andaluzia . 12 |
E messesi le calze di broccato |
d' oro , alla barba degli altri pianeti , |
se ne venia pe 'l Ciel tutto attillato . 15 |
Quando lieta Giunon , tranquilla Teti , |
uscir di Terracina i protettori , |
anzi i due gran sostegni dei Poeti . 18 |
Andar Signori , andar cari Signori , |
gridavano a le turme dei Cavalli , |
i polverosi , e fiacchi servitori . 21 |
E già per quegl' istessi usati calli |
quattr' ore innanzi il cuoco era partito |
con carriaggi , e scimmie , e pappagalli . 24 |
Venia il figliol di Cesare vestito |
di negro , ma però sotto al sajone |
portava una corazza grossa un dito . 27 |
Sopra un morel di tutta perfezione , |
senz' alcun segno , fuor ch' in una cossa , |
stampato il marchio avea di Gneo Carbone . 30 |
Ma quasi il cavalcava a la disdossa , |
perocchè la bardella senza stoppa |
gli faceva gli arcion premer sull' ossa . 33 |
Presso a lui sen venia sopra una zoppa |
chinea , Don Mecenate di Porsenna , |
con la cavezza attaccata alla groppa . 36 |
Se ben da nullo ancor questo s' accenna , |
come a tutti inforcato sia rimasto |
sopra la spaccatura della penna . 39 |
Sol par che 'l Quinzian ne tocchi un tasto , |
dove avendo a parlar degli Spondei |
fa dei piè lunghi , e brevi una gran contr<asto ,> |
con dir , che Mecenate quattro , o sei |
volte ch' ei cavalcò questa Chinea , |
lo fece sempre in grazia de i Trochei . 45 |
Or per cagion d' Ottavio ogn' un s' avea |
messo quel dì il mestissimo gabbano , |
e 'l beretton da lutto , e la giornea . 48 |
Avanti a lui , menate erano a mano |
due leggiadre Burelle della razza |
del Principe , dicean , di Bisignano . 51 |
Con lo stocco all' arcione , e con la mazza , |
e da due copertine cottonate |
nascosta era la sella paonazza . 54 |
Non potea Ottavio a tante ben tornate |
rispondere egli sol , onde con molti |
fe l' ufficio per lui Don Mecenate . 57 |
Fur poi la sera entro Velletri accolti , |
quì mangiar , quì dormir , quì molti carte |
sigillaron la man , dal sonno sciolti . 60 |
E di quel dì ci consumar tal parte , |
ch' al bujo in Roma entrar ; Roma , che nacque |
dall' adulterio , che commise Marte , 63 |
ch' in un folto canneto in riva all' acque , |
lontano da gli armenti , e dalla gente |
con la sorella del buon Lauso giacque . 66 |
Onde quella Città meritamente |
sempre è cresciuta poi col Capricorno , |
ch' ebbe nel suo natal per ascendente . 69 |
Dico , ch' egli era già tramontato il giorno , |
prima , che' in Roma entrasser tante squadre , |
che Ottavio accompagnar nel suo ritorno . 72 |
Il qual fe seco a casa della madre |
Mecenate alloggiar , per esser notte , |
e Roma allor piena di gente ladre . 75 |
Ivi cenar non da persone ghiotte , |
mezza libbra di carne , e trenta olive , |
e un insalata di cipolle cotte . 78 |
Appiano poi minutamente scrive |
quel che tra lui successe , e Marcantonio , |
che cacciar mano a cose altercative . 81 |
Ma nulla però dice in testimonio |
di Mecenate , il quale un dì stizzato , |
disse ad Ottavio : al corpo del Demonio , 84 |
se costui non ti dà quel , che lasciato |
ti ha il Padre , e che per sorte lo ritrovo |
solo , e senz' arme pel mio vicinato , 87 |
portisi pur con se la stoppa , e l' ovo |
per far la cura a le ferite , ch' io |
gli son per dare , e non ti paja novo . 90 |
No , no soggiunse Ottavio , non per Dio , |
milite mille volte glorioso , |
non vo , che alcun riscatti l' onor mio . 93 |
E però volentier statti in riposo ; |
che spero un giorno io sol con queste braccia |
domar la razza di Ercole peloso . 96 |
Ma quì forse qualcun per darmi taccia |
dirà , che quanto scrivo è vano , e finto ; |
ma di grazia seguir non gli dispiaccia . 99 |
Quando la Maestà di Carlo Quinto |
Tunesi saccheggiò di Barberia , |
e n' ebbe a forza il fier Tiranno spinto , 102 |
ne la Real , ma sparsa libreria , |
ove i Ginnosofisti , ove i Bracmani |
servar già i libri della lor Magia , 105 |
trovati alcuni elogj de i Romani |
[ Dico di quei , che dier famosi esempj ] |
vi fur da certi fabri Oltramontani , 108 |
ch' eran per farne brutti , e sporchi scempj , |
se 'l Marchese del Vasto , che tenuto |
fu il Re de i galant' uomin di quei tempi , 111 |
subito non ci avesse provveduto , |
dandone loro in forma di baratto |
certe sue scarpe vecchie di velluto . 114 |
Questo era un libro miniato , e fatto |
di propria man d' Accilio , allor liberto |
di Mecenate , e ci era il suo ritratto . 117 |
Ma non si ritrovava uom così esperto |
tra i libri , che snodar quella scrittura |
sapesse , e far l' oscuro senso aperto . 120 |
non che mutato il corpo , o la figura |
fosse a le lettre nò , ma sbigottiva |
l' intrigata , e perpetua abbreviatura ; 123 |
perchè ogni lettra semplice serviva |
per sillaba , se ben d' altra maniera |
par , che l' Arcidiacono le scriva . 126 |
Ma , acciò se n' abbia una perfetta , e vera |
notizia : ancorchè poco al fin c' importe , |
che scriviam quasi ogni sillaba intera , 129 |
vi dò un esempio . Un volea scriver Corte : |
questa voce bestial , che nella rima |
meritamente ha per compagna Morte , 132 |
Giungeva al C , ch' era la lettra prima , |
un pò di coda , e ciò con gran giudizio , |
ed a la T due virgolette in cima : 135 |
la coda nella C facea l' offizio |
de la silla Cor , e quei due segni |
sul capo al T , dell' altra erano indizio . 138 |
E così già quei pellegrini ingegni |
scrissero abbreviando , e ci intricaro |
forse ancor qualche enigma in quei disegni ; 141 |
Perchè , ponendo queste lettre a paro |
segnate con la coda , e con le orecchie , |
la Corte avea la forma di somaro . 144 |
caratter degno in ver , dove si specchi |
chi corteggiando vive , e non si striga |
da sì brutto mestier , pria che s' invecchi . 147 |
Questa dunque difficile fatiga |
con tanti segni abbreviata , e mista , |
pose molti cervelli in molta briga . 150 |
Altri esser della scuola Trimegista |
opra dicean , ed altri un invenzione |
dannata di qualch' empio cabalista . 153 |
Ma poichè con tant' uomini , e persone |
fu ricevuto in Roma Carlo invitto , |
e fatto a se chiamar Messer Trifone ; 156 |
tosto innanzi a quel Re stando egli dritto , |
con tal facilità quel libro lesse , |
come di propria man l' avesse scritto . 159 |
ond' ei per questo in premio gli concesse |
di poter gir tutto infangato , e brutto , |
e che alla filosofica vivesse . 162 |
Questo fu dunque il guiderdone , e 'l frutto , |
che Trifon n' ebbe ; pur gli restò in mano |
il libro , che a tradur se 'l pose tutto . 165 |
e già di Mecenate e di Norbano |
tradotte ne vid' io le Vite un giorno , |
che a le sue stanze fui in Vaticano . 168 |
donde cavai , quando mi posi intorno |
a scriver questa Vita , alcune cose |
di autorità , per non ricever scorno . 171 |
Deh dunque , anime belle , e virtuose , |
non vi dispiaccia creder quanto scrivo , |
se ben pajon materie favolose . 174 |
poichè Accilio Liberto , uom ch' era vivo |
quando le scrisse , afferma , che fa errore |
chi non le crede , e che di senno è privo . 177 |
chiamando Mecenate per autore |
di quel modo novel di abbreviare , |
e non lui , che ne fu puro scrittore . 180 |
Credi , che i nostri oggi il sapesser fare ? |
Altissime cavezze Pegasee , |
che Diavolo , là sù state a badare , 183 |
che stringendo le gole inique , e ree |
degli assassin Poeti , or non punite |
i rubbati Episodj , e le Epopee ? 186 |
Ma se a queste invisibili infinite |
materie corron , qual famelica Orsa |
al flavo mele , a la matura vite , 189 |
che crediam , che facessero a una borsa |
piena di scudi ? Orsù mentre in effetto |
la causa de sti ladri è quì discorsa , 192 |
ciascun tenga le man su 'l fazzoletto . |
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V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
In segno di amistade un' anticaglia |
Del morto Zio diè Augusto a Mecenate . |
Ambo pigliaron poscia e stocco , e maglia |
Per reprimer di Antonio le bravate ; |
Modena vide la feral battaglia ; |
Sudaron l' uova e preparar chiarate ; |
Il nostro Eroe nel braccio fu ferito , |
Ma per grazia del Cielo ora è guarito . |
Io non ho mai per burla , nè da vero , |
dannato il modo del rubbar , che ha fatto |
Virgilio da Teocrito , e da Omero . 3 |
perchè egli a guisa d' uom nei furti adatto , |
sol tolto avria due pezze a le lor veste , |
ma non , che li lasciasse nudi affatto . 6 |
e se ben eran di altro fil conteste , |
ei le copriva di stame Romano , |
talchè di quelle diventavan queste . 9 |
poi dato all' ago , e al fil tosto di mano , |
con certo nobilissimo pudore |
ci andava racconciando il suo gabbano . 12 |
talchè le pezze , che apparian di fuore , |
cotanta somiglianza avean col resto , |
che fin si ci gabbava il proprio autore . 15 |
Questo rappezzamento , dice il testo , |
che molti giudicaro traduzione . |
giudizio veramente da capestro ! 18 |
che chi non sa , ch' è pura imitazione , |
ma da lui con più pompa , e più grandezza |
di stil , recata nel Latin sermone ? 21 |
anzi quel , che in altrui sembra mondezza , |
in lui diviene or fin , tanto il pulisce , |
meschiando il grave , e la piacevolezza . 24 |
Ma questa imitazion , perchè finisce |
sol col diletto , e poco utile apporta |
al mondo , che piu questo ama , e gradisce , 27 |
il Valla , che già fu persona accorta , |
per ornamento sol par , che la metta , |
come si usano i fior sopra la torta . 30 |
Sol dunque l' imitar qualche perfetta |
azion del liberal secol vetusto |
degn' è , che gli si faccia di berretta . 33 |
come il mandar di ricchi doni onusto |
l' amico , o 'l familiar , che hai sempre accanto , |
Che così fece il generoso Augusto , 36 |
allor , che avendo a mettersi all' incanto |
l' arche del morto Cesare , e gli armarj , |
dalla Milizia sì lodato , e pianto . 39 |
che pria ne trasse i dotti Comentarj , |
e a Mecenate ne fe largo dono , |
che poscia i conservò da gli empj avari . 42 |
Quindi è , che tanto i Posteri gli sono |
tenuti , come a quel ch' è stato scala , |
che 'l Mondo è bravo in arme , e a scriver buono . 45 |
Inoltre gli donò per pompa , e gala , |
come uom , ch' era in donar largo , e profuso , |
un par di calze con la martingala , 48 |
che Cesare fu il primo a porle in uso , |
perocchè avanti a lui non costumaro |
quei sempliciotti di stoppar là giuso . 51 |
Ma egli , quando fe quel gran riparo |
dal monte d' Iura , al lago di Geneva , |
che i Svizzeri passarlo in van tentaro , 54 |
perchè i soldati suoi tutti vedeva , |
secondo l' uso aver le calze aperte , |
che alla camicia fuor si conosceva , 57 |
e su 'l ripar le travi aguzze , ed erte |
minacciavan periglio a i difensori , |
che vi scorreano a natiche scoperte , 60 |
tosto a Roma spedì quattro Oratori , |
che a nome suo trattasser col Senato |
d' ingombrar per sei dì tutti i sartori , 63 |
a far , secondo che essi avean recato |
la forma , tante martingale , e tante , |
che servir sen potesse ogni soldato . 66 |
Lodar quei Padri assai quell' elegante |
foggia di guardanatiche , e in un tratto |
fero spedir negozio sì importante . 69 |
Anzi , acciò più restasse soddisfatto , |
ver Provenza inviar non so che balle |
di stringhe di durissimo cerviatto , 72 |
che a posta fatte fur per allaccialle . |
Or quando in campo giunser tante casse |
di martingale rosse , azzurre , e gialle , 75 |
Cesar le calze subito si trasse , |
e vi cucì la sua ; poi fu partito |
il resto a i Capitan di classe in classe . 78 |
Scrivon , che quell' esercito fornito |
di tante martingale , ne divenne |
sì bravo , che toccava il Ciel col dito . 81 |
Fra gli archi dunque , e gli elmi pien di penne , |
e gli stocchi , e le mazze , e le celate , |
con che quel gran Roman sì illustre venne , 84 |
stavan le calze soprannominate , |
reliquie militar nella superba |
guardaroba di Cesare appiccate . 87 |
Levolle Ottavio , e disse : or le ti serba |
in memoria di lui , che nell' Egitto |
Cleopatra legò tra i fiori , e l' erba ; 90 |
che a te le dono , Mecenate invitto , |
invitto dico , omai contra ogni acuto |
ordigno , che a ferir sia pronto , e dritto . 93 |
Già il desiato tempo era venuto , |
che in Roma si facevan celebrare |
gli onorati spettacoli di Bruto , 96 |
con tanta splendidezza nel donare , |
e tanta cortesia , che ci fur molti |
plebei , che incominciarono a gridare ; 99 |
Viva Bruto il Magnanimo , che tolti |
n' ha dalle man del pubblico Tiranno , |
e dal giogo servil liberi , e sciolti . 102 |
Viva ; e 'l Senato gli decreti ogni anno |
a quel Tirannicida suo coltello |
una guaina pubblica di panno : 105 |
anzi in memoria d' atto così bello , |
si sospenda nel Tempio , e gli s' indori |
la manica di fuor tutta d' orpello . 108 |
E crescendo ognor più questi rumori , |
tosto colà si trasse Mecenate |
con alcuni aderenti , e servitori , 111 |
e a dare incominciò brutte ceffate ; |
fra gli altri a un certo Quinto Nebulone , |
che a gridar sollevava le brigate , 114 |
si lassò gir con sì fatto sgrugnone , |
che gli cacciò nel gozzo la parola |
con forse undeci denti sdrucciolone . 117 |
Briccon , dicendo , or godi , e ti consola , |
che a mensa ti sarà di gran vantaggio |
L' aver i denti fin giù per la gola . 120 |
Indi per forza cacciò gli occhi a un paggio |
di Cassio , e sen gì l' acqua giù pel fiume , |
che 'l gridar per altrui non è da saggio . 123 |
se ben tenuto fu villan costume , |
che almen dir gli doveva , Buona sera , |
come usa dir , chi smorza ultimo il lume . 126 |
Basta : il rumor quietossi di maniera , |
che i percussor di Cesar vider quanto |
fa grand' error , chi nella Plebe spera . 129 |
Or standosi così tra riso , e pianto |
Roma , che era usa ad esser ubbedita , |
un pò , che gli occhi rivolgeva in canto ; 132 |
fece dar ne i tamburi , e fu bandita |
la guerra contro Antonio , che a dispetto |
del Senato avea Modena assalita . 135 |
e Decio ivi assediato , e così stretto , |
che per la fame a tutti omai pareva |
un sardellon , che avesse il corsaletto . 138 |
Sol dunque a far soldati si attendeva , |
nè più s' udian per Roma o baje , o scherzi , |
ma un gridar serra serra , un lieva lieva , 141 |
con tanto ardir , che quasi i quattro terzi |
del popolo passato era alla banca |
con le belle bracciate de i sesterzj : 144 |
anzi una paga anticipata , e franca |
fu loro data . Ahi povera milizia |
d' Italia oggi sì vil , sì abbietta , e manca ! 147 |
Tu pur dietro alla barbara avarizia |
passi oltre a i monti a far del nuovo , e fresco |
tuo sangue per tre scudi ampia dovizia , 150 |
nè miri , che lo Svizzero , e 'l Tedesco , |
più di te saggio , pria conta , e bilancia |
l' argento , e l' or sopra il bisunto desco , 153 |
poi sbuca fuor con l' affumata lancia |
dall' aspra tana altier d' una ventina |
di scudi , parte in paga , e parte in mancia . 156 |
Così si è fatta d' or quasi Argentina ; |
così mantien la Svizzera Lucerna |
il lume dell' antica disciplina . 159 |
E tu rivolta in poveretta sberna , |
a Casa di tornar non prendi a sdegno |
con la cannuccia in man quando più verna ; 162 |
Là dove a pena giunta fai disegno , |
per rivestirti , liberar quei campi , |
che al tuo partir altrui lasciasti in pegno . 165 |
nè temi il fin , nè di vergogna avvampi ! |
Ma i Consoli già son montati in sella |
per far , che Decio dall' assedio scampi . 168 |
Pansa porta dinanzi una rotella , |
e sulle spalle un gran spiedo da porci , |
ed Ircio un Corsescone , e una Randella : 171 |
ambo con barba rasa , e crini scorci , |
ed ambo con le vesti consolari , |
ma quella d' Ircio un po rosa da i sorci , 174 |
Or non avendo esercito del pari |
di valor , nè di numero a i nemici , |
Pansa sen gì a Bologna a far denari , 177 |
e fatte col favor di molti amici |
due legioni , ma in ver non molto degne , |
e quel , che è peggio , con maligni auspici , 180 |
verso Modena alzò le ardite insegne , |
ed ei con le bisacce sul cavallo , |
che di torzuti cavoli avea pregne , 183 |
marciava innanzi con molto intervallo |
per gir la sera a tempo a farli a cena ; |
Ma gli parran mal cotti , s' io non fallo . 186 |
perocchè Antonio ciò sentito appena |
mille guerrier fra una palude ascose , |
i quai di scapricciarsi erano in vena . 189 |
Con quei , che dianzi avea per vie fangose , |
a far scorta al collega Ircio mandato , |
scelte le miglior genti e più stizzose , 192 |
col Conte Carsuleo , quel gran soldato , |
quel , che nella giornata di Tessaglia |
uccise un fante a piè mez' ammalato . 195 |
or Pansa , che non pensa alla battaglia , |
ma di fare un mortar di salsa fina |
da intinger l' ingroppata vettovaglia . 198 |
già la folta palude avea vicina , |
quando scappar ne vide mill' elmetti , |
che d' altrettanti capi eran guaina , 201 |
e vide mille perticoni eretti , |
com' usan quelle genti affumicate , |
che scopano i trombon de i nostri tetti . 204 |
Ma ei , che ben per cento cervellate |
avea cervello , un pò fermò gli sproni , |
per aspettar le due legioni armate . 207 |
che giunte : Olà Signor Commilitoni , |
disse , avvertiam , perchè da quei pantani |
escon con lance a schiera i ranocchioni . 210 |
certo son quei , che in Licia eran villani , |
poi ranocchi si fer , perchè turbaro |
l' acqua alla Dea coi piedi , e con le mani . 213 |
Deh mirate di grazia , come il chiaro |
lor ventre , opposto al Sol pare un cristallo , |
o , per dir meglio , un vestitel d' acciaro ! 216 |
Ma chi in malora gli ha posti a cavallo , |
ed a che effetto romperci la strada ? |
Orsu vediam non por la mira in fallo : 219 |
diam dentro dunque , e vada come vada , |
che se questi son uomini , o ranocchi , |
la lancia ne fia giudice , e la spada . 222 |
Diam dunque dentro , perchè appena tocchi |
spero vederli dar la schiena in terra ; |
giacchè a rovescio portano i ginocchi . 225 |
E così detto , il duro spiedo afferra , |
e con l' ardire a un tempo , e con la mano |
mostrò , che gran maestro era di guerra . 228 |
provar facendo a quei , che stese al piano , |
che di ciascun quà giù mortal dolore |
