ATTO QUINTO
SCENA PRIMA
Popolo, Valerio, Senatori, Patrizj, tutti collocati,
Collatino e Bruto in ringhiera.
COLLATINO |
Romani, a voi lieto e raggiante il sole
jer sorgea; quando appunto in simil ora
di libertá le prime voci all'aura
echeggiavan per voi: nel dolor mio
sepolto intanto, io muto stava. In questo
orribil dí, parte tutt'altra (ahi
lasso!)
toccami in sorte, poiché a voi pur
piacque
consol gridarmi, col gran Bruto, ad una.
-
Giurava ognun, (ben vel rimembra, io
spero)
giurava ognun, ieri, nel foro, ai Numi
di pria morir che mai tornarne al vile
giogo del re. Né soli i rei Tarquinj,
ma ogni uom, che farsi delle leggi osasse
maggior, da voi, dal giuramento vostro
venía proscritto. - Il credereste or
voi?
Alla presenza vostra, io debbo, io primo,
molti accusar tra i piú possenti e
chiari
cittadini; che infami, empj, spergiuri,
han contra Roma, e contro a sé (pur
troppo!)
congiurato
pel re. |
POPOLO |
Pel re? Quai
sono?
Quai son gl'iniqui traditori, indegni
d'esser Romani? Or via; nomali; spenti
li vogliam
tutti... |
COLLATINO |
Ah!...
nell'udirne i nomi,
forse,... chi sa?... Nel pronunziargli,
io fremo...
Piú la clemenza assai, che la severa
giustizia vostra, implorerò. Son questi
pressoché tutti giovanetti: i mali
tanti, e sí feri, del civil servaggio
provato ancor, per poca etá, non hanno:
e i piú, cresciuti alla pestifer'ombra
della corrotta corte, in ozio molle,
di tirannia gustato han l'esca dolce,
ignari appien
dell'atroce suo fiele. |
POPOLO |
Quai che pur sien, son traditor, spergiuri;
pietá non mertan; perano: corrotti
putridi membri di cittá novella,
vuol libertá che tronchi sieno i primi.
Nomali.
Udiamo... |
VALERIO |
E noi, benché
convinti
pur troppo omai, che alla patrizja gente
questo delitto rio (disnor perenne!)
si aspetta, or pure i loro nomi a prova
noi col popol chiediamo. - Oh nobil plebe
ad alte cose nata! oh te felice!
Tu almen della tirannide portavi
soltanto il peso; ma la infamia e l'onta
n'erano in noi vili patrizj aggiunte
al pondo ambíto dei mertati ferri.
Noi, piú presso al tiranno; assai piú
schiavi,
e men dolenti d'esserlo, che voi;
noi quindi al certo di servir piú degni.
Io n'ho il presagio; a spergiurarsi i
primi
erano i nostri. - O Collatin, tel chieggo
e del senato, e de' patrizj in nome;
svela i rei, quai ch'ei sieno. Oggi de'
Roma
ad alta prova ravvisar, qual fera
brama ardente
d'onor noi tutti invada. |
POPOLO |
Oh degni voi di miglior sorte!... - Ah!
voglia
il ciel, che i pochi dal servir sedotti,
né di plebei né di patrizj il nome
abbian da noi! Chi è traditor spergiuro,
cessò
d'esser Romano. |
COLLATINO |
I rei son
molti:
ma, nol son tutti a un modo. Havvene, a
cui
spiace il servaggio; e han cor gentile ed
alto;
ma da Mamilio iniquo in guise mille
raggirati,
ingannati... |
POPOLO |
Ov'è l'infame?
Oh rabbia!
ov'è? |
COLLATINO |
Pria che
sorgesser l'ombre,
fuor delle porte io trarre il fea: che
salvo
il sacro dritto delle genti il volle,
bench'ei colpevol fosse. Il popol giusto
di Roma, osserva ogni diritto: è base
di nostra
sacra libertá, la fede. |
POPOLO |
Ben festi, in vero, di sottrarre al nostro
primo furor colui: cosí macchiata
non è da noi giustizia. I Numi avremo
con noi schierati, e la virtude: avranno
rei tiranni a lor bandiere intorno
il tradimento, la viltade, e l'ira
giusta del
ciel... |
VALERIO |
Ma i lor tesori
infami
darem noi loro, affin che a danno
espresso
se ne vaglian di Roma? Assai piú l'oro
fia da temersi or dei tiranni in mano,
che non il
ferro. |
POPOLO |
È ver; prestar
non vuolsi
tal arme a lor viltá: ma far vorremmo
nostro perciò l'altrui? che cal dell'oro
a noi, che al fianco brando, e al petto
usbergo
di libertade
abbiamo?... |
VALERIO |
Arsi sien, arsi
tutti i tesori dei tiranni; o assorti
sien del
Tebro fra l'onde... |
POPOLO |
E in un perisca
ogni memoria
dei tiranni... |
VALERIO |
E pera
del servir
nostro ogni memoria a un tempo. |
COLLATINO |
- Degno è di voi, magnanimo, il partito;
eseguirassi
il voler vostro, in breve. |
POPOLO |
Sí: ma frattanto, e la congiura, e i nomi
dei
congiurati esponi. |
COLLATINO |
... Oh cielo!... Io tremo
nel dar
principio a sí cruda opra... |
POPOLO |
E Bruto,
tacito, immobil, sta?... Di pianto pregni
par che abbia gli occhi; ancor che
asciutto e fero
lo sguardo in terra affisso ei tenga. -
Or via,
parla tu
dunque, o Collatino. |
COLLATINO |
... Oh cielo!... |
VALERIO |
Ma che fia mai? Liberator di Roma,
di Lucrezia marito, e consol nostro
non sei tu, Collatino? Amico forse
dei traditor saresti? in te pietade,
per chi non
l'ebbe della patria, senti? |
COLLATINO |
- Quando parlar mi udrete, il dolor stesso
che il cuor mi squarcia e la mia lingua
allaccia,
diffuso in voi fia tosto: io giá vi
veggio,
d'orror compresi e di pietade, attoniti,
piangenti, muti. - Apportator ne andava
Mamilio al re di questo foglio: a lui,
pria ch'ei di Roma uscisse, io torre il
fea:
e confessava il perfido, atterrito,
che avean giurato i cittadin qui
inscritti
di aprire al re nella futura notte
della cittá
le porte... |
POPOLO |
Oh tradimento!
