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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

NUOVA CRONICA

Tomo Secondo

Di: Giovanni Villani

 

LIBRO UNDECIMO (139-184)

CXXXIX
Come il legato di Lombardia ebbe la città di Faenza a patti.
Nel detto anno, a dì VI di luglio, il legato di Lombardia da Bologna mandò grande oste sopra la città di Faenza, la quale aveva rubellata e tenea Alberghettino di Francesco Manfredi, e stettevi all'assedio XXV dì. A la fine per consiglio del padre e di messer Ricciardo suo fratello, ch'erano di fuori col legato, s'arrendé a patti con grandi impromesse al detto Alberghettino l'ultimo dì di luglio, e Alberghettino ne venne a Bologna al legato, e fecelo di sua famiglia, e dandogli robe e gaggi con sua compagnia, mostrandogli grande amore. A dì XXV del detto mese di luglio essendo l'oste de la Chiesa sopra Mattelica ne la Marca, da' Ghibellini e ribelli de la Chiesa furono sconfitti.
CXL
Come la città di Parma, e di Modana, e di Reggio si rubellarono al legato.
Nel detto anno, a dì XV d'agosto, avendo il legato di Lombardia fatti venire in Bologna i figliuoli di messer Ghiberto da Coreggio e Orlando de' Rossi sotto sua confidanza (il quale Orlando era stato signore di Parma), per tema non gli facesse rubellare la terra, sotto protesto ch'egli non volea far pace co' detti figliuoli di messer Ghiberto, il ritenne in Bologna, e fecelo mettere in pregione. Per la qual cosa i fratelli e' consorti del detto Orlando col popolo della città, che l'amava molto, rubellarono al legato e a la Chiesa la città di Parma, e presono tutti gli uficiali del legato e quanta di sua gente v'avea. E per simile modo si rubellò la città di Reggio e quella di Modana, temendo di loro, e ispiaccendo lo 'nganno e tradimento fatto al detto Orlando sotto la detta confidanza.
CXLI
Ancora come i Tedeschi ch'erano in Lucca vollono venderla per danari a' Fiorentini, e no·lla seppono prendere.
Ne' detti tempi, essendo la città di Lucca in grande variazione e in male stato e sanza nullo ordine di signoria o reggimento, se non al corso de' conastaboli de' Tedeschi dal Cerruglio che se n'erano signori e guidavallasi come preda guadagnata, i quali Tedeschi tennono con più genti e Comuni e signori d'intorno trattati per avere danari e dare la signoria di Lucca, vedendo che per loro no·lla poteano bene tenere, e ancora ne richiesono da capo il Comune di Firenze, il quale, come detto è adietro nel capitolo del trattato che ne fece messer Marco Visconti di Milano, per le 'nvidie de' cittadini non s'ebbe ancora per gli rettori del Comune di Firenze di ciò concordia. Ma certi valenti e ricchi cittadini di Firenze la vollono comperare per lo Comune LXXXm fiorini d'oro per loro vantaggio, e credendone fare al Comune di Firenze grande onore e grande loro guadagno, e fornire le spese, rimanendo in loro mano le gabelle e l'entrate di Lucca con certo ordine e patti. E a·cciò teneano co·lloro i mercatanti usciti di Lucca, e metteanvi Xm fiorini d'oro, e voleano che 'l Comune di Firenze vi mettesse innanzi solamente XIIIIm fiorini d'oro, e prendesse la guardia del castello de l'Agosta con XX i maggiori e migliori conastaboli per istadichi per oservare i patti; e gli primi danari si ritraessono fossono quegli del Comune di Firenze, e tutti gli altri insino LVIm di fiorini d'oro metteano di loro volontà singulari cittadini di Firenze. E di ciò potemo rendere piena fede noi autore, però che fummo di quegli. Ma la guercia e disleale sempre invidia de' cittadini di Firenze, e massimamente di coloro ch'erano al governamento de la città, nol vollono aconsentire, dando scusa di falsa ipocresia, dicendo come oppuosono l'altra volta sotto colore d'onestà, che fama correa per l'universo mondo che i Fiorentini per covidigia di guadagno di moneta hanno comperata la città di Lucca. Ma al nostro parere, e di più savi che poi l'hanno disaminata quistionando, che compensando le sconfitte e' danni ricevuti e ispendii fatti per lo Comune di Firenze per cagione de' Lucchesi per la guerra castruccina, niuna più alta vendetta si potea fare per gli Fiorentini, né maggiore laude e gloriosa fama potea andare per lo mondo che potersi dire: i mercatanti e' singulari cittadini di Firenze colla loro pecunia hanno comperata Lucca, e gli suoi cittadini e contadini, stati loro nimici, come servi. Ma a cui Idio vuole male gli toglie il senno, e non gli lascia prendere i buoni partiti; o forse, o sanza forse, ancora non erano purgati i peccati, né domata la superbia né l'usure, e' maliabrati guadagni de' Fiorentini, per fare loro spendere e consumare in guerra seguendo la discordia co' Lucchesi, che per ogniuno danaio che Lucca si comperava, C o più, ma dire potremmo infiniti, spesi poi per gli Fiorentini ne la detta guerra, come innanzi leggendo faremo per gli tempi menzione; che si potea co la sopradetta prestanza di moneta, e non ispesa né perduta, fare così onorata e alta vendetta de' Lucchesi, avendogli comperati come servi, e sopra servi i loro beni, e alle loro spese, e sotto il nostro giogo rendere loro pace e perdonare, e fargli liberi e compagni, come per l'antico soleano essere co' Fiorentini.
CXLII
Come messer Gherardino Spinoli di Genova ebbe poi per danari la signoria della città di Lucca.
