ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Carlo. |
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Ch'altro a temer, ch'altro a sperar mi
resta,
che morte omai? Scevra d'infamia almeno
l'avessi!... Ah! deggio dal crudel
Filippo
piena d'infamia attenderla. Un sol
dubbio,
e peggior d'ogni morte, il cor mi punge.
Forse ei sa l'amor mio: nei fiammeggianti
torvi suoi sguardi un non so qual novello
furor, mal grado suo, tralucer vidi...
e il suo parlar colla regina or dianzi...
e l'appellarmi; e l'osservar... Che
fia...
(oh ciel!) che fia, se a lui sospetta a
un tempo
la consorte diventa? Oimè! giá forse
punisce in lei la incerta colpa il crudo;
che del tiranno la vendetta sempre
suol prevenir l'offesa... Ma, se a tutti
il nostro amor, ed a noi quasi, è
ignoto,
donde il sapria?... me forse avrian
tradito
i sospir miei? Che dico? a rio tiranno
noti i sospir d'amore?... A un cotal
padre
penetrare il mio amor mestier fors'era,
per farsi atroce, e snaturato? Al colmo
l'odio era in lui, né piú indugiar
potea.
Ben venga il dí, ben venga, ov'io far
pago
della mia testa il posso. Ahi
menzognera
turba di amici della sorte lieta!
Dove or sei tu? nulla da voi, che un
brando,
vorrei; ma un brando, onde all'infamia
tormi,
nessun di voi mel porgerà... Qual sento
stridor?... la ferrea porta si disserra!
Che mi s'arreca? udiam... Chi fia? |
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SCENA
SECONDA
Isabella, Carlo |
CARLO |
Chi veggio?
Regina, tu? Chi ti fu scorta? Oh! quale
ragion ti mena? amor, dover, pietade?
Come l'accesso avesti? |
ISABELLA |
Ah! tutto
ancora
non sai l'orror del tuo feral destino:
tacciato sei di parricida; il padre
ti accusa ei stesso; un rio consiglio a
morte
ti danna; ed altro all'eseguir non manca,
che l'assenso del re. |
CARLO |
S'altro non
manca,
eseguirassi tosto. |
ISABELLA |
E che? non fremi? |
CARLO |
Gran tempo è giá, ch'io di morir sol
bramo.
E il sai ben tu, da cui null'altro io
chiesi,
che di lasciarmi morire ove sei.
Mi è dura, sí, l'orrida taccia; è
dura,
ma inaspettata no. Morir m'è forza;
fremerne posso, ove tu a me lo annunzi? |
ISABELLA |
Deh! non parlarmi di morte, se m'ami.
Cedi per poco all'impeto... |
CARLO |
Ch'io ceda?
Or, ben mi avveggo; hai di avvilirmi
assunto
il crudo incarco; il genitore iniquo
a te il commette... |
ISABELLA |
E il puoi tu
creder, prence?
Ministra all'ire io di Filippo?... |
CARLO |
A tanto
potria sforzarti, anco ingannarti ei
forse.
Ma, come or dunque a me venirne in questo
carcer ti lascia? |
ISABELLA |
E il sa Filippo?
Oh cielo!
guai, se il sapesse!... |
CARLO |
Oh! che di' tu?
Filippo
qui tutto sa: chi mai rompere i duri
comandi suoi?... |
ISABELLA |
Gomez. |
CARLO |
Che ascolto?
Oh! quale,
qual profferisti abbominevol nome,
terribile, funesto!... |
ISABELLA |
A te nemico
non è, qual pensi... |
CARLO |
Oh ciel! s'io a
me il credessi
amico mai, piú di vergogna in volto
avvamperei, che d'ira. |
ISABELLA |
Ed ei pur solo
sente or di te pietá. L'atroce trama
ei del padre svelommi. |
CARLO |
Incauta! ahi
troppo
credula tu! che festi? ah! perché fede
prestavi a tal pietá? Se il ver ti disse
dell'empio re l'empissimo ministro,
ei col ver t'ingannò. |
ISABELLA |
Ma il dir, che
giova?
Di sua pietá non dubbj effetti or tosto
provar potrai, se a' preghi miei ti
arrendi.