il morire infilzato era i decano . 231 |
E certo egli quel dì n' avea l' onore , |
se le foglie rimaste per sciagura |
dalle bisacce colle cime fuore , 234 |
non avesser chiamato a la pastura |
i cavai de i nemici , che a quei cavoli |
correvan tutti a guisa di congiura . 237 |
Non fate al nome di cento diavoli , |
Gridava Pansa , gite altrove a pascere , |
che malanno aggia l' alma dei vostri avoli . 240 |
Tapini voi , se m' incomincio a irascere : |
tornate in dietro , o ch' io vi fo i più grami |
Ranocchi , che sian mai nati , o per nascere . 243 |
Ma quei guerrier , che si teneano infami |
di non torsi dal volto il vituperio , |
d' esser chiamati ranocchion dagli ami , 246 |
gl' incominciar sul capo il battisterio , |
mentre attendean le bestie a pasturare , |
con gran vergogna del Romano Imperio : 249 |
E già stordito , gli eran per scappare |
fuor delle staffe le pianelle rosse , |
e apria la bocca e non potea parlare : 252 |
ma da man dei nemici lo riscosse |
Carsuleo , che vi corse a dargli ajuto , |
e gli ristrinse su gli arcion le cosse . 255 |
S' era del par gran pezza combattuto , |
quando vista piegata la bandiera |
di Pansa , e 'l Conte Carsuleo caduto ; 258 |
sentita fu l' Antoniana schiera |
gridar Vittoria ; ma pian pian di grazia : |
la vita il fine , e il dì loda la sera . 261 |
La mensa dopo pasto si ringrazia ; |
ancor non era entrata la Pretoria |
squadra in battaglia , non che fosse sazia ; 264 |
la qual per testimonio dell' istoria , |
urtò nel vincitor con tanto ardire , |
che rincular fe indietro la Vittoria : 267 |
nè per quel giorno osò più comparire , |
fin che non vide rotta , e fracassata |
quella schiera fortissima perire . 270 |
E Pansa ricevuta una stoccata , |
ove l' usbergo è giunto con gli arnesi , |
d' altro imbrattò la sella , che d' agliata . 273 |
Così molti fur morti , e pochi presi , |
e fra gli altri prigion furon trecento |
cinquantasette giovan Bolognesi , 276 |
che fuor della battaglia a salvamento |
si stavan ritirati all' ombre opache , |
e al volto si venian facendo vento . 279 |
Si legge in quel trattato delle brache |
di Publio Peto , e dove Plinio scrive |
il modo d' ingrossar le pastinache , 282 |
che queste genti fur lasciate vive , |
per caricarle di nemiche spoglie , |
e così in campo le menar cattive . 285 |
Ma mentre ogni vil preda si raccoglie , |
le some trapassar troppo il dovere , |
nè ci ebber pure un piumacciuol di foglie . 288 |
anzi ogni Capitano , ed ogni Alfiere |
quel dì trattato fu da Dromedario , |
che usa portar la soma , e 'l mulattiere . 291 |
Onde fer voto alzar di marmo Pario , |
se sane riportavano le pelli , |
qualche memoria al gran Giove asinario , 294 |
il che ottenuto , a furia di martelli , |
giunti a Bologna , per pagare il voto , |
la torre edificar de gli Asinelli . 297 |
Ferito Pansa , e omai di sangue voto , |
anche egli in fuga al fin voltò la briglia , |
benchè alla piaga fe gran danno il moto . 300 |
e se ben ebber dietro un parapiglia |
Tenetelo , che già cade , e non cade , |
basta il destrier mertò doppia caniglia , 303 |
La fama in tanto , che accorciò le strade , |
fu prima ella , che ad Ircio diè l' avviso |
delle legion tagliate a fil di spade . 306 |
il qual , fatto chiamare all' improviso |
Ottavio , che per ordin del Senato , |
non s' era mai da i Consoli diviso , 309 |
disse : A noi tocca , giovane onorato |
rimondar questa pera or , che avem spia , |
che il vincitor senza temer d' aguato , 312 |
avendo rotto tanta fanteria , |
e 'l valor nostro non prezzando punto , |
tutto allegro sen vien per dritta via : 315 |
Anzi con un confuso contrapunto , |
cantando quel Sonetto del Petrarca , |
Satti buon la cipolla col pan unto . 318 |
dunque imboschianci , e diamogli una carca |
sì fatta , che al passar cotante uccise |
genti , faccian crollar l' Infernal barca . 321 |
Sì potran poi nelle campagne Elise |
l' alme dianzi de i nostri andar cantando : |
Se Africa pianse , Italia non ne rise . 324 |
E così detto , e nulla dimorando , |
sen giro ad imboscar fra certe valli , |
il passar de i nemici ivi aspettando . 327 |
ove poi giunti per diversi calli , |
subito Ottavio sbucò loro addosso |
con sì crudel tempesta di cavalli , 330 |
che la vanguardia , ancorchè numer grosso |
d' uomini d' arme , e di cavai leggieri , |
tutta si rovesciò nel vicin fosso . 333 |
Gli altri temendo incontri così fieri , |
tosto raccomandar la lor salute |
alle fedel calcagna de i destrieri . 336 |
e fecer ben : perchè talor le acute |
lance dan morte , ed al parer dei savi , |
la vita è una bellissima virtute . 339 |
alla barba de i Turchi e degli Schiavi , |
che per natura timidi , e codardi |
vanno a farsi ammazzar per parer bravi . 342 |
Quel giorno , essendo sotto gli stendardi |
di Ottavio il Cavalier Don Mecenate , |
tra i primi Capitani , e più gagliardi , 345 |
poichè cento persone ebbe stroppiate , |
ed a cento altre forato la pancia , |
e cento alfane a terra rovesciate ,[*] 348 |
riportò in campo , e non fu miga ciancia , |
due dei miglior guerrier , e dei più forti |
ambo infilzati in una stessa lancia ; 351 |
che i meschin , non essendo ancora morti , |
venivan maneggiando or gambe , or braccia , |
e si dolean tra lor delle lor sorti . 354 |
Or mentre i vincitor davan la caccia |
a i vinti , a cui fortuna empia e ritrosa |
avea voltato la matrigna faccia , 357 |
i prigion , che vedean quasi ogni cosa |
gir in ruina , posta giù la soma , |
ver Bolona truccar per la calcosa . 360 |
il che fu causa , che abbattuta e doma |
la superbia di Antonio , si facesse |
l' accordo poi tanto dannoso a Roma . 363 |
Ma non si eran le spade ancor rimesse , |
che Mecenate ad infilzare il resto |
tornando , ci patì qualche interesse : 366 |
perocchè l' elmo gli fu rotto , e pesto , |
e foratogli un braccio da una polza |
con viso sen partì grinzo , ed agresto . 369 |
Così gira fortuna e fugge , e stolza ! |
Basta , che si fe in Modena curare , |
ed in casa alloggiò del Signor Molza . 372 |
a cui divenne poi sì familiare , |
che in Roma gl' impetrò molte esenzioni , |
e nelle lettre gli scrivea Compare . 375 |
Aveano i Molzi allor presso a i Rangoni |
le antiche case loro , e vi si giva |
per certe scale vecchie di mattoni . 378 |
Quivi continuamente il dì veniva |
a visitarlo quasi a concorrenza |
chiunque letterato allor fioriva : 381 |
anzi fin dalla nobile Vicenza , |
vi venne quel Grammatico eccellente , |
che fe fra Gutta , e Stilla differenza . 384 |
Guarito Mecenate , e già possente |
a poter far viaggio , una mattina |
quella Città gli fece un bel presente : 387 |
quindici libre di salsiccia fina , |
una rotella tutta lavorata |
di una manifatura pellegrina . 390 |
su la qual con piacer della brigata , |
si vedea la profonda , e larga istoria |
del già Potta di Modena intagliata . 393 |
Ma il don , ch' egli ebbe per sempre in memoria , |
e che sen valse , che , com' uon di corte |
poco temea l' autorità Censoria ; 396 |
fu in una cassa ben serrata , e forte , |
fra molt' alga marina , intorno a cento |
maschere Modenesi di più sorte , 399 |
di che soddisfattissimo , e contento , |
tornando a Roma , fece aggiunger poi |
la barba a molte , ch' eran senza mento . 402 |
Scrivon che più di un giorno , e più di doi , |
per veder quelle maschere di gesso , |
durò la calca de gli amici suoi ; 405 |
ond' io non sò perchè con gli altri appresso |
chiari inventor di qualche bel mistiero , |
da Polidor Virgilio ei non sia messo : 408 |
perocchè ( a dir quel poverel del vero ) |
si trova per scritture di molt' anni , |
che Mecenate in Roma fu il primiero , 411 |
che v' introdusse il mascherar da zanni . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Ottavio , Antonio , e Lepido fan pace ; |
Poi si spassano in Roma a tagliar teste : |
Ma perchè Bruto in arme a lor non piace , |
Gli danno addosso , ed egli è nelle peste . |
Mecenate si mostra uomo capace |
In ogni affare sì , che il credereste |
Pieno di senno , e pur ei guida male ; |
E il suo getta ai Poeti lo stivale . |
Se fin sul mar là dietro al Paradiso |
Terrestre , dove il Sole ogni mattina |
Le man si lava , e 'l sonnacchioso viso ; 3 |
se fin dove la Sera poi declina , |
cacciatosi di capo la berretta , |
a dar la buona notte alla marina , 6 |
e se per dove il dì corre a staffetta , |
sgozzato dalla sete , e pien di scorno |
di aver rotto per strada la fiaschetta ; 9 |
dico , che se girai cercando intorno , |
per dir in tre brevissime parole , |
l' Oriente , l' Occaso , e 'l Mezzo giorno , 12 |
Non troverai , per quanto gira il Sole , |
fra i popoli propinqui , e fra i lontani , |
e sia pur qual nazione esser si vuole , 15 |
gente , che omai con più maturi , e sani |
giudizj abbia i negozj suoi trattati , |
che fer quegli accortissimi Romani . 18 |
Perchè , per fin nel por nome a i casati |
non si mosser giamai senza ragione , |
come vediam ne i Lentuli , e Torquati , 21 |
Anzi quel severissimo Catone , |
che censurando , il Mondo avea ridutto , |
che non ardiva pur far colazione . 24 |
fino a Cajo Mecenate , essendo putto , |
mutò il nome , e 'l chiamò Cajo Malchino |
perchè giva disciolto , e scinto tutto ; 27 |
Recando questo nome pellegrino |
dal Greco , come in un sermon d' Orazio |
dottamente discorre il buon Lambino : 30 |
Ma poi cresciuto il putto , e non mai sazio |
di aver gente di pezza a cenar seco , |
e non bastava dirgli , Io vi ringrazio : 33 |
che a forza dentro al liberal suo speco |
per la toga tirava le brigate , |
dicendo : Io vò , che voi cenate meco . 36 |
Per quel suo tanto dir : Meco cenate |
formandovi una sincope bastarda , |
Roma il chiamò poi sempre Mecenate . 39 |
Ma torniamo all' istoria , che sol guarda |
l' azion , e i tempi , e le dà noja , e tedio , |
se troppo fuor di strada si ritarda : 42 |
Levato che fu a Modena l' assedio , |
e Decio divenuto un zer via zero , |
che quando vuol dir mal , non ci è remedio , 45 |
Lepido , Antonio , e Ottavio a un tratto fero |
pace tra loro , e senza contenzione |
uniti in Roma entrar con viso fiero ; 48 |
ove fer poi sì orribile occisione , |
che per ogni contrada si vedea |
far coi capi degli uomini al pallone ; 51 |
Nè contra l' ira lor malvagia , e rea |
giovar nè sepolture , nè cloache , |
dove qualche meschin si nascondea . 54 |
Lucrezio il sà , che vivo , e senza brache |
fu d' un umida tomba tratto fuori , |
che l' avean mezzo roso le lumache . 57 |
Solo fra tanti strepiti , e rumori |
la vita ottenne in don Marco Serpillo |
che fe quel bel trattato de i sapori . 60 |
Mecenate lo chiese , e a lui sortillo |
Ottavio , tanto più , ch' era eccellente |
nel gioco , che si chiama Toccatillo . 63 |
Stanca , e non sazia ancor l' empia lor mente , |
giunser gli avvisi , come messo insieme |
Bruto aveva un esercito possente . 66 |
alla cui nuova , a guisa di chi teme , |
Lepido si fe smorto , e torse il collo , |
che parea proprio una zucca dal seme . 69 |
Ciò visto Ottavio , e volto a Quinto Frollo , |
Costui , disse , si muor , mettil di grazia |
nell' aceto rosato un poco a mollo . 72 |
In tanto avendo già per la Dalmazia |
con tre legion Turpilio innanzi spinto , |
( Turpilio , che alle donne era in disgrazia , ) |
e con tutto l' esercito distinto |
marciava dopo in forma di battaglia , |
di armi , e di ricche vesti ornato , e cinto , 78 |
sopra un bajo corsier coperto a maglia |
sol per affrontar Bruto , e far di nuovo |
del buon sangue Latin correr Tessaglia . 81 |
benchè in Appian tutto il contrario trovo , |
cioè , che avea la febre , e giva scarco |
di armi , e che appena avria succhiato un uovo . 84 |
Ma non dice ei però , nè men Plutarco , |
nè Tranquillo , nè Tacito , nè Festo , |
nè gli altri , che or per brevità gli varco , 87 |
che Mecenate mai gisse con questo |
vittorioso esercito Romano |
oltre le due fortezze Abido , e Sesto . 90 |
Con tutto ciò Lattanzio Firmiano , |
mosso e fondato sull' autoritate |
di Cajo Plinio , e d' Albio Albinovano ,[*] 93 |
scrive , che in questa guerra Mecenate |
con un Roncon da siepe , andava innanti |
sfrattandosi da torno le brigate ; 96 |
che resse intiera una legion di fanti |
e in tutta quella guerra egli intervenne , |
e sfidò Bruto , e gli tirò coi guanti , 99 |
Quel dì , che poi d' un colpo di bipenne |
partì la testa , e diè gli ultimi guai |
a Tullio Cimbro , che affrontar lo venne . 102 |
benchè egli prima l' ammonisse assai , |
con dirgli : avverti ben , viso di fava , |
che s' io ti ammazzo , te ne pentirai . 105 |
perocchè Mecenate non usava |
Uccider uom di qualsivoglia sorte , |
senza pria dirgli , se si contentava . 108 |
E così l' ammazzava o piano o forte , |
secondo i patti , che facean tra loro , |
s' intendea calcolato con la morte ; 111 |
tal ch' essi non patiano altro martoro , |
fuor ch' essere ammazzati da un Poeta , |
che era un morir civile , e con decoro . 114 |
se ben più facil cosa , e più quieta , |
parve a Licambe un canape nodoso |
per sonar de i suoi giorni la Compieta . 117 |
Mi ha mostro poscia il molto virtuoso |
Anton de Ricci nobile scolaro |
in un comento antico di Beroso , 120 |
che Mecenate , quando poi tornaro |
i vincitor ver Roma , fu veduto |
cavalcar con Augusto a paro a paro : 123 |
e che avea in dosso il sajo di velluto |
di Cimbro , e la celata coi pennacchi |
di Cassio , e la manopola di Bruto , 126 |
che fra tanti Latin , Greci , e Morlacchi |
di lui non era il più gentil soldato , |
nè , che avesse i più nobili mustacchi . 129 |
Fu nell' entrar di Roma salutato |
dal sempre venerabile Pisone , |
che gli offerse se stesso , e 'l suo casato ; 132 |
il che fer parimente in processione |
tutti i Lentuli , e i Fabj , che nel fiume |
non entrar dell' arguto Culeone , 135 |
ch' esser , dicea , fuor del Roman costume , |
l' offerir ad un sol tanti minuti , |
che bastava la specie di un legume . 138 |
Or essendo i tre Satrapi venuti |
a divider fra lor questa gran torta |
del Mondo , ove i boccon son conosciuti , 141 |
senza altrimente oprar coltello , o storta , |
ciascuno in mano il pezzo suo pigliosse , |
sebben la linea nel partir gì torta , 144 |
onde Lepido fu , che pria si mosse |
per rubbar un boccon delle altrui parte : |
ma ci lasciò li denti , e ci si cosse : 147 |
Nella cui briga , perchè rotto a Marte |
fu l' elmo , onde portar glielo convenne |
a Vulcan , che era mastro di quell' arte . 150 |
finchè egli alla bottega se lo tenne |
(Che 'l tenne un pezzo per la sua mercede) |
la bella Europa guerra non sostenne : 153 |
E Mecenate anch' ei perciò si diede |
all' ozio , alla quiete , e al banchettare |
con certi amici della buona fede , 156 |
quasi Poeti tutti , a cui suol dare |
il Ciel liberalissima dispensa |
di non aver mai roba da sguazzare . 159 |
Ma con questa occasion di essere a mensa , |
me ne girò toccando qualche tasto |
del viver suo miglior , che altri non pensa . 162 |
ei di natura fu di poco pasto , |
ma il poco il volea buono , e ben condito , |
non crudo , e men dal fuoco molto guasto . 165 |
Mai trovato non fu senza appetito , |
nè seppe mai , che fosse indigestione ; |
l' arrosto molto amò , ma più il bollito . 168 |
Ecco se avanti gli venia un cappone , |
per procedere in ciò magistralmente , |
ei gli spogliava subito il giubbone . 171 |
dove facea veder minutamente |
l' epidermo , il panniculo , e la cute , |
da Notomista pratico , e valente . 174 |
Prese poi quelle pelli , ed involute |
in certo saporetto , il qual veniva |
per l' Ocean di là da Calicute , 177 |
soavemente la sua bocca apriva , |
e subito con dir passa , e trapassa , |
e per arte , e per parte le inghiottiva . 180 |
Mai non usò d' inverno carne grassa , |
tanto gli dispiacevan quei ditali |
di sevo , che pel gel si stringe , e ammassa . 183 |
poichè alla barba de i nostri spedali , |
non eran anco a mensa de i Romani |
comparse le forchette artificiali . 186 |
Di raro a pranzo si finia tre pani , |
e gli dava la vita un piatto opimo |
di raviuoli in brodo di Fagiani . 189 |
Bevea pieno un bicchier da sommo ad imo |
tre volte a pasto ; il primo era vin mondo , |
l' altro senz' acqua , e 'l terzo come il primo . |
quinci rivolto con parlar giocondo |
solea dir agli amici : or quale ingegno |
non fe diserto un calice fecondo ? 195 |
Tutti allor rispondean , quasi ad un segno : |
ergo bibamus con allegro viso , |
e giva attorno un anfora di legno , 198 |
recata quivi con prudente avviso , |
perchè i Poeti in quel furor di vino |
avrebbero spezzato a tutti il viso . 201 |
Quì cantò sulla lira il Venusino : |
O nata meco , essendo in Consolato |
Mallio ; col resto in grazia di Corvino . 204 |
Nè essendo ancor da tavola levato , |
che per l' orecchie avviticchiate , e sode , |
tenendo il vaso verso il Cielo alzato , 207 |
compose ancor quell' altra gentil lode : |
Dove , Bacco , mi porti , or che son pieno |
del tuo liquore , e canto l' altrui lode ? 210 |
Così vivean quei fortunati appieno , |
finchè colme di vin le fauci interne |
si versavano il resto giù pel seno : 213 |
anzi le tazze Massiche , e Falerne |
li riduceano a tal , che parea a tutti , |
che una lucerna fosse due lucerne . 216 |
Al fin le Torte cotte ne i distrutti |
chiudean la ricca mensa , perchè a rari , |
dagli Umanisti in fuor , piaceano i frutti . 219 |
Scrive Plinio , ove tratta degli avari , |
che logrò Mecenate , in far le spese |
a i Poeti , una barca di denari ; 222 |
e che aspramente un Venerdì contese |
col proprio Cuoco ; anzi di più si trova , |
che poco ci mancò , che non l' appese ; 225 |
perch' ei non volle l' ostinato in prova |
far quel giorno a Virgilio i maccheroni , |
che per capriccio suo non mangiava ova . 228 |
Cotanto egli onorò sempre i Maroni ! |
Nè comportò , che in Corte sua giammai |
i lauri fosser rosi da i castroni . 231 |
Vario Poeta , ch' era ricco assai , |
perchè accettar non volle una collana , |
di essergli mai più amico ebbe dei guai . 234 |
così già non feci io quando in Toscana |