Essendo rotto il detto trattato da' Tedeschi di Lucca a' Fiorentini, però che' rettori del Comune di Firenze non lasciarono ciò compiere, come nel passato capitolo è fatta menzione, ma minacciaro chiunque se ne travagliasse, e alcuno ch'avea menato il trattato fatto mettere in carcere; messer Gherardino degli Spinoli di Genova s'accordò co' detti Tedeschi, e dando loro XXXm fiorini d'oro, e ritenendone alquanti di loro, chi volle co·llui rimanere a' suoi gaggi; li diedono la città di Lucca e feciolne signore, il quale vigorosamente la prese: a dì II di settembre del detto anno venne in Lucca, e ebbe la signoria de la città libera e sanza nullo contasto; e poi ordinò le sue masnade, e richiese i Fiorentini di pace o di triegua, i quali nulla ne vollono intendere, anzi feciono rubellare il castello di Collodi presso di Lucca a l'entrante d'ottobre, il quale messer Gherardino co la cavalleria sua e popolo di Lucca vennono a l'assedio del detto Collodi, il quale, non soccorso a tempo da' Fiorentini, com'era promesso, s'arendero a messer Gherardino e al Comune di Lucca, a dì XX del detto mese d'ottobre, con poco onore de' Fiorentini. Onde in Firenze ebbe molti ripitii e biasimi dati a coloro che non aveano lasciato prendere l'accordo co' Tedeschi, né saputo fare la guerra e impresa cominciata; e 'l detto messer Gherardino, avuto il castello di Collodi, con ogni sollecitudine procacciò di raunare moneta, e d'avere gente d'arme per levare i Fiorentini dall'assedio, il quale già aveano cominciato e posto al castello di Montecatini in Valdinievole.
CXLIII
Come i Melanesi e' Pisani si riconciliarono col papa e co la Chiesa, e furono ricomunicati per l'offese fatte per lo Bavero e antipapa.
Del mese di settembre del detto anno apo la città di Vignone, ov'era la corte di Roma, i Milanesi e messer Azzo Visconti che n'era signore furono riconciliati e ricomunicati da papa Giovanni, e con patti ordinati co·lloro ambasciadori si rimisono de l'offese fatte a la Chiesa nel detto papa; e messer Giovanni figliuolo che fu di messer Maffeo Visconti, il quale il Bavero avea fatto fare cardinale al suo antipapa, come adietro fu fatta menzione, sì rinunziò al detto cardinalato; e 'l papa il fece vescovo di Noara, e levò lo 'nterdetto di Milano e del contado. E per simile modo il detto papa riconciliò e assolvette i Pisani, però ch'eglino aveano tanto adoperato col conte Fazio da Doneratico loro grande cittadino, il quale avea in guardia, come gli avea lasciato segretamente il Bavero quando si partì di Pisa, il suo antipapa in uno suo castello in Maremma, il quale antipapa da' detti fu ingannato e tradito, e poi mandato preso a Vignone a papa Giovanni, come innanzi faremo menzione. E fatta per gli ambasciadori de' Pisani ch'erano a corte la detta convegna con grandi vantaggi del detto conte Fazio, che 'l papa gli donò il castello di Montemassi, ch'era dell'arcivescovado, e altri ricchi doni e benifici ecclesiastichi, e così ad altri grandi cittadini di Pisa che seguirono la 'mpresa, e fattine assai cavalieri papali con ricchi doni. E tornati i detti ambasciadori in Pisa, il gennaio appresso si publicò in Pisa il trattato e l'accordo, e in pieno parlamento, e in mano d'uno legato cherico oltramontano mandato per lo papa, tutti i Pisani giurarono nella chiesa maggiore d'essere sempre ubbidenti e fedeli di santa Chiesa e nimici del Bavero e d'ogn'altro signore che venisse in Italia sanza la volontà della Chiesa.
CXLIV
Come il legato di Toscana ebbe Viterbo, e mise in pace tutto il Patrimonio, e simile la Marca.
Nel detto anno e mese di settembre Salvestro de' Gatti, il quale tenea per tirannia la signoria de la città di Viterbo, e contra la Chiesa, fu a tradimento morto in Viterbo da uno figliuolo del prefetto, e corse la terra e ridussela a l'obedienza della Chiesa. E poi a l'entrante di novembre vegnente messer Gianni Guatani degli Orsini cardinale e legato in Toscana venne a Viterbo, e fece riformare la città e tutte le terre del Patrimonio in pace e in buono stato sotto la signoria de la Chiesa. E in questo tempo medesimo tutte le terre de la Marca si pacificarono e tornaro a l'ubbidenza di santa Chiesa, rimanendo le parti de le terre ciascuna in suo stato.
CXLV
Come il Bavero raunò sua gente in Parma credendosi avere la città di Bologna, e poi come si partì d'Italia e andonne in Alamagna.
Nel detto anno, a l'entrante del mese d'ottobre, il Bavero che si tenea imperadore, il quale era a la città di Pavia, venne a Chermona, e poi a dì XVII di novembre venne a Parma, e là si trovò con cavalieri che gli mandò il vicario suo da Lucca, con più di MM cavalieri oltramontani, con intendimento d'avere la città di Bologna, e di torla al legato del papa messer Beltrando dal Poggetto che v'era dentro per la Chiesa. E ciò si cercava per certo trattato fatto per certi Bolognesi e altri; il quale trattato fu scoperto, e fatta giustizia di certi traditori, come innanzi nel seguente capitolo si farà menzione. E vedendo il detto Bavero che 'l suo proponimento non gli era venuto fatto, a dì VIIII di dicembre seguente si partì di Parma con ambasciadori de' maggiori caporali di Parma e di Reggio e di Modana, e andonne a Trento per parlamentare con certi baroni de la Magna e co' tiranni e signori di Lombardia, per ordinare al primo tempo d'avere nuova gente e forte braccio per venire sopra la città di Bologna, e per torre il contado di Romagna a la Chiesa. E stando al detto parlamento, ebbe novelle de la Magna com'era morto il dogio d'Osterichi, eletto che fu a re de la Magna e istato suo aversario, incontanente lasciò tutto il suo esordio d'Italia e andonne in Alamagna, e poi non passò di qua da' monti.
CXLVI
Come la città di Bologna volle essere tradita e tolta al legato cardinale per lo Bavero.