Ei qui mi trasse di soppiatto; e i mezzi
giá di tua fuga appresta: io ve
l'indussi.
Deh! non tardar, t'invola: il padre
sfuggi,
la morte, e me. |
CARLO |
Fin che n'hai
tempo, ah! lungi
da me tu stessa involati; che a caso
Gomez pietá non finge. In qual cadesti
insidíoso laccio! Or sí, ch'io fremo
davvero: omai, qual dubbio avanza?
appieno,
Filippo appien giá penetrò l'arcano
dell'amor nostro... |
ISABELLA |
Ah! no. Poc'anzi
io il vidi,
mentre dal suo cospetto a viva forza
eri strappato: ei d'ira orrenda ardea:
io tremante ascoltavalo; e lo stesso
tuo sospetto agitavami. Ma poscia,
in me tornata, il suo parlar rammento;
e certa io son, che ogni altra cosa ei
pensa,
fuor che questa, di te... Perfin
sovviemmi,
ch'ei ti tacciò d'insidíar fors'anco,
oltre i suoi giorni, i miei. |
CARLO |
Mestier sarebbe
che al par di lui, di lui piú vile, io
fossi,
a penetrar tutte le ascose vie
dell'intricato infame laberinto.
Ma, certo è pur, che orribil fraude
asconde
questo inviarti a me: ciò ch'ei soltanto
finor sospetta, or di chiarire imprende.
Ma, sia che vuol, tu prontamente i passi
volgi da questo infausto loco: indarno
tu credi, o speri, che adoprarsi voglia
Gomez per me: piú indarno ancor tu
speri,
s'anco egli il vuol, che gliel consenta
io mai. |
ISABELLA |
E fia pur ver, ch'infra tal gente io tragga
gl'infelici miei dí? |
CARLO |
Vero, ah pur
troppo!
Non indugiar piú omai: lasciami; trammi
d'angoscia mortalissima... Mi offende
pietade in te, se di te non la senti...
Va', se hai cara la vita... |
ISABELLA |
A me la vita
cara?... |
CARLO |
Il mio onor,
dunque, e la fama tua. |
ISABELLA |
Ch'io t'abbandoni in tal periglio? |
CARLO |
A tale
periglio esporti? a che varria? Te stessa
tu perdi, e me non salvi. Un sol sospetto
virtude macchia. Deh! la iniqua gioia
togli al tiranno di poter tacciarti
del sol pensier pur rea. Va': cela il
pianto;
premi i sospir nel petto: a ciglio
asciutto,
con intrepida fronte udir t'è forza
del mio morire. Alla virtú fian sacri
quei tristi dí, che a me sopravvivrai...
E, se pur cerchi al tuo dolor sollievo,
fra tanti rei, sol uno ottimo resta;
Perez, cui ben conosci: ei pianger teco
potrà di furto;... e tu, con lui
talvolta
di me parlar potrai... Ma intanto, vanne;
esci;... fa' ch'io non pianga,... a brano
a brano
deh non squarciarmi il cuore! ultimo
addio
prendi,... e mi lascia;... va: tutta or
m'è d'uopo
la mia virtude; or, che fatal si appressa
l'ora di morte... |
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SCENA
TERZA
Filippo, Isabella, Carlo.
FILIPPO |
Ora di morte è
giunta:
perfido, è giunta: io te l'arreco. |
ISABELLA |
Oh vista!
oh tradimento!... |
CARLO |
Ed io son presto
a morte:
dammela tu. |
FILIPPO |
Morrai, fellon:
ma pria,
miei terribili accenti udrete pria
voi, scellerata coppia. Infami; io
tutto,
sí, tutto io so: quella, che voi
d'amore,
me di furor consuma, orrida fiamma,
m'è da gran tempo nota. Oh quai di
rabbia
repressi moti! oh qual silenzio lungo!...
Ma entrambi al fin nelle mie man cadeste.
A che dolermi? usar degg'io querele?