l' altr' jer mi regalò d' un simil dono |
Madama Serenissima Cristiana ; 237 |
che l' accettai come uom , che inver non sono |
più pratico che tanto , e per decoro |
la porto al collo , e parmi aver del buono . 240 |
ma qual altro più ricco , o bel tesoro |
nascer potea dalla Real Lorena , |
se fin suona il bel nome Arena di oro ? 243 |
Oh quante volte Mecenate appena |
luogo ebbe a mensa ! tanto era il favore |
de i dotti , che sedean con esso a cena ! 246 |
Oh quante volte dalle dita fuore |
traendosi l' anel , che avea di or fino , |
( segno di Cavaliere , o Senatore ) 249 |
lo lasciò in pegno a un oste suo vicino , |
per Quinto Orazio Flacco , che perduto |
avea giocando coi compagni il vino ! 252 |
Mai fuor di casa uscir non fu veduto |
senza una mandra di Poeti intorno , |
ciascun ( la sua mercè ) grasso , e lanuto ; 255 |
Talchè per Roma ogni cantina , e forno , |
al passar di sì dotta compagnia , |
gli s' inchinava , e davagli il buon giorno . 258 |
Dice Salustio , ch' ei tenendo spia |
per tutta Italia , sapea quali , e quanti |
facevan profession di Poesia ; 261 |
e che a ciascun di lor ne l' Ognissanti |
mandava , in vece di tributo e dono , |
una fiasco di Trebbiano , e un par di guanti . 264 |
Quasi volendo dir , che 'l dotto , e buono |
Omer bevendo spesso , e poetando , |
giunse , dove altri mai giunti non sono . 267 |
Si facea sempre da un Liberto , quando |
mangiava , i fatti recitar di Achille , |
per porgli a paragon con quei di Orlando : 270 |
e fu sentito mille volte e mille |
dir sospirando : Ahi tu che là sù tuoni , |
e quà giù mandi folgori , e faville , 273 |
che non mandasti a un tempo tai bravoni ? |
Oh che fora piacer stato a vedelli |
sotto Troja attaccati a mostaccioni ! 276 |
Non sol si dilettò de i libri belli , |
e di udir quei pasciuti suoi Poeti |
cantar , come le allodole , e i fanelli ; 279 |
ma compose ei così leggiadri , e lieti |
versi , che quando giunsero in Parnaso , |
le Muse i fer passar sopra i tappeti . 282 |
Nondimen l' eccellenza del suo naso |
solo il Tragico stil si avea proposto , |
onde n' ebbe a seguir . . . . . . sentite il caso ! |
quando la Circe , ch' egli avea composto , |
nobil Tragedia in cinque atti divisa , |
fu recitata , per ferrare Agosto , 288 |
tanti si pisciar sotto dalle risa , |
e tanti pianser poi l' altrui ruina , |
che non potè finirsi a nulla guisa . 291 |
Perocchè ad innondar si fu vicina |
Roma , cotanto il Tebro era cresciuto , |
per la pioggia del pianto , e della urina . 294 |
Quantunque il Lazio tutto , che venuto |
era a veder questi Romani spassi , |
fosse fuor delle porte ritenuto ; 297 |
Ond' ebbe Augusto a dir : Se mai più fassi |
o Comedia , o Tragedia di costui , |
fate Roma allargar tre mila passi . 300 |
Questa sì grande iperbole , di cui |
si sia non so , l' istorico secreto |
la scrive , e me la dà per cosa altrui . 303 |
onde non è miracol , se 'l Mureto |
non la vide giammai , nè forse manco |
( Dio gli dia pace ) il Cardinal Sirleto . 306 |
Io trovo innoltre in un mio libro bianco , |
ove son di Pittagora , e di Archita |
i versi , che già fer cantando in banco , 309 |
scritta in forma di epitomi la vita |
di Augusto , e ciò , che scrisse a Mecenate , |
in quella lettra sua così forbita . 312 |
ove con certe voci profumate |
l' Idol lo chiama della politezza , |
anzi il model delle cose attillate . 315 |
Nè Roma , allor ch' era in suprema altezza , |
tanto mai si vantò , perchè guidava |
questo Mondo asinon per la cavezza , 318 |
quanto del modo del vestir che usava |
questo giovan leggiadro , che ogni mane |
con certe pianellette a scaccafava , 321 |
e con le sue braghesse Veneziane , |
con giubbon fatto a scacchi ed a rosette |
giva a impetrar da Augusto a i dotti il pane . 324 |
portando poi le vesti così nette , |
che dai Padri Coscritti fu chiamato |
il gran dissipator delle scopette . 327 |
Dicon , che un dì trovandosi macchiato |
il sajo , ne pigliò tanta passione , |
che certo era per dar nel disperato , 330 |
se Ottavio non facea risoluzione |
di mandargli Boezio fin in casa , |
con quel suo libro de consolatione . 333 |
Vi è gran contrasto s' ei portava rasa |
la barba , o lunga , s' era rossa , o nera : |
ma l' ultima ai Grammatici è rimasa : 336 |
Seneca , e Svetonio dicon , ch' era |
di un color , che tirava nel carfagno , |
ma questa opinion non s' ha per vera ; 339 |
perchè Jandon , e Olimpiodoro il Magno , |
nella question centesima seconda |
narrano , e dicon di pel di castagno . 342 |
Ma questo non mi par , che corrisponda |
con quel ( voi m' intendete ) de honestate , |
dove al fermo si tien , che fosse bionda : 345 |
anzi perciò si dice , che l' Abate , |
e Scoto nell' uscir giù delle scuole |
si dier mentite , e fero alle sassate . 348 |
E queste , che io vi conto non son fole , |
e se nol dicon gli altri , avvien perchè io |
dico le cose , e gli altri le parole . 351 |
Ei bisogna trattar con mastro Oblio , |
che ha la stampa Letea d' Elogj piena , |
chi l' altrui vite ha di narrar desio . 354 |
E ci vuole un buon mezzo a corlo in vena , |
come sarebbe a dir Monna Invenzione , |
che gli caccia i concetti dalla schiena : 357 |
ma costei , che a pochissime persone |
si degna , e che non vuol , che le si faccia |
intorno da certi uomini il buffone , 360 |
già di lontan mi accenna , che io mi taccia , |
finchè altrove a proportela più bella |
chiamata se ne và con miglior accia . 363 |
Ben promette tornar pria , che di sella |
giù smonti il Sol a far lieto , e giojoso |
il fin de sta mia istorica Novella . 366 |
Ed io le offro all' incontro un prezioso |
esordio , onde ne porti il capo ornato , |
e di più farle un abito pomposo 369 |
di un bel drappo elegante , e figurato . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
O Cicisbei , di quanto mal cagione |
In ogni etade foste , in ogni loco ! |
La vostra tresca fe d' Ilio un carbone , |
E or minaccia a Perugia un brutto gioco ; |
Perchè di Cleopatra il civettone |
Diventa Antonio ; Fulvia sputa foco , |
La guerra accende , e sono troppo bravi |
Del Poeta i degnissimi Proavi . |
Or poichè il vostro Cittadino , e Vate , |
deve di voi cantar le alte ruine , |
in questo elogio suo di Mecenate , 3 |
superbe mura , che tra dure spine |
sepolto aveste il vincitore del Mondo , |
che vi tornò sì belle , e pellegrine , 6 |
se nel fil della Istoria io non rispondo |
talor col vero , o che la debil vena |
mi manca , o che non tocco appunto il fondo , 9 |
piacciavi in cortesia , non già per pena , |
ma sol per farmi motto leggermente , |
darmi di un vostro sasso nella schiena . 12 |
Sapete ben , che io non vi fui presente , |
come voi , nè in concreto , nè in astratto , |
sicchè tener potessi il tutto a mente . 15 |
Già tornato l' esercito , e già fatto |
per la Vittoria altiero , e temerario , |
chiedea per forza , quanto era di patto . 18 |
cioè le terre in preda , che nel vario |
gioco di Marte a lui furon promesse , |
e ne avea sulle spade l' inventario . 21 |
Vedeansi in tanto uscir da quelle istesse |
città le genti , e tragittarsi a Roma , |
le povere bagaglie insieme messe . 24 |
vedeasi il padre scalzo , e colla chioma |
sparsa , la madre dietro all' asinello , |
e i bambin , che dormian sopra la soma ; 27 |
che per raddirizzarla avean da quello |
canto più lieve aggiunto le galline , |
e 'l gatto , ch' era chiuso in un crivello . 30 |
Poi giunte a Roma squallide , e meschine |
givan gridando : Oimè ci si fa torto |
contra le umane leggi , e le divine ! 33 |
che non siam miga noi color , che han morto |
Cesar , che meritiam pena sì ria , |
nè dato a Bruto abbiam passaggio , o porto . 36 |
Così a quanti incontravan per la via |
uomin di gravitade , o di maneggio , |
chiedean mercè , gridando tuttavia . 39 |
E ci fu un Marco Querulo da Reggio , |
che abbracciò Mecenate ne i ginocchi , |
e non volea lasciarlo , ch' era peggio , 42 |
Pietà , dicendo , almen di noi ti tocchi , |
esposti alle rapine , alle vergogne ; |
Deh cacciati due lagrime dagli occhi ! 45 |
Ed egli : in van ciò , paesano , agogne , |
perchè io non piango mai , se per ventura |
non mi schiaccio su gli occhi le scalogne . 48 |
Piangi dunque da te la tua sciagura , |
che io non me ne diletto , e te le butte , |
e meco perdi il tempo , e la fattura . 51 |
L' esercito fra tanto avea ridutte |
le cose ad una aperta sedizione , |
e minacciava con parole brutte . 54 |
vedendo intorno alla distribuzione |
delle Cittadi Ottavio ir lento , e tardo , |
quasi avesse a quei miser compassione ; 57 |
E crescendo il furor senza riguardo , |
Nonio , che a Ottavio volea far la scusa , |
fu battuto da lor più fin , che un lardo . 60 |
ma al fin quella terribile , e confusa |
militar sedizione ebbe il suo intento ; |
che ove è la forza , la ragion non si usa . 63 |
Pur di quei , che predaron Benevento , |
streghe ne diventar la maggior parte , |
benchè alcun dica , che non fur trecento . 66 |
Fra diciotto Città fur dunque sparte |
quell' empie schiere , di che il popol lieto |
di Roma , Ottavio ringrazionne , e Marte . 69 |
Era già il Mondo presso che quieto , |
e di Bruto , e di Cassio , essendo morti , |
altro non si sentia che puzza , e fieto ; 72 |
e già Sesto Pompeo ne i ricchi porti |
della grassa Cicilia avea i suoi legni , |
fuor del mar tempestoso a tempo sorti . 75 |
Per tutto si facean scommesse , e pegni |
che era per tornar presto il secol di oro , |
con tanta pace ognun godea i suoi Regni . 78 |
e quasi ogni otto dì nel Roman foro , |
o si facean commedie , o mascherate , |
od in forma di caccia usciva il toro , 81 |
ma però con le corna insaponate , |
che così costumar quei padri prischi |
di assicurar le stitiche brigate . 84 |
Nondimen si correan di brutti rischi : |
di che Don Mecenate non ben pago , |
che in odio i giochi avea di sangue misti , 87 |
e del voler di Ottavio anche presago , |
ch' era in ogni stagion non men , che fusse |
Valerio , di piacere al popol vago . 90 |
di Grecia in Roma , e di Africa condusse |
tanti Istrioni , e Mimi , e Parasiti , |
che l' antica allegrezza in lei ridusse . 93 |
Talchè solo a le feste , ed ai conviti , |
ed a far cerimonie , e usar creanze |
parean rivolti i nobili appetiti . 96 |
anzi per tanti giochi , e tante danze |
più non sapean cacciar mano alle spade , |
se non ballavan pria quattro mutanze . 99 |
E levata era via quella viltade |
d' inchiodarsi sul capo la berretta , |
che altrui non fosse tolta per le strade , 102 |
e quasi in ogni picciola casetta , |
accordate le Cetere , e le Pive , |
si sentiva cantar la Gerometta . 105 |
Ma le menti degli uomini cattive , |
che tenean l' armi ascoste sotto al manto , |
e dell' odio civil non eran prive , 108 |
condusser Lucio Antonio , e Ottavio in tanto |
sdegno fra lor , mercè di un ambiziosa |
donna , che Italia ebbe a tornare in pianto . 111 |
Perugia il sa , che ancor nella rugosa |
fronte serba i vestigj di quel fiero |
incendio , che col tempo ardè ogni cosa . 114 |
Non potea Lucio , di natura altiero , |
trovandosi quell' anno in Magistrato , |
veder Ottavio in sì felice Impero ; 117 |
e però contra lui già si era armato , |
sol dal furor di Fulvia , empia , e bestiale , |
moglie di Marc' Antonio fomentato . 120 |
Costei sentendo , che altri il suo Cotale , |
id est , il suo marito si godea , |
( Buone persone , non pensate male ) 123 |
e che ancor Cleopatra se lo avea |
tirato in casa in quello appartamento , |
che ha la porta attaccata alla Moschea , 126 |
impazzia di dolor ; ma più tormento |
le era vedersi intanto spigionate |
le proprie case , aperte all' acqua , e al vento . |
ma perchè alquanto si erano invecchiate , |
ed avean sotto un magazzin di aringhe , |
io per me ne fo scusa a le brigate . 132 |
Nè ti pensar però , che ciò mi finghe , |
e sia quest' Episodio un di quei forse , |
che vi stan rappezzati con le stringhe . 135 |
Plutarco il dice . Or senti quel che occorse ! |
Lucio , che non sapea le astute trame |
del guerreggiar , venne in Perugia a porse . 138 |
Città , che in ver non so se me' la chiame |
o famosa , o affamata : che l' altro anno |
la fama ebbe a morirci dalla fame . 141 |
Quì lo rinchiuse Ottavio , se non fanno |
error gli Annali , con perpetua fossa , |
più tosto per fargli utile che danno ; 144 |
perchè avea Lucio allora un pò di tossa ; |
La lunga dieta gli asciugò il catarro , |
e gli risolse ogni materia grossa . 147 |
Ma già veggo apparir , mentre ciò narro , |
i guastator contr' ogni caso reo , |
coperti da testudine , o da carro , 150 |
non lunge al mur , che poscia arse , e cadeo ; |
ed han per scorta quindici bandiere , |
di ch' era Colonnel Mario Ventreo , 153 |
Il qual per esser grasso , e per avere |
nella sinistra natica un bisciolo , |
sudava tutto , e non potea sedere : 156 |
ma pur si giacerà su 'l verde suolo |
senza guancial per l' onorate mani |
di un di quei dentro , e forse a un colpo solo ; |
Avvenga , che oltre a i fanti Antoniani |
la Città militava sotto a un pajo |
de i suoi più valorosi Capitani . 162 |
l' un de i quai si chiamava il Capucciajo |
degli African Calossi , l' altro il Ciuco |
de i Manganelli antichi del Verzajo . 165 |
ambi guerrier sine fallacia , e fuco |
ambi arrischiati , e bravi quanto il Sole , |
se bene il Sol si ficca in ogni buco . 168 |
Cavossi a sorte , come far si suole |
fra quei che son di etade , e di bravura |
e di onor pari , e pari ancor di prole , 171 |
e toccò al Manganel l' alta ventura |
di essere il primo a dar sopra 'l nemico , |
e farsi conto ad ogni età futura . 174 |
Tenea costui di quel valore antico |
di quei gran bravi , che sfidaro il Cielo |
e si pensar mezzarlo[*] come un fico . 177 |
Misero ! a che provar l' ardente telo , |
temerario Tifeo , pazzo di ardire , |
a non temer di Giove irato un pelo ? 180 |
L' arme del Manganel , già sentii dire |
dal bisavolo mio , che l' avea inteso |
dall' avol suo più volte riferire , 183 |
era un baston di smisurato peso , |
e una giornea di schiena d' Elefante , |
con un gran coltellaccio al fianco appeso ; 186 |
Onde io pensando vò , che un tal sembiante |
avesse già quel celebrato in versi , |
quel gran pezzaccio d' uom detto il Morgante . 189 |
Costui con longhi crin neri , e dispersi |
per l' ampie spalle , e pel mostaccio adusto , |
e con barba annodata in mille versi , 192 |
si movea sopra il minaccioso busto , |
che senza il capo era due canne appunto , |
e col capo due canne , e un sesto giusto . 195 |
Già sotto il mur l' esercito era giunto , |
quando , aperto il porton degli Sperelli , |
ei saltò fuor co i suoi soldati in punto . 198 |
Sagrificato pria sopra i rastelli |
dell' armi un toro ad Ercol protettore |
de i ben ferrati , e saldi manganelli , 201 |
poi da soldato , e generoso core , |
visto il nemico appresso , alzò la mano , |
indi la lingua sciolse in tal tenore . 204 |
O valigion da tozzi , o Capitano |
panciatico , pancion della Trippalda |
tu menti per la gola esser Romano ; 207 |
perchè i Roman non portano una falda |
di ceroto alle natiche impiastrato , |
se affrontar vanno un' ordinanza salda . 210 |
Perchè il petto ferito è sol lodato , |
e non la schiena , talchè il tuo groppone |
mostra che con le chiappe hai guerreggiato . 213 |
pur io ti porto un utile unzione , |
cioè Grasso di quercia , colto a Luna , |
o vogliam dir sudor d' esto bastone ; 216 |
che se sul capo io te l' appicco , o ad una |
tempia , mai più per qualsivoglia offesa |
tu non sei per sentir doglia veruna . 219 |
Sorrise il buon Roman , la burla intesa , |
poi disse : non saltiam di palo in frasche , |
ma stiam nella metafora , che hai presa . 222 |
Tu che il medico fai , ma l' arte infrasche , |
ove hai per cacciar sangue la lancetta , |
capitan Merendon de i Mangialasche ? 225 |
E fu il dir , e 'l tirargli una saetta , |
quasi ad un tempo : ma tra il fianco e 'l braccio |
senza nulla ferir sen passò netta . 228 |
Non so , se mai di state alcun cagnaccio |
visto hai , quando una mosca lo molesta , |
e l' assalta , e lo punge , e gli da impaccio , 231 |
alzar la disdegnosa irata testa , |
e lanciarsi ove aver spera fra denti |
la stridula nemica al fuggir presta . 234 |
tal con occhi rabbiosi , e d' ira ardenti , |
spiccò il fier Manganello un leggier salto , |
mentre par che il nemico altr' armi tenti . 237 |
Ed alzato il baston , sbuffando in alto , |
mostrò , ch' esser dovea con sì fier atto |
questo primo e ad un tempo ultimo assalto ; 240 |
perchè quel capo incaparbito , e matto |
nulla stimava , tanto era cocciuto , |
le bastonate , perchè dan di piatto . 243 |
Ma si fu con suo danno indi avveduto , |
che in ogni rissa , tra il capo , e il bastone , |
il battente è più forte che il battuto ; 246 |
benchè il Dottor Celata , e 'l Morione |
tentasser di produr certe difese , |
per render vana questa decisione . 249 |
Di un colpo adunque morto lo distese , |
e l' alma sbucò fuor sola , e mendica |
svaligiata del corpo , e d' ogni arnese . 252 |
Cacciossi tosto poi fra la nemica |
gente il fier Manganel , come uno avaro |
villan , che batte l' annebbiata spica . 255 |
Il che vedendo i guastator , voltaro |
tosto le spalle , e nel squadrone armato |
dier degli amici , e in guisa lo trattaro , 258 |
che pareva un Virgilio squinternato , |
che fra quei dell' Eneide ci avesse |
i Georgici versi ancche intricato . 261 |
Sopraggiungendo poi l' ardite , e spesse |
schiere de i Perugin , già sparsa , e rotta |
la falange Romana in fuga diesse . 264 |
Vedendo Ottavio ciò , che si era allotta |
messo a mangiar , saltò fuor delle tende , |
con mezzo porro in mano , e una pagnotta . 267 |
E tosto , acciò la brutta fuga emende , |
vi spinse il Colonnel Don Mecenate |
tutto abbigliato di pennacchi , e bende . 270 |
il quale con parole , e con stoccate |
frenò la fuga , e fe voltar la faccia |
a quelle genti , rotte , e spaventate . 273 |
Indi a tornar per la medesma traccia |