Nel detto anno, del mese d'ottobre, cospirazione fu fatta nella città di Bologna per torla e rubellarla al detto legato cardinale, che dentro v'era per la Chiesa; e a·cciò era capo Ettor de' conti da Panigo con ordine de' Rossi da Parma, perché 'l detto legato tenea in pregione Orlando Rosso per lo modo che dicemmo adietro. E a questo trattato teneano l'arciprete di Bologna de la casa de' Galluzzi, e messer Guido Sabatini, e più altri grandi e popolari di Bologna, dispiacendo loro la signoria del legato. E co·lloro tenea mano Alberghettino de' Manfredi, il qual'era per lo legato levato di sua signoria di Faenza, e tenealo in Bologna intorno di sé a' suoi gaggi. E era l'ordine che 'l Bavero detto imperadore, il quale era venuto da Pavia a Parma colle sue forze, come nel capitolo dinanzi dicemmo, dovea venire a Modana e fare cavalcare parte di sua gente in Romagna; per la qual cavalcata con ordine del detto Alberghettino doveano fare rubellare Faenza e mettervi la detta cavalleria; e come le masnade della Chiesa per la detta venuta del Bavero e cavalcata di sua gente fossono uscite di Bologna per andare a le frontiere, come per lo legato era ordinato, si dovea levare la città di Bologna a romore per quegli caporali che guidavano il trattato, e loro seguaci; e il detto Ettor da Panigo con Guidinello da Montecuccheri con grande quantità di fanti e masnadieri a piè doveano al giorno nomato venire dalle montagne in Bologna con quegli cittadini ch'aveano fatta la congiura, e con loro séguito, ch'erano molti, cacciarne i·legato e sua gente, e mettervi dentro il Bavero co le sue genti. La quale congiurazione fu scoperta segretamente al legato per alcuno seguace de' congiurati, credendosene valere di meglio; per la qual cosa il legato fece pigliare il detto Alberghettino, e l'arciprete de' Galluzzi, e 'l detto messer Guido, e Nanni de' Dotti cognato d'Ettor da Panago, e più altri grandi cittadini e popolani di Bologna. Ma il detto Ettor non poté avere, perché già era a la montagna a raunare suo isforzo. E disaminata la detta congiura, e confessata per gli detti traditori, il legato trovò che la congiura era sì grossa, e tanti e tali cittadini di Bologna vi teneano mano, ch'egli non s'ardia a farne fare giustizia, con tutta la forza delle sue masnade, dubitando forte che la città di Bologna non si levasse a furore contra lui; e bisognavagli bene, avendo così di presso il Bavero e le sue forze. Per la qual cosa il legato mandò per aiuto di gente al Comune di Firenze perché fossono a la sua guardia; i quali Fiorentini gli mandarono di presente CCC cavalieri de le migliori masnade ch'avessono, e IIIIc balestrieri tutti soprasegnati di soprasberghe, il campo bianco e 'l giglio vermiglio, molto bella e buona gente, de' quali avea la 'nsegna del Comune di Firenze messer Giovanni di messere Rosso de la Tosa. E come la detta gente fu venuta in Bologna, il legato fu rassicurato e forte, e al terzo dì fece al suo maliscalco, armata tutta sua gente e quella de' Fiorentini, in su la piazza di Bologna mozzare il capo a' sopradetti presi caporali de la congiura, salvo che l'arciprete, perch'era sacro, fece morire d'inopia inn-orribile carcere.
E di queste cose io posso rendere testimonio, ch'io era allora in Bologna per ambasciadore del nostro Comune al legato. E se non fosse il soccorso che 'l nostro Comune vi mandò così sùbito, la città di Bologna era perduta per la Chiesa, e prendea stato d'imperio e ghibellino; e il legato e sua gente in pericolo di morte, o d'esserne cacciati, sì era la terra in grande gelosia, e pregna di male talento contra il legato e sua gente: e per cagione di ciò ritenne il legato più mesi la detta gente de' Fiorentini al suo servigio e guardia a' gaggi de' Fiorentini; ma male fu gradito per lo legato sì fatto e tale servigio de' Fiorentini, come innanzi si potrà vedere, ove tratteremo de' suoi processi.
CXLVII
Come i Pistolesi diedono il loro castello di Serravalle in guardia al Comune di Firenze.
Nel detto anno, a dì XI di novembre, il Comune di Pistoia diedono in guardia il loro caro e forte castello di Serravalle al Comune di Firenze per tre anni liberamente; e ciò fu procaccio de' Panciatichi, e de' Muli, e de' Gualfreducci, e Vergiolesi, con anche case ghibelline, i quali amavano pace co' Fiorentini e buono stato de la loro città, e furono quegli che prima ordinarono la pace co' Fiorentini, e diedono loro la terra di Pistoia a guardia, come adietro facemmo menzione. La quale dazione di Serravalle fu molto cara e gradita per gli Fiorentini, e d'allora innanzi parve loro stare sicuri de la città di Pistoia, però ch'era e è gran fortezza, e quasi la chiave e porta del nostro piano e di quello di Pistoia; e ancora si può dire la rocca di Pistoia è l'entrata in Valdinievole, e di quello potere difendere le nostre castella e frontiere, e guerreggiare il contado di Lucca. E poi più tempo appresso stette sotto la guardia e signoria de' Fiorentini con grande pace e buono stato de la città di Pistoia, e d'allora innanzi i Fiorentini cominciarono a strignere più l'assedio di Montecatini.
CXLVIII
Come i figliuoli di Castruccio vollono torre la città di Lucca a messer Gherardino Spinoli.
Nel detto tempo per le feste di Natale, a dì XXVII di dicembre, i figliuoli di Castruccio co·lloro amici e colle masnade vecchie de' Tedeschi ch'erano stati al soldo e amici di Castruccio credettono torre la signoria di Lucca a messer Gherardino; e con armata mano, a cavallo e a piè corsono la città di Lucca gridando: "Vivano i duchini!", da la mattina infino all'ora di terza sanza contasto alcuno. Onde messer Gherardino temette forte, e se non fosse ch'egli era nel castello de l'Agosta, egli perdeva la terra; ma rasicurato per lo conforto de' buoni uomini di Lucca ch'amavano la sua signoria, s'afforzò e fece armare sua gente, e apresso mangiare uscì de l'Agosta, e corse la città di Lucca infino a sera gridando: "Muoiano i traditori e viva messer Gherardino!". Per la qual cosa i figliuoli di Castruccio e' caporali di loro seguaci uscirono di Lucca e andarsene a·lloro castella, e messer Gherardino rimase signore, e molti Lucchesi de la setta castruccina mandò a' confini, e cassò e cacciò via le masnade vecchie, e rinovossi di soldati tedeschi di Lombardia; e molti de' suoi amici e consorti e parenti fece venire da Saona in Lucca per sicurtà di lui. E per le dette novità di Lucca i Fiorentini crebbono gente all'assedio di Montecatini, e credettollo avere con poca fatica e per loro gagliardia, la qual cosa venne allora manco il loro aviso; che a dì XVII di febbraio alquanti dell'oste de' Fiorentini ch'erano allo assedio di Montecatini, di notte tempore con iscale e difici di legname assalirono il castello e scalarono le mura, e parte di loro entrarono dentro valentemente; ma quegli de la terra erano sì forti e sì avisati, e di guerresche masnade, che ruppono gli asalitori, e quanti dentro n'erano entrati rimasono presi e morti.
