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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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L'avventura di Maria

ITALO SVEVO

Commedia in tre atti

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ATTO TERZO

 

 

SCENA PRIMA

TARELLI e MARIA

 

MARIA (sta gettando della biancheria in una cassa e canta). “Ed io lieto me ne vado al reggimento… ”.

TARELLI (infastidito). Te ne prego, non cantare! La tua voce e la tua gioia mi ricordano quella di uno stupido animale… che non voglio precisare.

MARIA. Grazie.

TARELLI. Tanta gioia dopo l'insuccesso di ieri. Sta bene non curarsi di questi cretini, ma in un'artista dovrebbe pur esserci un po' di dolore dopo un insuccesso.

MARIA. E se nel mio cuore non c'è questo dolore, che farci? Il mio non sarà un cuore di artista…

TARELLI. Oh, questa frase in bocca tua mi addolora anche piú del tuo canto e della tua falsa gioia. Hai suonato tanto male ieri sera che in luogo dell'archetto pareva tu maneggiassi una scopa. Quell'adagio poi! Ne accelerasti il tempo a tal segno! Non era un adagio quello! Era un cavallo ansioso di giungere alla sua stalla.

MARIA (allegramente). Davvero? Cosí ad un tratto, ora suono tanto male?

TARELLI. Con trascuratezza. Lo riconobbe persino Maineri, il buon Maineri che di solito s'inginocchia davanti ad ogni tua nota. "Ha poca voglia questa sera" mi disse. Per me era troppo indulgente. Io ero là là per dare il segnale dei fischi. Oh, peggio ancora! Ti avrei bastonata! Pochi momenti prima il professore mi viene a dire di averti vista abbracciata al signor Alberto! Non credo che siano stati i miei rimproveri ad impedirti di suonar bene. Temo tu abbia qualche altra preoccupazione. Oh, Maria! È la prima volta, questa, in vita mia che anelo proprio di allontanarmi da un luogo! Chi me lo avrebbe mai detto che sarei fuggito in questo modo da una innocua e ridicola casa borghese come questa!

MARIA. Povero zio mio!

TARELLI. E attendo ancor sempre le spiegazioni promesse… per calmare la mia collera… Avevi da darmele al piú tardi entro la mattina? Hai cambiato parere?

MARIA. No zio. Mi permetti, però, di dartele… in iscritto?

TARELLI. Perché in iscritto?

MARIA. Perché… scrivendo si arrossisce meno.

TARELLI (minaccioso). Ah, hai dunque da arrossire? Anche tu?

MARIA. Sai che arrossisco facilmente. Dici anch'io! Anzi, francamente, se qualcuno ha da arrossire sono io solo quella. Egli, poveretto, è del tutto innocente. Mi prometti di non dirgli manco una parola di rimprovero?

TARELLI. Me lo hai già fatto promettere.

MARIA (che fin qui avrà sempre lavorato intorno al baule). Intanto io ho terminato i miei preparativi per la partenza. È la prima volta che faccio questo lavoro da sola e non lo trovo mica noioso! Ho pregato Amelia di occuparsi dei tuoi bauli. Ora andrò nella mia camera a scriverti una lunga lunga lettera.

TARELLI. Ma è ridicolo scrivere ad una persona con la quale ci si può intendere in breve a voce. È tanto piú facile.

MARIA. Piú facile, sí, ma solo in certi casi. Insomma che tu lo voglia o no questa volta sarai obbligato di decifrare le mie zampe di mosca. La prefazione soltanto vorrei fare a viva voce, perché non so maneggiare tanto bene la penna da esplicare certe cose in iscritto.

TARELLI. Ebbene?

MARIA (gettandogli le braccia al collo). Senti, zio, sei convinto che ti voglio bene? Qualunque cosa avessi da scriverti sapresti perdonarmelo subito, senza esitazione?

TARELLI. Capirai, pazzerella, che la spiegazione non potrà mai farmi andare in collera piú del fatto stesso. (Accarezzandola.) Ora anche senza i tuoi schiarimenti penso che sei molto, ma molto colpevole, eppure, come vedi non ti tengo il broncio. (Dolcemente.)

MARIA. Qualche volta quando le spiegazioni son date con tutta franchezza aggravano i fatti. (E ridendo.) E vedrai come son franca io, quando scrivo.

TARELLI. Ti diverti a tormentarmi facendo la sfinge.

