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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Con la penna d'oro

ITALO SVEVO

Quattro atti

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ATTO TERZO

 

Estate. Salotto come al primo atto.

 

 

SCENA PRIMA

TERESINA e CLELIA

 

CLELIA.               La signora Alberta disse soltanto questo: Parlerò io oggi con la zia.

TERESINA.         Ti parve adirata?

CLELIA.               No! Solo un po' spazientita.

TERESINA.         Ma io ti dissi di dirle che mi trovavo tanto bene in questa casa e che se volevo uscirne era soltanto per andar a stare in quell'altra casa, pur sua, a Tricesimo, perché avevo tanto desiderio di verde e di aria.

CLELIA.               Credo di averle detto cosí ma tuttavia essa ne fu spazientita.

TERESINA.         Eppure non mi pare d'aver detto nulla di male.

CLELIA.               Ma io credo che ambedue noi sbagliamo sistema con la signora Alberta. Con la signora Alice è tutt'altra cosa. Là, certo, con un poco di moine era possibile di rabbonirla. Qui invece bisogna essere brevi. La signora Alberta non ha tempo. Voglio dire che per noi non ha tempo. Io andavo spiegandole che voi non volevate lasciare questa casa… assolutamente… Non credevate di poter restar priva di tutte queste comodità ma che tuttavia sapendo ch'era sua anche la casa di Tricesimo ecc. ecc. Essa dall'impazienza cominciò a pestare il suolo coi piedi, poi il tavolo con le mani. Aveva capito subito tutto e mi disse due tre volte: Parlerò io con la zia! E finí che dovetti tacere.

TERESINA          (spaventata). Tanto arrabbiata ti parve?

CLELIA.               Non spaventatevi! Non vedete che esagero per farvi ridere? Certo è che mi fa un po' specie di vedermi tagliata la parola da chi finché ero in casa della signora Alice mi stava a sentire tanto volentieri!

TERESINA          (guardandosi d'intorno). Io, veramente, ho voluto sempre piú bene ad Alice che ad Alberta. Alice, poverina, è infelice. Mi voleva bene ma era sempre tanto distratta dalla propria sventura…

CLELIA.               Chiamatela sventura!

TERESINA.         Certo! Tu non puoi intenderlo ma è una sventura per Alice. Oh! poverina! Non vedevi come soffriva?

CLELIA.               Talora, ma la vidi qualche volta tutt'altro che infelice. Certo che anche a me era piú simpatica di questa signora piena di pretese. Ad onta che certo la signora Alberta sa dirigere la sua casa un poco meglio che la signora Alice. Come tutto qui cammina in regola. Pare di vivere in un orologio.

TERESINA.         Bella bravura con tutti quei denari. Alberta, sí, è buona fa molta carità, si dice. Ma, come affetto, tutta la sua carità non vale le lagrime di cui Alice irrora le teste dei suoi bambini. Povera mammina infelice! A me non manca nulla in questa casa ma ecco due giorni che non vedo Alberta. Bada di non dirglielo ma a me sembra che avendo una zia in casa potrebbe curarsene un poco di piú. Cominciò ch'essa mi propose di prendere i pasti in camera mia. Era comodo anche per me, certo, perché mi turbava di mangiare in presenza di quel signor Carlo sempre intorno ai suoi affari e poco cortese. In questa casa poi si parla molto di denari, un argomento che a me poco interessa perché non ne ho. Parlavano di 100.000, di 200.000, anche di 300.000. Ma però da parte di lei è stato una poco bella azione quella di cacciarmi fuori di tavola. Alice non mi parlava molto ma quando mi guardava traverso le lagrime, nel suo sguardo non c'era che affetto.

 

SCENA SECONDA

CARLO dalla porta di fondo e DETTE

 

CARLO.               Non c'è Alberta?

TERESINA.         Buon giorno signor Carlo.

CARLO.               Buon giorno, signora. Come sta? Ha una buona cera quest'oggi. Me ne congratulo! Arrivederci! (Scappa a destra.)

 

SCENA TERZA

TERESINA e CLELIA

 

CLELIA                (ridendo). Com'è curioso di sapere come Ella stia.