CXLIX
Come i Turchi e' Tartari sconfissono i Greci di Gostantinopoli.
Negli anni di Cristo MCCCXXX, essendo la forza e oste dello 'mperadore di Gostantinopoli passato la bocca d'Avida in su la Turchia per guerreggiare i Turchi, i quali Turchi mandarono per aiuto a' Tartari de la Turchia; e venuti con grande esercito assalirono l'oste de' Cristiani e Greci, e misongli inn-isconfitta, e pochi ne scamparono che non fossono presi o morti; e perderono tutta la terra di là dal braccio San Giorgio, che poi non v'ebbono i Greci nullo podere o signoria. E eziandio i detti Turchi con loro legni armati corsono per mare, e presono e rubarono più isole d'Arcipelago; per la qual cosa molto abassò lo stato e podere dello 'mperadore di Gostantinopoli. E poi continuamente ogn'anno feciono loro armate, quando di Vc e VIIIc legni tra grossi e sottili, e correano tutte l'isole d'Arcipelago rubandole e consumandole, e menandone gli uomini e le femmine per ischiavi, e molti ancora ne feciono loro tributari.
CL
Come il re d'Inghilterra fece tagliare la testa al conte di Cantibiera suo zio e il Mortimiere.
Nel detto anno MCCCXXX, del mese di marzo, il giovane Adoardo re d'Inghilterra fece prendere il conte di Cantibiera suo zio, fratello carnale del padre, e oppuosegli cagione ch'egli ordinava congiura contra lui per rubellargli l'isola d'Inghilterra e per torgli la signoria, per la qual cosa gli fece mozzare la testa; onde fu molto ripreso, e detto gli fece torto, e che non era colpevole. Ben si trovò che 'l detto conte per consiglio d'indovini entrò in fantasia, e feciollo intendente che Adoardo suo fratello, e ch'era stato re d'Inghilterra e fatto morire, come adietro de' fatti d'Inghilterra facemmo menzione, dovea essere vivo e sano; per la qual cosa il detto conte suo fratello facea cercare di ritrovarlo, e mettevasene inchesta, ond'avea molto sommosso il paese. E poi del mese d'ottobre vegnente fece cogliere cagione al Mortimiere, il quale era stato governatore del reame e della reina sua madre, quand'ebbe la guerra col marito e co' dispensieri, opponendogli tradigione, e fecelo impiccare; si disse sanza colpa. E tali sono i guidardoni a chi s'impaccia tra' signori, o·ssi rivolge negli innormi peccati; che si dicea che 'l detto Mortimiere si giacea co la reina madre del detto re; e d'allora innanzi il re abassò molto la signoria e lo stato de la reina sua madre.
CLI
Come i Fiorentini per loro ordini tolsono tutti gli ornamenti a le loro donne.
Nel detto anno, per calen d'aprile, essendo le donne di Firenze molto trascorse in soperchi ornamenti di corone e ghirlande d'oro e d'argento, e di perle e pietre preziose, e reti e intrecciatoi di perle, e altri divisati ornamenti di testa di grande costo, e simile di vestiti intagliati di diversi panni e di drappi rilevati di seta di più maniere, con fregi e di perle e di bottoni d'argento dorato ispessi a quattro e sei fila accoppiati insieme, e fibbiagli di perle e di pietre preziose al petto con diversi segni e lettere; e per simile modo si facevano disordinati conviti per le nozze de le spose, ed altri con più soperchie e disordinate vivande; fu sopra·cciò proveduto, e fatti per certi uficiali certi ordini molto forti, che niuna donna non potesse portare nulla corona né ghirlanda né d'oro né d'ariento né di perle né di pietre né di vetro né di seta né di niuna similitudine di corona né di ghirlanda, eziandio di carta dipinta, né rete né trecciere di nulla spezie se non semplici, né nullo vestimento intagliato né dipinto con niuna figura, se non fosse tessuto, né nullo addogato né traverso, se non semplice partita di due colori; né nulla fregiatura né d'oro, né d'ariento, né di seta, né niuna pietra preziosa, né eziandio ismalto, né vetro; né potere portare più di due anella in dito, né nullo scaggiale né cintura di più di XII spranghe d'argento; e che d'allora innanzi nulla si potesse vestire di sciamito, e quelle che·ll'aveano il dovessono marcare, acciò ch'altra nol potesse fare; e tutti' vestiri di drappi di seta rilevati furono tolti e difesi; e che nulla donna potesse portare panni lunghi dietro più di due braccia, né iscollato di più di braccia uno e quarto il capezzale; e per simile modo furono difese le gonnelle e robe divisate a' fanciulli e fanciulle, e tutti' fregi, e eziandio ermellini, se non a' cavalieri e a loro donne; e agli uomini tolto ogni ornamento e cintura d'argento, e' giubbetti di zendado o di drappo o di ciambellotto. E fu fatto ordine che nullo convito si potesse fare di più di tre vivande, e a nozze avere più di XX taglieri, e la sposa menare VI donne seco e non più; e a·ccorredi di cavalieri novegli più di C taglieri di tre vivande; e che a corte de' cavalieri novelli non si potessono vestire per donare robe a' buffoni, che in prima assai se ne donavano. Sopra i detti capitoli feciono uficiale forestiere a cercare e donne e uomini e fanciulli de le dette cose divietate con grandi pene. Ancora feciono ordine sopra tutte l'arti in correggere loro ordini e monipoli e posture, e che ogni carne e pesce si vendesse a peso per certo pregio la libbra. Per gli quali ordini la città di Firenze amendò molto delle disordinate spese e ornamenti a grande profitto de' cittadini, ma a grande danno de' setaiuoli e orafi, che per loro profitto ogni dì trovavano ornamenti nuovi e diversi. I quali divieti fatti, furono molto commendati e lodati da tutti gl'Italiani; e se le donne usavano soperchi ornamenti, furono recare al convenevole; onde forte si dolfono, ma per li forti ordini tutte si rimasono degli oltraggi; ma per non potere avere panni intagliati, vollono panni divisati e istrangi, i più ch'elle poteano avere, mandandoli a fare infino in Fiandra e in Brabante, non guardando a costo; ma però molto fu grande vantaggio a tutti i cittadini in non fare le disordinate spese nelle loro donne e conviti e nozze, come prima faceano; e molto furono commendati i detti ordini, però che furono utoli e onesti; e quasi tutte le città di Toscana e molte altre d'Italia mandarono a Firenze per asempro de' detti ordini, e confermargli nelle loro città.