MARIA. Abbi pazienza, ancora per poco. Volevo dirti, zio, che ti voglio molto, molto bene. Tu mi hai fatto da padre e da madre. Oh, non l'ho dimenticato, (ad un gesto di protesta di Tarelli) meglio ancora di quanto avrebbero potuto farlo essi stessi. Sei tu che hai scoperto, o forse inventato il mio genio. Che ne so io? Voglio anzi darti una prova del mio amore. Figurati che nei miei sogni di fanciulla io previdi il momento in cui tu, troppo vecchio, non avresti piú potuto continuare questa vita. Ebbene. Fra i miei sogni e te non ho mai esitato. Avrei abbandonato il violino per seguirti e menare con te una vita ritirata e tranquilla. Non mi stai a sentire? Sono cose molto importanti quelle che ti dico e dovresti imprimerti nella memoria ogni mia singola parola.

TARELLI. Sto a sentire, ma non vedo l'importanza dei tuoi discorsi. Ho io mai dubitato del tuo affetto per me?

MARIA. Eppure potresti dubitarne ed io non voglio. Dunque, ammettiamo, ch'io dovessi cambiare condizione…

TARELLI. Questo non ammetto.

MARIA. Ammettilo solo per un istante, acciocché io possa parlare con piú facilità. Ammesso, dunque, ch'io avessi a cambiar condizione anche allora, specialmente allora, ti vedrei tanto tanto volentieri accanto a me. Capisci, mio buon zio? (Lo abbraccia commossa.)

TARELLI (riflettendo). Non capisco.

MARIA (sorridendo). E la prefazione è terminata. Adesso lascia che vada a scrivere il volume.

TARELLI. Potrò stare dietro alla tua sedia a leggere oltre alla tua spalla mentre scrivi? Cosí il mezzo di comunicazione sarebbe pur sempre piú rapido.

MARIA. No, lasciami sola. Fra due orette circa avrai la lettera. Fino allora cercati una occupazione qualunque per passare il tempo.

TARELLI. Ma che cosa ho da fare per due ore intere con questa agitazione nell'anima?

MARIA. Va a passeggiare. Eccoti cappello e bastone e va a passeggiare da buon figliuolo. Addio, zio. (Abbracciandolo e baciandolo lo accompagna alla porta e poi corre piangendo nella sua stanza.)

TARELLI (ritorna lentamente con cappello e bastone, pensieroso, irresoluto). Passeggiare? (Lentamente va alla porta e guarda nella direzione donde è uscita Maria.)

 

 

SCENA SECONDA

CUPPI e DETTO

 

CUPPI. Prego, signor Tarelli, si potrebbe parlare con la signorina Maria?

TARELLI. Ah, il signor Cuppi! Pel momento mia nipote è occupata.

CUPPI. Ciò m'incomoda… mi dispiace molto.

TARELLI. Perché?

CUPPI. Perché… avrei premura di prender congedo. Vorrei salutarla.

TARELLI. Partiamo appena questa sera…

CUPPI. Sí. Loro. Ma non io… Per un affare che mi è capitato… inaspettatamente devo partire subito.

TARELLI. Dunque fuorché agli artisti lei si dedica anche a qualche cos'altro in questo mondo?

CUPPI No. Si tratta sempre di un affare… artistico. Senta quello che mi capita. Per combinazione la Mara, la grande riformatrice del teatro moderno, recandosi a Genova, passa per una stazione a due ore da qui.

TARELLI. Ebbene?

CUPPI. Ebbene, al suo passaggio io devo assolutamente salutarla. Capirà, son due anni che non ci vediamo. A quella sosta farò io gli onori di casa… o meglio gli onori di quella stazione. Farò in modo che durante la fermata… non le manchi nessuna comodità.

TARELLI. Quanto tempo si ferma il treno?

CUPPI. Quattro minuti e mezzo. Causa le congiunzioni ferroviarie questo viaggio a me costa due giorni di tempo. Se partissi domattina arriverei sul posto due minuti e mezzo dopo la partenza della Mara. E, capirà, per quanto la differenza sia piccola… Debbo quindi partire fra mezz'ora.

TARELLI. Capisco, capisco. M'interesserò io dei suoi saluti per Maria.

CUPPI. Ma, scusi, non potrei parlarle, (imbarazzato) col suo permesso, un solo momento?

TARELLI. Mi dispiace, ma non è possibile. È occupata.

CUPPI. È in quella stanza. (Avviandosi.)

TARELLI (tagliandogli la via). Scusi, mi dispiace, ma pel momento mia nipote è impedita.

CUPPI. Ah, cosí (quasi piangendo) ma cosí io perdo il treno…

TARELLI. Non le ho detto che m'incarico io di portarle i suoi saluti? Può andarsene liberamente.