TERESINA.         Non è mai stato a sentire una mia risposta. Ogni giorno mi dice la stessa frase. Se ne avessi il coraggio gli direi subito non appena lo vedo: “Sto bene! Sto bene!”. E cosí gli risparmierei la fatica di parlare lui. Ma già io non posso osare una cosa simile.

CLELIA.               E allora lo farò io! La prossima volta che lo vedo arrivare a vele spiegate gli grido incontro: La signora sta bene, sta benissimo. È inutile che s'incomodi.

TERESINA.         Oh! non farai una cosa simile! Promettimelo! Giuramelo!

CLELIA.               Non spaventatevi! Ve lo giuro se volete. Ma quel signor Carlo! Come è antipatico! Io, non so nulla della signora Alberta ma lui, con tutti quei suoi affari, meriterebbe di portare i corni!

TERESINA.         Vuoi tacere?

CLELIA                (saltando e ballando). I corni, i corni…

TERESINA.         Pazza che sei! Vuoi star zitta? Mi fai morire di paura.

 

SCENA QUARTA

ALICE e DETTE

 

ALICE                  (entra; si sente ch'è agitatissima). E Alberta?

TERESINA.         E neppur tu Alice ti degni di vedermi?

ALICE.                 Scusi, zia; non v'avevo vista. Io ero venuta per vedere Alberta.

TERESINA.         E in un mese che sono via di casa tua non trovasti un istante di tempo per venirmi a salutare?

ALICE.                 Sa! Non volevo vedere Alberta.

TERESINA.         E adesso vuoi Alberta e tuttavia non vuoi me? (Piangendo.) Eppure io sempre ti volli bene.

ALICE.                 Ma in casa mia non volle restare.

TERESINA.         Io non volli! Vergine Santa! Son io che volevo. Dillo tu. Clelia! Son stata forse io che volli andarmene. Diglielo tu!

CLELIA.               Già a me la signora non crederebbe.

ALICE                  (un po' indifferente). Perché no?

CLELIA.               E allora posso dirlo. La signora è stata messa su dalla signora Alberta.

TERESINA          (interrorita). Ma parla piano, parla piano. (Abbassando essa stessa la voce.) Eppoi, sai, io non sono andata via volentieri dalla tua casa. Questa è la verità.

ALICE.                 Credetemi zia che tutto ciò non ha importanza. Io vi voglio bene lo stesso. Alberta non è in casa?

TERESINA.         Te ne prego, Clelia, va di là a mettere in ordine la mia stanza.

CLELIA.               È già pulita.

TERESINA.         E allora vattene istesso te ne prego. Voglio restare sola con mia nipote.

CLELIA                (seccata, avviandosi). Sta bene! Se non mi volete!

TERESINA.         Te ne prego, Clelia, non arrabbiarti. Ti richiamo subito, subito.

(Clelia esce stringendosi nelle spalle.)

 

 

SCENA QUINTA

TERESINA e ALICE

 

TERESINA.         Quanto mi dispiace che s'è arrabbiata. Poi le dirò tutto. Ma dinanzi ad altri non potevo parlare. (Con vivacità insolita.) Vieni, vieni, Alice. Siedi, te ne prego. Stammi piú vicina.

ALICE                  (eseguisce incuriosita). Avete da dirmi qualche cosa?

TERESINA          (esitante per un istante solo). Sí! (Baciandole improvvisamente le mani.) Volevo dirti che ti voglio bene! Questo volevo dirti! Null'altro! Se sapessi quanto! Penso tanto a te, penso solo a te. Cattiva! In un mese non sei stata a trovarmi una sola volta. Ed io bruciavo dal desiderio di vederti. Ma non importa! Tuttavia di notte quando mi desto mi sento un caldo intorno al cuore: Anch'io voglio bene a qualcuno. Dopo tanti anni.

ALICE                  (tentando di ritirare le mani). Ma zia mia.

TERESINA.         Tu non dir nulla perché già non puoi amarmi come io t'amo. Ma questo non fa nulla! Dove s'è visto che i figli amino i genitori come ne sono amati? Io sono la madre e devo amare senza esigere nulla. Guarda dacché ti voglio bene un nuovo calore è passato nelle mie vecchie membra! (Tenta d'alzarsi nella sedia e ricade subito.) È poco! Ma io so che se ti minacciasse un pericolo io saprei anche levarmi e correre per venire in tuo aiuto.