CLII
Come messer Gherardino Spinola signore di Lucca cavalcò con suo isforzo per fornire Montecatini, e nol poté fornire.
Nel detto anno, a dì XXIII d'aprile, Ispinetta de' marchesi Malispina venne di Lombardia in Lucca con gente d'arme; per la qual cosa messer Gherardino Spinola signore di Lucca con sue masnade a cavallo e a piè e col detto Spinetta cavalcarono per fornire Montecatini, e presono la rocca uzzanese, e iv'entro due degli Obizzi usciti di Lucca e L fanti, che co·lloro erano per lo Comune di Firenze a la guardia di quella. Ma però non poterono fornire Montecatini né appressarsi ad esso, però che' Fiorentini aveano afforzato l'assedio e fatte per loro fosse e tagliate in verso la parte di Lucca, e volto in quelle il fiume de la Pescia e de la Borra; e tornarsi in Lucca con poco onore. E poi a dì II di maggio vegnente il detto messer Gherardino raunata più gente e avuto da' Pisani aiuto, come sono usati per adietro, con VIc cavalieri e IIIc balestrieri, fece ancora pugna di fornire Montecatini, e venne con sue genti infino a' palizzati e oste de' Fiorentini, e di ciò gli avenne come l'altra volta; e per simile modo, e per le dette fosse e tagliate, non vi poté apressare né quelle passare, perché nell'oste de' Fiorentini avea più di M cavalieri e popolo grandissimo. E nota lettore che da piè di Serravalle infino a Buggiano per gli Fiorentini era affossato e steccato e imbertescato spesso tutta la detta bastita, il campo e l'assedio de' Fiorentini con guardie per tutto, e i detti fossi pieni d'acqua e accozzati insieme, e messi in quegli il fiume della Nievola e quello della Borra; la quale bastita tenea più di sei miglia nel piano; e da la parte del monte tra le castelletta d'intorno e altri battifolli per gli poggi e tagliate fatte e barre di legname messi, dove stavano di dì e di notte guardie con grossa gente a piè, erano più di XII poste di battifolli, sì che di Montecatini non potea uscire né entrare gente né vittuaglia, se non quello che si prendeano in preda nelle pendici e circustanze del poggio. E girava la detta impresa e guardia de' Fiorentini da XIIII miglia; che fu tenuta grande cosa e ricca impresa a chi la vide, che fummo noi di quegli. Che certo la bastita e la cinta de' fossi e di steccati che si legge fece Giullo Cesare al castello d'Aliso in Borgogna, ch'ancora si vede il porpreso, non fu maggiore né così grande, come quello che' Fiorentini feciono intorno a Montecatini. Lasceremo alquanto de' fatti de' Fiorentini e dell'assedio di Montecatini per raccontare altre novità state in questi tempi inn-altri paesi, ritornando poi assai tosto a nostra materia, come i Fiorentini ebbono per fame il detto Montecatini.
CLIII
Come il maliscalco de la Chiesa e gente del re Ruberto furono sconfitti presso de la città di Modana da' Modanesi.
Nel detto anno MCCCXXX, a dì XXIIII d'aprile, tornando da Reggio messer Beltramone e messer Ramondo del Balzo, e messer Galeasso fratello del re Ruberto bastardo, ch'erano in Lombardia per lo detto re al servigio de la Chiesa, e 'l maliscalco de la Chiesa e del legato con molta buona gente d'arme in quantità di VIc cavalieri, i quali erano al servigio del legato ch'era in Bologna, credendo avere la villa di Formigine presso a Modana a VI miglia, com'era loro promessa per tradimento, sentendo ciò il signore di Modana, la notte dinanzi cavalcò col popolo di Modana, e con CCC cavalieri a la detta terra di Formigine. E la mattina trovandosi ingannati la detta gente de la Chiesa, e sentendo la venuta di quegli di Modana, temettono che non fosse aguato di più grossa gente che non erano, e ridussonsi schierati in su uno prato assai presso de la terra; e non s'avidono che 'l detto prato era affossato e impadulato d'intorno. Quegli di Modana, conoscendo il luogo, uscirono fuori francamente, e presono l'entrata del detto prato, e rinchiusono i detti cavalieri, i quali non poteano combattere né si poteano partire per gli pantani e fossi d'intorno; e quale si mise per combattere rimase morto da' pedoni ch'erano in su le ripe de' fossi, che tutti i cavagli scontravano co le lance, e meglio e più potea uno pedone che uno cavaliere; e per questo modo la detta gente furono la maggiore parte presi e menati in Modana, che pochi ne scamparono. La quale fu tenuta una grande disaventura, e fu grande isbigottimento al legato cardinale ch'era in Bologna, e a tutta la parte de la Chiesa di Lombardia e di Toscana.
CLIV
Come papa Giovanni per paura non lasciò passare in Proenza il conte d'Analdo.
