ATTO TERZO
SCENA PRIMA
Tiberio, Mamilio.
TIBERIO |
Vieni, Mamilio, obbedir deggio al padre:
espressamente or or mandommi un messo,
che ciò m'impone: al tramontar del sole
fuori esser
dei di Roma. |
MAMILIO |
Oh! come
ardisce
ei rivocar ciò che con Roma intera
mi concedea
stamane ei stesso?... |
TIBERIO |
Il solo
qui rimanerti a te si toglie: in breve
ti seguiran fuor delle porte i chiesti
e accordati
tesori. Andiam... |
MAMILIO |
Che deggio
dunque recare all'infelice Aronte
in nome tuo? |
TIBERIO |
Dirai,... ch'ei
sol non merta
di nascer figlio di Tarquinjo; e ch'io,
memore ancor dell'amistade nostra,
sento del suo destin pietá non poca.
Nulla per lui
poss'io... |
MAMILIO |
Per te, puoi molto. |
TIBERIO |
Che dir vuoi tu? |
MAMILIO |
Che, se pietade
ancora
l'ingresso ottiene entro al tuo giovin
petto,
dei di te
stesso, e in un de' tuoi, sentirla. |
TIBERIO |
Che parli? |
MAMILIO |
A te può la
pietá d'Aronte
giovare, (e in breve) piú che a lui la
tua.
Bollente or tu di libertá, non vedi
né perigli, né ostacoli; ma puoi
creder tu forse, che a sussister abbia
questo novello, e neppur nato appieno,
mero ideale
popolar governo? |
TIBERIO |
Che libertade a te impossibil paia,
poiché tu servi, io 'l credo. Ma, di
Roma
il concorde
voler... |
MAMILIO |
Di un'altra Roma
ho il voler poscia udito: io te
compiango;
te, che col padre al precipizio corri. -
Ma, Tito vien su l'orme nostre. Ah!
forse,
meglio di me, potrá il fratel tuo stesso
il dubbio
stato delle cose esporti. |
SCENA SECONDA
Tito, Mamilio, Tiberio.
TITO |
Te rintracciando
andava; io favellarti... |
TIBERIO |
Per or nol
posso. |
MAMILIO |
Immantinente
trarmi
ei fuor di Roma debbe: uno assoluto
comando il vuol del vostro padre. - Oh
quanto
di voi mi
duole, o giovinetti!... |
TIBERIO |
Andiamo,
andiam frattanto. - Ad ascoltarti, o
Tito,
or ora io
riedo. |
TITO |
E che vuol dir costui? |
MAMILIO |
Andiam: narrarti io potrò forse in via
quanto il
fratel dirti or volea. |
TITO |
T'arresta.
Saper da
te... |
MAMILIO |
Piú che non
sai, dirotti.
Tutto sta in me: da gran perigli io posso
scamparvi, io
solo... |
TIBERIO |
Artificiosi
detti
tu muovi... |
TITO |
E che sta in te? |
MAMILIO |
Tiberio, e
Tito,
e Bruto
vostro, e Collatino, e Roma. |
TIBERIO |
Folle, che
parli? |
TITO |
Io so che la iniqua speme... |
MAMILIO |
Speme? certezza ell'è. Giá ferma e piena
a favor dei Tarquinj arde congiura:
né son gli Aquilj a congiurare i soli,
come tu il pensi, o Tito: Ottavj, e
Marzj,
e cento e cento altri patrizj; e molti,
e i piú
valenti, infra la plebe istessa... |
TIBERIO |
Oh ciel! che
ascolto?... |
TITO |
È ver, pur
troppo, in parte:
fero un bollor v'ha in Roma. A lungo, or
dianzi,
presso gli Aquilj si adunò gran gente:
come amico e congiunto, alle lor case
mi appresentava io pure, e solo escluso
ne rimanea pur io. Grave sospetto
quindi in me
nacque... |
MAMILIO |
Appo gli Aquilj
io stava,
mentre escluso tu n'eri: è certa, è
tale
la congiura, e sí forte, ch'io non temo
di
svelarvela. |
TIBERIO |
Perfido... |
TITO |
Le vili
arti tue
v'adoprasti... |
MAMILIO |
Udite, udite,
figli di Bruto, ciò che dirvi io voglio.
