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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

C A R L O   D O S S I

AMORI

SETTIMO CIELO.

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Ho molto amato, vero? fors'anche, in amore, ipotecài l'avvenire, ti pare? non rèstami, dunque, màrgine o via per amare di nuovo o di più, credi? Dillo pur francamente. Io stesso, or fà qualche tempo, credevo così, ma non oggi.

Oggi, il sèttimo cielo si è aperto anche a mè, quel tolemàico cielo che avvolge, terzùltima buccia, i sei altri, e, nel mezzo di tutti, il nòcciuolo della terra. Colèi che era il sospiro ineffàbile delle profondità dell'ànima mia è finalmente apparsa e mi vide.

O geniale! Tutti i mièi amori passati ritòrnano, si rinfrèscano, si riassùmon nel tuo.

In tè riconosco la mia regina di cuori, ma il cuor rosseggiante or sussulta nel petto di lei e con esso il mio. In tè ravviso Ricciarda staccàtasi dalla sua tela e uscita di pinacoteca; e la lèttera, che io ho tanto e tanti anni aspettata, è infine giunta.

Tu sei l'èdera che arràmpica sino al pertugio del càrcere mio recàndomi verde speranza; tu l'orologio che segna le ùniche ore della mia felicità, e quelle son della tua; tu la pianta, la Tilia grandìflora, rinverdita e rivestita di fronde, nella cui ombra proteggitrice riposo la fatica del vìvere e sul tronco di cui ho per sempre intagliato, col tuo, il mio nome.

Per tè, Amelia, l'eroina del mio romanzo è trovata. Se il roseto dell'intelletto più non mi dava che spine, oggi il sole dell'amor tuo vi fà germogliare e sbocciare altre foglie, altri fiori. Che il mondo or mi spregi e derida, non m'importa! Mia gloria è il tuo sorriso.

Tu, la mùsica. La cortina del quarto cielo si risolleva dinanzi a tè. L'ànima addolorata e innamorata di Elvira pàlpita e freme nelle minugie del tuo violino e s'innalza gemendo dai melòdici abissi del tuo òrgano. Tutte le note musicali, pellegrine nell'àere, vòlano a tè, cingèndoti di una divina atmosfera.

Dolci presensi, soavi melanconìe, sbigottimenti, accensioni, àgitansi in mè, solo a sfiorarti la punta del mìgnolo. Le giovinette che mi baciàron bambino o mi accarezzàrono adolescente, in tè respìrano. Delle mie compagne di viaggio, care misteriosamente, so oggi il nome ed è il tuo, mentre il libro d'amore che sui nostri ginocchi or sfogliamo, ha pàgine senza fine. Ed io discendo con tè lentamente, rinnovellata mia Èster, che mi fai lume, le scale dell'esistenza, e, ancor prima di uscire alle stelle, le miro negli occhi tuòi. Posa la fina e pulsante mano di Lisa - la tua - nella mia, nè mai se ne staccherà. E la cristallina lastra, framezzo a noi, cade, dinanzi alle nostre labbra infocate che si cèrcano.

Sulle rive di un lago poètico sono venuto a cercarti, nuova Adele, ma non ti ho condotta a un amico. Nella cameretta del cuore mio sei bene entrata, ma fu per mè - nè mai ne uscirài.

Antonietta non giace più nella bara virginea. Ella siede sul tùmulo, or mutato in giardino, e mi guarda cogli occhi buoni e tuòi. Finchè io ti abbia vicino, su questa riva di cui sei fiore e serenità, non mi getterò, stà sicura, nei gorghi, per raggiùngere la riva opposta.

O Diana càndida, che la fronte m'illùmini ed èvochi in mè la marèa del sentimento, quanto soavemente lagrimài nel tuo raggio! Pur tu m'abbreviasti il cammino dei sècoli. Una futura lontana lettrice era ne' voti mièi. Come poss'io desiderarla ancora ed attenderla, or che mi leggi?

Tutte infine le imàgini di gentilezza e di generosità che ho sognato, le ritrovài, al mio risveglio, vedèndoti. Il sogno tu sei, fatto corpo. Nè alcuno ti potrà sciorre da mè, non tu stessa - perocchè sei la mia inspiratrice Celeste, ànima dell'ànima mia.

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 13/07/05 21.59

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