sforzò il nemico , ma non però tale , |
che mostrasse di aver rincalza , o caccia . 276 |
Il resto poi del dì fu feriale , |
ma i Perugin portar dentro le mura |
tante zappe , piccon , bidenti , e pale , 279 |
cadute nel fuggir per la paura |
di mano a i guastator , che ne fer poi |
la ferrata fortissima , e sicura , 282 |
che anco in memoria di quei primi Eroi |
cinge d' intorno la superba Fonte |
di piazza , e i bronzi , e i freddi marmi suoi . |
Intanto Ottavio ritirossi al ponte |
del Tebro altier , perchè gli parve il gioco |
passato con felice , e ardita fronte . 288 |
e lodò Mecenate anche non poco : |
poi la sera accostar fatto una cassa |
da Campo , a mensa gli diè il primo loco , 291 |
e la prima scodella , e la più grassa . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Loda la Corte un tantinetto , e poi |
Rivolge i carmi il Vate al fiero Marte . |
Entra nel Concistoro degli Eroi , |
Onde il destin della Città si parte ; |
O Perugini , proverete voi |
Che alla fortuna mel contrasta l' arte ; |
La Balistisca tutta , e la Meccanica |
Di Ottavio sol vi frutterà una manica . |
Poichè senz' adoprar altr' acqua forte , |
m' accorsi aver purgato le budella |
nel corrosivo aceto della Corte , 3 |
e che secche , e girate a la fusella |
potean servir per corde ad ogni degno |
leuto , tocco da man dotta , e snella ; 6 |
tosto sul mal gradito , e curvo legno |
le accomodai della mia Tosca lira , |
e le sonai con l' arco del disegno . 9 |
Dannando il secol brutto , e che sol mira |
all' arche , che omai crepan di tesoro , |
e la nuda virtù piange , e sospira . 12 |
contrario in tutto al secol di coloro , |
di cui cantò già il gran Marone , e Flacco |
colla lira di argento , e 'l pletro d' oro : 15 |
nè l' un , nè l' altro mai si vide stracco |
in lodar quei Signori , e ci avrian messo |
più roba assai , se più capiva il sacco . 18 |
Ond' io benchè appo lor paja l' istesso , |
che suol parer notturna luccioletta |
al lume immenso della Luna appresso , 21 |
pur volentier ne parlo , e mi diletta |
raccontar quegli Eroi , che già in Parnaso |
fur da i Poeti portati a staffetta . 24 |
dove vestiti di velluto , e raso , |
le dotte Muse i fer passar per l' Orto , |
acciò mai non vedessero l' Occaso . 27 |
Con cui soleva andar anco a diporto |
Don Mecenate , poi ch' ebbe renduto |
lo stocco a Marte , e l' arcobugio corto . 30 |
sebben poco allor questo era tenuto |
arme da galant' uom , pur stando a mensa |
quella sera al gallon gli fu veduto . 33 |
donde poi che riposti alla dispensa |
furono i tozzi , e gli avanzati torsi , |
che in Corte altrui si dan per ricompensa , 36 |
si fecer molte dispute , e discorsi |
intorno a quella guerra , essendo quivi |
del Campo i maggior Principi concorsi . 39 |
E fu concluso pur di attender ivi |
a por l' assedio , come quel partito , |
che aver per fame fa i nemici vivi . 42 |
perchè le Città forti assai di sito , |
si burlan delle lance , e delle spade , |
che 'l lor mortal nemico è l' appetito ; 45 |
e sianci pur denari in quantitade , |
che là dove non è farina , o pane , |
nè in amor vi si sta , nè in caritade . 48 |
Fu dunque risoluto per la mane |
di dar l' assalto al mur da quella parte , |
che vagheggia del Tebro le fontane ; 51 |
e ciò con militare astuzia , ed arte , |
che mentre eran le genti a quella grande |
difesa intente , e su pel muro sparte , 54 |
alla porta Turrena con le bande |
de i Corsi , i guastator giungesser prima , |
che 'l Sol s' avesse messe le mutande ; 57 |
e quinci con perpetua fossa , ed ima |
cavasser fin a Porta Transimena , |
e porta Boreal , ch' era più in cima ; 60 |
E Mecenate intanto nell' amena |
valle di Jano armato si fermasse , |
a mirar la battaglia , di error piena ; 63 |
e là dove il soccorso bisognasse , |
tosto movendo i suoi valenti , e freschi |
commilitoni andar non ricusasse . 66 |
Avea costui tre mila Romaneschi , |
col terzo di Toscana , e a questa gente |
aggiunto un reggimento di Tedeschi . 69 |
D' assaltar poi la porta d' Oriente |
fu commesso ad Agrippa , e al Colonnello |
Cornelio Dolabella adolescente . 72 |
questa , che or porta d' Oriente appella , |
E` l' istesso porton , che fu da poi |
dalla spera del Sol detto Sperello . 75 |
Petreo fra tanto , un de i famosi Eroi |
di quella età , dovea spingere innante |
a porta Marzia co i Soldati suoi : 78 |
posciacchè l' altra , a questa non distante |
un tratto d' arco , esser dovea assaltata , |
da Ottavio stesso nel medesmo istante : 81 |
Avvenga ch' egli per far cosa grata |
a i nobili Roman , ch' eran l' altrjeri |
venuti , per guastar questa porrata ,[*] 84 |
se le avea eletta più che volentieri , |
seco avendo Rutilio , e 'l gentil Cajo |
Vibio , che andar fa i nostri Vibj alteri . 87 |
Durato quel consiglio era un buon pajo |
d' ore , e già lo Dio Morfeo s' avea tratto |
per girsene a dormir le brache , e 'l sajo , 90 |
quando d' accordo quei Signori , a un tratto |
levati sù tornar ver le lor tende , |
a dormir chi di taglio , e chi di piatto . 93 |
Quì da molti Plutarco si riprende , |
che vuol , che questi sino al mattutino |
vegliassero a dar sesto alle faccende . 96 |
perchè si legge nel testo Latino , |
che sol fra tanti Diego di Siviglia |
attese al gioco , e Gian Petit' al vino . 99 |
Ma poichè l' ore , attissima famiglia |
del Sol , gli appresentaron nel Cortile |
di Oriente il Caval con Sella , e Briglia , 102 |
se ben parea , che oltre l' usato stile |
tardasse a cavalcare , essendo giunto |
per gir seco alla staffa il verde Aprile , 105 |
tosto quel grand' esercito fu in punto , |
e si mosse partito a schiera , a schiera , |
per adempir quel greve carco assunto . 108 |
Giva dinnanzi la Real Bandiera , |
coll' Aquila nel mezzo monachina , |
cioè di penna , verbi gratia , nera . 111 |
Quella di Agrippa tutta era turchina |
con una scarpa d' or da podagroso |
tagliata , ma con trinci da dozzina . 114 |
Petreo giovane illustre , e valoroso , |
nella sua bianca insegna avea dipinto |
un lambicco da far l' olio petroso . 117 |
Così venia l' esercito distinto |
con tanto ardire , e tal valor , che molti |
scrisser per fin a Roma , che avean vinto : 120 |
ma pian , che ancor i bracchi non son sciolti : |
Lucio saputo ciò la notte istessa |
da certi rifuggiti entro raccolti , 123 |
accommodata avea sul muro , e messa |
di ogni arme da lanciar copia infinita , |
che minacciava altrui la morte espressa . 126 |
ordinando anche a pena della vita , |
che ogni donna ad un segno il suo caldaro |
vi carreggiasse pien d' acqua bollita . 129 |
Le cui fervide ciance non han paro |
per appiccar altrui la pelarella , |
ma pur la dama non costa denaro . 132 |
Ottavio intanto già vicino a quella |
porta , ove dar doveva la battaglia , |
sicchè dal mur si udiva la favella , 135 |
tosto gridò : Le scale alla muraglia , |
soldati miei , che aver la precedenza |
io mi vergogno contro a sta canaglia . 138 |
Le cui parole piene d' insolenza |
udite da quei dentro , e usar potendo |
la difensione di buona coscienza , 141 |
addosso lor versar così stupendo |
numer di sassi , che non poter pure |
dirsi l' un l' altro : me tibi commendo . 144 |
anzi , sepolti tra le rozze , e dure |
pietre , agli eredi risparmiar le spese |
degli Epitaffi , e delle Sepolture . 147 |
Rotte le prime Scale , e a terra stese , |
tosto appoggiar si vider le seconde : |
e per levar da i merli le difese , 150 |
con certe Baleariche lor fronde |
tiravan contro al mur , ch' era vicino , |
e sassi , e pietre accomodate , e tonde . 153 |
che ciottoli le chiama il Fiorentino |
Boccaccio , con che Bruno , e Buffalmacco |
percosser l' invisibil Calandrino . 156 |
Su queste scale giocavano a scacco |
la Morte , e Marte , ed or su quei gradoni |
saliva un fresco , or sen levava un fiacco . 159 |
quì per pedine serviano i pedoni , |
che a questo gioco per pigliare il rocco , |
nè Alfieri , nè Cavai non eran buoni . 162 |
Si era fermato Ottavio , e come tocco |
non fusse a lui , stava ad un arbor piatto , |
colla rotella in braccio , e collo stocco . 165 |
Poi , mutato pensier , spiccossi a un tratto , |
e venne sopra l' alto egli in persona |
colla speranza dello Scaccomatto : 168 |
Ma non ci ebbe fortuna molto buona , |
perocchè un popol grande era montato |
a difender de i merli la corona . 171 |
Uomini , e donne a i lor mariti a lato , |
di cui sol una ve ne porrò in lista , |
ma non se ne sa nome , nè casato ; 174 |
se ben per questo ogni scrittura ho vista |
del vecchio armario , e quel , che ultimamente |
scrive il nostro Pellin , nobil Cronista . 177 |
Costei , veduto Ottavio , il qual repente |
salito su una scala alta di sorbo , |
le trattava il marito amaramente , 180 |
Che ti venisse , trista grazia , il morbo , |
non ti vergogni appor con questo vecchio , |
disse , che ha guasto un braccio , ed è mezz' orbo ? |
E tolto , ov' ella vide in apparecchio |
un trombon militar , ripien di molta |
pece , solfo , salnistro , olio , e capecchio , 186 |
Messovi fuoco , se nè andò alla volta |
di Ottavio , e ardita glielo diè di botto |
nel viso , e replicò più di una volta . 189 |
talchè con barba arsiccia , e mezzo cotto |
il viso , si lasciò gir , a gran rischio |
del collo , a ritrovar color di sotto . 192 |
Levossi da quei dentro allora un fischio |
stupendo , che 'l conobbero al colore |
del sajo non di panno , o d' altro mischio . 195 |
e tanto ripigliaro animo , e core , |
ch' ebbero ardir da mille fanti in tutto |
perugini , ed esterni , a sortir fuori , 198 |
assaltando l' esercito ridutto |
intorno a Ottavio , il si avea beuto |
circa due libre di lardo distrutto . 201 |
Dove con tal valor fu combattuto , |
ch' ei fu forzato , in mezzo di un squadrone |
nemico , dimandar più volte ajuto . 204 |
e mancò poco a non restar prigione |
del Capitan Bardella della Conca , |
e dello Scatenato del Frontone , 207 |
che fin gli attraversar fra i piè una ronca |
e pel sajo il pigliar ; ma loro in mano |
sol ne rimase una manica tronca . 210 |
Benchè il rosso sajon da Capitano |
di eserciti quel dì non si avea messo , |
ma un sajo verde di velluto piano . 213 |
fidandosi , se a sorte egli era oppresso |
da i nemici , nel sajo differente , |
sebbene egli era lui , non esser esso . 216 |
Questa manica poscia , in quel dolente |
incendio , che ridusse in Calcinajo |
Perugia , allor Città brava , e valente , 219 |
nel Tempio di Vulcan là dentro a un pajo |
di bolge si salvò dal fiero gioco , |
che i sassi ne sudar sin' al Gennajo . 222 |
e se l' incendio non toccò quel loco , |
fu sol , perchè , secondo il creder mio , |
le fiamme ebber rispetto al Dio del foco : 225 |
Ma poscia che deposto il giogo rio |
dello Imperio Roman tornar le mura |
altere , e belle nel terren natio . 228 |
superbi i Perugin per lor natura , |
fatta poi quella manica allargare , |
sicchè vi entrasse un capo di misura , 231 |
quel cappuccio ne fer , che suol portare |
fra due mazze di argento un uom robusto |
avanti il Magistrato popolare , 234 |
quasi in sembianza di un trionfo giusto , |
per dimostrare a i posteri di avere |
fatta prigion la manica di Augusto . 237 |
Intanto a Porta Marzia un certo Alfiere |
avea precipitato giù Petreo , |
che fe tanta ruina nel cadere , 240 |
che secondo Strabone , e Tolomeo , |
ruppe una spalla a Tito , e guastò un braccio |
a Quinto , e spezzò il capo a Carsuleo . 243 |
Dall' altra banda Marco Quinternaccio |
dalla Cartolaria , che avea ferito |
il giovan Dolabella nel mostaccio , 246 |
essendosi anche Agrippa indi partito , |
che pur costui gli avea nell' aggrapparsi |
al mur con un matton schiacciato un dito , 249 |
avvisò Lucio Antonio , che accostarsi |
volesse quivi , perchè già dal muro |
vedean Don Mecenate avvicinarsi , 252 |
Che al coraggioso suon di un gran tamburo |
con molte insegne , armato da alto a basso , |
se ne venia bravissimo , e sicuro . 255 |
fatto prima saper , che avrebbe casso |
non di una vita , ma di mille , e mille , |
chi avesse osato entrargli avanti un passo . 258 |
Nessun , dicea , con me faccia l' Achille , |
che al corpo di quest' anima , che ho addosso , |
tel fo volare in atomi , e faville . 261 |
Io voglio esser il primo : anzi se posso , |
soldati miei , sul mur vedrete or ora |
questo pennacchio mio turchino , e rosso . 264 |
Nè 'l disse invan : perchè senza dimora |
giunto al muro appogiò l' ardite scale , |
con stupor di quei dentro , e di quei fuora . 267 |
perchè di rado a un rischio tal si sale , |
che atteggiar non s' impari dalla morte , |
e far quel salto , che chimiam mortale . 270 |
Pur ei da Capitano ardito , e forte |
sopra vi salse , e cavalcò sù un merlo ; |
ma gli furon le staffe alquanto corte . 273 |
e già mi pare ad ora , ad or vederlo |
dar , indi ributtato , un gran stramazzo , |
e voglia Dio , che il Pò non passi il merlo . 276 |
Su dunque col più molle materazzo , |
dotte Muse , che sia ne i vostri arredi , |
correte pria , ch' ei giunga nello spazzo . 279 |
Tre lance , quattro ronche , e cinque spiedi |
fur , che a un tempo il gettar da un baloardo |
col capo in giuso , e verso il Ciel coi piedi : 282 |
ma il gran Dio di Parnaso non fu tardo |
a dargli ajuto , che giù svolti gli occhi |
parea una capra , quando rode il cardo . 285 |
Salvollo Febo , a lui la gloria tocchi ; |
basta , che al padiglion fu riportato , |
che tutti scorticati avea i ginocchi ; 288 |
E innoltre del pennacchio svaligiato , |
però che un figlio d' un dei percussori |
di Cesar glie l' avea sul mur levato . 291 |
ond' ei n' ebbe a scappar del senno fuori , |
che avesse osato un figlio di Perpenna |
torgli in testa il cimier dei suoi maggiori . 294 |
perchè anche , e quasi con l' istessa penna |
azzurra , e rossa comparì sul ponte |
già contro Orazio il bravo Re Porsenna . 297 |
Ma io non avrei mai cotanta fronte |
di dir , che sia venuta poi l' antica |
livrea dei i Perugin da questa fonte , 300 |
perchè non trovo autore alcun , che 'l dica . |
Or poichè si fu mostra in questo assalto |
gran tempo a i Terrazzan fortuna amica , 303 |
avendo fatto rovinar dall' alto |
muro infinita gente , e giù distesa , |
e fracassata sul terreno smalto ; 306 |
con tutto ciò nell' ostinata impresa |
la Città stanca , e tutto il dì digiuna , |
stata al fin saria vinta a forza , e presa . 309 |
se col silenzio in braccio , e in veste bruna , |
coronata di lampade , e lucerne , |
non compariva la notte opportuna , 312 |
che fece ritirar dalle superne |
mura il nemico , e via tornar carpone , |
chi zoppo , e chi portato nelle gerne . 315 |
Ma quì bisogna per mia defensione , |
pria , che abbia Urania il calamo rimesso , |
rispondere a una tacita obiezione . 318 |
Che presupposto , come è il vero istesso , |
che dalla privazion dar non si possa |
naturalmente all' abito regresso ; 321 |
Petreo come uscì dunque dalla fossa , |
e con la cassa al cul di Barberìa |
sen venne a questa guerra in carne , e in ossa , |
s' egli , e il re Juba , non so che anni pria , |
da Cesar non sperando aver perdono , |
s' ammazzaron fra lor per cortesia ? 327 |
Dico , che esto Petreo , di cui ragiono , |
non è quel , che spogliato in giubbarello , |
si condusse con Juba a buono a buono : 330 |
ma ben figliuol di un suo maggior fratello ; |
Talchè , ser Momo mio , s' intorno a questo |
tu mi riprendi , sei maligno , e fello . 333 |
perchè così va ben la Glosa , e il Testo , |
così alzan con garbo i cordovani , |
e 'l grillo nel suo buco entra di sesto , 336 |
e benissimo sta la sella a i cani . |
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V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Vacilla il muro , ogni torrione cade , |
Manca il coraggio , la speranza e il pane , |
Lucio cede la piazza , e per le strade |
Il Popol si solleva e il chiama cane . |
Ma il Cappucciai , che sempre odiò le spade , |
Gl' insegna a porger suppliche non vane . |
Ottavio dona ai Perugin la vita ; |
Ma Perugia dal fuoco è incenerita . |
Scrive un autor gravissimo , e discreto , |
che Apollo un dì , pascendo al fiume Anfriso |
le vacche , e l' altre bestie del Re Ameto , 3 |
vide per quelle rive all' improvviso |
una povera Ninfa in umil veste |
di macilente aspetto , e magro viso , 6 |
che cavando con l' unghia or quelle , or queste |
radici , la meschina si nutria |
delle men dure , e al gusto men moleste . 9 |
Ma il Pastor d' infocata fantasia , |
non mirando a bellezza , o a nobiltade , |
fece sì , che l' indusse a sua balia . 12 |
e n' ebbe una fanciulla , che all' etade |
nostra ancor vive , Poesia si chiama , |
figlia di Apollo , e della povertade . 15 |
La quale a questa guerra poi invitata |
da i fatti egregi , si fermò sul fosso , |
nè si curò tentar quindi l' entrata . 18 |
porgendo un calamar di lucid' osso |
all' Istoria , che dentro era rinchiusa , |
per notar quanto pan si dava al grosso ; 21 |
aggiungendovi innoltre questa scusa , |
ch' ella era poco amica a quelle genti , |
che altrui guastando van la cornamusa ; 24 |
Ond' è che non si legge fra i valenti |
poeti de sta guerra un picciol verso , |
e ci fur pur sì nobili accidenti . 27 |
Cavati i fossi , i quai per ogni verso |
fur trenta piedi , e cinque ottavi appunto , |
se i computisti non danno a traverso , 30 |
e intorno al fosso un mur perpetuo aggiunto , |
e sopra al mur da mille , e cinquecento |
torri di legno saldo , e ben congiunto . 33 |
entrò negli assediati alto spavento |
che in breve era mestier , chiusa l' uscita , |
dover come i pallon , viver di vento , 36 |
E fu più notti anche una voce udita |
gridar : Misero augel ! che val senz' esca |
tagliarti il sopraculo , e la pipita ? 39 |
Tentiam dunque di uscir , mentre ch' è fresca |
la cosa , dicea Lucio , e se morimo |
bello è il morir , quando si muore in tresca . 42 |
E così l' altra man , sceso nell' imo |
fosso , e poste le scale all' altra parte , |
ei di tutti a montar la sù fu il primo , 45 |
con tal valor , che poi l' antiche carte |
