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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Filippo

Di: Vittorio Alfieri

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ATTO QUINTO

  

SCENA PRIMA

 

Carlo.

 

Ch'altro a temer, ch'altro a sperar mi resta,

che morte omai? Scevra d'infamia almeno

l'avessi!... Ah! deggio dal crudel Filippo

piena d'infamia attenderla. – Un sol dubbio,

e peggior d'ogni morte, il cor mi punge.

Forse ei sa l'amor mio: nei fiammeggianti

torvi suoi sguardi un non so qual novello

furor, mal grado suo, tralucer vidi...

e il suo parlar colla regina or dianzi...

e l'appellarmi; e l'osservar... Che fia...

(oh ciel!) che fia, se a lui sospetta a un tempo

la consorte diventa? Oimè! giá forse

punisce in lei la incerta colpa il crudo;

che del tiranno la vendetta sempre

suol prevenir l'offesa... Ma, se a tutti

il nostro amor, ed a noi quasi, è ignoto,

donde il sapria?... me forse avrian tradito

i sospir miei? Che dico? a rio tiranno

noti i sospir d'amore?... A un cotal padre

penetrare il mio amor mestier fors'era,

per farsi atroce, e snaturato? Al colmo

l'odio era in lui, né piú indugiar potea.

Ben venga il dí, ben venga, ov'io far pago

della mia testa il posso. – Ahi menzognera

turba di amici della sorte lieta!

Dove or sei tu? nulla da voi, che un brando,

vorrei; ma un brando, onde all'infamia tormi,

nessun di voi mel porgerà... Qual sento

stridor?... la ferrea porta si disserra!

Che mi s'arreca? udiam... Chi fia?

SCENA SECONDA

 

Isabella, Carlo

CARLO

Chi veggio?

Regina, tu? Chi ti fu scorta? Oh! quale

ragion ti mena? amor, dover, pietade?

Come l'accesso avesti?

ISABELLA

Ah! tutto ancora

non sai l'orror del tuo feral destino:

tacciato sei di parricida; il padre

ti accusa ei stesso; un rio consiglio a morte

ti danna; ed altro all'eseguir non manca,

che l'assenso del re.

CARLO

S'altro non manca,

eseguirassi tosto.

ISABELLA

E che? non fremi?

CARLO

Gran tempo è giá, ch'io di morir sol bramo.

E il sai ben tu, da cui null'altro io chiesi,

che di lasciarmi morire ove sei.

Mi è dura, sí, l'orrida taccia; è dura,

ma inaspettata no. Morir m'è forza;

fremerne posso, ove tu a me lo annunzi?

ISABELLA

Deh! non parlarmi di morte, se m'ami.

Cedi per poco all'impeto...

CARLO

Ch'io ceda?

Or, ben mi avveggo; hai di avvilirmi assunto

il crudo incarco; il genitore iniquo

a te il commette...

ISABELLA

E il puoi tu creder, prence?

Ministra all'ire io di Filippo?...

CARLO

A tanto

potria sforzarti, anco ingannarti ei forse.

Ma, come or dunque a me venirne in questo

carcer ti lascia?

ISABELLA

E il sa Filippo? Oh cielo!

guai, se il sapesse!...

CARLO

Oh! che di' tu? Filippo

qui tutto sa: chi mai rompere i duri

comandi suoi?...

ISABELLA

Gomez.

CARLO

Che ascolto? Oh! quale,

qual profferisti abbominevol nome,

terribile, funesto!...

ISABELLA

A te nemico

non è, qual pensi...

CARLO

Oh ciel! s'io a me il credessi

amico mai, piú di vergogna in volto

avvamperei, che d'ira.

ISABELLA

Ed ei pur solo

sente or di te pietá. L'atroce trama

ei del padre svelommi.

CARLO

Incauta! ahi troppo

credula tu! che festi? ah! perché fede

prestavi a tal pietá? Se il ver ti disse

dell'empio re l'empissimo ministro,

ei col ver t'ingannò.

ISABELLA

Ma il dir, che giova?