Vendetta vuolsi; e avrolla io tosto; e
piena,
e inaudita l'avrò. Mi giova
intanto
goder qui di vostr'onta. Iniqua donna,
nol creder giá, che amata io t'abbia
mai;
né, che gelosa rabbia al cor mi desse
martíro mai. Filippo, in basso loco,
qual è il tuo cor, l'alto amor suo non
pone;
né il può tradir donna che il merti.
Offeso
in me il tuo re, non il tuo amante, hai
dunque.
Di mia consorte il nome, il sacro nome,
contaminato hai tu. Mai non mi calse
del tuo amor; ma albergare in te sí
immenso
dovea il tremor del signor tuo, che tolto
d'ogni altro amor ti fosse anco il
pensiero.
Tu seduttor, tu vile;... a te non parlo;
nulla in te inaspettato; era il misfatto
di te sol degno. Indubitate prove
m'eran (pur troppo!) ancor che ascosi, i
vostri
rei sospiri; e il silenzio, e i moti, e
il duolo,
che ne' vostri empj cori al par racchiuso
vedeva, e veggo. Or, che piú
parlo? eguale
fu in voi la colpa; ugual fia in voi la
pena. |
CARLO |
Che ascolto? In lei colpa non è: che dico?
Colpa? né l'ombra pur di colpa è in
lei.
Puro il suo cor, mai di sí iniqua fiamma
non arse, io 'l giuro: appena ella il mio
amore
seppe, il dannò... |
FILIPPO |
Fin dove ognun
di voi
giungesse, io 'l so; so, che innalzato
ancora
tu non avevi al talamo paterno
l'audace empio pensiere; ov'altro fosse,
vivresti or tu?... Ma, dalla impura tua
bocca ne uscí d'orrido amor parola;
essa l'udía; ciò basta. |
CARLO |
Io sol ti
offesi;
né il niego: a me lieve di speme un
raggio
sul ciglio balenò: ma il dileguava
la sua virtude tosto: ella mi udiva,
ma sol per mia vergogna; e sol, per
trarmi
la rea malnata passíon dal petto...
Malnata, sí; tale or, pur troppo! ed era
giá legittima un dí: mia sposa ell'era,
mia sposa, il sai; tu me la davi; e darla
meglio potevi, che ritorla... Io sono
a ogni modo pur reo: sí, l'amo; e tolta
m'era da te;... che puoi tu tormi omai?
Saziati, su, nel sangue mio; disbrama
la rabbia in me del tuo geloso orgoglio:
ma lei risparmia; ella innocente
appieno... |
FILIPPO |
Ella? in ardir, non in fallir, ti cede.
Taci, o donna, a tua posta; anche lo
stesso
tuo tacer ti convince: in sen tu pure
(né val che il nieghi) ardi d'orribil
foco:
ben mel dicesti; assai, troppo il
dicesti,
quand'io parlava di costui poc'anzi
teco ad arte: membrando a che mi andavi,
ch'ei m'era figlio? che tuo amante egli
era,
perfida, dir tu non l'osavi. In cuore
men di lui forse il tuo dover tradisti,
l'onor, le leggi? |
ISABELLA |
... In me il
silenzio nasce,
di timor no; stupore alto m'ingombra
del non credibil tuo doppio, feroce,
rabido cor. Ripiglio al fin,
ripiglio
gli attoniti miei spirti... Il grave
fallo
d'esserti moglie, è al fin dover ch'io
ammendi.
Io finor non ti offesi: al cielo in
faccia,
in faccia al prence, io non son rea: nel
mio
petto bensí... |
CARLO |
Pietà di me
fallace
muove i suoi detti: ah! non udirla... |
ISABELLA |
Indarno
salvarmi tenti: ogni tuo dire è punta,
che in lui piú innaspra la superba
piaga.
Tempo non è, non piú, di scuse; omai
è da sfuggir l'aspetto suo, cui nullo
tormento agguaglia. Ove al tiranno
fosse
dato il sentir pur mai di amor la forza,
re, ti direi, che tu fra noi stringevi
nodi d'amore: io ti direi, che volto
ogni pensiero a lui fin da' primi anni
avea; che in lui posta ogni speme, io
seco
trar disegnato avea miei dí felici.
Virtude m'era, e tuo comando a un tempo,
l'amarlo allor: chi 'l fea delitto
poscia?