disser , che non fu lui ; ma che ai listati |
stivai di maglia fu scoperto Marte . 48 |
perocchè gli altri Dei non gir calzati , |
dal Dio Mercurio in fuor , che , perch' egli era |
da Norcia , il fer coi zoccoli ferrati . 51 |
Or attaccossi un ostinata , e fiera |
battaglia , che non men di quelle reti |
Lucio bramava uscir , che la sua schiera . 54 |
Quì a un tempo si vedean molti arieti , |
mossi con militar fortezza , e ingegno , |
urtar nelle fortissime pareti . 57 |
quì gettar si vedean ponti di legno |
con macchine uncinate , e grossi travi , |
che davano al salir molto sostegno . 60 |
Lucio fu il primo , dopo molti bravi , |
presto a cader ; pur , disse ad ogni modo , |
voglio gire a cercar per certe chiavi . 63 |
Nondimen tuttavia più ardente , e sodo |
seguia l' assalto , ed avean quasi preso |
due torri , che quì il capo era del nodo . 66 |
ma Salvideno , a cui toccava il peso |
di guardar questa parte , ancorchè tutto |
fosse pieno di repole , e ripreso , 69 |
vi corse , o per dir me' vi fu condutto |
sull' altrui braccia , e poco più , che stava , |
il luogo era a mal termine ridutto . 72 |
costui da mille , o più seco menava |
armati di spadoni , e corsaletti , |
e co i pennacchi rivolti alla brava . 75 |
Sostenner gli Antonian con saldi petti |
più di un' ora il furor di quel squadrone , |
come soldati dei migliori eletti , 78 |
e mostrar di virtù gran paragone ; |
ma perchè un certo Mallio Romanesco |
dava sul capo senza discrezione , 81 |
ed anche spinti dal nemico fresco , |
chi cadde nel ritrarsi , e chi discese , |
secondo che gli venne più manesco . 84 |
Basta , che a molti , a cui scappar le prese , |
dier poscia amica tomba , e sepoltura |
i Corvi beccamorti del paese . 87 |
E ci fu più di un par , che sulle mura |
lasciate ambe le man , sen tornò monco , |
e coi guanti avanzati alla cintura . 90 |
ed altri , avendo un braccio mezzo tronco , |
lo vedevi ir con esso appeso al collo , |
fatto una benda di ginestra , o gionco . 93 |
Fur messi più di mille al protocollo |
dei morti ; ma gran cosa è , che non aggio |
letto , che ne morisse alcun satollo ! 96 |
Ben è ver , ma sia detto senza oltraggio |
de i Capitan di Ottavio , a cui fu tolta |
l' insegna , morir tutti a disvantaggio . 99 |
tentossi nondimen più di una volta |
di quindi uscir , con valor pronto , e vivo ; |
ma sempre essi a sonar furo a raccolta . 102 |
Se ben correr di sangue un largo rivo |
fer delle guardie lente , ed oziose , |
quel dì ch' era a i Roman sagro , e festivo ; 105 |
atterrando con macchine ingegnose |
cento di quelle torri più munite , |
e in poco spazio fer mirabil cose . 108 |
e , se con tutte le legioni unite |
non vi correva Ottavio , il qual trovosse |
a caso armato , vinta era la lite . 111 |
Quel dì con l' arme insanguinate , e rosse |
dell' altrui sangue , quanto fosse bravo |
Paolo Emilio Scauro mostrosse , 114 |
che soffrir non potendo il volgo ignavo , |
che si avesse fatto Idoli i Tiranni , |
E il Senato Roman negletto , e schiavo , 117 |
armato si era a manifesti danni |
di Ottavio , e da nemico empio , e feroce , |
stretto addosso gli avea più volte i panni . 120 |
Or da costui , com' è pubblica voce , |
si tien che sia discesa la Romana |
splendidissima Casa Santacroce . 123 |
ma perchè quì trattarne è cosa vana , |
e acciò non paja altrui , che io voglia in questo |
accordar un leuto , e una campana , 126 |
lasciam la Glosa , e ritorniamo al Testo . |
Già il popol per sì lungo , e così stretto |
assedio , tutto era dolente , e mesto ; 129 |
posciacchè quindi uscir gli era interdetto , |
e cadevan di fame le brigate , |
nè in piazza coparia pur un panetto . 132 |
perocchè i forni , usi a mandar le grate |
novelle di pan fresco ai difensori , |
si avean le fredde bocche sigillate ; 135 |
nè più davan di se cattivi odori |
i solitarj destri , usi ogni mane |
a ricever le visite , e i favori . 138 |
Anzi s' incominciò , mancato il pane , |
a dar la caccia a i morbidi Raspanti , |
e alla stirpe gentil di Ruggier Cane . 141 |
nè ciò bastando , e ruminato quanti |
sopra il titol de Edendo han scritto mai |
dottori elegantissimi , e prestanti , 144 |
si posero a studiar , benchè con guai , |
la Topica materia ultimamente , |
ne i lunghi assedj anch' essa utile assai ; 147 |
e beato era detto fra la gente , |
chi temperar sapeva più trapelle , |
e avea più luoghi Topici alla mente . 150 |
Ma tutte erano in somma bagattelle : |
crescea la fame ; onde a quel fier partito |
ricorser , che fe i gridi ir alle stelle . 153 |
Chiusero i servi in un forte , e romito |
serraglio , con dir lor che stando quivi |
a bocca aperta usciva l' appetito . 156 |
ove di cibo , e di speranza privi , |
ma con fame , che roso avria i macigni , |
se ne venian morendo vivi vivi . 159 |
Ma pria , oh con che preghi i lor benigni |
dei supplicar quei mesti , e poveracci , |
di essere almen conversi in tanti cigni , 162 |
che vissuti sarian ne i proprj stracci ! |
ma tutte zucche : non si mosse un pelo |
l' altezza lor , nè volle quest' impacci . 165 |
Sol Giunion , mossa da pietoso zelo , |
dicon , che colma d' acqua una gran tazza |
lor versò addosso un brindisi dal Cielo . 168 |
Allor , dice il Querengo , che la razza |
de i veri servitor si estinse affatto , |
ond' è , che oggi il servizio si strapazza . 171 |
Ma non cessò per così orribil atto |
la fame : anzi ognor più contra i più fieri |
imperversando , gli atterrava a un tratto . 174 |
e quei , che pur vivean magri , ed interi |
parean corpi stillati , o per dir meglio , |
ombre fuggite fuor de i cimiteri . 177 |
Al fin un dì fu vinto in un conseglio |
di dimandar al vincitor la pace , |
per non si far degli ostinati speglio ; 180 |
confessando ad Ottavio il pertinace |
ma ben punito error , che si era lesso |
nel proprio brodo , come le spinace . 183 |
Lucio esser volle Ambasciadore , e messo ; |
ma il modo dell' accordo , e come casso |
fosse ogni odio fra lor , leggil tu stesso . 186 |
Appian lo tratta , e pon di passo in passo , |
ed è scrittor famoso oltra i Latini ; |
ma se legger non sai , vattene in chiasso . 189 |
Or ritornato Lucio da i confini |
del Campo coll' accordo sigillato , |
nulla fatta menzion de i Perugini , 192 |
il popol , pien di collera , e stizzato , |
cominciò a dir : Al corpo , al cul , al sangue , |
che questo traditor ci ha assassinato ! 195 |
e merteria che sta Città , che langue |
per colpa sua , che a tal ridotta l' ave , |
il capo gli schiacciasse come a un' angue . 198 |
Ma il Cappucciar , persona accorta , e grave , |
che in camera era stato alcuni mesi , |
come quasi appiccato , e chiuso a chiave , 201 |
caduto essendo sotto i gravi pesi |
di questa guerra , e tutto si era guasto |
la vita , e fracassato i proprj arnesi ; 204 |
sen venne in piazza , e senza gran contrasto , |
quietò ogni cosa , se ben questi sono |
cervei , che spesso si han levato il basto . 207 |
Consigliò poi , che saria stato buono |
di spedir gente anch' essi a quei di fuori , |
e chieder pace , e dimandar perdono . 210 |
fur dunque eletti cinque Ambasciatori , |
Contulo , Carestel , Carsuccio , e Boco |
chiaro per lo splendor de i suoi maggiori . 213 |
ma però riserbando il primo loco |
di quest' Ambasceria , tanto importante , |
a un certo messer Berto Cericoco , 216 |
che per essere allor primo Mercante , |
le brache non ardian , con riverenza , |
toccargli il cul , che andava sul portante . 219 |
Costui , giunti che furo alla presenza |
del vincitore Ottavio , che sul fido |
trono sedea , proruppe in tal sentenza . 222 |
Quella Città , che ha sì famoso grido , |
non tanto per le Scuole degli Auguri , |
che per avervi tanti bravi il nido , 225 |
quella , che fe cento , e cent' anni i muri |
tremar di Roma , or nella mente entrate |
ragion le son , che pace si proccuri . 228 |
Ottavio , io non so farti altre ambasciate , |
ne arrabbiam dalla fame , come i lupi , |
com' anche ho detto al nostro Mecenate . 231 |
dico , che questi nostri alti dirupi |
raccomandansi a te , per mezzo mio , |
che cinti gli hai di fossi così cupi . 234 |
Olà , compagni , sempre ho da dir' io ? |
Di grazia dica un pò qualch' un di voi . |
dì tu , Carsuccio , omai dì sù per Dio . 237 |
Stava Ottavio ascoltando ad un coi suoi |
gran Colonnelli Agrippa , e Salvideno , |
e Vibio , e Mecenate , e altri Eroi ; 240 |
e sentendo il parlar sì goffo , e pieno |
di parole affamate , in tanto riso |
proruppe , ch' ebbe quasi a venir meno . 243 |
Poscia , rivolto con severo viso , |
Ciricoco Demostene , gli disse |
in quante parti hai l' Orazion diviso ? 246 |
Io avea determinato a fil di spade |
mandarvi tutti , com' è di ragione |
nel crimen della lesa Maestade ; 249 |
Ma la tua elegantissima Orazione |
mi ha così dentro l' anima addolcita , |
che mi ha fatto mutar risoluzione . 252 |
Quì vi perdono a tutti oggi la vita : |
ma , che però fra un' ora costituta |
lasciate la Città sgombra , e spedita , 255 |
siccome indegnamente posseduta |
da voi ; sicchè oramai gitene , i miei |
Ambasciator , che l' avete saputa . 258 |
Allor con molte lagrime , ed omei , |
se ne usciro i meschin fuor della tenda : |
anzi scacciati fur , com' empj , e rei . 261 |
ma Mecenate , per dar qualch' emenda , |
e mitigar la rigida risposta , |
invitati i menò seco a merenda . 264 |
ove mangiarsi una focaccia tosta , |
trent' ova sode , e dieci cacchiatelle , |
e il mezzo indietro di una volpe arrosta . 267 |
Talchè la dianzi lenta , e crespa pelle |
del ventre si gonfiò , siccome fanno |
gli utri delle sonanti Ciaramelle ; 270 |
e ben sarian crepati per l' affanno , |
ma si bagnar ben ben dentro , e di fuori |
il gozzo con un vin greco di un anno . 273 |
Tornati in somma questi Ambasciatori , |
e in piazza ragunato il popol tutto , |
da certi vecchi catarrosi in fuori , 276 |
e riferendo a quel , ch' era ridutto |
l' amaro stato lor , con mesti voti |
tosto si empì quella Città di lutto . 279 |
Con tutto ciò vi si trovaron molti , |
che pria , che consentire a quel rapace |
accordo , esser volean sul mur sepolti . 282 |
altri dannando il pazzo , e pertinace |
ardir , tenean che fosse più da saggio , |
baciando i catenacci , irsene in pace , 285 |
senz' aspettar , che dal nemico oltraggio |
fosser forzati di fuggire in zoccoli , |
tolte lor fin le scarpe da viaggio . 288 |
Quand' ecco un Publio Cestio de i Manoccoli |
gridando disse : Adunque mi conviene |
abbandonar la casa , e i miei bacioccoli ? 291 |
e dee Cola di Rienzo aversen bene |
con qualche Menacul Romaneschetto ? |
Ahi pria voglio abbruciarla , e uscir di pene ! 294 |
Là dove corso , e fatto un fardelletto |
di alcune sue più necessarie baje , |
si cacciò fuoco in casa per dispetto . 297 |
quivi , alzate le fiamme alle grondaje |
de i tetti , ed arsi i letti , e i pagliaricci , |
fece i topi sbucar dalle forciaje : 300 |
anzi le travi , i vergoli , e i graticci |
aridi , e secchi dier materia al foco |
di cavarsi quel dì mille capricci . 303 |
Levossi intanto , per far netto il gioco , |
un vento tal , che senz' alcun ritegno |
sparse l' arida fiamma in ogni loco . 306 |
e tra , che molte case eran di legno , |
e perchè ad ogni modo esser rapina |
doveano , e preda del nemico indegno , 309 |
quella Città sì illustre , e pellegrina , |
pria , che aver dal nemico i danni estremi , |
con volontario foco andò in ruina . 312 |
La qual fondata da i più chiari semi |
fu di quel gran Nocchiero , e Patriarca , |
che dopo il gran diluvio , alzando i remi , 315 |
sopra i monti di Armenia appese l' Arca . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Mecenate paciero , e Ambasciatore , |
Ottavio rappattuma , e Marc' Antonio , |
E spenta ogni semenza di rancore |
Dei loro sdegni , forma un matrimonio ; |
Manda Sesto Pompeo del mondo fuore ; |
Fuga della discordia il reo demonio ; |
Fa guazzar Roma , e in premio del ben fare |
Lo vogliono i Romani avvelenare . |
Arsa Perugia , indegnamente certo , |
nè col cenere suo ne i Roman petti |
spento il fuoco però : ma sol coperto . 3 |
i vincitor , che di rubbar quei tetti |
avean speranza , poichè volto in gelo |
vider la speme , e i lor pensier negletti , 6 |
tiravan giù con le bestemmie il Cielo , |
si mordevan le man , battean i denti , |
si pelavan la barba a pelo , a pelo ; 9 |
Perchè , dove sperar ricchi , e contenti |
tornar con cappe , e saj alla divisa , |
a riveder le mogli , e i lor parenti , 12 |
si vedean scalzi , e nudi essere in guisa , |
che sulle carni aveano il giubbon solo , |
cucitovi il collar della camisa : 15 |
Ma questa era una baja appo il gran duolo |
de i Perugin , che avean , temendo il peggio , |
lasciato in preda al fuoco il patrio suolo . 18 |
Però molti sen gir verso Boneggio , |
altri ver Panicale , e ne gir molti |
a veder la Canonica di Preggio : 21 |
Ma veramente i più furon raccolti |
ne l' antica Bettona , ove a bacchetta |
dopo molt' anni ressero i Crispolti . 24 |
e quì trovaro una pietà perfetta |
di ospizio , senza spendervi monete , |
che pur risultò lor qualche cosetta . 27 |
Intanto l' odio con armi segrete |
si era messo , guatando , appo un cantone , |
per assalir di nuovo la quiete . 30 |
Già fatto avendo pace , ed unione |
Antonio , ed Enobarbo , un di quei bravi , |
che in Senato giocaron di spadone , 33 |
ver Brindisi venian con mille navi : |
ma gli fe star di fuor circa due dita |
il portinar , che non avea le chiavi . 36 |
La loro Flotta molto era agguerrita ,[*] |
Carica di armi , ed agile nel corso , |
E di ogni sorta d' uomini fornita ; 39 |
menando seco un nobile concorso |
di gente , che tagliava a pezzi il Mondo , |
ma però con la spada del discorso . 42 |
Intanto un tal Cocceo , detto , secondo |
la frase Ebrea , dall' aspra coccia , e dura |
del capo , uom accortissimo , e facondo , 45 |
Si pigliò da se stesso egli la cura |
di trattar fra quei Principi l' accordo , |
e liberar quell' assediate mura . 48 |
Nè trovò in questo l' un , e l' altro sordo , |
purchè le parti fussero aggiustate , |
sicchè il lardel ciascun godesse , e il tordo . 51 |
Talchè , entrandovi Asinio , e Mecenate |
di mezzo , ambedue chiari Cittadini , |
le cose fur tra lor rappattumate . 54 |
e si fermò ciascun ne i suoi confini : |
anzi per annodar più questo , e quello |
coi canapi terreni , e coi divini , 57 |
Ottavia dianzi sposa di Marcello |
dier ad Antonio , vedovo rimasto |
anch' ei di Fulvia morta di martello . 60 |
e così accommodar la bestia , e il basto , |
e si pacificar gli occhiali , e il naso , |
e la piaga conforme ebbe il suo tasto . 63 |
A queste nozze sceser di Parnaso |
le dotte Muse , e Bacco , che più volte |
giù per la piaggia competò Tomaso . 66 |
le quai da Mecenate fur raccolte , |
ed esse in guiderdon per quelle amiche |
nozze , rime gli dier leggiadre , e colte . 69 |
con ch' ei cantò le prove , e le fatighe |
del barbuto Imeneo , che stanco usciva |
dagli orti , ove rubbato avea le fiche . 72 |
Disser , che dal forte Ercole veniva |
il lignaggio di Antonio , e quel di Ottavia |
dal gran figliuol di Anchise , e della Diva . 75 |
e narrar , ch' ella a paragon di Lavia |
era bella , e gentil , dall' altra parte |
più di lei costumata , e assai più savia . 78 |
Nè però queste nozze nulla , o parte |
giovar a Roma , risoluta un giorno |
di far del resto , e gittar via le carte . 81 |
poichè Sesto Pompeo , chiusole intorno |
il traffico del mar , l' avea ridutta , |
più magra , e rufolosa d' uno storno . 84 |
talchè con occhi molli , e bocca asciutta |
nel Campidoglio fu più volte udita , |
quasi Regina in servitù ridutta , 87 |
chiamar al funer suo l' imbastardita |
razza di Marte , e di disdegno piena , |
mostrar la nuda , e macilente vita ; 90 |
ove scorgeasi ogni minuta vena , |
e il ventre era sì concavo , e rimesso , |
che avea la pelle attaccata alla schiena . 93 |
Mosse quest' empio , e miserando eccesso , |
a pietà Ottavio , ancorchè contumace , |
qual saldo molo incontro al mar commesso . 96 |
sicchè la tanto desiata pace |
alfin tra lor fu stipulata , e chiusa : |
ma in ver più simulata , che verace . 99 |
nè sia chi mai per lor faccia la scusa , |
che gli atti non fur bei , disse la volpe |
a quei , che la mostrar , dov' era chiusa ; 102 |
Anzi andaron del par quasi le colpe , |
ancorchè per chiarir di Appiano il testo |
la scuola degl' Interpreti si spolpe . 105 |
poichè Sesto Pompeo , che uscì del sesto , |
spingendo a depredar le rive , e i mari |
d' Italia , afflitto or quel pirata , or questo , |
mostrò con segni manifesti , e chiari , |
che a posta per aprir l' uscio di Giano , |
mandato innanzi avea questi chiavari . 111 |
Di che non poco col popol Romano |
si dolse Ottavio , che costui gli avesse |
rotti gli accordi scritti di lor mano ; 114 |
e tosto per lo pubblico interesse |
scrisse ad Antonio , e per far seco lega , |
Don Mecenate Ambasciator vi elesse . 117 |
Il qual per tanto onor venuto in frega , |
e per mostrar , che differenze , e quali |
fosser tra un O Latino , e un Greco Omega , 120 |
comprò un tamburro da certi sensali , |
ch' era già stato di Scipion Maggiore , |
e fe riscarpinare i suoi stivali . 123 |
Indi , qual diligente Ambasciatore , |
avendo ad orza il vento di maestro , |
giunse in Atene in cento sedici ore . 126 |
ove nel negoziar fu così destro , |
che in un dì fece quel , che forse fatto |
non avrebber sei nunzj in un semestro . 129 |
Smontò a casa di Antonio , e ratto ratto |
salì le scale , e in camera cacciosse , |
lo vide , corse , e salutollo a un tratto . 132 |
poi tanto disse , e fe , che al fin lo mosse |
al suo voler , seguendo tuttavia , |
ch' ei si avea fatto un par di calze rosse , 135 |
per onorar sì grave ambascieria ; |
Di che Antonio il lodò , ch' era il dovere , |
nè comportò , che andasse all' osteria . 138 |
ornandogli una stanza di spalliere , |
ove non so che paglia dava indizio , |
ch' era l' alloggiamento delle pere . 141 |