ALICE.                 Povera zia! (La bacia.) Calmatevi! Potrebbe farvi male di agitarvi cosí. Ma prima non mi volevate tanto bene?

TERESINA.         Sempre! Sempre ti ho voluto bene! Nella tua infanzia credetti di dover essere severa con te perché mi parevi molto testarda. Ma anche di quell'epoca come ricordo il mio affetto! Quando t'avevo sgridata poi ricordavo con un sorriso certe tue miti ribellioni. Ti piantavi sulle piccole gambe e mi guardavi coi grandi occhi azzurri come a vedere se i rimproveri t'erano fatti sul serio. Quando venni in casa tua ero ossessionata dal pensiero di darti disturbo. Ma quando arrivai in questa casa (abbassando la voce) l'unica cosa buona che vi trovai fu il mio affetto per te, l'intero mio affetto per te. (Cambiando tono.) E come va che tu povera mammina ami tanto i tuoi bambini e non sai guidarli e non sai sgridarli? Sai solo piangere per essi? Come può essere questo? La casa tua è l'ultimo tuo pensiero. Tu vai incontro alla tua rovina. Non te ne accorgi, Alice mia?

ALICE                  (la guarda un momento esitante e poi s'abbandona piangendo nel suo grembo).

TERESINA          (profondamente commossa e felice). Sí! Resta cosí! Qui nessuno ti può far nulla! Adagiati meglio! Cosí! Cosí!

ALICE                  (con voce rotta dai singhiozzi). Alberta ve lo disse ma essa non vi disse che fino a poco tempo addietro…

TERESINA.         Con Alberta io mai parlai. Io vidi tutto, Alice cara, figliuola mia. (Baciandola.) Perché tu sei la mia figliuola! L'unica!… E sento acquistare tali forze per essere tua madre! E dico la verità, la posso dire: Tu manchi al tuo dovere verso i tuoi figliuoli, verso la tua casa, verso te stessa.

ALICE.                 È vero! È vero! Ma sono tanto sventurata!

TERESINA.         Lo so! Lo so! Ma pensa con me come si potrebbe fare ad essere meno sventurati. (Timidamente.) Non potresti lasciare quell'uomo che ti fa perdere la testa?

ALICE                  (tenta di rizzarsi). Mai! Mai!

TERESINA.         Resta! Resta! Io mai ti farò un'imposizione che ti potrebbe indurre a lasciarmi. Tu lo ami?

ALICE.                 Sí! Non potrei vivere senza di lui.

TERESINA.         Ma e perché non ti sposa?

ALICE.                 Mi lasci che mi levi zia! Se Alberta ci vedesse cosí! Penserebbe che abbiamo complottato contro di lei.

TERESINA.         Lasciami almeno la tua mano!

ALICE.                 Eccola! Ma, zia mia, voi non potete capire. Certo io sempre pensai ch'egli avrebbe finito con lo sposarmi. E pareva! Egli mi sente inquieta, infelice e credo mi ami sinceramente. Mi pareva poche settimane or sono ch'egli volesse portarmi questo sacrificio!

TERESINA.         Sacrificio!

ALICE.                 Eh! sí! zietta mia! Non è mica piacevole al giorno d'oggi di sposare una vedova con due figli.

TERESINA.         Ma se ti ama!

ALICE.                 Mi ama ma insomma… Sono già la sua amante ed egli potrebbe non vedere la necessità di sposarmi.

TERESINA.         E dicevi che da qualche tempo lo vedi meno affettuoso con te.

ALICE.                 Sí! Per colpa di costei!

TERESINA.         Chi costei? Alberta!

ALICE.                 Sí! lei! Dovete sapere che Donato in passato fece la corte ad Alberta. Essa ch'era una donna onesta gli fece capire chiaramente che perdeva il suo tempo. Ma ora, per rovinarmi, civetta con lui, lo fa sperare e lui in cui il desiderio antico rinasce ne è turbato.

TERESINA.         Ama te e vuole lei?

