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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Filippo

Di: Vittorio Alfieri

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ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Carlo.

 

Tenebre, o voi del chiaro dí piú assai

conveníenti a questa orribil reggia,

quanto mi aggrada il tornar vostro! In tregua

non ch'io per voi ponga il mio duol; ma tanti

vili ed iniqui aspetti almen non veggio. –

Qui favellarmi d'Isabella in nome

vuol la sua fida Elvira: or, che dirammi?...

Oh qual silenzio!... Infra i rimorsi adunque,

fra le torbide cure, e i rei sospetti

placido scende ad ingombrar le ciglia

de' traditori e de' tiranni il sonno?

Quel, che ognor sfugge l'innocente oppresso? –

Ma, duro a me non è il vegliare: io stommi

co' miei pensieri, e colla immagin cara

d'ogni beltá, d'ogni virtú: mi è grato

qui ritornar, dov'io la vidi, e intesi

parole (oimè!) che vita a un tempo e morte

m'erano. Ah! sí; da quel fatale istante

meno alquanto infelice esser mi avviso,

ma piú reo ch'io non era... Or, donde nasce

in me il timor d'orror frammisto? è forse

al delitto il timor dovuta pena?...

Pena? ma qual commisi io mai delitto?

Non tacqui: e chi potea l'immenso amore

tacer, chi mai? – Gente si appressa. Elvira

sarà;... ma no: qual odo fragor cupo?...

Qual gente vien? qual balenar di luce?

Armati a me? Via, traditori...

 

SCENA SECONDA

 

Soldati con armi e fiaccole.

Filippo, Carlo. 

CARLO

Oh cielo!

Da tante spade preceduto il padre?

FILIPPO

Di notte, solo, in queste stanze, in armi,

che fai, che pensi tu? gl'incerti passi

ove porti? Favella.

CARLO

... E che direi?...

L'armi, ch'io strinsi all'appressar d'armati

audaci sgherri, al tuo paterno aspetto

cadonmi: a lor duce tu sei?... tu, padre? –

Di me disponi a piacer tuo. Ma dimmi;

pretesti usar, t'era egli d'uopo? e quali!...

Ah padre! indegni son di un re i pretesti; –

ma le discolpe son di me piú indegne.

FILIPPO

L'ardir v'aggiungi? Aggiungil pur, ch'è ognora

all'alte scelleraggini compagno:

fa di finto rispetto infame velo

all'alma infida, ambizíosa, atroce;

giá non ti escusi tu: meglio, è che il varco

tu schiuda intero alla tua rabbia: or versa

il mortal tosco che in tuo cor rinserri;

audacemente ogni pensier tuo fello,

degno di te, magnanimo confessa.

CARLO

Che confessar degg'io? Risparmia, o padre,

i vani oltraggi: ogni piú cruda pena

dammi; giusta ella fia, se a te fia grata.

FILIPPO

In cosí acerba età, deh! come giunto

sei di perfidia al piú eminente grado?

D'iniquità dove imparata hai l'arte,

che, dal tuo re colto in sí orribil fallo,

neppur di aspetto cangi?

CARLO

Ove l'appresi?

Nato in tua reggia...

FILIPPO

Il sei, fellon, per mia

sventura ed onta...

CARLO

Ad emendar tal onta,

che tardi or piú? che non ti fai felice

col versar tu del proprio figlio il sangue?

FILIPPO

Mio figlio tu?

CARLO

Ma, che fec'io?

FILIPPO

Mel chiedi?

Tu il chiedi a me? Non ti flagella dunque

rimorso nullo?... Ah! no; giá da gran tempo

nullo piú ne conosci; o il sol che senti,

del non compiuto parricidio il senti.

CARLO

Parricidio! Che ascolto? Io parricida?

Ma, né tu stesso il credi, no. – Qual prova,

quale indizio, o sospetto?...

FILIPPO

Indizio, prova,

certezza, io tutto dal livor tuo traggo.

CARLO

– Non mi sforzar, deh! padre, al fero eccesso

di oltrepassar quella terribil meta,

che tra suddito e re, tra figlio e padre,

le leggi, il cielo, e la natura, han posto.