Quì poi gli fe un banchetto , che a giudizio |
di ognun , ci avria potuto convitare |
i Dei dell' amicizia , e dell' Ospizio . 144 |
Fattasi poscia Mecenate dare |
la penna , scrisse a Ottavio , e gli fe nota |
la lega già conchiusa in terra , e in mare . 147 |
dicendo , come Antonio pur di un jota |
non gli saria mancato , e che l' avea |
fatto giurar su un archibugio a rota . 150 |
e se ben nella lettra non dicea , |
che il sopradetto schioppo fosse carco , |
dice il commento , che ci s' intendea . 153 |
Poscia di ogni pensier libero , e scarco , |
ei volle visitar le antiche scuole |
de i Greci , ed ogni statua , ogni lor arco . 156 |
E tra le cose più pregiate , e sole , |
vidde la botte , ove Diogen disse |
ad Alessandro : Scansa un pò dal Sole ; 159 |
la qual per quel , che a Roma ei poi ne scrisse , |
che le volle annasar fin il cucchione , |
gli parea , che di muffa un pò venisse . 162 |
Or dopo questa nobil legazione |
tornato a Roma , anch' ei trovar si volse |
all' altra in mar novella spedizione . 165 |
e con Ottavio generoso sciolse |
contra Sesto Pompeo l' ardite vele , |
anzi nel proprio legno ei lo raccolse . 168 |
Benchè in Sicilia , spinti da crudele |
tempesta , e da i nemici mal trattati , |
empisser poi quel mar di alte querele . 171 |
pur tra quei , che alla riva arsi , e bagnati |
pervenner vivi , Mecenate anch' esso |
vi fu , ma co i calzon mezz' abbruciati . 174 |
Poc' anzi avendo col valore istesso , |
di che quel mare ancor si meraviglia , |
un vascel de i nemici al fondo messo , 177 |
e di sua mano uccisovi il Caniglia |
Ygio del già Mui grande , e poderoso |
Don Ignico Ammirante di Castiglia . 180 |
onde poi si acquistò quel borioso |
titolo pien di fasto , e d' ambizione , |
quel Don sì grato allo Spagnuol ventoso . 183 |
Benchè , spinta da falsa opinione |
Italia anch' essa or se l' usurpa , e invola , |
infame scimia omai di ogni Nazione . 186 |
che non contenta aver la cappa sola , |
la berretta , e il bracon , ahi ci vuol anche |
le parole vestite alla Spagnuola ! 189 |
Passeggia Don Madril , tenendo al fianco |
la curva man nel bel campo Lavinio , |
e da Signor Roman dal lato manco . 192 |
mentre quel curioso è intorno a Plinio , |
per trovar nell' Istoria naturale |
di questo Don l' origine , e il dominio ; 195 |
ma cerchi quanto sa , non ci è pur sale . |
Orsù che Mecenate è giunto a riva , |
bevuto avendo in mar senza bocale ; 198 |
e perchè l' acqua salsa è solutiva , |
quel dì fe colazion sulla predella , |
talchè la gente , chi entrava , e chi usciva . 201 |
Or acciò del naufragio la novella |
qualche tumulto in Roma non destasse , |
che calcitrava , e non volea la sella , 204 |
Ottavio operò , ch' ei subito andasse ; |
e perchè eran le vie guaste , e fangose , |
seco non volle valigion , nè casse . 207 |
Ove poi giunto con destrezza impose |
a i bisbigli silenzio , e parimente |
levò le sedizion pericolose . 210 |
Effettuando a guisa di prudente |
governator le commission segrete , |
che così il dichiarava la patente . 213 |
E fe tosto ordinar non so che rete |
da pigliar sulle torri i cornacchioni , |
che interrompevan la pubblica quiete , 216 |
menando i pescivendoli a i Rioni |
delle botteghe oscure , u' gir il veglio |
potesse , e il giovan per mercar tenconi . 219 |
Inoltre in quell' età non fu chi meglio |
di lui parlasse per ragion di stato , |
come chiaro si vede in quel conseglio , 222 |
quando essendo da Augusto dimandato |
del suo parer , avendol prima Agrippa |
del rinunziar l' Imperio consigliato , 225 |
gli disse : Io vò , che rinunzi una trippa : |
chi ti ha messo in malora in questo trotto ? |
Và a dirlo a quei , che giocano alla Lippa . 228 |
Or sì , che allor ti asconderesti sotto |
la toga per la baja delle genti , |
vedendoti gir sol , come un merlotto . 231 |
segni di matto proprj , ed evidenti : |
Dunque depor l' Imperio in man di quelli , |
che nel segreto ti vorrian fra i denti ? 234 |
Miser , chi barattato ti ha i cervelli ! |
Giuro a Dio , se più parli di rinoncia , |
ti porto allo spedal de i pazzarelli . 237 |
E così detto , scese di bigoncia , |
e fu approvato il suo parere in modo , |
che Augusto pur non ne detrasse un oncia , 240 |
perchè gli parve fondato sul sodo ; |
anzi per più tenerne ricordanza , |
portò poi sempre al dito grosso un nodo . 243 |
Fu in quel consiglio inver qualche arroganza ; |
ma il libero parlar si tien per gioja , |
ove è tanta amicizia , e fratellanza . 246 |
e che sia ver : non ebbe manco a noja , |
quando anche in quell' orribil proscrizione |
gli disse : Leva sù viso di boja . 249 |
A cui rispose : Avete voi ragione ; |
E drizzatosi in piè salvò la vita , |
Per quel suo detto , a un mondo di persone . 252 |
Santa amicizia , libertà gradita , |
che mentre fosti nel Senato intesa , |
tremar dell' armi tue l' Indo , e lo Scita ! 255 |
Basta , che in tanto a Mecenate resa |
era grand' ubbidienza , ancorchè rotte |
le porte a Giano , e Roma all' arme intesa . 258 |
Se ben scrissero , ch' ei ci ebbe una notte , |
che corse a una question verso Ripetta , |
da certi Sgherri al bujo alcune botte . 261 |
Anzi mi pare , che Svetonio metta , |
che gli rubar la borsa , e a sesta , e a nona |
sonando gli trinciaron la berretta . 264 |
la qual , per dire il vero , era ancor buona , |
e glie l' avea mandata l' anno prima |
Catullo Veronese da Verona . 267 |
ond' ei per questo la portava in cima |
del capo , e non l' usava mai per casa , |
come cosa di prezzo , e di gran stima . 270 |
Già la fama per tutto si era spasa |
delle sue azioni : anzi l' avean ritratte , |
e descritte i vasar fin su le vasa . 273 |
e fra l' altre opre illustri , che avea fatte , |
vi era , come ei fu il primo a far gustare |
cotti in più modi gli asini da latte . 276 |
che fu tenuto un cibo singolare , |
e i Principi a quei tempi solean farne |
gran conto , e nol lasciavano frollare . 279 |
Ma poi l' uso continuo del mangiarne |
produsse in lor certi asinini umori , |
ed altre qualità di quella carne , 282 |
che poi di mano in man gli altri Signori |
han con questo difetto originale |
prodotti i loro eredi , e successori . 285 |
ed io fin oggi ne conosco un tale , |
che se avesse , come asino , i piè tondi , |
nel resto è una bestiaccia naturale . 288 |
Quei dunque antichi , non di fiori , o frondi , |
ma di carne asinina i lor conviti |
ornaro , e se ne fer grassi , e giocondi . 291 |
che ancor quei nobilissimi appetiti |
dell' uso di ragion non eran privi , |
nè si eran , siccome oggi , inasiniti . 294 |
Perchè oggi , che sono asin veri , e vivi , |
non è da farne maraviglie strane , |
se di mangiar la carne lor son schivi . 297 |
Perchè non mangia il corvo , e manco il cane |
della sua propria spezie la carogna ; |
così disposte son le cose umane . 300 |
Ma qual' altro argomento usar bisogna |
a mostrar , che costoro han del somaro , |
che il cibo , che da lor tanto si agogna ? 303 |
il pungente carcioffo , il cardo amaro |
non mangiano i Signori a concorrenza |
de i somar , che il palato hanno d' acciaro ? 306 |
Dunque tra lor non veggio differenza , |
perchè il pel vario , a guisa di accidente , |
in lor muta il color , ma non l' essenza . 309 |
Con tutto ciò gli onoro ingenuamente . |
anzi , perchè vorrei coprirli di oro , |
dato ho lor questa man pria di mordente . 312 |
posciacchè anch' io talor pringo , e coloro , |
però l' azioni altrui , ma sento dire , |
che non servo de i Retori il decoro . 315 |
e come io non la sappia mai finire , |
gli Umanisti ne fan molto bisbiglio , |
e Quintiliano non la può patire ; 318 |
con dir , che traviato ho più di un miglio |
con questi miei somar dal sentier retto : |
ma ecco , che io vi torno , e lo ripiglio . 321 |
Solea talor , dato a i negozj effetto , |
Don Mecenate al gioco della corda |
esercitarsi il dì , ma col racchetto ; 324 |
siccome Orazio in quel sermon ricorda , |
che in Capua egli , e Virgilio , addormentarsi , |
per non giocarvi , e fer l' orecchia sorda . 327 |
Mestier trovato a posta per stancarsi , |
e quando l' uomo ha molto ben sudato , |
per torre altra camicia , e poi mutarsi . 330 |
Era anche spesso Mecenate usato |
la man pel fresco gir , dove avea fatto |
un Teatro al maneggio accomodato . 333 |
e quì visto l' avresti agile , ed atto |
maneggiar un Berton , ch' era tenuto |
più destro nel saltar , che cervo , o gatto . 336 |
quasi simile a quel , ma men forzuto , |
che in Atri il mio Signor mi diede in dono |
Con staffe orate , e sella di velluto . 339 |
Sceso poi dal Berton , di che io ragiono , |
salia sopra un Rovan , che dal pittore |
parea dipinto in eccellenza buono . 342 |
il qual poi Coridon Cavalcatore , |
cioè , Cavallerizzo alla moderna , |
lo pose tanto a Virgilio nel core , 345 |
che si volea impegnare alla taverna , |
e gire ad abitar piazza Giudea , |
e rinunziar l' eredità paterna , 348 |
se Mecenate non gliel concedea ; |
ond' ei che sempre in pregio ebbe i Poeti , |
gli ci donò di più la sua chinea . 351 |
Sicchè poteano bene grassi , e lieti , |
staffeggiando ir per Roma i Tucchi , e i Vari , |
che oggi sarian balzati su i tappeti . 354 |
ma non pensar però , che fra sì rari |
cavai qualche bestiaccia inciamorrita |
non ci fosse anco , e da pochi denari . 357 |
La nuova intanto con dolor sentita |
fu di Sesto Pompeo , che messo a piede , |
e senza testa era ito all' altra vita . 360 |
dove trovò il fratel , che facea fede |
anch' esso col tagliato suo calcagno |
che eran morti i Pompei da capo a piede . 363 |
così di quel già glorioso , e magno |
Pompeo finì la generosa prole ; |
e fu peccato , ch' era buon compagno . 366 |
Dunque , in Ponente si obedivan sole |
l' armi di Ottavio , Lepido anche rotto , |
e rimandato a Roma , e posto al Sole . 369 |
Dove Don Mecenate avea ridotto |
un viver tal , che si avea un tordo grasso |
per due quatrin , bello pelato , e cotto . 372 |
avendo in tutto scancellato , e casso |
ogni statuto , e legge promulgata |
da Orchia Tribuno , e da Lacino Crasso : 375 |
i quai volean bastasse una frittata , |
nè fossero al banchetto più di sei , |
e si mangiasse a porta spalancata . 378 |
Con tutto ciò certi malvagi , e rei , |
nella stagion , che i dì sembran Giganti , |
e le notti di razza di Pigmei , 381 |
tentar mandarlo , u' i Cavalieri erranti |
ne i campi Elisi , e l' anime amorose |
fan nozze , ma però mangian coi guanti . 384 |
E questi fur , secondo alcune glose , |
due nati nobilmente , e per segnale , |
avean le palme delle man pelose . 387 |
costor consunto il lor patrimoniale , |
promesso aveano andar scalzi , e digiuni , |
scampando dalle forche , allo spedale . 390 |
Nè però mai con uomini communi |
si vedean praticar : ma con Scipione , |
con Lelio , ed altri Consoli , o Tribuni . 393 |
la notte poi con Furio Carpione , |
con Tito Grimaldel da Graffignano , |
con Muzio Lima , e Cajo Tenaglione , 396 |
si mettono ad entrar , dove il profano |
Dio degli avari , il coniato argento , |
stava nascosto col capestro in mano . 399 |
e rubbatol sen giano a lume spento , |
sapendo , che ogni notte Mecenate |
mandava ronde attorno a venti , a cento . 402 |
Temendo dunque , perchè esercitate |
troppo di notte avean le mani sciolte , |
di non morir con esse un dì legate , 405 |
un banchetto ordinar , là dove accolte |
furon parecchie belle , e pellegrine |
dame parenti lor , con altre molte . 408 |
Al cui convito in mezzo l' Aventine |
contrade pregar tanto , e ripregaro |
Mecenate , che anch' egli andovvi alfine . 411 |
quivi i due ladri , e furbi senza paro , |
per tor di vita un tanto Cavaliere , |
certo vin greco d' Ischia avvelenaro . 414 |
ma poi cambiati i fiaschi , il buttigliere |
porse a i due frati la bevanda fella . |
sciocchi a non dir , che ancor non volean bere ! |
Come anche ai tempi nostri Italia bella |
vide il Sesto Alessandro , e l' empio figlio |
gir da Montefiascone a Toscanella , 420 |
e il Mondo uscir di affanno , e di periglio . |
![]() |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Ecco le navi , ecco il fatal conflitto |
Da cui il destin dell' Universo pende ; |
Fugge la bella donna dell' Egitto ; |
La siegue Antonio ( tanto amor l' offende ) |
La siegue , ed è inseguito , e già è sconfitto ; |
E Ottavio Vincitor sul mare splende . |
Mecenate di se fece gran prova , |
Bravando l' acqua , il ferro , l' unto , e l' uova . |
Voglion molti , che Amor Dio degli amori |
siasi mezzo fanciullo , e mezzo augello , |
e si pasca di cor , come gli astori ; 3 |
altri , che un verme sia simile a quello , |
che nasce entro le corna de i Castroni ; |
e gli raggira , e cava di cervello ; 6 |
molti , fra quai vi furo anche de i buoni , |
disser , ch' era uno spirto balestiere , |
e che avea la civetta , ed i panioni . 9 |
Ma io queste opinion non ho per vere , |
e della verità sempre fui vago , |
mi ci ho messo Platon fino a vedere . 12 |
nè men però di lui molto mi appago , |
benchè nell' opre sue ne dica assai , |
che 'l fa Poeta , il fa Sofista , e mago . 15 |
Che cosa è dunque Amore ? or se nol sai , |
io tel dirò : ma facciam prima lega |
di non averci a innamorar giammai . 18 |
Amore è una lasciva ignuda Strega , |
che al bujo ( il lume di ragione spento ) |
con l' oglio del piacer si unge , e si frega . 21 |
indi a caval veloce più che il vento , |
sopra il concupiscibile appetito |
alla noce sen va di Malevento ; 24 |
che Ben non si può dir , dove il mentito |
banchetto è privo dell' onesto Sale , |
onde ne nasce un fin brutto , e pentito . 27 |
Questa dunque empia strega , e ascoso male , |
che sugge altrui l' affascinate vene , |
sotto ombra di un diletto sensuale , 30 |
spinse quel gran Roman là sull' arene |
Di Egitto a darsi di sua man la morte ; |
pazzo , che egli fu sempre da catene ! 33 |
che , se in man degli sbirri ei dava a sorte , |
( Perchè ne va la vita ad un che spezza |
alla prigion dell' anima le porte ) 36 |
veramente troncava una cavezza ; |
pur quel morire in aria ha più del grande , |
e mostra in quel saltar , che ci è allegrezza< .> |
or posciacchè del Mondo in tante bande |
ebber vinta , e sconfitta tanta gente , |
che il sangue corse fino alle mutande , 42 |
Ottavio si fermò nell' Occidente , |
ricco d' armi , e trionfi , e Marc' Antonio |
nell' odorato , e lucido Oriente . 45 |
costui , che , come scrisse già Svetonio , |
era tenuto il primo Capitano , |
che uscisse allor dal bel paese Ausonio . 48 |
Amor posto l' avea per Ortolano |
di Cleopatra , ed ei le coltivava |
l' Orto avanti al palazzo di sua mano . 51 |
e perchè d' innestar si dilettava , |
un dì salì su 'l fico Alessandrino , |
ed innestovvi la Romana fava . 54 |
Onde gli Egizj poi di marmo fino |
due simulacri fer congiunti insieme |
Venere Canopea , Bacco latino ; 57 |
che così lei nomar dalle supreme |
bellezze , e lui dalle fumanti tazze , |
che tracannò fin alle gocce estreme ; 60 |
perocchè alle taverne , alle biscazze , |
or con Bibol sen giva , or con Bibaculo |
assaggiando de i vin tutte le razze . 63 |
Nè gli facendo più vergogna ostaculo , |
talor scendea con Cleopatra al fiume , |
la zucca avendo al fianco , e l' amo al baculo ; 66 |
ove quei , che nuotando han per costume |
di entrar sott' acqua , un dì gli ci attaccaro |
un luccio secco , e stato un anno al fume . 69 |
Alzò fuor di acqua il pescatore ignaro |
la secca preda in un vista , e negletta , |
onde le risa fin al Ciel volaro . 72 |
Or questa burla a Roma poi ridetta , |
aggiuntovi di più , ch' egli ogni sera |
stava a giocar coi Mimi alla Civetta ; 75 |
fe sì , che Ottavio indusse la mogliera , |
che 'l gisse in Alessandria a ritrovare |
con apparente scusa , e in parte vera ; 78 |
cioè , che avendo in breve egli a passare |
con l' esercito armato incontro a i Parti |
lo volea di persona visitare . 81 |
Dunque , i gonfiati lini al vento sparti , |
la bella donna navigò la costa |
di Grecia , e fece scala in quelle parti , 84 |
aspettando anziosa la risposta , |
dove ei volea , che gli portasse i doni |
pe i soldati , e per lui recati a posta . 87 |
Questi eran molti militar sajoni |
di oro , di seta , di panno , e di saja , |
parte con stringhe , e parte con bottoni , 90 |
trenta par di scarpini , e diece paja |
di camicie per lui con le lattuche |
di tela sottilissia Cambraja . 93 |
Poi sopra barche , gondole , e feluche |
due mila fanti con i busti armati , |
a guisa delle belle tartaruche . 96 |
in oltre per le paghe de i soldati |
portò cuciti in certi sacconcelli |
mille mila migliaja di ducati . 99 |
Ma Antonio , che vedea per due piattelli |
non aver micca , e che sovente queste[*] |
gelose donne avrian fatto a i capelli , 102 |
scrisse ad Ottavia : Farai sì , che reste |
quel , che hai portato , e tu ten torni a Roma , |
o che io ti acconcio pel dì delle feste . 105 |
Stracciossi allor la bella aurata chioma |
la gentil donna , e disleale , e infido |
l' adultero marito appella , e noma . 108 |
ma pur obbediente al patrio lido |
a riveder tornossi a remi , e a vele |
le biocche , che lasciate avea nel nido . 111 |
Questa dunque sì dura , e sì crudele |
repulsa mosse Ottavio a tanto sdegno , |
che in Senato ne fè brutte querele . 114 |
chiamando Antonio veramente degno |
di gir fiutando il Barbaro letame , |
stallon di Egitto senza marchio , o segno . 117 |
quantunque della razza , e del pelame |
del fortissimo Alcide esser disceso |
si vantasse il briccon , bugiardo , infame ; 120 |
Di che avvisato Antonio , e d' ira acceso , |
mandogli a dar mille mentite , e innoltre |
a carcar lui d' un vie più brutto peso : 123 |
con dir , che nei Filippi , acciò le poltre[*] |
membra salvasse , e la vigliacca vita , |
si era fatto cucir dentro una coltre . 126 |
la cui ignominia tutto il mar sorbita |
mai non avrebbe , ancorchè tutto il mare |
fosse stata liscìa più che bollita . 129 |
Così tra lor si venne al cartellare , |
e dopo le parole furo i fatti , |
e ci ebbe il Mondo assai che dire , e fare . 132 |