Di sua pietá non dubbj effetti or tosto

provar potrai, se a' preghi miei ti arrendi.

Ei qui mi trasse di soppiatto; e i mezzi

giá di tua fuga appresta: io ve l'indussi.

Deh! non tardar, t'invola: il padre sfuggi,

la morte, e me.

CARLO

Fin che n'hai tempo, ah! lungi

da me tu stessa involati; che a caso

Gomez pietá non finge. In qual cadesti

insidíoso laccio! Or sí, ch'io fremo

davvero: omai, qual dubbio avanza? appieno,

Filippo appien giá penetrò l'arcano

dell'amor nostro...

ISABELLA

Ah! no. Poc'anzi io il vidi,

mentre dal suo cospetto a viva forza

eri strappato: ei d'ira orrenda ardea:

io tremante ascoltavalo; e lo stesso

tuo sospetto agitavami. Ma poscia,

in me tornata, il suo parlar rammento;

e certa io son, che ogni altra cosa ei pensa,

fuor che questa, di te... Perfin sovviemmi,

ch'ei ti tacciò d'insidíar fors'anco,

oltre i suoi giorni, i miei.

CARLO

Mestier sarebbe

che al par di lui, di lui piú vile, io fossi,

a penetrar tutte le ascose vie

dell'intricato infame laberinto.

Ma, certo è pur, che orribil fraude asconde

questo inviarti a me: ciò ch'ei soltanto

finor sospetta, or di chiarire imprende.

Ma, sia che vuol, tu prontamente i passi

volgi da questo infausto loco: indarno

tu credi, o speri, che adoprarsi voglia

Gomez per me: piú indarno ancor tu speri,

s'anco egli il vuol, che gliel consenta io mai.

ISABELLA

E fia pur ver, ch'infra tal gente io tragga

gl'infelici miei dí?

CARLO

Vero, ah pur troppo! –

Non indugiar piú omai: lasciami; trammi

d'angoscia mortalissima... Mi offende

pietade in te, se di te non la senti...

Va', se hai cara la vita...

ISABELLA

A me la vita

cara?...

CARLO

Il mio onor, dunque, e la fama tua.

ISABELLA

Ch'io t'abbandoni in tal periglio?

CARLO

A tale

periglio esporti? a che varria? Te stessa

tu perdi, e me non salvi. Un sol sospetto

virtude macchia. Deh! la iniqua gioia

togli al tiranno di poter tacciarti

del sol pensier pur rea. Va': cela il pianto;

premi i sospir nel petto: a ciglio asciutto,

con intrepida fronte udir t'è forza

del mio morire. Alla virtú fian sacri

quei tristi dí, che a me sopravvivrai...

E, se pur cerchi al tuo dolor sollievo,

fra tanti rei, sol uno ottimo resta;

Perez, cui ben conosci: ei pianger teco

potrà di furto;... e tu, con lui talvolta

di me parlar potrai... Ma intanto, vanne;

esci;... fa' ch'io non pianga,... a brano a brano

deh non squarciarmi il cuore! ultimo addio

prendi,... e mi lascia;... va: tutta or m'è d'uopo

la mia virtude; or, che fatal si appressa

l'ora di morte...

SCENA TERZA

 

Filippo, Isabella, Carlo.

FILIPPO

Ora di morte è giunta:

perfido, è giunta: io te l'arreco.

ISABELLA

Oh vista!

oh tradimento!...

CARLO

Ed io son presto a morte:

dammela tu.

FILIPPO

Morrai, fellon: ma pria,

miei terribili accenti udrete pria

voi, scellerata coppia. – Infami; io tutto,

sí, tutto io so: quella, che voi d'amore,

me di furor consuma, orrida fiamma,

m'è da gran tempo nota. Oh quai di rabbia

repressi moti! oh qual silenzio lungo!...

Ma entrambi al fin nelle mie man cadeste.

A che dolermi? usar degg'io querele?