FILIPPO

Con sacrilego piè tu la varcasti,

gran tempo è giá. Che dico? ignota sempre

ti fu. D'aspra virtú gli alteri sensi

lascia, che mal ti stan; qual sei, favella:

svela del par gli orditi, e i giá perfetti

tuoi tradimenti tanti... Or via, che temi?

Ch'io sia men grande, che non sei tu iniquo?

Se il vero parli, e nulla ascondi, spera;

se il taci, o ammanti, trema.

CARLO

Il vero io parlo;

tu mi vi sforzi. – Me conosco io troppo,

perch'io mai tremi; e troppo io te conosco,

perch'io mai speri. Infausto don, mia vita

ripiglia tu, ch'ella è ben tua; ma mio

egli è il mio onor, né il togli tu, né il dai.

Ben reo sarei, se a confessarmi reo

mi traesse viltà. – L'ultimo fiato

qui spirar mi vedrai: lunga, crudele,

obbrobriosa apprestami la morte:

morte non v'ha, che ad avvilir me vaglia.

Te sol, te sol, non me compiango, o padre.

FILIPPO

Temerario, in tal guisa al signor tuo

ragion de' tuoi misfatti render osi?

CARLO

Ragion? – Tu m'odj; ecco il mio sol misfatto:

sete hai di sangue; ecco ogni mia discolpa:

tuo dritto solo, è l'assoluto regno.

FILIPPO

Guardie, si arresti; olá.

CARLO

Risposta sola

di re tiranno è questa. Ecco, le braccia

alle catene io porgo: eccoti ignudo

al ferro il petto. A che indugiar? fors'oggi

a incrudelir cominci tu soltanto?

Il tuo regnar, giorno per giorno, in note

atre di sangue è scritto giá...

FILIPPO

Si tolga

dagli occhi miei. Della qui annessa torre

entro al piú nero carcere si chiuda.

Guai, se pietade alcun di voi ne sente.

CARLO

Ciò non temer, che in crudeltà son pari

i tuoi ministri a te.

FILIPPO

Si strappi a forza

dal mio cospetto; a viva forza...

SCENA TERZA

 Isabella, Filippo.

 

ISABELLA

Oh cielo!

Che miro? oimè!...

FILIPPO

Donna, che fia?

ISABELLA

La reggia

tutta di meste grida dolorose

udía dintorno risuonare...

FILIPPO

Udisti

flebile suono; è ver...

ISABELLA

Dal tuo cospetto

non vidi io il prence strascinato a forza?

FILIPPO

Tu ben vedesti; è desso.

ISABELLA

Il figliuol tuo?...

FILIPPO

La mia consorte impallidisce, e trema,

nel veder trarre?...

ISABELLA

Io tremo?

FILIPPO

E n'hai ben donde. –

Il tuo tremar... dell'amor tuo... non lieve

indizio m'è... Pel tuo... consorte or tremi:

ma, riconforta il cor; svaní il periglio.

ISABELLA

Periglio!... e quale?

FILIPPO

Alto periglio io corsi:

ma omai mia vita in securtà...

ISABELLA

Tua vita?...

FILIPPO

A te sí cara e necessaria, è in salvo.

ISABELLA

Ma il traditor?...

FILIPPO

Del tradimento pena

dovuta avrà. Piú non temer, ch'io mai

per lui riapra a pietá stolta il core.

Passò stagione; or di giustizia il solo

terribil grido ascolterò.

ISABELLA

Ma quale,

qual trama?...

FILIPPO

Oh ciel! contro a me sol non era

forse ordita la trama. A chi del padre

il sangue vuol, (s'ei la madrigna abborre

del padre al par) nulla parrebbe il sangue

versar della madrigna...

ISABELLA

In me?... Che parli?...

Ahi lassa!... Il prence...

FILIPPO

Ingrato, i tuoi non meno,

che i miei cotanti beneficj obblia. –

Ma tu, in te stessa torna;... e lieta vivi;...

e a me sol fida la importante cura

di assicurar la tua con la mia pace.

