Canto
quinto
(24-46)
24
Sinibaldo,
che ben sapea il
camino
(ché
vi venne talor con
Malagigi,
del
qual da’
tener’anni
piccolino
fin
a’ più forti
stato era a’
servigi),
giunse
all’ostello, e
trovò
l’indovino
ch’avea
sdegno coi spirti
aerii e stigi,
ché
scongiurati
avendoli due notti
gli
lor silenzi ancor
non avea rotti.
25
Malagigi
volea saper
s’Orlando
nimico
di Rinaldo era
venuto,
sì
come in apparenza
iva mostrando,
o
pur gli era per
dar secreto aiuto:
perciò
due notti i spirti
scongiurando,
l’aria
e l’inferno avea
trovato muto;
ora
s’apparecchiava
al ciel più scuro
provar
il terzo suo
maggior scongiuro.
26
La
causa che tenean
lor voci chete
non
sapeva egli, et
era nigromante;
e
voi non nigromanti
lo sapete,
mercé
che già ve l’ho
narrato inante.
Quando
contra l’imperio
ordì la rete
Alcina,
s’ammutiro in un
instante,
eccetto
pochi, che serbati
fòro
da
quelle Fate alli
servigi loro.
27
Malagigi,
al venir di
Sinibaldo,
molto
s’allegra udendo
la novella
che
sia di man del
traditor ribaldo
in
libertà la sua
cugina bella,
e
ch’in la gran
fortezza di
Rinaldo
si
truovi chiuso in
potestà di
quella;
e
gli par quella
notte un anno
lunga,
che
veder Gano preso
gli prolunga.
28
Perciò
s’affretta con
la terza prova
di
vincer la durezza
dei demoni;
e
con orrendo
murmure rinova
preghi,
minacce e gran
scongiurazioni,
possenti
a far che Belzebù
si mova
con
le squadre
infernali e
legioni.
La
terra e il cielo
è pien di voci
orrende;
ma
del confuso suon
nulla s’intende.
29
Il
mutabil Vertunno,
ne l’anello
che
Sinibaldo avea
sendo nascosto
(sapete
già come fu tolto
al fello
Gan
di Maganza, e in
altro dito posto:
non
che ‘l scudier
virtù sapesse in
quello,
ma
perché il vedea
bello e di gran
costo),
Vertunno,
a cui il parlar
non fu interdetto,
là
si trovò con gli
altri spirti
astretto.
30
E
perché il
silinguagnolo avea
rotto,
narrò
di Gano l’opera
volpina,
ch’a
prender varie
forme l’avea
indotto
per
por Rinaldo e i
suoi tutti in
ruina;
e
gli narrò
l’istoria motto
a motto,
e
da Gloricia
cominciò e
d’Alcina,
fin
che sul molo
Bradamante ascesa
per
fraude fu con la
sua terra presa.
31
Maravigliossi
Malagigi, e lieto
fu
ch’un spirto a sé
incognito gli
avesse
a
caso fatto
intendere un
secreto
che
saper d’alcun
altro non potesse.
L’anel
in ch’era chiuso
il spirto
inquieto,
nel
dito onde lo
tolse, anco
rimesse;
e
la mattina andò
verso Rinaldo,
pur
con la compagnia
di Sinibaldo.
32
Rinaldo
dava il guasto
alla campagna
de
li Turoni e la
città premea;
ché,
costeggiando
Arverni e quei di
Spagna,
col
lito di Pittoni e
di Bordea,
se
gli era il pian
renduto e la
montagna,
né
fatto colpo mai di
lancia avea:
ma
già per
l’avvenir così
non fia,
poi
ch’Orlando al
contrasto gli
venia.
33
Orlando
amò Rinaldo, e
gli fu sempre
a
far piacer e non
oltraggio pronto;
ma
questo amore è
forza che
distempre
il
veder far del re sì
poco conto.
Non
sa trovar ragion
per la qual tempre
l’ira
c’ha contra lui
per questo conto:
cagion
non gli può
alcuna entrar nel
core,
che
scusi il suo cugin
di tanto errore.
34
Or
se ne vien il
paladino innanti
quanto
più può verso
Rinaldo in fretta;
e
seco ha cavallieri,
arcieri e fanti,
varie
nazion, ma tutta
gente eletta.
Sa
Rinaldo ch’ei
vien; né fa
sembianti
quali
far debbe chi ‘l
nimico aspetta:
tanto
sicur di quello si
tenea
ch’in
nome suo detto
‘l demon gli
avea.
35
Da
campo a Torse, ove
era, non si mosse,
né
curò
d’alloggiarsi in
miglior sito.