Vendetta vuolsi; e avrolla io tosto; e piena,

e inaudita l'avrò. – Mi giova intanto

goder qui di vostr'onta. Iniqua donna,

nol creder giá, che amata io t'abbia mai;

né, che gelosa rabbia al cor mi desse

martíro mai. Filippo, in basso loco,

qual è il tuo cor, l'alto amor suo non pone;

né il può tradir donna che il merti. Offeso

in me il tuo re, non il tuo amante, hai dunque.

Di mia consorte il nome, il sacro nome,

contaminato hai tu. Mai non mi calse

del tuo amor; ma albergare in te sí immenso

dovea il tremor del signor tuo, che tolto

d'ogni altro amor ti fosse anco il pensiero. –

Tu seduttor, tu vile;... a te non parlo;

nulla in te inaspettato; era il misfatto

di te sol degno. – Indubitate prove

m'eran (pur troppo!) ancor che ascosi, i vostri

rei sospiri; e il silenzio, e i moti, e il duolo,

che ne' vostri empj cori al par racchiuso

vedeva, e veggo. – Or, che piú parlo? eguale

fu in voi la colpa; ugual fia in voi la pena.

CARLO

Che ascolto? In lei colpa non è: che dico?

Colpa? né l'ombra pur di colpa è in lei.

Puro il suo cor, mai di sí iniqua fiamma

non arse, io 'l giuro: appena ella il mio amore

seppe, il dannò...

FILIPPO

Fin dove ognun di voi

giungesse, io 'l so; so, che innalzato ancora

tu non avevi al talamo paterno

l'audace empio pensiere; ov'altro fosse,

vivresti or tu?... Ma, dalla impura tua

bocca ne uscí d'orrido amor parola;

essa l'udía; ciò basta.

CARLO

Io sol ti offesi;

né il niego: a me lieve di speme un raggio

sul ciglio balenò: ma il dileguava

la sua virtude tosto: ella mi udiva,

ma sol per mia vergogna; e sol, per trarmi

la rea malnata passíon dal petto...

Malnata, sí; tale or, pur troppo! ed era

giá legittima un dí: mia sposa ell'era,

mia sposa, il sai; tu me la davi; e darla

meglio potevi, che ritorla... Io sono

a ogni modo pur reo: sí, l'amo; e tolta

m'era da te;... che puoi tu tormi omai?

Saziati, su, nel sangue mio; disbrama

la rabbia in me del tuo geloso orgoglio:

ma lei risparmia; ella innocente appieno...

FILIPPO

Ella? in ardir, non in fallir, ti cede. –

Taci, o donna, a tua posta; anche lo stesso

tuo tacer ti convince: in sen tu pure

(né val che il nieghi) ardi d'orribil foco:

ben mel dicesti; assai, troppo il dicesti,

quand'io parlava di costui poc'anzi

teco ad arte: membrando a che mi andavi,

ch'ei m'era figlio? che tuo amante egli era,

perfida, dir tu non l'osavi. In cuore

men di lui forse il tuo dover tradisti,

l'onor, le leggi?

ISABELLA

... In me il silenzio nasce,

di timor no; stupore alto m'ingombra

del non credibil tuo doppio, feroce,

rabido cor. – Ripiglio al fin, ripiglio

gli attoniti miei spirti... Il grave fallo

d'esserti moglie, è al fin dover ch'io ammendi. –

Io finor non ti offesi: al cielo in faccia,

in faccia al prence, io non son rea: nel mio

petto bensí...

CARLO

Pietà di me fallace

muove i suoi detti: ah! non udirla...

ISABELLA

Indarno

salvarmi tenti: ogni tuo dire è punta,

che in lui piú innaspra la superba piaga.

Tempo non è, non piú, di scuse; omai

è da sfuggir l'aspetto suo, cui nullo

tormento agguaglia. – Ove al tiranno fosse

dato il sentir pur mai di amor la forza,

re, ti direi, che tu fra noi stringevi

nodi d'amore: io ti direi, che volto

ogni pensiero a lui fin da' primi anni

avea; che in lui posta ogni speme, io seco

trar disegnato avea miei dí felici.

Virtude m'era, e tuo comando a un tempo,

l'amarlo allor: chi 'l fea delitto poscia?

Tu, col disciorre i nodi santi, il festi.