CUPPI. Non posso, perché alla signorina Maria ho da dire e da dare qualche cosa.

TARELLI. Ebbene, dica e dia a me.

CUPPI (con rapida transazione). Già fra lei e sua nipote non ci sono segreti, è vero?

TARELLI. Si figuri!

CUPPI. Ed anche se la signorina mi raccomandasse tanto e poi tanto di serbare il segreto, e di serbarlo proprio con lei, non è possibile che si tratti d'altro che di uno scherzo per cui non vale la pena ch'io perda l'occasione di salutare la Mara. Lei già immaginerà di che si tratta?

TARELLI (agitatissimo, ma sorridendo). Certamente, me lo immagino, certamente!

CUPPI. Ecco, dunque, qui i due biglietti. Mi sono costati esattamente l'importo consegnatomi dalla signorina.

TARELLI. Ah, i due… biglietti postali. (Non avendoli ancora ben visti.)

CUPPI. No. Della "Florio Rubattino"… da Genova a Buenos Aires…

TARELLI (cui manca il respiro). Ah, sí, sí, i nostri due biglietti.

CUPPI (curioso). Ma perché la signorina Maria desiderava che non dicessi niente particolarmente a lei dell'incarico che mi aveva affidato?

TARELLI. Un suo capriccio…

CUPPI. Sí, sí. Da musicista, da artista…

TARELLI. Già si sa come sono gli artisti…

CUPPI. Lo so molto, troppo bene.

TARELLI (riavutosi del tutto). Il fatto sta cosí. Io voleva continuare il nostro giro in Italia, mentre Maria desiderava portarsi immediatamente in America. Adesso, naturalmente, sono costretto di fare la sua volontà. Me l'ha fatta… quella furba.

CUPPI (ridendo di cuore). Ah, ah, ah, bellissima… proprio bella!

TARELLI. Si, sí. Bellissima. Proprio bella.

CUPPI. Io non ho piú che dieci minuti per prendere il treno. Mi scusi con la signorina Maria. Le chieda anche scusa se non ho potuto serbare il segreto confidatomi. Acciocché non mi serbi rancore, faccia il suo volere, non la contrari, la conduca in America. Me lo promette?

TARELLI. Senz'altro. Non dubiti.

CUPPI Prima di andarmene… prima di partire… debbo dirle ancora una cosa. Io ho molta influenza sul pubblico di qui e l'assicuro, la impiegai tutta per far ottenere a sua nipote il migliore dei successi. Se non serví non è stata mia la colpa. Sua nipote dovrebbe anzitutto mettersi a suonare tutti altri autori. Quelli tedeschi qui non piacciono…

TARELLI (conducendolo alla porta). Sta bene… ho capito.

CUPPI. Non si gustano qui. E poi sua nipote dovrebbe acquistare tutt'altra arcata…

TARELLI (spingendolo). Sta bene, sta bene…

CUPPI. Meno sdolcinata…

TARELLI (lo getta fuori). Grazie! Addio!

CUPPI (mette la testa in scena). Assicuri… dica ai signori Galli…

TARELLI. Va benone! Grazie!… Addio! (Gli chiude la porta in faccia.)

 

 

SCENA TERZA

TARELLI e dietro le quinte MARIA

 

TARELLI (ritorna verso il proscenio coi biglietti in mano, ora guardando quelli, ora la stanza di Maria. Poi mette i biglietti in tasca, va verso sinistra, apre la porta di Maria e guarda). Hai ancora molto da scrivere?

MARIA. Sí, zio, ancora per mezz'ora, circa.

TARELLI (ridendo rabbiosamente). Un romanzo, dunque. Un intiero romanzo. (Chiude la porta a chiave ed intasca la chiave.) Scrivi con tutta calma, carina, abbiamo tempo.

 

 

SCENA QUARTA

GIORGIO e TARELLI

 

GIORGIO. Oh, il signor Tarelli.

TARELLI (concitato). Mi saprebbe dire dove posso trovare il suo degno cognato?

GIORGIO. Degno? Non riconosco mio cognato neppure per prossimo.

TARELLI. Ciò non mi concerne. Dove posso trovare suo cognato?

GIORGIO. A rischio che mi ritenga l'assassino di mio cognato, risponderò biblicamente: “Sono io forse il custode di mio cognato?”.

TARELLI. Ebbene. Mi dirigerò direttamente alla signora Giulia. Ella deve pur sapere dove si trovi suo marito.

GIORGIO. Ma perché cerca mio cognato? Ha già mancato a qualche sua promessa? a qualche sua promessa verso di lei?