Tu, col disciorre i nodi santi, il festi.
Sciorgli era lieve ad assoluta voglia;
ma il cor, cosí si cangia? Addentro in
core
forte ei mi stava: ma non pria tua sposa
fui, che repressa in me tal fiamma
tacque.
Agli anni poscia, a mia virtude, e forse
a te spettava lo estirparla... |
FILIPPO |
Io dunque,
quanto non fer, né tua virtú, né gli
anni,
ben io il farò: sí, nel tuo sangue
infido
io spegnerò la impura fiamma... |
ISABELLA |
Ognora
sangue versare, e ognor versar piú
sangue,
è il sol tuo pregio; ma, fia pregio,
ond'io
il mio amore a lui tolto a te mai dessi?
A te, dissimil dal tuo figlio, quanto
dalla virtude è il vizio. Uso a
vedermi
tremar tu sei; ma, piú non tremo; io
tacqui
finor la iniqua passion, che tale
la riputava in me: palese or sia,
or ch'io te scorgo assai piú ch'essa
iniquo. |
FILIPPO |
Degno è di te costui; di lui tu degna.
Resta a veder, se nel morir voi sete
forti, quanto in parlar... |
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SCENA
QUARTA
Gomez, Filippo, Isabella, Carlo. |
FILIPPO |
Gomez; compiuti
mie' cenni hai tu? Quant'io t'ho imposto
arrechi? |
GOMEZ |
Perez trafitto muore: ecco l'acciaro,
che gronda ancor del suo sangue fumante. |
CARLO |
Oh vista! |
FILIPPO |
In lui dei
traditor la schiatta
spenta pur non è tutta... Ma tu,
intanto,
mira qual merto a' tuoi fedeli io serbo. |
CARLO |
Quante (oimè!) quante morti veder deggio,
pria di morir? Perez, tu pure?... Oh
rabbia!
Giá giá ti seguo. Ov'è, dov'è quel
ferro,
che spetta a me? via, mi s'arrechi. Oh!
possa
mio sangue sol spegner la sete ardente
di questo tigre! |
ISABELLA |
Oh! saziar io
sola
potessi, io sola, il suo furor malnato! |
FILIPPO |
Cessi la infame gara. Eccovi, a scelta
quel pugnale, o quel nappo. O tu, di
morte
dispregiator, scegli tu primo. |
CARLO |
Oh ferro!...
Te caldo ancora d'innocente sangue,
liberator te scelgo. O tu,
infelice
donna, troppo dicesti: a te null'altro
riman, che morte: ma il velen deh!
scegli;
men dolorosa fia... D'amor infausto
quest'è il consiglio estremo: in te
raccogli
tutto il coraggio tuo: mirami...([1]) Io moro...
Segui il mio esempio. Il fatal
nappo afferra...
non indugiare... |
ISABELLA |
Ah! sí; ti
seguo. O morte,
tu mi sei gioja; in te... |
FILIPPO |
Vivrai tu
dunque;
mal tuo grado vivrai. |
ISABELLA |
Lasciami... Oh
reo
supplizio! ei muore; ed io?... |
FILIPPO |
Da lui
disgiunta,
sí, tu vivrai; giorni vivrai di pianto:
mi fia sollievo il tuo lungo dolore.
Quando poi, scevra dell'amor tuo infame,
viver vorrai, darotti allora io morte. |
ISABELLA |
Viverti al fianco?... io sopportar tua
vista?...
Non fia mai, no... Morir vogl'io...
Supplisca
al tolto nappo...([2]) il tuo
pugnal... |
FILIPPO |
T'arresta... |
ISABELLA |
Io moro... |
FILIPPO |
Oh ciel! che
veggio? |
ISABELLA |
... Morir
vedi...
la sposa,... e il figlio,... ambo
innocenti,... ed ambo
per mano tua... Ti sieguo, amato
Carlo... |
FILIPPO |
Scorre di sangue (e di qual sangue!) un
rio...
Ecco, piena vendetta orrida ottengo;...
ma, felice son io?... Gomez, si
asconda
l'atroce caso a ogni uomo. A me la
fama,
a te, se il taci, salverai la vita. |
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