Muoiano i
rei, muoiano... |
VALERIO |
Al rio misfatto
lieve pena è
la morte. |
COLLATINO |
Il fatal foglio
da Valerio a voi tutti omai si legga.
Eccolo; il prendi: io profferir non posso
questi nomi. |
VALERIO |
Che veggio?...
Oh fera lista!...
Di propria man scritto ha ciascun suo
nome?... -
Romani, udite. - Aquiljo il padre, e i
sei
figli suoi, son della congiura i capi:
scritti son
primi. Oh cielo!... |
COLLATINO |
... A ognun di
loro
mostrato il foglio, il confessavan tutti:
giá in ceppi stanno; e a voi davanti, or
ora,
trar li
vedrete... |
VALERIO |
... Oimè! .. Seguon... |
POPOLO |
Chi segue?
Favella. |
VALERIO |
... Oimè!...
Creder nol posso... Io leggo...
quattro
nomi... |
POPOLO |
Quai son? su via... |
VALERIO |
Fratelli
della
consorte eran di Bruto... |
POPOLO |
Oh cielo!
i Vitellj? |
COLLATINO |
Ah!... ben altri
or or ne udrete.
Ad uno ad
uno, a voi davante, or ora... |
VALERIO |
Che val, ch'io dunque ad uno ad un li nomi?
E Marzj, e Ottavj, e Fabj, e tanti e
tanti
ne leggo; oimè!... Ma gli ultimi mi
fanno
raccapricciar d'orror... Di mano... il
foglio...
a tal
vista... mi cade... |
POPOLO |
Oh! Chi mai fieno? |
VALERIO |
Oh ciel!...
No... mai, nol credereste... |
Silenzio universale.
BRUTO |
- I nomi
ultimi
inscritti, eran Tiberio e Tito. |
POPOLO |
I figli tuoi?... Misero padre! Oh giorno
infausto!... |
BRUTO |
Oh giorno
avventurato, a voi!
Bruto altri figli or non conosce in Roma,
che i cittadini; e piú nol son costoro.
Di versar tutto il sangue mio per Roma
ieri giurai; presto a ciò far son oggi:
e ad ogni
costo... |
POPOLO |
Ahi sventurato padre!... |
Silenzio universale.
BRUTO |
- Ma che? d'orror veggio agghiacciata, e
muta
Roma intera? - per Bruto ognun tremante
si sta? - Ma a chi piú fero oggi il
periglio
sovrasta? il dite: a Bruto, o a Roma?
Ognuno
qui vuol pria d'ogni cosa, o voler debbe,
secura far, libera, e grande Roma;
e ad ogni patto il de'. Sovrastan ceppi,
e stragi rie; per Roma il consol trema;
quindi or tremar suoi cittadin non ponno
per un privato padre. I molli affetti,
ed il pianto, (che uscir da roman ciglio
mai nel foro non puote, ove per Roma
non si versi) racchiusi or nel profondo
del cor si stieno i molli affetti, e il
pianto. -
Io primo a voi (cosí il destino impera)
dovrò mostrar, qual salda base ed alta
a perpetua cittá dar si convenga. -
Littori, olá; traggansi tosto avvinti
i rei nel foro. - Omai tu il sol, tu il
vero
di Roma re, popol di Marte, sei.
Fu da costor la maestá tua lesa;
severa pena a lor si debbe; e spetta
il
vendicarti, ai consoli...[1] |
SCENA SECONDA
Bruto e Collatino in ringhiera.
Valerio, Popolo, Senatori, Patrizj. I Congiurati tutti in catene fra
Littori; ultimi d'essi Tito e Tiberio.
POPOLO |
Deh! quanti,
quanti mai fieno i traditori?... Oh
cielo!