TARELLI (sorpreso si ferma). A qualche promessa? (Concitato.) Mi vorrebbe spiegare questa sua frase?

GIORGIO. Non posso spiegare nulla io. Poteva darsi che mio cognato le avesse fatto delle promesse, e, visto che non è abituato a mantenerle, poteva darsi che avesse mancato anche verso di lei. Ecco tutto. Io cerco di spiegarmi la sua concitazione e niente piú. Se non lo sa, l'avverto ch'è molto concitato.

TARELLI. E ne ho le mie buone ragioni. In questo istante ho appreso che suo cognato ha l'intenzione di fuggire con mia nipote.

GIORGIO. Possibile?

TARELLI. Non lo sapeva, dunque?

GIORGIO. Io lo sapevo. (Calmo.) E mi meraviglia come mai lei non lo avesse saputo.

TARELLI (ironicamente). Cosí? Ah, lei credeva ch'io fossi perfettamente d'accordo di cedere mia nipote al suo signor cognato? Pare, al contrario, che voi siate tutti d'accordo in questo affare poco pulito.

GIORGIO (calmo). Infatti siamo tutti d'accordo.

TARELLI. Ed io che credevo di essere entrato in una casa onesta!

GIORGIO (c.s.) Mi creda, quando lei vi è entrato, questa casa era onesta. Adesso dipende dal modo di giudicare le cose.

TARELLI. E la signora Giulia?

GIORGIO. Anch'ella lo sa, da mezz'ora soltanto, però. Glielo dissi io stesso.

TARELLI. E lei pure diede immediatamente il suo assenso?

GIORGIO. Per essere sincero questo assenso non le venne chiesto. Giulia però è una donna ragionevole. Dal momento in cui apprese che suo marito faceva… la corte a sua nipote, ella, risolutamente si levò l'amore dal cuore e non si curò piú che di assicurare l'avvenire al suo figliuolo. Capirà. si tratta della sua dignità. In questa famiglia non si è abituati a domandare in carità neppure l'amore.

TARELLI. A tutto ciò non ho niente a ridire e voialtri sarete completamente liberi di comportarvi come vorrete. In quanto a me è un altro paio di maniche. Non so ancora in qual modo, ma le garantisco che saprò impedire la fuga di mia nipote. Se l'altro vuol fuggire che se ne vada con Dio.

GIORGIO. E noi dal canto nostro staremo a veder perfettamente indifferenti ciò che farà mio cognato, sua nipote e lei stesso. La sorte di mia sorella è decisa. Il resto non mi preoccupa.

TARELLI. Oh, agirà da solo. Il ghiribizzo che evidentemente ha rannuvolato il cervello di mia nipote, fra poco sarà passato.

GIORGIO. Sí, in alto mare, all'aria pura il cervello facilmente si snebbia.

TARELLI. In alto mare? Né mia nipote né suo cognato vedranno mai il mare, se hanno da vederlo insieme. Avrei fatto di lei un'artista, avrei faticato dieci anni per educarla, per poi consegnarla al primo imbecille cui piacessero i suoi begli occhi! Che il signor Alberto sia pronto di andare in America e anche piú lontano… oh non ne dubito! Va da sé. A lui l'avventura deve apparire carina!

GIORGIO. Non tanto.

TARELLI. Non capisco.

GIORGIO. Ecco. Mio cognato si trovava bene nella sua famiglia, e ci sarebbe rimasto ben volentieri, se la sua famiglia stessa non si fosse staccata da lui…

TARELLI. Davvero?

GIORGIO. Naturalmente. Una donna che avesse avuto meno dignità di mia sorella, avrebbe potuto trattenere Alberto facilmente. Ma gliel'ho già detto. Nella nostra famiglia non si è usi a mendicare.

TARELLI. Cosicché mia nipote avrebbe dovuto accontentarsi del rifiuto altrui?

GIORGIO. Non dico questo, anzi mi consta che la signorina piaceva ad Alberto già prima di entrare in questa casa. (Ridendo.) Il suo ideale sarebbe stato di tenere la signorina Maria come… dama di compagnia di sua moglie.

TARELLI (alza la mano per batterlo).

GIORGIO (reagendo). Olà!

TARELLI (avvilito). Mi perdoni! È stato un movimento istintivo. Le sue parole mi parvero sferzate e mi misi sulla difesa.

GIORGIO. Le mie parole sono aspre, ma anche il fatto è ben aspro in se stesso. Bisognava intenderci nel modo piú chiaro. Con permesso. (Avviandosi.) Vado a far un po' di compagnia alla mia povera sorella.

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.33

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