se ben molti tentar con varj patti , |
ma in van , di racquetarli , che i trovaro |
fra lor , come una saccola di gatti .[*] 135 |
Fra quai , Don Mecenate , ad ambi caro , |
vi s' interpose anch' ei : ma viste quelle |
menti ostinate , e senza alcun riparo , 138 |
alfin vestito di armi illustri , e belle |
contra le Navi d' Asia , e dell' Egitto |
montò sulle Romane caravelle .[*] 141 |
e poco prima del naval conflitto , |
tenendo i Capitani in man gli stocchi , |
ei fu , che publicò quel grande editto : 144 |
che sotto pena di cento bajocchi |
non si facesse a trar colle cipolle , |
perchè il lor sugo avvelenava gli occhi . 147 |
Poi visto uscir tutto bagnato , e molle |
Ottavio , che nel mare era caduto , |
Ei gli prestò le brache , e le zancolle . 150 |
e siccome era valido , e membruto , |
gì ad investir la Nave Capitana , |
sulla quale Cleopatra avea veduto , 153 |
che tutta bella , armata all' Africana |
portava sotto quella corazzina , |
più volte usata alla giostra Romana . 156 |
Ma da una nave grossa Levantina , |
carca di masserizie , e di brigate , |
convenienti alla Real cucina , 159 |
fu per fianco investito Mecenate , |
e buttato rovescio , anzi sepolto |
a furia d' ova sode , e di frittate ; 162 |
Nè Murena ancor ei sen lodò molto , |
che il capo gli lavar senza sapone , |
con brodo allora allor dal fuoco tolto , 165 |
che 'l pelò tutto , come un porchettone ; |
e già dall' Arcicuoco di Canopo |
si preparava il lardo , e lo spiedone ; 168 |
ma gli venne in soccorso al maggior uopo |
la trireme di Agrippa governata |
dal Capitan Buffon cugin d' Esopo . 171 |
Intanto Mecenate rivocata |
la forza per virtù di un degno aceto , |
venuto era alle man con Farinata . 174 |
Questi era il Protoguattero secreto , |
che della serenissima padella |
tenea le chiavi per Real decreto . 177 |
Costui portava a guisa di rotella |
cinto a traverso un certo fardelletto , |
pieno di pepe , zuccaro , e cannella , 180 |
in cui Don Mecenate a bel diletto |
tirò una punta , e per uscir d' impaccio , |
come un lardel glielo infilzò nel petto . 183 |
Talchè nel ritirar lo stocco , e il braccio , |
versar le spezie a un tempo , il sangue , e l' unto |
da poter fare un grasso sanguinaccio . 186 |
cadde l' esangue busto ; e diede appunto |
su certa pigna , dove Satanasso |
preparava l' orzata pel defunto . 189 |
Al cader di costui tutte a fracasso |
gir le ciurme di Egitto , e fu la Nave |
arsa , e lasciata gir pel mare a spasso . 192 |
Quì Cantalizio , autor fedele e grave , |
scrive , che Cleopatra , avendo visto |
quel grande incendio , a quelle fiamme brave 195 |
Farinata chiamò malvagio , e tristo , |
che tanto avanti l' ora dell' arrosto |
si era di sì gran fuoco il dì provvisto . 198 |
Ma da un battel , che giunse , ella ebbe tosto |
nuova , come la Nave ardeva tutta , |
e ci era un caldo , che parea d' Agosto ; 201 |
che il Cuoco , e la cucina era distrutta , |
e , perchè ciò non le paresse fole . |
mostrava mezza vela arsiccia , e brutta . 204 |
Allor fu visto de i begli occhi il sole |
turbarsi , udendo nuove sì reumatiche , |
e dir rivolta al Ciel queste parole : 207 |
Ahi stelle a favorirmi poco pratiche ! |
or , che perduto ho la cucina , e il cuoco , |
potrò far la minestra con le natiche . 210 |
Indi alzando le vele a poco a poco |
verso alto mar , fu principal cagione , |
che l' amante Roman perdesse il gioco . 213 |
perchè le tenne dietro il gocciolone , |
gridando : anima mia , se tu mi porti |
il cor , portaci seco anche il polmone . 216 |
che in questi casi perigliosi , e forti , |
senza il core il polmon non vale un fico : |
Deh portal , vita mia , che hai mille torti . 219 |
Ferma le vele , oimè , senti il tuo amico . |
Ma quella ognor più sorda , e pertinace |
fuggiva a più poter quel fiero intrico . 222 |
Alfin pur la raggiunse , e fer la pace , |
e le donne gli disser : Ben venuto , |
avete buona cera , e sì ci piace . 225 |
Fu ben con gran bravura combattuto |
dalla sua armata , ancorchè le disparve |
sul primo affronto così grande ajuto ; 228 |
Ma poichè un pezzo con diverse larve |
giocato ebbe fortuna : alfin la sera |
Ottavio in mar vittorioso apparve , 231 |
e su la Capitana , ove sculto era |
Ercol , che il morto Anteo premea col piede , |
Mecenate piantò la sua bandiera , 234 |
con quel pesce nel mezzo , il qual si vede |
in riva all' acqua al Sol tutto quieto , |
poi la notte a cantar nel fango riede . 237 |
Or per sì gran successo allegro , e lieto |
Ottavio fè chiamar Don Mecenate , |
e gli disse all' orecchia cheto cheto : 240 |
Corpo del Mondo , Cavalier , voi fate |
tanto del grande dopo la vittoria , |
che appena con gli amici vi degnate . 243 |
Piacciavi almen , che la futura istoria |
dica , che anch' io messo ho le spalle sotto |
per ajutarvi a portar tanta gloria . 246 |
Ma lasciam gir la burla : or che ridotto |
così il nemico abbiam , che non occorre |
temer più , che si sani essendo rotto ; 249 |
gir mi bisogna in Grecia ivi a disporre |
cose importanti , giacchè per quest' anno |
l' armi si pon far ungere , e riporre . 252 |
Ma pria gli onor , che a' meriti si danno , |
vo che veggiate , se però non sete |
come Ghiandon , che avea gli occhi di panno . 255 |
e però usciamo in pubblico , e traete |
la spada fuor del sangue ancor bagnata |
di tanti , che jer mandaste a guazzar Lete . 258 |
E in questo dir gli ornò con la Rostrata |
corona il nobil crin , come a quel bravo |
guerrier , ch' ebbe l' onor della giornata . 261 |
Come dunque esser può , che nell' ottavo |
dell' Eneide Maron non ne ragioni ? |
io per me quanto posso , glie ne gravo . 264 |
Ah non doveano i riceuti doni |
di Agrippa , ( come dir , gioie , e medaglie , |
e libri di segrete professioni , 267 |
oltre molte altre nobili bagalie , |
un' Odissea di propria man di Omero , |
e un bracco perfettissimo da quaglie ) 270 |
far , che tacesse un sì gran Vate il vero , |
e di quel meritato onor navale |
defraudare un tanto cavaliero , 273 |
che certo in quella età non ebbe eguale . |
Ma di grazia abbassiamo al Pegaseo , |
per fin che sventi , alquanto lo straccale . 276 |
E dica poi quel , che gli piace Anneo , |
che io non mi curo nulla , e se lo tenne |
questo severo Stoico , o buono , o reo . 279 |
Ma tu , se vuoi fra le Latine penne |
trovar del suo valor le arterie , e i muscoli , |
e quel che valse , e quel che gli convenne , 282 |
leggi quell' Elegia , che con gli opuscoli |
di Virgilio si stampa , e se non l' hai |
io n' aggio una per te fra i miei munuscoli . 285 |
Che so , che a paragon tu lo porrai |
del grande Alcide , e del famoso Bacco , |
e con l' esempio lor lo scuserai ; 288 |
perchè essi ancor , poi ch' ebber posto a sacco |
i Persi , e gl' Indi , e fatte altre opre magne , |
e strangolata l' Idra , e ucciso Cacco , 291 |
tornati a Tebe , fer tante lasagne , |
che finì il Mondo , e fra le meretrici |
col mosto trionfar , e con le castagne . 294 |
Sospese Ottavio poi l' armi vittrici |
pel seguente anno , e in men di una dozzina |
di mesi fe cagliar tutti i nemici . 297 |
sebben Antonio , il qual di disciplina |
militar l' avanzava , ebbe una volta , |
rotti i cavalli , a metterle in ruina . 300 |
Ma il cieco Amor , che tien l' alma sepolta |
dei mesti amanti nella cosa amata , |
inver la Regia il corridor gli volta ; 303 |
per riveder Madonna , che abbracciata |
che l' ebbe , ella pigliò quattr' ova fresche , |
e merendar insieme una frittata . 306 |
Ma un giorno , per uscir di queste tresche , |
che il vide non aver più schermo , o scudo |
contra l' armi infinite Romanesche , 309 |
diventato perciò bizzarro , e crudo , |
fè a un liberto di Ottavio mandar giuso |
le calze , e poi frustollo a culo ignudo . 312 |
Indi gliel rimandò così deluso , |
offerendogli innoltre anche l' eletta |
dell' armi , e disfidollo a campo chiuso . 315 |
A cui rispose Ottavio , che perfetta |
era , per risanar la sua pazzia , |
di Catone Uticense la ricetta , 318 |
che insegna a un disperato , che si dia |
con un coltel nel ventre da se stesso , |
senza aspettar la peste , o la moria . 321 |
Il che fu certo un dimostrargli espresso |
la strada , ch' egli tenne a uscir di vita : |
ma credo certo , ch' ei sen penta adesso ; 324 |
benchè ancor sia sta la lite indiffinita , |
se più della sua morte fu cagione |
la piaga femminile , o la ferita . 327 |
Perchè mal per l' infermo , se al Falcone |
non mette il cappelletto , acciò non veda |
la starna , che vicina gli si pone . 330 |
Rimase dunque al vincitore in preda |
il corpo del defunto , che la pelle |
avea forata come una Lampreda .[*] 333 |
Giunsero poscia in campo acre novelle , |
come il Settentrione avea già prese |
contra il popol Roman l' armi rubelle . 336 |
che Roma tosto , che la morte intese |
di Marc' Antonio tutta risentisse , |
quasi per far tumultuarie imprese . 339 |
Subito dunque Ottavio , acciò impedisse , |
anzi ostasse a un principio d' un gran male , |
e l' imperio del Mondo stabilisse , 342 |
dichiarò Mecenate Generale |
della Cavalleria d' Italia tutta , |
e volle , che al partir mettesse le ale . 345 |
La quale a gran giornate ricondutta |
fu da lui poscia ne i Roman confini , |
ma pel lungo cammin zoppa , e distrutta . 348 |
Morir per strada cento , e sei Ronzini , |
due cavai Turchi , e un nobile portante |
di certi uomini di arme Vicentini . 351 |
fra quai , chi sa , che un qualche Alamostante |
non vi fosse anche della stirpe mia , |
ch' ebbe in Vicenza già l' antiche piante . 354 |
Condotta a Roma essa Cavalleria , |
fu mandata a svernar nella Sabina , |
provincia da cacciar malinconia . 357 |
e perchè la milizia al furto inchina , |
e dove alloggia , fa mille stranezze , |
nè suol lassarci penna di gallina , 360 |
Mecenate a vietar queste gravezze , |
vi spedì un Commissario , anzi mandollo |
ben provvisto di boja , e di cavezze , 363 |
per dar a i ladri l' ultimo tracollo |
sopra un alto steccato di tre legni , |
combattendo ei co i piedi , essi col collo . 366 |
Esempio , che dovria , chi regge i Regni , |
e chi guida gli eserciti in viaggio |
saper , senz' aspettar , che gli s' insegni . 369 |
Venne poi Mecenate al fin di Maggio , |
a visitar le bande , ove in bonaccia |
trovolle , e che a nessun faceano oltraggio . 372 |
se ben sentì una vecchia a faccia a faccia |
gridar con un soldato Calabrese , |
che rubato gli avea sei libbre d' accia . 375 |
Or , perchè era arrivato al fin del mese , |
ei veder volle il numero descritto |
della Cavalleria col proprio arnese ; 378 |
giacchè fin d' Alessandria gli era scritto |
la vittoria di Ottavio , e che avea preso |
la Regina bellissima di Egitto . 381 |
Per la cui nova di allegrezza acceso , |
ordinar fè una giostra , e non gli calse |
porvi in premio un giojel di molto peso ; 384 |
dove ancor ei mostrò , che in giostra valse : |
ma avendo già gran lance e rotte , e corse , |
una febre ardentissima l' assalse , 387 |
che il tenne un pezzo della vita in forse ; |
tanto più , che alzò bocca a un fiasco pieno |
di Greco ; onde a sue spese allor s' accorse , 390 |
che gran vino a gran febre è gran veleno . |
V I T A DI MECENATE |
ARGOMENTO . |
Il nostro Mecenate al fin dà segno |
Di Umanità , volendo una mogliera ; |
L' ottien di gran beltade , e d' alto ingegno , |
Casta , ma salamistra , e faccendiera , |
Che il primo amor tosto converte in sdegno ; |
Perchè la Grecia amica a lei non era , |
E che poscia lo pianta , come un cavolo , |
Onde ei s' ammala , e pel dolor va al diavolo . |
Già ritornato al dolce aere Romano |
il gentil Mecenate , e già guarito |
del mal fra Cesi preso , e Suriano , 3 |
e dubitando esser mostrato a dito , |
come uom , che per viltade , e codardia |
non gli bastasse il cor d' esser marito , 6 |
( Bench' era un porsi a rischio tuttavia |
di diventar Ronzin di qualche strega , |
e gir in corso per notturna via ) 9 |
si dispose provar , come si lega |
al piè della lettiera conjugale |
la libertà , che in van si piange , e prega . 12 |
E la figliuola del Quondam Cotale , |
non mi ricordo il nome , basta ch' egli |
abitava fra il Celio , e il Quirinale , 15 |
si pigliò per sua Sposa , e il padre diegli |
tanti Maravidis' in dote , quanti |
la bella donna in capo avea capegli . 18 |
A questa nuova due suoi fidi Amanti , |
l' un per disperazion diventò Boja , |
e l' altro si rimase fra i forfanti . 21 |
Or stette ella , e il marito un tempo in gioja ; |
anzi avvampar fra lor di sì gran foco , |
che Vesuvio un sembrò , l' altra una Troja . 24 |
Non era allora in Roma , o in altro loco , |
di lei più bella , e vaga giovinetta , |
nè di più vezzi , di più spasso , e gioco . 27 |
dall' altra banda altera , e sdegnosetta , |
e più furba , che un Sbirro , e sapea dove |
il Diavolo teneva la scarpetta . 30 |
Sempre avrebbe voluto cose nuove , |
e quel , che dentro in casa non avea , |
ben da se stessa il procacciava altrove . 33 |
e perchè favorita si vedea |
ella , e 'l Marito , in tanto fasto , e gloria |
venne , che punto a Livia non cedea . 36 |
Siccome pon nella Romana istoria |
Dion , che pur l' altr' jer lo lessi in sorte , |
dove di Mecenate fa memoria . 39 |
ch' ebbe , dice ei , bellissima Consorte , |
e ch' ella fu , non il favor de i Cieli , |
nè le virtù , che il fer sì caro in Corte . 42 |
Ma tante volte ei mente , quanti ha peli , |
perocchè in Corte allora i Cornifici |
non eran grati , come oggi i Corneli . 45 |
Dunque le dotte Muse fur radici , |
e la conformità del sangue regio , |
che fer Augusto , e Mecenate amici . 48 |
Anzi a costei l' onor fu tanto in pregio , |
che a Publio Nemo Gentiluom Romano , |
Gentiluom vero , e non di privilegio , 51 |
perchè danzando le fè un atto strano , |
trattasi dal piè destro la pianella , |
gliela scoppiò su 'l volto a piena mano . 54 |
Quinci alto rumor nacque , e questa , e quella |
spada fu tratta , ma quietossi tosto |
che il Cuoco saltò fuor con la padella . 57 |
che mentre un la vuol lessa , e l' altro arrosto , |
ei gridò frit frit alla Tedesca[*] |
e subito ogni rissa ebbe composto . 60 |
Talchè Dion non sa quel , che si pesca , |
perchè fu tutta bella , e buona in tutto , |
e del marito sol beccabil esca . 63 |
a cui poscia ella partorì un bel putto |
per censo , e paga di ben mille , e mille |
abbracciamenti a lei già dati a frutto . 66 |
Ma colui , che fè al Berna le postille , |
e che insegnò alle donne schizzinose |
con la man di sapon tener l' anguille , 69 |
dice in certa operetta , ch' ei compose , |
che il putto in quell' etade uscì di vita , |
che alla tomba sen và con fiori , e rose . 72 |
onde la nobil stirpe allor finita |
fu di Porsenna , e questa è la più soda |
opinione , e più approvata , e trita . 75 |
Sicchè , Poeta mio , che per dar loda |
forse ad altrui , gisti in Parnaso , ed ivi |
la mula abbeverasti a certa broda , 78 |
tu vuoi certo la burla quando scrivi |
che alcun si trovi in questa infame etate |
che da quel liberal Ceppo derivi . 81 |
Salva però la splendida bontate |
del mio Signore , e i liberali effetti , |
con che le Muse spesso ha sollevate . 84 |
Appunto ster cinque anni benedetti |
Mecenate , e la moglie in gioja , e in pace , |
quasi un' anima sol fosse in due petti . 87 |
ma Amor , che va spiando con la face , |
se l' uomo dopo pasto d' altra carne , |
che della sua vaccina si compiace , 90 |
mostrò un giorno a Terrenzia certe starne , |
over starnotti dopo la lettiera , |
che il marito un guazzetto volea farne . 93 |
Terrenzia si chiamava la mogliera |
di Mecenate , e come dissi dianzi , |
non men , che bella sdegnosetta , e altera . 96 |
La qual mai più non se lo volle innanzi |
perciò veder ; bench' ei più scuse addusse , |
perchè se ne pigliasse almen gli avanzi . 99 |
Oltre che a mortal odio anche l' indusse |
l' aver in un domestico bisbiglio |
sentito , ( benchè ciò per burla fusse ) 102 |
quando ei diceva a modo di consiglio , |
che sul capo era meglio aver un maglio , |
ch' esser vicino alla sua moglie un miglio . 105 |
Il che fu quanto averle dato un taglio |
su 'l viso , benchè il sordo allor fingesse , |
per attaccargli poi questo sonaglio . 108 |
e ben lo fè , che lo condusse spesse |
volte a pregar , che per uscir di stenti |
sulle sue bianche forche l' appendesse . 111 |
Soggiungendo , cor mio , se mai più senti |
di me richiamo alcun , vò che mi strappi |
dal duro fusto gli umidi pendenti . 114 |
Ma fatto ella un fardel de' miglior drappi , |
e rivolta ver lui stizzata disse : |
Circinnata son io , se più m' incappi . 117 |
abbiti il tuo Battillo ; e maledisse , |
e Battilli , e battelli , che alle navi |
van dietro , e tutta in collera partisse . 120 |
Quinci poi , col parer degli uomin savi , |
da lui fece il Divorzio , e sulle soglie |
della sua porta ripigliò le chiavi , 123 |
come dalle Pandette si raccoglie . |
Leggete il libro vigesimoquarto |
De donatione tra marito , e moglie ; 126 |
che io non vi aggiungo nulla , e non mi parto |
mai dall' autorità de i saggi , e buoni |
autor , che gli altri li ributto , e scarto . 129 |
Ei non però giammai restò con doni , |
e con preghi , e con messi , e con offerte , |
e col far la civetta su i cantoni , 132 |
di mostrar segni , e conjetture certe , |
ch' egli impazziva di raccumunare |
seco il letto , i lenzuoli , e le coperte . 135 |
Ma in lei fece l' istesso , che può fare |
scarpel di cera in un matton biscotto , |
che vi si abbia un immagine a intagliare , 138 |
e durò questa prattica più di otto |
mesi ; nè con denar , nè con favori |
se la potè mai più rimetter sotto . 141 |
Nè credo già fra i tormentati cori |
nel bel regno di Cipro , u' vanno a caccia |
a bracco , e reti i pargoletti Amori , 144 |
mai fosse alcun , che con più amara faccia |
di lui piangesse il ritrovarsi senza |
la donna sua , che già l' ebbe in bonaccia . 147 |
Or per questo divorzio , e lunga assenza , |
siccome scrive Seneca morale |
in quel trattato suo de Providenza , 150 |