ALICE.                 Io di lui non so niente di certo. Ma di lei sí! Guardate! (Leva una carta dal petto.) Questa la trovai addosso a Donato ed è già tanto tanto (disperata) grave che non me la fece vedere. (Legge.) Carissimo signor Sereni, dunque quando manterrà la Sua promessa e verrà a trovarmi? Mi faccia sapere quando verrà acciocché mi trovi sicuramente in casa. Alberta. Tutto in questo biglietto tradisce la cattiva intenzione. Ella intende che quel preavviso che domanda è necessario per farsi trovare sola? E immagini come deve aver interpretato tale biglietto lui che in passato l'ha amata.

TERESINA          (riflessiva). Io non credo ch'egli abbia corrisposto all'invito.

ALICE.                 Come può saperlo lei?

TERESINA.         Io no! Ma Clelia di certo lo saprebbe. Ella sa tutto! Io credo ch'essa veda traverso i muri.

ALICE.                 Sí! In casa mia era facile! Ma in questo casone è tutt'altra cosa.

TERESINA.         Ti assicuro che se anche la casa fosse il doppio di quello che è, essa arriverebbe a sorvegliarla tutta.

ALICE.                 Non si potrebbe interrogarla?

TERESINA.         E perché no? (Poi con malcelata soddisfazione.) Essa non può soffrire Alberta. Cosí, d'istinto! Perciò non le direbbe mai che l'abbiamo interrogata.

ALICE.                 E se glielo dicesse a me non importerebbe affatto. (Corre alla porta a sinistra.) Clelia! Clelia!

 

SCENA SESTA

CLELIA e DETTE

 

CLELIA.               Ha bisogno di me?

TERESINA          Sí cara Clelia.

CLELIA.               Si capisce che di me avete bisogno. Divento anche "cara".

TERESINA.         Come puoi dire una cosa simile? Non ti dico sempre "cara"?

CLELIA.               Sí! Quando siamo sole ma quando siamo con altri voi ve ne vergognereste.

TERESINA.         Come puoi dire una cosa simile? Non siamo ora in presenza di Alice?

CLELIA.               Vuol dire che ambedue avete bisogno di me.

ALICE                  (fremendo). Ebbene! Lasciamo stare! Fosti piú pronta a rispondere quando Alberta ti chiese di ciarlare sul mio conto.

CLELIA                (ridendo). È questo che volete da me. Dio mio! Per quello che posso servirvi… Non capisco quello che può giovarvi di sapere quello che avviene in cucina in anticamera e in giardino.

TERESINA.         Ma a noi importa di sapere quello che avviene giusto negli altri posti.

CLELIA.               E allora non posso servirvi perché da quegli altri posti io sono esclusa.

TERESINA          (riflettendo). Senti! Tu non hai viste qui in questa casa delle persone che hai viste in casa di Alice?

CLELIA.               Eh! tante! voi e me intanto.

TERESINA.         E nessun'altra? Pensaci, Clelia.

CLELIA.               Eh! sí! Vidi questa mattina qui per la prima volta quel giovanotto bello, dal profilo di statua, dai mustacchietti neri… il signor Donato Sereni.

TERESINA.         E non me lo dicesti.

ALICE.                 Ma ne siete sicura?

CLELIA.               Oh! bella! Io ne appresi il nome qui. Perché qui venne annunziato in piene lettere: Donato Sereni.

ALICE                  (agitatissima). Addio, zia! Io saprò subito la verità. (S'avvia.)

 

 

SCENA SETTIMA

CARLO e DETTI

 

CARLO                (vuol passare e vede Alice). Buon giorno, signora! Come sta?

ALICE                  (arrestandosi). Io sto benissimo!

CARLO.               Dopo tanto tempo è la prima volta ch'io la rivedo in casa nostra.

ALICE.                 Infatti tutti gli amici finiscono col ritornare a questa casa.

CARLO                (un po' stupito della frase dopo lieve esitazione). È perché io ed Alberta amiamo i nostri amici.

ALICE.                 Sí! Li amate! Anche Donato Sereni ritornò a questa casa.

CARLO.               Ritornò?

ALICE.                 Voi non lo sapete? (Lo scruta.)

CARLO                (balbettando). Alberta si sarà dimenticata di dirmelo.

 

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 22.44

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