Nel detto mese d'aprile, vegnendo il conte d'Analdo a la corte del papa a Vignone con sua gente intorno di VIIIc cavalieri per avere la benedizione del papa, e per andare sopra i Saracini di Granata per uno suo boto e pellegrinaggio, e essendo già in Ricordana, papa Giovanni prese di sua venuta il maggiore sospetto del mondo, perché 'l detto conte era suocero del Bavero detto imperadore suo nimico; e mandò per lo siniscalco di Proenza e per tutti i cavalieri e baroni del paese che fossono in Vignone con arme e cavagli, e tutte le sue famiglie e de' cardinali e prelati fece armare, e tutti i cortigiani per sua guardia; e trovarsi i Fiorentini da C in arme a cavagli coverti, molto bella gente, sanza i Fiorentini a piè, che furono più di CCC armati. E ciò fatto, il papa mandò comandando al conte d'Analdo che non dovesse venire in Proenza sotto pena di scomunicazione, assolvendolo del suo boto se tornasse adietro, il quale conte per non disubbidire il papa si tornò in Analdo.
CLV
Come il legato fece oste sopra Modana, e tornò con poco onore.
A l'entrante del mese di giugno nel detto anno, i Parmigiani ribelli del legato e de la Chiesa ebbono il borgo a San Donnino, il quale tenea la gente del legato; per la qual cosa, e ancora per la sconfitta ricevuta la sua gente da' Modanesi, il detto legato fece fare sua oste e cavalcata sopra Modana di più di MD cavalieri, e andarono infino presso a la terra guastando; e poi tornando i Modanesi, coll'aiuto de' Parmigiani e Reggiani cavalcarono appresso l'oste de la Chiesa presso di Bologna a VI miglia infino in sul fosso de la Muccia con VIIIc cavalieri e IIIm pedoni, e affrontarsi, il detto fosso in mezzo; ma non s'ardì l'oste de la Chiesa combattere, che essendo tanta cavalleria più di loro nimici, fu tenuta grande viltade. Lasceremo delle 'mprese del legato di Lombardia, e torneremo a' fatti dell'oste de' Fiorentini, e com'ebbono il castello di Montecatini.
CLVI
Come i Fiorentini per lungo assedio ebbono il forte castello di Montecatini.
Nel detto anno, a dì XI di giugno, venuto soccorso da' Lombardi a messer Gherardino Spinola signore di Lucca di CCCCL cavalieri tedeschi, onde si trovò colle sue masnade e' Pisani e altri amici con più di MCC cavalieri e popolo grandissimo, uscì fuori a oste per soccorrere Montecatini, il quale era molto a lo stremo di vittuaglia per l'assedio de' Fiorentini, e puosesi a campo nel luogo detto... E come furono acampati, scandalo nacque tra messer Gherardino e messer Francesco Castracani, e fu fedito messere Gherardino da uno degl'Interminelli, e fuggìsi quegli in Buggiano, onde fu preso messer Francesco e' suoi seguaci e alcuno conastabole e mandati a Lucca, e alcuno giustiziato. I Fiorentini rinforzata loro oste di quantità di MVc cavalieri, co·lloro amistà e popolo grandissimo, e' s'accamparono il grosso dell'oste in sul Brusceto, quasi a lo 'ncontro dell'oste de' Lucchesi, il fosso e steccato in mezzo, e nondimeno fornite di guardie il procinto e la pieve sotto Montecatini. E dell'oste de' Fiorentini era capitano messer Alamanno degli Obizzi uscito di Lucca, con certi cavalieri di Firenze grandi e popolani pur de' maggiori e più savi e sperti in guerra, i nomi de' quali sono questi: messer Biagio Tornaquinci, messer Giannozzo Cavalcanti, messer Francesco de' Pazzi, messer Gerozzo de' Bardi, messer Talento Bucelli, e altri donzelli grandi e popolani capitani de le masnade de' pedoni. Messer Gherardino e sua gente feciono più assalti al fosso de' Fiorentini e in più parti; ma poco poterono accedere, che in tutte parti furono riparati. E richiesono i Fiorentini di battaglia, ma gli Fiorentini per loro vantaggio non la vollono prendere. A la fine, a dì XXII di giugno anzi il giorno, armata l'oste de' Lucchesi e schierati, e mandati privatamente la notte dinanzi CCCL cavalieri e Vc pedoni de le migliori masnade ch'avessono, ond'era capitano il Gobbole tedesco molto maestro di guerra, con Burrazzo de' conti da Gangalandi, e altri usciti di Firenze, e con Luzzimborgo fratello di messer Gherardino, e cavalcarono infino presso a Serravalle e dirimpetto a·luogo detto la Magione, ove avea meno guardia, e passarono per forza il ponte a la Gora sopra la Nievole, e vennono a la Pieve, e a quella combatterono co la guernigione e guardie di quella, che v'avea da C cavalieri e popolo assai per gli Fiorentini; e sconfissongli, e presono e menarono in Montecatini messer Iacopo de' Medici e messer Tebaldo di Ciastiglio conastabole francesco, e più altri. E l'oste de' Lucchesi, veduto per gli loro preso il passo, si ritrassono verso quella parte schierati per rompere l'oste de' Fiorentini e fornire il castello. Ma ciò veggendo l'oste de' Fiorentini, vi mandarono soccorso di Vc cavalieri e pedoni assai, i quali vi furono vigorosamente e sì presti, che non lasciarono passare più de la gente de' Lucchesi; e quegli ch'erano passati non poterono ritornare adietro sanza pericolo di loro, onde si ricolsono al poggio di Montecatini, e là su istando, feciono molti assalti all'oste e alle bastite de' Fiorentini di dì e di notte; e dall'altra parte facea il simile messer Gherardino co lo rimanente dell'oste de' Lucchesi da la parte di fuori.