Sciorgli era lieve ad assoluta voglia;

ma il cor, cosí si cangia? Addentro in core

forte ei mi stava: ma non pria tua sposa

fui, che repressa in me tal fiamma tacque.

Agli anni poscia, a mia virtude, e forse

a te spettava lo estirparla...

FILIPPO

Io dunque,

quanto non fer, né tua virtú, né gli anni,

ben io il farò: sí, nel tuo sangue infido

io spegnerò la impura fiamma...

ISABELLA

Ognora

sangue versare, e ognor versar piú sangue,

è il sol tuo pregio; ma, fia pregio, ond'io

il mio amore a lui tolto a te mai dessi?

A te, dissimil dal tuo figlio, quanto

dalla virtude è il vizio. – Uso a vedermi

tremar tu sei; ma, piú non tremo; io tacqui

finor la iniqua passion, che tale

la riputava in me: palese or sia,

or ch'io te scorgo assai piú ch'essa iniquo.

FILIPPO

Degno è di te costui; di lui tu degna. –

Resta a veder, se nel morir voi sete

forti, quanto in parlar...

SCENA QUARTA

 

Gomez, Filippo, Isabella, Carlo.

FILIPPO

Gomez; compiuti

mie' cenni hai tu? Quant'io t'ho imposto arrechi?

GOMEZ

Perez trafitto muore: ecco l'acciaro,

che gronda ancor del suo sangue fumante.

CARLO

Oh vista!

FILIPPO

In lui dei traditor la schiatta

spenta pur non è tutta... Ma tu, intanto,

mira qual merto a' tuoi fedeli io serbo.

CARLO

Quante (oimè!) quante morti veder deggio,

pria di morir? Perez, tu pure?... Oh rabbia!

Giá giá ti seguo. Ov'è, dov'è quel ferro,

che spetta a me? via, mi s'arrechi. Oh! possa

mio sangue sol spegner la sete ardente

di questo tigre!

ISABELLA

Oh! saziar io sola

potessi, io sola, il suo furor malnato!

FILIPPO

Cessi la infame gara. Eccovi, a scelta

quel pugnale, o quel nappo. O tu, di morte

dispregiator, scegli tu primo.

CARLO

Oh ferro!...

Te caldo ancora d'innocente sangue,

liberator te scelgo. – O tu, infelice

donna, troppo dicesti: a te null'altro

riman, che morte: ma il velen deh! scegli;

men dolorosa fia... D'amor infausto

quest'è il consiglio estremo: in te raccogli

tutto il coraggio tuo: – mirami...([1]) Io moro...

Segui il mio esempio. – Il fatal nappo afferra...

non indugiare...

ISABELLA

Ah! sí; ti seguo. O morte,

tu mi sei gioja; in te...

FILIPPO

Vivrai tu dunque;

mal tuo grado vivrai.

ISABELLA

Lasciami... Oh reo

supplizio! ei muore; ed io?...

FILIPPO

Da lui disgiunta,

sí, tu vivrai; giorni vivrai di pianto:

mi fia sollievo il tuo lungo dolore.

Quando poi, scevra dell'amor tuo infame,

viver vorrai, darotti allora io morte.

ISABELLA

Viverti al fianco?... io sopportar tua vista?...

Non fia mai, no... Morir vogl'io... Supplisca

al tolto nappo...([2]) il tuo pugnal...

FILIPPO

T'arresta...

ISABELLA

Io moro...

FILIPPO

Oh ciel! che veggio?

ISABELLA

... Morir vedi...

la sposa,... e il figlio,... ambo innocenti,... ed ambo

per mano tua... – Ti sieguo, amato Carlo...

FILIPPO

Scorre di sangue (e di qual sangue!) un rio...

Ecco, piena vendetta orrida ottengo;...

ma, felice son io?... – Gomez, si asconda

l'atroce caso a ogni uomo. – A me la fama,

a te, se il taci, salverai la vita.

([1]) Si ferisce.

([2]) Rapidissimamente avventatasi al pugnale di Filippo, se ne trafigge.


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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 14/07/2005 23.54

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