-
S'arte mia fosse stata, ordir sí tosto
sí gran congiura, io non sarei per tanto
perfido mai. Per l'alta causa e giusta
di un legittimo re, tentati, e volti
a pentimento e ad equitade avrei
questi sudditi suoi da error compresi,
traviati dal ver; né mai sarebbe
perfidia ciò. Ma, né usurpar mi deggio,
né vo', l'onor di cosa che arte nulla,
né fatica, costavami. Disciolto
dianzi era appena il popolar consesso,
ch'io di nascosto ricevea l'invito
al secreto consiglio. Ivi stupore
prendea me stesso, in veder tanti, e
tali,
e sí bollenti difensori unirsi
degli espulsi Tarquinj: e a gara tutti
mi promettean piú assai, ch'io chieder
loro
non mi fora attentato. Il solo Sesto
chiamavan tutti alla dovuta pena.
Ed è colpevol Sesto; e irato il padre
contr'esso è piú, che nol sia Roma; e
intera
ne giurava ei vendetta. Io lor fea noto
questo pensier del re: gridano allora
tutti a una voce: «A lui riporre in
trono
darem la vita noi». Fu questo il grido
della miglior, della piú nobil parte
di Roma. - Or voi, ben dal mio dir
scorgete,
ch'arte in me non si annida: il tutto io
svelo,
per voi salvar; e per salvare a un tempo,
ov'ei pur
voglia, il vostro padre istesso. |
TIBERIO |
- Poiché giá tanto sai, serbarti in Roma
stimo il miglior, fino al tornar del
padre.
Veggo or perché Bruto inviò sí ratto
il comando di espellerti; ma tardo
pur mi
giungea... |
TITO |
Ben pensi: e
ognor tu intanto
sovr'esso veglia. Il piú sicuro asilo
per custodir costui, la magion parmi
de' Vitellj cugini: io fuor di Roma
volo, il
ritorno ad affrettar del padre. |
MAMILIO |
Franco parlai, perché di cor gentile
io vi tenni; tradirmi ora vi piace?
Fatelo: e s'anco a Bruto piace il sacro
diritto infranger delle genti, il faccia
nella persona mia: ma giá tant'oltre
la cosa è omai, che, per nessun mio
danno,
util toccarne a voi non può, né a
Bruto.
Giá piú inoltrata è la congiura assai,
che nol pensate or voi, Bruto, e il
collega,
e dell'infima plebe la vil feccia,
sono il sol nerbo che al ribelle ardire
omai rimane. Al genitor tu vanne,
Tito, se il vuoi; piú di tornar lo
affretti,
piú il suo destin tu affretti. - E tu,
me tosto
appo i Vitellj traggi: ivi securo,
piú assai
che tu, fra lor starommi. |
TIBERIO |
Or quale
empio
sospetto?... |
MAMILIO |
Di evidenza io
parlo;
non di sospetto. Anco i Vitellj, i fidi
quattro germani della madre vostra;
essi, che a Bruto di amistade astretti
eran quanto di sangue, anch'essi or vonno
ripor
Tarquinjo in seggio. |
TITO |
Oh ciel!... |
TIBERIO |
Menzogna
fia questa... |
MAMILIO |
Il foglio, ove i
piú illustri nomi
di propria man dei congiurati stanno,
convincer puovvi? - Eccolo: ad uno ad uno
leggete or voi, sotto agli Aquilj
appunto,
scritti i
quattro lor nomi. |
TIBERIO |
Ahi vista! |
TITO |
Oh cielo!
che mai sará
del padre?... |
TIBERIO |
Oh giorno! Oh
Roma!...
|
MAMILIO |
- Né, perch'io meco or questo foglio
arrechi,
crediate voi che al mio partir sia
annesso
della congiura l'esito. Un mio fido
nascoso messo è giá di Roma uscito;
giá il tutto è omai noto a Tarquinjo
appieno.
Dalla vicina Etruria a lui giá molti
corrono in armi ad ajutarlo; il forte
re di Chiusi è per lui; Tarquinja, Veia,
Etruria tutta in somma, e Roma tutta;
tranne i consoli, e voi. Questo mio
foglio
null'altro importa, che in favor dei nomi
la clemenza del re. Col foglio a un tempo
me date in man del genitore: a rivi
scorrer farete dei congiunti vostri
forse il sangue per or; ma, o tosto, o
tardi,
a certa morte il genitor trarrete:
e il re fia
ognor Tarquinjo poscia in Roma. |
TITO |
Ah! ch'io pur troppo antivedea per tempo
quant'ora
ascolto. Al padre io 'l dissi... |
TIBERIO |
A scabro
passo siam
noi. Che far si dee? deh! parla... |
TITO |
Grave periglio
al genitor sovrasta... |
TIBERIO |
E assai piú
grave a Roma... |
MAMILIO |
Or via, che
vale
il favellar segreto? O fuor di Roma
trar mi vogliate, o di catene avvinto
ritenermivi preso, a tutto io sono
presto omai: ma, se amor vero del padre,
e di Roma vi punge, e di voi stessi;
voi stessi, e il padre in un salvate, e
Roma.