E ciò veggendo i Fiorentini e' capitani di Firenze, e considerando il grande porpreso che la loro oste aveano a guardare, sì rifornirono l'oste di molte genti a piè cittadini di volontà, e per l'ordine di tutte l'arti che vi mandarono, e la parte guelfa e altri possenti singulari, e il Comune masnade di forestieri a soldo; onde si radoppiò l'oste di gente a piè, e mandovisi la podestà e altri cittadini, perché 'l capitano dell'oste era malato. E stato messer Gherardino alla punga per fornire il castello, o per ricoverare quegli ch'erano di là passati, per ispazio d'otto giorni, e veggendo che la sua potenzia non potea resistere a quella de' Fiorentini, e la sua oste era diminuita per quegli ch'erano inchiusi in Montecatini, e col rimanente di sua oste stava a grande rischio, si partì del campo, e ritrassesi con sua oste parte a Pescia e parte a Vivinaia; e poi si tornò in Lucca con poco onore e con grande sospetto, abandonando al tutto Montecatini. I Fiorentini apresso strinsono l'assedio, ponendo uno battifolle a·luogo detto le Quarantole, sì presso al castello, che tolsono le fontane di fuori, per modo che que' d'entro non avendo più di che vivere di vittuaglia, e male acque per bere, patteggiarono di rendere il castello liberamente al Comune di Firenze, salve le loro persone, arme e cavagli. E ciò fu a dì XVIIII di luglio del detto anno; e così fu fatto, e uscitine le masnade a cavallo e a piè de' Lucchesi, i Fiorentini v'entrarono con grande allegrezza, che v'erano stati ad assedio per più di XI mesi, e non vi si trovò dentro vittuaglia per tre dì.
CLVII
Come in Firenze ebbe grande quistione di disfare Montecatini.
Ne la detta punga e presa di Montecatini fu grande abbassamento de lo stato di messer Gherardino signore di Lucca e de' Lucchesi, e esaltazione e grandezza de' Fiorentini, sì come d'una grande vittoria. E preso Montecatini, in Firenze n'ebbe grande quistione, e più consigli se ne tennono di disfarlo al tutto o di lasciarlo in piede. A molti parea di disfarlo per iscemare spesa di guardia e di guerra al Comune, e perpetuo segno e memoria di vendetta per la sconfitta che' Fiorentini v'ebbono a piede per cagione di quello, l'anno MCCCXV, da Uguiccione da Faggiuola e Pisani e Lucchesi, come adietro facemmo menzione. Altri consigliarono che non si disfacesse, però che' Montecatinesi erano naturalmente Guelfi e amatori del Comune di Firenze, e per novello e per antico: ricordandosi che al tempo che gli usciti guelfi di Firenze furono cacciati di Lucca per la forza del re Manfredi e de' Ghibellini di Toscana, come in questa cronica al detto tempo si fece menzione, nulla terra di Toscana, città, o castello gli volle ritenere, altro che quegli di Montecatini, ch'al tutto a·lloro si profersono e si vollono dare, per la qual cosa mai non furono amici de' Lucchesi, ma gli perseguirono infino che gli ebbono messi per forza sotto loro soggezzione, che prima erano esenti, e comunità per loro. Per questa cagione, e ancora perché nonn-era finita la guerra da' Fiorentini a' Lucchesi, e Montecatini è una forte terra e grande frontiera, e quasi in corpo del contado di Lucca, per potere fare guerra a Lucca si diliberò di lasciarlo in piede, e rimisonvisi i Guelfi usciti, e giurarono la fedeltà perpetua del Comune di Firenze, e promisono le fazzioni reali e personali sì come propia terra del contado di Firenze, e sempre per la festa di santo Giovanni di giugno offerere in Firenze a la sua chiesa uno ricco cero co la figura del detto castello; e' Fiorentini gli presono a loro guardia e libertà e difensione, come a·lloro amati suditi. E nota che 'l detto nome di Montecatino si è Monte Catellino, però che Catellina uscito di Roma di prima il puose per sua fortezza, e là si ridusse quando uscì di Fiesole, innanzi che da' Romani fosse sconfitto nel piano di Picceno, detto oggi Peteccio, assai ivi di presso vicino. E questo troviamo per autentica cronica; ma per lo scorso e corrotto volgare è mutato il nome di Catellino in Catino; e nonn-è da maravigliare se quello sito hae avute molte mutazioni e battaglie, però che di certo è de le reliquie di Catellina.
CLVIII
Come in questi tempi scurò il sole e la luna.
Nel detto anno, a dì XVI del mese di luglio, alquanto dopo l'ora di Vespro, iscurò il sole quasi la metade ne la fine del segno del Cancro, e l'opposizione andata dinanzi de la luna e del sole, scurò la luna nel Sagittario. E poi, a dì XXVI di dicembre vegnente, scurò tutta la luna nel segno del Cancro; per la qual cosa e per certi savi astrolagi si disse dinanzi, intra l'altre cose, significava che, con ciò sia cosa che 'l segno del Cancro sia attribuito per l'ascendente de la città di Lucca, ch'eglino doveano avere molte ditrazioni e abbassamento, come ebbono per lo 'nnanzi a·lloro avenne per l'assedio che' Fiorentini feciono a la città di Lucca, e altre mutazioni e aversità ch'ebbono poi, come apresso faremo menzione. Lasceremo alquanto de' fatti e guerra da' Fiorentini a' Lucchesi, e diremo d'altre novità istate ne' detti tempi per altri paesi.
CLIX
Come il re Filippo di Francia venne a Vignone al papa a parlamentare co·llui.
Nel detto anno, a l'entrante del mese di luglio, il re Filippo di Francia venne in Proenza sotto titolo di pellegrinaggio a Santa Maria di Valverde e a Marsilia a vicitare il corpo di santo Lodovico vescovo che fu di Tolosa, e figliuolo che fu del re Carlo secondo, e venne con poca compagnia, se non con sua privata famiglia. E fornito il suo pellegrinaggio venne a Vignone, e con papa Giovanni stette più d'otto dì a segreto consiglio da·llui al papa sanza altra persona, ragionando di più cose e trattati, che non si poté sapere. Dissesi sopra il passaggio per lui ordinato oltremare e altre mene d'Italia, che poi per l'esecuzioni si scopersono, come innanzi faremo menzione. E ciò fatto, sanza soggiorno il re si tornò in Francia.
CLX
Di certe osti che furono in Lombardia.
Nel detto anno e mese di luglio i signori de la Scala di Verona feciono oste sopra la città di Brescia, e tolsono loro più castella in bresciana; e il legato di Lombardia fece fare oste sopra la città di Modana infino a' borghi, e guastarla intorno intorno, e tornarsi a Bologna.