il pover Mecenate venne a tale , |
che mai più non dormì ; sicchè la febre |
gli rinforzò per raddoppiargli il male . 153 |
Benchè vi si adoprasse ogni celebre |
rimedio , a tal che avria fin chiuso gli occhi |
alle cicale , che non han palpebre . 156 |
Opio corretto in brodo di finocchi , |
papaveri conditi col ditrutto |
di fel di granchi , e lingue di ranocchi . 159 |
ma il sonno , che fra gli altri ha un vizio brutto , |
che quando non ha voglia di dormire , |
non l' addormenterebbe il Mondo tutto , 162 |
non volle mai rimedio alcun sentire ; |
onde i Galeni di quei tempi a Roma , |
non ci sapendo più che far , nè dire , 165 |
tentar fargli sfregar pian pian la chioma , |
mentre gli si leggeva sulle sponde |
del letto un libro di soave idioma ; 168 |
Provar il mormorio delle fresche onde , |
e di fargli sentir là sull' Aurora |
dolce armonia , che di lontan risponde . 171 |
Con tuttociò sol un momento d' ora , |
ch' egli chiudesse gli occhi , non fu verso , |
tanto il mal l' affliggea dentro , e di fuora . 174 |
Onde dicon , che Augusto un dì converso |
a Papirio Cursor , gli disse : fate |
i Medici venir dell' Universo . 177 |
Sicchè quasi in brevissime giornate |
ne venner tanti , che felici quelle |
genti , che poteano essere ammalate . 180 |
Non si vedean fuorchè lettighe , e selle |
da Pozzo bianco , voltando a man manca , |
fino a San Salvator delle Coppelle . 183 |
Nè restò barba consumata , o bianca |
nel medicar , di qualche fama , o pregio |
in Parigi , in Lovanio , in Salamanca , 186 |
che non venisse de mandato Regio |
volando a Roma , dove ogni mattina |
si faceva un pienissimo Collegio . 189 |
Fu mille volte vistogli l' orina , |
e tocco il polso , e volto sotto sopra |
il corpo tutto dalla medicina . 192 |
Poi visto , come in van quà giù si adopra |
per saper la cagion donde deriva |
il mal , che preparato vien di sopra , 195 |
al fin concluser tutti a voce viva , |
che Mecenate non aveva sonno , |
e questa era cagion che non dormiva . 198 |
Dottrina in ver , che ritrovar non ponno |
se non quei , che studiato hanno il Graziano , |
sopra quel testo de vigilia , e sonno . 201 |
Durò tre anni , e messo avea già mano |
nel quarto , ch' ei tenendo gli occhi aperti , |
mai chiusi non gli avea , se non in vano . 204 |
Ebbe innanzi al morir prodigj certi |
della futura morte , che a staffetta |
se ne venia per l' ombre , e pei deserti . 207 |
E fra gli altri ci fu certa civetta , |
che in camera gli entrò smarrita , e brutta , |
e nel partir sgraffiogli la berretta . 210 |
E una gallina negra , e mal ridutta , |
che , standosi in un piè , cantò tre volte , |
e poi , ruspando , impolverossi tutta . 213 |
Queste cose fur viste , ed altre molte , |
che a Mecenate in ver diedero affanno , |
per le scienze , che ne avea raccolte . 216 |
Cinquant' anni era visso , ed un altr' anno , |
quando gli venne voglia , come accade , |
di morire , e morissi , e fu suo danno . 219 |
Fè testamento al fin della sua etade , |
nel qual , dopo l' aver raccomandati |
il nome , e l' alma all' immortalitade , 222 |
lasciò molti bellissimi legati , |
di cui non vo parlar , fuor che di quelli , |
che son più al secol nostro appropriati . 225 |
Prima lasciò moltissimi Castelli |
in aria a quei , che l' ambiziosa pioggia |
sospinse a desiar tanto i Cappelli . 228 |
Item ben mille rubbi , e mille moggia |
di speranze fallaci alla profana |
turba , che in Corte , sospirando , alloggia . 231 |
ma con tal condizion , quantunque strana , |
che fossero in comune , o per dir meglio |
per indivise con la Tramontana . 234 |
E ciò fece ei , suaso dal conseglio |
dell' egregio uom messer Tempo perduto , |
dottore in Corte consumato , e veglio . 237 |
Item , acciò l' inutile , e canuto , |
anzi sparso servir della prefata |
turba fosse di più riconosciuto , 240 |
del mobil suo lascolle anche una rata , |
tra il qual era in un quadro vago , e bello |
la vita Cortegiana figurata . 243 |
Quì si vedea dipinto Samuello , |
che alla spelata Corte dava a nolo |
or un sajo ritinto , or un mantello . 246 |
poi , giunto il verno , ir la vedevi a volo |
verso piazza Giudea , per mutar pegno , |
e tor di sentinella il ferrajolo . 249 |
Pittura inver più bella pel disegno , |
che perchè cosa alcuna avesse sotto |
il senso tropologico d' ingegno . 252 |
Item al secol nostro lasciò un Lotto , |
con due benefiziate d' infinito |
valor , e ciascheduna avea il suo motto . 255 |
Dicea la prima a lettre lunghe un dito : |
per le mendiche , e misere virtudi |
benefiziata uno spedal fallito . 258 |
L' altr' era a lettre d' or , ma goffe , e rudi , |
e dicea : Per li nobili Ruffiani |
benefiziata un magazzin di scudi . 261 |
Item lasciò a i moderni Capitani |
una pomposa , e nobil pennacchiera , |
e bande da posarvi e braccia , e mani . 264 |
molte spade indorate , e di maniera |
brave , da far tremar il Turco , e il Moro , |
ma per dirla , le lame eran di cera . 267 |
Item lasciò a i Legisti un' argan d' oro |
per far giunger per forza un intelletto , |
e stiracchiar le leggi a modo loro . 270 |
A i Filosofi poi d' animo infetto |
lasciò il Ginnasio suo ; ma il fè scoprire , |
acciò potesser creder sopra il tetto , 273 |
con un altro legato da impazzire , |
cioè un siroppo di Materia prima , |
che ancor non l' han potuto digerire . 276 |
Ma noi , mentre costor van per la cima |
degli arbori a cader precipitosi , |
seguiam gli altri legati di più stima . 279 |
Item a i sempre afflitti , e bisognosi |
di tutti i ben di Dio magri Poeti , |
ma nel resto uomin chiari , e virtuosi , 282 |
lasciò molti importanti , e bei segreti , |
di aver mai sempre a mendicare il pane , |
servendo indarno a i Principi indiscreti ; 285 |
che si godon veder come le rane |
le dotte Muse star nude , e digiune |
del corrente Elicona alle fontane . 288 |
Sordide fasce , e maledette cune , |
che nudriste del mondo in vituperio |
queste avare dell' oro anime brune ! 291 |
Già perchè seppe il corvo di Tiberio |
dir , Caesar salve , il Principe cortese |
gli diè il piatto conforme al desiderio . 294 |
ed oggi canti pur , spieghi , e palese |
le lodi lor il più canoro , e bianco |
cigno , che un dì non gli farian le spese . 297 |
Ah mestiero infelice ! ahi non fora anco |
meglio esser quell' augel , che mena al vento |
sua vita , ancorchè mal pasciuto , e stanco ? 300 |
Ma andiam oltre . Item di più contento |
fu lasciare a i Poeti , come in dote , |
e della lor virtute in argomento , 303 |
gli Orti , che avea nelle famose , e note |
Esquilia , ove potrian d' ogni stagione |
piantar , e seminar grosse carote . 306 |
ponendo però prima in infusione |
lo sparso seme lor di lodi , e vanti |
nell' acqua della falsa adulazione . 309 |
Or veniamo a i legati de i Pedanti , |
presuntuosi , e brutti animalacci , |
e delle carni altrui viziosi amanti . 312 |
Ei lasciò loro un valigion di stracci , |
due toghe rotte , un berrettin macchiato , |
e una camicia vecchia , e senza lacci ; 315 |
un osso di prosciutto spiluccato , |
che tremava dal freddo , essendo ignudo , |
mercè lor , che l' avean sì mal trattato . 318 |
Pur sel venian rodendo bello e crudo , |
che accender l' esca , ed appressarsi al foco |
sempre è lor parso un periglioso ludo . 321 |
Item lasciò a costor non so che poco |
di libri , come a dir l' opre del Sasso |
nella grammatical palestra , e gioco . 324 |
Ma gli Autor gravi restar tutti in asso , |
benchè i Pedanti dian colpa all' inopia , |
se con essi il digiun fan del trapasso . 327 |
Con tutto ciò vi aggiunse il Cornucopia , |
lezion da porla in capite al Messere |
tosto che lor sia dato e tempo , e copia . 330 |
Sol dunque omai ci resta da vedere |
il seguente legato , e poi le mani |
porremo ad altro , ch' egli è ben dovere , 333 |
Item lasciò , ma in grazia de i Romani , |
certi par di pianelle alle lor Donne , |
da far lunghi parer gli stinchi nani . 336 |
che ancor fin oggi , se alzi lor le gonne , |
vedrai , che han sotto un palmo di misura , |
alte le basi più che le colonne . 339 |
Inoltre lasciò lor certa mistura |
da far la carne bianca , e lustra , e fina |
ad onta della semplice Natura . 342 |
nella qual con stillata trementina |
entrava olio di mirra incorporato , |
con chiara d' ova , ed acqua di marina . 345 |
E loro avrebbe un vaso anche lasciato |
di balsamo , se a sorte non ci avea |
Virgilio al bujo per error pisciato : 348 |
Dicon , che Mecenate possedea |
sì fatte robe , come cose a lui |
lasciate già da una maestra Ebrea . 351 |
Non ch' egli l' adoprasse , o alcun de i sui , |
se ben fra quei , che con malvagio avviso |
cercar di denigrar la fama altrui , 354 |
fu da Cornelio Tacito deriso , |
che sulle tempie si facesse i ricci , |
e quasi sposa si acconciasse il viso . 357 |
Ma questi son degli uomini i capricci , |
che per mostrar l' ingegno lor acuto , |
cuocon nel forno altrui varj pasticci . 360 |
onde a giudizio mio sarebbe suto |
meglio , che avesse , come è il suo cognome , |
quivi Cornelio Tacito taciuto . 363 |
Ma ciò sia detto per passaggio , come |
uom , che in tal caso a ogni altra cosa pensi , |
che a tassar un autor di sì gran nome . 366 |
Il Testator pian pian mancare i sensi |
si sente , e ancor non è nel Testamento |
l' erede universal come conviensi . 369 |
Sbrighiamci addunque . Or poi ch' ebbe il suo intento |
esposto , e con legati anche notabili |
reso ogni servitor pago , e contento , 372 |
in tutti gli altri ben mobili , e stabili , |
presenti , e da venir , libri , e scritture , |
e denar , che fan gli uomini insaziabili , 375 |
Augusto instituì , che dianzi pure |
fu a visitarlo , Erede universale |
Omni meliore modo , & pleno iure . 378 |
Rimettendo al suo splendido , e Reale |
arbitrio l' osservar l' uso , e lo stile |
degli altri Cavalier nel Funerale . 381 |
Ma nell' esser magnanimo , e gentile , |
quelle virtù pregiando illustri , e conte |
che ne tolgon da morte oscura , e vile , 384 |
Ottavio il mio Signor , che uscir dal fonte |
dovea dell' Illustrissima Acquaviva , |
erede nominò di propria sponte ; 387 |
di cui sentito avea già quella Diva |
Vecchia da Norcia ragionar , che spesso |
i gran segreti , al grande Augusto apriva . 390 |
Ma quì , fra le gramaglie , e fra il cipresso |
le porpore meschiar , gli allori , e l' ostro , |
Musa , non ci convien , ne ci è concesso . 393 |
Però lasciamo a più purgato inchiostro |
che al Ciel , scrivendo , lo sublimi , e inalzi , |
e noi seguitiam pure il cammin nostro . 396 |
giacchè le Parche scapigliate , e scalze |
son giunte a quelle camere a terreno , |
u' Mecenate vuol tirar le calze . 399 |
Appena avea notato Jaboleno , |
presenti gl' infrascritti testimoni , |
cioè , Servio , Sulpizio , e Labieno , 402 |
e Tito , e Gajo , e Lucio de i Semproni , |
Spurio Cornuto allor d' umil casato , |
che poi si sparse per molti Rioni ; 405 |
dico , che appena aveva stipulato |
ser Jaboleno il testamento , e il fine |
del foglio col suo publico segnato , 408 |
che vedendosi omai giunto al confine |
della sua vita , e nell' afflitto , e bianco |
volto apparendo alcune fredde brine , 411 |
disse il buon Mecenate : Oimè che io manco , |
oimè , che io muojo , oimè siatemi intorno |
per fin che io passo all' altra vita almanco . 414 |
Ben spero , amici , ritornar fra un giorno , |
se l' oste dall' insegna dell' uom morto |
di là tiene i cavalli di ritorno . 417 |
Così dicendo , e fatto il collo torto , |
mentre gli s' infondea con certa penna |
su le pallide labra alcun conforto , 420 |
gli occhi serrò , siccome Plinio accenna , |
nè le palpebre gli avrian sù tenute |
quante forcine ha la selva d' Ardenna . 423 |
Si dice , che in quel punto fur vedute |
l' erbe del fioritissimo Parnaso |
diventar tutte Aconiti , e Cicute . 426 |
e che un gatto morel , saltando a caso |
sopra un armario in quel medemo istante |
fè cader l' orinal di Apollo , e il vaso . 429 |
E certe gelatine , poco avante |
ch' ei morisse , di lauro incoronate , |
diventar brodo liquido , e spumante . 432 |
Ora morto costui , gli fur trovate |
dentro le casse lettere infinite |
col soprascritto a Gajo Mecenate . 435 |
Che non eran ancor le penne ardite |
far sulle nizze i titoli , che han posto |
tra il merto , e l' ambizion sì fiera lite . 438 |
Perocchè si pascean sol dell' arrosto , |
e non del fume , anzi con fieri editti |
bandito il fasto sen fuggia discosto . 441 |
Che sian fatti in pasticci , e lessi , e fritti |
quei , che han con tanti titoli bastardi |
adulterati , e guasti i soprascritti ! 444 |
Che ad altro oggi non par che il Mondo guardi |
che a farsi il nome ornar su 'l chiuso plico , |
con mille vani epiteti bugiardi . 447 |
onde io vi giuro da Poeta , e dico |
che se non è chi scrive Molto Illustre |
va a rischio di poi perdersi l' amico . 450 |
Dall' altra banda a un uom scuro , e palustre |
per sangue , e per virtù , con che coscienza |
gli debbo dare il titolo d' illustre ? 453 |
E quell' altro somar dalla semenza , |
che non eccede altrui , fuorchè ne i vizj , |
con che ragione ei vuol dell' Eccellenza ? 456 |
Ahi secol brutto , ahi veramente indizj |
di un età guasta ! ahi non avean tal fume |
quei già Catoni intonsi , e quei Fabrizj . 459 |
Non osa il picciol rio , nè si presume |
gir per se stesso al mar , se pria non perde |
il nome , entrando in qualche illustre fiume . 462 |
Sfacciata zucca si dilunga , e sperde |
più , ch' edra , ma si secca in breve , e quella |
nella sua nobiltà mai sempre è verde . 465 |
Pon la briglia al somar , pongli la sella , |
che , s' egli merta il titol di corsiero , |
ben lo vedrai , correndo alla girella . 468 |
Volea dir quella pompa , e quell' altiero |
sepolcro , che sul bel colle Aventino |
fu fatto a questo nobil Cavaliero . 471 |
Volea dir l' epitaffio suo latino , |
che incominciava : Nil tumulum curo , |
scolpito in marmo bianco , e pellegrino : 474 |
Volea dir , quante torcie accese furo , |
e di quante mestissime Elegie |
fosse sparsa la tomba , e il sagro muro , 477 |
ma sento , che in Parnaso alcune spie |
mi han querelato , onde bisogna che io |
mi volga a più severe Poesie . 480 |
La querela è fondata sopra il mio |
poco giudizio in tesser con l' istoria |
le burle magre in un essequie pio . 483 |
che son confuso , che non ho memoria , |
che questa mia faccenda nulla vale |
senza l' Esordio , e la dedicatoria . 486 |
Inoltre , che il mio stil giù per le scale |
sdrucciolando sen và , che non ha piedi , |
e che un terzetto scende , e l' altro sale . 489 |
Tu , Momo , Dio de i maldicenti il vedi , |
se ste querele datemi son degne |
di esser tagliate a pezzi con gli spiedi . 492 |
onde convien , che a mio poter m' ingegne |
di ributtarle , e vomiti l' amaro , |
di che son dentro queste Muse pregne . 495 |
E già per tanta impresa mi preparo , |
poichè con le acque irate d' Elicona |
ho rinfrescato alquanto il calamaro . 498 |
e sia la mia risposta , o trista , o buona , |
basta , che produrrolla da me stesso , |
e non per interposita persona . 501 |
Ma pria , che s' incominci tal processo , |
forse informare Apollo sarà bene , |
con una lettra per fidato messo . 504 |
Ma che titolo dar me gli conviene ? |
Chè il Molto Illustre omai più non si prezza , |
tanto crescendo l' ambizion sen viene ! 507 |
Pur quando miro in Ciel l' alta chiarezza |
de i suoi bei raggi , a che tante parole , |
diamogli il Serenissimo , e l' Altezza . 510 |
che non trovo uom , che il merti a par del Sole . |
Il testo riproduce la lezione della stampa più diffusa delle opere del Caporali: |
R I M E / DI CESARE CAPORALI / P E R U G I N O / DILIGENTEMENTE CORRETTE, / COLLE OSSERVAZIONI / DI CESARE CAPORALI / In questa nuova Edizione si aggiungono / molte altre Rime inedite dello stesso / Poeta, e la sua Vita. / [incisione] / IN PERUGIA, MDCCLXX. / [doppia linea] / NELLA STAMPERIA AUGUSTA DI MARIO RIGINALDI / Con Licenza de' Superiori. |
(pp. 41-232). L'esemplare utilizzato è quello della Biblioteca Marucelliana di Firenze segnato 1.OO.IV.2. |
La trascrizione è diplomatica. Si conservano pertanto anche le incoerenze, le oscillazioni, le aporie del sistema grafico settecentesco. Si correggono soltanto pochi evidentissimi refusi di stampa, segnalando in nota la lezione erronea del testo. In nota, senza intervenire sul testo, si segnalano alcuni apparenti (o evidenti) errori di lettura, suggerendo il possibile emendamento. Qualche ovvio adattamento si è reso necessario nel tradurre il testo cartaceo in testo elettronico. Si è introdotta la numerazione dei versi (per terzine). |
Si è dovuto invece intervenire radicalmente sul sistema di riferimento delle annotazioni di Carlo Caporali, indicate nella stampa con lettere dell'alfabeto minuscole tra parentesi quadre (non senza qualche sporadica occorrenza di tonde), con progressione limitata alla singola pagina. Nella trascrizione si sono convertite in note in calce con numerazione in esponente, progressiva dall'inizio alla fine del poema. Per le note dei curatori della stampa settecentesca si è conservato il sistema di riferimento (un asterisco tra parentesi quadre, normalizzando le pochissime occorrenze di parentesi tonde) e l'uso del corsivo. Le nostre annotazioni si trovano alla fine del testo; il riferimento è costituito da lettere dell'alfabeto minuscole in esponente, progressive dall'inizio alla fine. |
Questa trascrizione è la prima tappa di un'edizione critica della Vita, che comprenderà la trascrizione dell'autografo perugino (che non rappresenta l'ultima volontà dell'autore, defunto - per quanto si sa - mentre si accingeva a un'edizione della propria opera, per la quale, evidentemente, aveva approntato una redazione più avanzata) e dell'editio princeps (tuttora da identificare). Maggiori dettagli si daranno a tempo e luogo. |
Edizione HTML a cura di
: mail@debibliotheca.comUltimo Aggiornamento: 13/07/05 23.51
Testo tratto da: Banca Dati "Nuovo Rinascimento" a cura di: Danilo Romei |