È
ver che nel suo
cuor maravigliosse
che,
dopo che Terigi
era partito,
avisato
dal conte più non
fosse,
per
tramar quanto era
tra loro ordito:
molto
di ciò
maravigliossi, e
molto
ch’avessi
il baston d’or
contra sé tolto;
36
e
non gli avesse
innanzi un dei mal
nati
del
scelerato sangue
di Maganza
mandato
a castigar de li
peccati
indegni
di trovar mai
perdonanza:
ma
tal contrari non
puon far che guati
fuor
di quanto gli
mostra la fidanza,
né
che per suo
vantaggio se gli
affronti,
dove
vietar gli possa
guadi o ponti.
37
Ben
mostra far
provision; ma solo
fa
per dissimulare e
per coprire
l’accordo
ch’aver crede
col figliuolo
del
buon Milon, da non
poter fallire.
Ma
‘l Conte, che
non sa di Gano il
dolo,
fa
le sue genti gli
ordini seguire;
né
questa né altra
cosa pretermette,
ch’a
valoroso capitan
si spette.
38
Alla
sua giunta, tutti
i passi tolle,
che
non venga a
Rinaldo
vettovaglia;
e
di quanti ne
prese, alcun non
volle
vivo
serbar, ma impicca
e i capi taglia.
Quel
donde più Rinaldo
d’ira bolle,
è
che ‘l cugin fa
publicar la
taglia,
la
qual su la persona
il re de’
Franchi
bandita
gli ha di cento
mila franchi.
39
Et
ha fatto anco
publicar per bando
che
‘l re vuol
perdonar a tutti
quelli
che
verran ne
l’esercito
d’Orlando
e
lasceran Rinaldo e
gli fratelli.
Rinaldo
al fin si vien
certificando
ch’Orlando
esser non vuol de
li ribelli;
e
si conosce, in
somma, esser
tradito,
ma
quando non vi può
prender partito.
40
Vede
che se non vien al
fatto d’arme,
ancor
che noi può far
con suo vantaggio,
di
fame sarà vinto,
se non d’arme,
ch’a
lui nave ir non può
né cariaggio;
e
teme appresso, che
la gente d’arme
un
giorno non si levi
a farli oltraggio:
ché
non è cosa che più
presto chiame
a
ribellarsi un
campo, che la
fame.
41
Mirava
le sue genti, e
gli parea
che
di febre
sentissero ribrezo:
sì
la giunta
d’Orlando ognun
premea,
ch’avean
creduto dover star
di mezo.
Rinaldo,
poiché forza lo
traea,
fece
tutto il suo campo
uscir del rezo,
e
cautamente, in
quattro schiere
armato,
al
Conte il fe’
veder fuor del
steccato.
42
Già
prima i fanti e i
cavallieri avea
con
Unuldo partito e
con Ivone;
quei
di Medoco il duca
conducea,
con
quei di Villanova
e di Rione,
da
San Macario, l’Aspara
e Bordea,
Selva
Maggior, Caorsa e
Talamone,
e
gli altri che dal
mar fino in
Rodonna
tra
Cantello
s’albergano e
Garonna.
43
Usciti
erano gli Auscii e
gli Tarbelli
sotto
i segni d’Unuldo
alla campagna;
gli
Cotueni e gli
Ruteni, e quelli
de
le vallee che Dora
e Niva bagna;
e
gli altri che le
ville e gli
castelli
quasi
vuoti lasciar de
la montagna
che
già natura alzò
per muro e sbarra
al
furore aquitano e
di Navarra.
44
Rinaldo
gli Vassari e gli
Biturgi,
Tabali,
Petrocori avea in
governo,
e
Pittoni e gli
Movici e Cadurgi,
con
quei che scesi
eran dal monte
Arverno;
e
quei ch’avean
tra dove, Loria,
surgi,
e
dove è meta al
tuo viaggio
eterno,
le
montagne lasciate
e le maremme,
con
quei di Borgo,
Blaia et Angolemme.
45
Et
oltre a questi,
avea d’altro
paese
e
fanti e cavallier
di buona sorte;
di
quai parte avea
prima, e parte
prese
dal
suo signor, quando
partì di corte;
tutti
all’onor di lui,
tutti all’offese
di
suoi nimici pronti
sino a morte.
Dato
avea in guardia
questo stuol
gagliardo
a
Ricciardetto et al
fratel Guicciardo.
46
Unuldo
d’Aquitania era
nel destro,
Ivo
sul fiume avea il
sinistro corno;
de
la schiera di mezo
fu il maestro
Rinaldo,
che quel dì molto
era adorno
d’un
ricco drappo di
color cilestro
sparso
di pecchie d’or
dentro e
d’intorno,
che
cacciate parean
dal natio loco
da
l’ingrato villan
con fumo e foco.
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