Ecco i figli
di Bruto. |
COLLATINO |
Oimè!... non
posso
rattener piú
mie lagrime... |
BRUTO |
- Gran giorno,
gran giorno è questo: e memorando sempre
sará per Roma. - O voi, che, nata appena
la patria vera, iniquamente vili,
tradirla osaste; a Roma tutta innanzi
eccovi or tutti. Ognun di voi, se il
puote,
si scolpi al suo cospetto. - Ognun si
tace? -
Roma, e i consoli chieggono a voi stessi,
se a voi, convinti traditor, dovuta
sia la pena
di morte? |
Silenzio universale.
BRUTO |
- Or dunque, a dritto,
a tutti voi morte si dá. Sentenza
irrevocabil pronunzionne, a un grido,
il popol re.
Che piú s'indugia? |
Silenzio universale.
BRUTO |
Oh! muto
piange il collega mio?... tace il
senato?...
Il popol
tace? |
POPOLO |
Oh fatal
punto!... Eppure,
e necessaria
è la lor morte, e giusta. |
TITO |
Sol, fra noi tutti, uno innocente or muore:
ed è questi. |
POPOLO |
Oh pietá! Del
fratel suo,
mirate, ei
parla. |
TIBERIO |
Ah! nol
crediate: o entrambi
siam del pari innocenti, o rei del pari:
scritto è
nel foglio, appo il suo nome, il mio. |
BRUTO |
Niun degli inscritti in quel funesto foglio,
innocente può dirsi. Alcun può, forse,
in suo pensiero esser men reo; ma è noto
soltanto ai Numi il pensier nostro; e
fora
arbitrario giudizio, e ingiusto quindi,
lo assolver rei, come il saria il
dannarli,
su l'intenzion dell'opre. Iniquo e falso
giudizio fora; e quale a re si aspetta:
non qual da un giusto popolo si vuole.
Popol che solo alle tremende e sante
leggi soggiace, al giudicar, non d'altro
mai si
preval, che della ignuda legge. |
COLLATINO |
... Romani, è ver, fra i congiurati stanno
questi infelici giovani; ma furo
dal traditor Mamilio raggirati,
delusi, avviluppati, e in error grave
indotti. Ei lor fea credere, che il tutto
dei Tarquinj era in preda: i loro nomi
quindi aggiunsero anch'essi, (il
credereste?)
sol per
sottrar da morte il padre... |
POPOLO |
Oh cielo!...
E fia vero? Salvar dobbiam noi dunque
questi duo
soli... |
BRUTO |
Oimè! che
ascolto?... ah! voce
di cittadin fia questa? Al farvi or voi
giusti, liberi, forti, e che? per base
una ingiustizia orribile di sangue
porreste voi? perché non pianga io
padre,
pianger tanti altri cittadini padri,
figli, e fratei, fareste? alla mannaja
da lor mertata or porgeriano il collo
tanti e tanti altri; e n'anderiano esenti
duo soli rei, perché nol pajon tanto?
S'anco in fatti nol fossero, eran figli
del consol: scritti eran di proprio pugno
fra i congiurati: o morir tutti ei denno,
o niuno. Assolver tutti, è un perder
Roma;
salvar due soli, iniquo fia, se il pare.
Piú assai che giusto, or Collatin
pietoso,
questi due discolpò, col dir che il
padre
volean salvar: forse era ver; ma gli
altri
salvar, chi il padre, chi 'l fratel, chi
i figli,
volean pur forse; e non perciò men rei
sono, poiché perder la patria, innanzi
che i lor congiunti, vollero. - Può il
padre
piangerne in core; ma secura debbe
far la cittade il vero consol pria:...
ei poscia può, dal suo immenso dolore
vinto, cader sovra i suoi figli esangue.
-
Fra poche ore il vedrete, a qual periglio
tratti v'abbian costoro: a farci appieno
l'un l'altro forti, e in libertade
immoti,
è necessario un memorando esemplo;
crudel, ma giusto. - Ite, o littori; e
avvinti
sieno i rei tutti alle colonne; e cada
la mannaja sovr'essi. - Alma di ferro
non ho...[2] Deh!
Collatino, è questo il tempo
di tua
pietá: per me tu il resto adempi.[3] |
POPOLO |
Oh fera vista!... Rimirar non gli osa,
misero! il
padre... Eppur, lor morte è giusta. |
BRUTO |
- Giá il supplizio si appresta. - Udito i
sensi
han del console i rei... L'orrido stato
mirate or voi, del padre... Ma, giá in
alto
stan le taglienti scuri... Oh ciel!
partirmi
giá sento il cor... Farmi del manto è
forza
agli occhi un velo... Ah! ciò si doni al
padre...
Ma voi, fissate in lor lo sguardo:
eterna,
libera sorge
or da quel sangue Roma. |
COLLATINO |
Oh sovrumana
forza!... |
VALERIO |
Il padre, il
Dio
di Roma, è
Bruto... |
POPOLO |
È il Dio di Roma... |
BRUTO |
Io sono
l'uom piú
infelice, che sia nato mai.[4] |
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