SCENA QUARTA

 Isabella.

 

... Oh detti!... oh sguardi!... A gran pena ripiglio

i sensi miei. Che mai diss'egli? avrebbe

forse il mio amor?... ma no; racchiuso stammi

nel piú addentro del core... Eppur, quegli occhi

d'ira avvampanti, ed in me fitti... Ahi lassa!...

Poi di madrigna favellò... Che disse

della mia pace?... Oh cielo! e che risposi?

Nomato ho il prence? Oh! di qual freddo orrore

sento agghiacciarmi! Ove corr'egli... ahi! dove?

A che si appresta? ed io, che fo? – Seguirlo

voglio;... ma il piè manca, e il vigor...

SCENA QUINTA

 

Gomez, Isabella. 

GOMEZ

Perdona

l'ardir mio troppo; io teco il re pur anco

stimava.

ISABELLA

... Or dianzi ei mi lasciò.

GOMEZ

Cercarne

dunque m'è forza altrove. Impazíente

per certo ei sta di udir l'evento alfine...

ISABELLA

L'evento?... Arresta il piè: dimmi...

GOMEZ

Se a lui

tu favellasti, esposta avratti appieno

l'espettazion sua dubbia della estrema

sentenza...

ISABELLA

No: di un tradimento in foschi

ambigui detti a me parlò; ma...

GOMEZ

Il nome

del traditor non ti dicea?

ISABELLA

Del prence...

GOMEZ

Tutto sai dunque. Io del consiglio arreco...

ISABELLA

Di qual consiglio? Oimè! che rechi?

GOMEZ

A lungo

l'alto affar discuteasi; e al fin conchiuso

ad una s'è...

ISABELLA

Che mai? Parla.

GOMEZ

Sta scritta

in questo foglio la sentenza: ad essa

null'altro manca, che del re l'assenso.

ISABELLA

E il tenor n'è?

GOMEZ

Morte pronunzia.

ISABELLA

Morte?

Iniqui! morte? E qual delitto è in lui?

GOMEZ

Tel tacque il re?

ISABELLA

Mel tacque, sí.

GOMEZ

... Tentato

ha il parricidio.

ISABELLA

Oh ciel! Carlo?...

GOMEZ

Lo accusa

il padre stesso; e prove...

ISABELLA

Il padre?... E quali

prove ne dà?... mentite prove. – Ah! certo

altra ragion, che a me si asconde, avravvi.

Deh! mi appalesa il suo vero delitto.

GOMEZ

Il suo delitto vero? – E dirtel posso,

se tu nol sai?... Può il dirtelo costarmi

la vita.

ISABELLA

Oh! che di' tu? Ma che? paventi

ch'io tradire ti possa?

GOMEZ

Il re tradisco,

s'io nulla dico; il re. – Ma, qual ti punge

stimol sí caldo ad indagarne il vero?

ISABELLA

Io?... Sol mi punge curíosa brama.

GOMEZ

A te ciò in somma or che rileva? – Il prence

sta in gran periglio, e soggiacervi forse

dovrá: ma ch'altro a lui, fuorché madrigna,

al fin sei tu?... Giá il suo morir non nuoce

a te; potrebbe anzi la via del trono

ai figli, che uscir denno dal tuo fianco,

sgombrar cosí. Credi; la origin vera

dei misfatti di Carlo, è in parte, amore...

ISABELLA

Che parli?

GOMEZ

Amor, che il re ti porta. Ei lieto

piú fora assai di un successor tuo figlio,

che non di Carlo sia per l'esser mai.

ISABELLA

Respiro. – In me quai basse mire inique

supporre ardisci?

GOMEZ

Del mio re ti ardisco

dire i pensier; non son, no, tali i miei;

ma...

ISABELLA

Vero è dunque, è ver, ciò ch'io finora

mai non credea; che il padre, il padre stesso,

il proprio figlio abborre...

GOMEZ

Oh quanto, o donna,

io ti compiango, se finor conosci

sí poco il re!

ISABELLA

Ma, in chi cred'io? Tu pure...