Ciò tutto è
in voi. |
TITO |
Come?... |
TIBERIO |
Che speri?... |
MAMILIO |
Aggiunti
di propria mano i nomi vostri a questi,
fia salvo il
tutto. |
TIBERIO |
Oh ciel! la
patria, il padre
noi
tradirem?... |
MAMILIO |
Tradiste e
patria e padre,
e l'onor vostro, e i tutelari Numi,
allor che al re legittimo vi osaste
ribellar voi. Ma, se l'impresa a fine
vi avvenía di condurre, un frutto almeno
dal tradimento era per voi raccolto:
or che svanita è affatto, (ancor vel
dico)
col piú persister voi trarrete, e
invano,
la patria e
il padre a fere stragi, e voi. |
TITO |
Ma dimmi; aggiunto ai tanti nomi il nostro,
a che ci
mena? a che s'impegnan gli altri? |
MAMILIO |
A giuste cose. Ad ascoltar di bocca
propria del re le sue discolpe; a farvi
giudici voi, presente il re, del nuovo
misfatto orribil del suo figlio infame;
a vederlo punito; a ricomporre
sotto men duro freno in lustro e in pace
la patria vostra... Ah! sovra gli altri
tutti,
liberatori della patria veri
nomar vi udrete; ove stromenti siate
voi d'amistade infra Tarquinjo e Bruto;
nodo, che sol
porre or può in salvo Roma. |
TITO |
Certo, a ciò
far noi pur potremmo... |
TIBERIO |
Ah! pensa...
Chi sa?...
Forse altro... |
TITO |
E ch'altro a
far ci resta?
Possente
troppo è la congiura... |
TIBERIO |
Io d'anni
minor ti sono; in sí importante cosa
da te partirmi io non vorrei, né il
posso:
troppo ognora ti amai: ma orribil sento
presagio al
core... |
TITO |
Eppur, giá giá
si appressa
la notte, e ancor coi loro prodi in Roma
né Collatin, né il padre, tornar
veggio:
ito ai Tarquinj è di costui giá il
messo:
stretti noi siam per ogni parte: almeno
per or ci è
forza il re placare... |
MAMILIO |
È tarda
l'ora omai; risolvete: è vano il trarvi
da me in disparte. Ove in mio pro
vogliate,
o (per piú vero dire) in util vostro
ove adoprarvi ora vogliate, il meglio
fia il piú tosto. Firmate; eccovi il
foglio.
Me, di tai nomi ricco, uscir di Roma
tosto farete, affin che tosto in Roma
rieda la
pace. |
TITO |
Il ciel ne
attesto; ei legge
nel cor mio puro; ei sa, che a ciò mi
sforza
solo il bene
di tutti. |
TIBERIO |
Oh ciel! Che fai?... |
TITO |
Ecco il mio
nome. |
TIBERIO |
- E sia, se il
vuoi. - Firmato,
ecco, o
Mamilio, il mio. |
MAMILIO |
Contento io parto. |
TITO |
Scortalo dunque
tu; mentr'io... |
SCENA TERZA
Littori, Collatino con numerosi soldati,
Tito, Mamilio, Tiberio.
COLLATINO |
Che veggo?
Ancor Mamilio
in Roma? |
TIBERIO |
Oh cielo!... |
TITO |
Oh vista!
Oh fero
inciampo! |
COLLATINO |
E voi, cosí
servaste
l'assoluto incalzante ordin del padre? -
Ma, donde tanto il turbamento in voi?
Perché ammutite? - Al ciel sia lode; in
tempo
io giungo forse ancora. - Olá, littori,
Tito e Tiberio infra catene avvinti
sian tosto... |
TITO |
Deh! ci ascolta... |
COLLATINO |
In breve udravvi
Roma, e il console Bruto. Alla paterna
magion traete i due fratelli; e quivi
su lor
vegliate. |
TIBERIO |
Ah Tito! |
SCENA QUARTA
Collatino, Mamilio, Soldati.
COLLATINO |
E voi, costui
fuor delle
porte accompagnate... |
MAMILIO |
Io venni
sotto
pubblica fede... |
COLLATINO |
E invíolato,
sotto pubblica fé, che pur non merti,
ne andrai. -
Quinto, mi ascolta. |
SCENA QUINTA
Collatino.
COLLATINO |
Oh ciel! qual
fia
il fin di tante orribili sventure?... -
Ma, pria che giunga Bruto, a tutto
intanto
qui
provveder, con ferreo cor, m'è forza. |
|