GOMEZ

Io pure, sí, poiché non dubbia or trovo

in te pietá, l'atro silenzio io rompo,

che il cor mi opprime. È ver pur troppo, il prence

(misero!) non è reo d'altro delitto,

che d'esser figlio di un orribil padre.

ISABELLA

Raccapricciar mi fai.

GOMEZ

Di te non meno

inorridisco anch'io. Sai, donde nasce

lo snaturato odio paterno? Il muove

vile invidia: in veder virtú verace

tanta nel figlio, la virtú mentita

del rio padre si adira: a se pur troppo

ei dissimile il vede; ed, empio, ei vuole

pria spento il figlio, che di se maggiore.

ISABELLA

Oh non mai visto padre! Ma, piú iniquo

il consiglio che il re, perché condanna

un innocente a morte?

GOMEZ

E qual consiglio

si opporrebbe a un tal re? Lo accusa ei stesso:

falsa è l'accusa; ognun lo sa: ma ognuno,

per se tremante, tacendo l'afferma.

Ricade in noi di ria sentenza l'onta;

ministri vili al suo furor siam noi;

fremendo il siam; ma invan: chi lo negasse,

del suo furor cadria vittima tosto.

ISABELLA

E fia ver ciò che ascolto?... Io di stupore

muta rimango... E non resta piú speme?

Ingiustamente ei perirà?

GOMEZ

Filippo,

nel simular, sovra ogni cosa, è dotto.

Dubbio parer vorrà da pria; gran mostra

farà di duolo e di pietá; fors'anco

indugierà pria di risolver: folle

chi 'l duolo in lui, chi la pietá credesse;

o che in quel cor, per indugiar di tempo,

l'ira profonda scemasse mai dramma.

ISABELLA

Deh! se tu nei delitti al par di lui

l'alma indurata ancor non hai, deh! senti,

Gomez, pietade...

GOMEZ

E che poss'io?

ISABELLA

Tu, forse...

GOMEZ

Di vano pianto, e ben celato, io posso

onorar la memoria di quel giusto:

null'altro io posso.

ISABELLA

Oh! chi udí mai, chi vide

sí atroce caso?

GOMEZ

A perder io me stesso

presto sarei, purché salvare il prence

potessi; e sallo il cielo. Io, dai rimorsi,

cui seco tragge di cotal tiranno

la funesta amistà, roder giá sento,

giá strazíarmi il cor; ma...

ISABELLA

Se il rimorso

sincero è in te, giovar gli puoi non poco;

sí, il puoi; né d'uopo t'è perder te stesso.

Sospetto al re non sei; puoi, di nascosto,

mezzi al fuggir prestargli: e chi scoprirti

vorria? – Chi sa? fors'anco un dí Filippo,

in se tornando, il generoso ardire

d'uom, che sua gloria a lui salvò col figlio,

premiar potrebbe.

GOMEZ

E, se ciò ardissi io pure,

Carlo il vorrà? quant'egli è altero, il sai?

Giá il suo furor ravviso, in udir solo

di fuga il nome, e di sentenza. Ah! vano

ad atterrire quella indomit'alma

ogni annunzio è di morte; anzi, giá il veggo

ostinarsi a perire. Aggiungi, ch'ogni

mio consiglio od ajuto, a lui sospetto

e odíoso sarebbe. Al re simile

crede egli me.

ISABELLA

Null'altro ostacol havvi?

Fa' pur ch'io il vegga; al carcer suo mi guida:

ivi hai l'accesso al certo: io mi lusingo

di risolverlo a fuga. Or, deh! tant'alto

favor non mi negare. Avanzan molte

ore di notte: al suo fuggire i mezzi

appresta intanto; e di arrecar sospendi

fatal sentenza, che sí tosto forse

non si aspetta dal re. Vedi,... ten priego;

andiamo; il cielo avrai propizio ognora:

io ti scongiuro, andiamvi...

GOMEZ

E chi potrebbe

opra negar cosí pietosa? Io voglio

a ogni costo tentarla. Andiamvi. – Il cielo

perir non lasci chi perir non merta.


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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 14/07/2005 23.53

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