CLXI
Di certo tradimento ordinato in Pisa, e come i Pisani mandarono preso l'antipapa a papa Giovanni a Vignone.
Nel detto anno e mese di luglio ne la città di Pisa era ordinata cospirazione, ond'era capo messer Gherardo del Pellaio de' Lanfranchi, per cagione che a·llui e alla sua setta parea che quegli che reggeano la terra fossono contra parte imperiale, e tenessono troppo colla Chiesa e co' Fiorentini, overo per invidia de la signoria. La quale congiura scoperta, il detto messer Gherardo e più suoi seguaci si partirono di Pisa, e furono condannati per rubelli, e IIII popolani che ne furono presi come traditori furono impiccati. E ciò fatto, a dì IIII d'agosto vegnente, il Comune di Pisa in accordo col conte Fazio mandarono l'antipapa preso a Vignone in su due galee provenzali armate, con certo ordine e patti trattati per loro ambasciadori col papa. Il quale antipapa giunse a Vignone a dì XXIIII d'agosto, e poi il dì seguente in piuvico concestoro dinanzi al papa e' cardinali e tutti i prelati di corte il detto antipapa col capestro in collo si gittò a' piè del papa cheggendo misericordia; e con bello sermone e autorità si confessò peccatore e eretico col Bavero insieme che fatto l'avea, mettendosi a la mercé del papa e de la Chiesa. Per la qual cosa il papa risposto al suo sermone saviamente, co·llagrime, più per soperchia allegrezza, si disse, che per altra pietade, il levò colle sue mani di terra e basciollo in bocca e perdonogli, e fecegli dare una camera sotto la sua tesoreria e libri da leggere e studiare; e vivea de la vivanda del papa, faccendolo tenere sotto cortese guardia, non lasciandogli parlare ad alcuna persona. E in questo modo vivette poi tre anni e uno mese; e lui morto, fu soppellito onorevolemente a la chiesa de' frati minori in Vignone in abito di frate. Di questo inganno e tradimento fatto per gli Pisani dell'antipapa il Comune di Pisa e il conte Fazio ne furono in grande grazia di papa Giovanni, e ciò che voleano aveano in sua corte, e mandava in Pisa da XX robe da cavalieri; onde i Fiorentini e gli altri Comuni di Toscana istati sempre fedeli e amatori di santa Chiesa molto ne sdegnarono.
CLXII
Come il re di Spagna sconfisse i Saracini di Granata.
Nel detto anno, del mese d'agosto, il re di Castello e di Spagna essendo ad assedio d'uno castello del re di Granata, l'oste de' Saracini di Granata vegnendolo per soccorrere furono sconfitti e morti, e presi più di XVm Saracini, e lo re di Spagna ebbe la terra.
CLXIII
D'una nuova e bella limosina che uno nostro cittadino lasciò a' poveri di Cristo.
Del mese di settembre del detto anno morì in Firenze uno nostro cittadino di piccolo affare, che non avea figliuolo né figliuola, e ciò ch'avea lasciò per Dio per ordinato testamento; e intra gli altri legati che fece lasciò che a tutti i poveri di Firenze, i quali andassono per limosine, fossono dati danari VI per uno. E per gli suoi esecutori fu ordinato per bando che in ciascuno sesto, ne le maggiori chiese di quegli sesti, in una mattina si raunassono tutti i poveri, e in quelle rinchiusi, perché non andassono dall'una chiesa a l'altra; e dando a ciascuno povero, come n'usciva, danari VI, si trovò che montò libbre CCCCXXX di piccioli, che furono per numero più di XVIIm di persone tra maschi e femmine piccioli e grandi, sanza i poveri vergognosi e quegli degli spedali e pregioni e religiosi mendicanti, che disparte ebbono la loro limosina a danari XII l'uno, che furono più di IIIIm. La qual cosa fu tenuto gran fatto, e grandissimo numero di poveri; ma di ciò nonn-è da maravigliare, però che non solamente furono di Firenze, ma per le limosine che vi si fanno traggono di tutta Toscana e più di lungi a Firenze. Per lo gran fatto che allora fu tenuto n'avemo fatta memoria, e per dare buono esemplo a chi per l'anima sua vorrà fare limosina a' poveri di Cristo.
CLXIV
Di certe novitadi ch'ebbe in Lucca, e come per tradimento riebbono il castello di Buggiano.
Nel detto anno, a dì X di settembre, avendo messer Gherardino Spinoli signore di Lucca rimessi in Lucca per accordo quegli de la casa de' Quartigiani, e' Pogginghi, e gli Avogadi, e altri quando prese la signoria, che per Castruccio e gli suoi n'erano stati cacciati, come adietro facemo menzione, il detto messer Gherardino per gelosia corse la terra con sua cavalleria, e fece prendere messer Pagano Quartigiani e uno suo nipote e altri, opponendo loro che trattavano col signore d'Altopascio e co' Fiorentini di dare loro la terra. E di vero vi si mandaro bandiere a' detti per gli Fiorentini, e certo trattato era; per la qual cosa fece loro tagliare le teste. E poi, a dì XVIIII di settembre, per trattato e tradimento quegli del castello di sopra di Buggiano si rubellarono a' Fiorentini, e presono la loro podestà ch'era Tegghia di messer Bindo Bondelmonti, e renderlo a' Lucchesi; e venutavi la cavalleria di Lucca a due dì apresso, combatterono i borghi di Buggiano, ne' quali erano le guernigioni de le masnade de' Fiorentini; i quali Lucchesi vi ricevettono grande danno, che le dette masnade uscirono fuori e combatterongli e ruppono e ripinsongli nel castello. Per la quale rubellazione i Fiorentini molto turbati ordinarono di fare oste a Lucca per lo modo che seguirà apresso, onde assai ne cresce materia.
CLXV
Come i Fiorentini puosono oste e assedio a la città di Lucca.
Come i Fiorentini ebbono perduto il castello di Buggiano, sì ordinarono d'andare a oste sopra la città di Lucca, sentendola molto affiebolita; e partite le masnade di Pistoia e di Valdinievole, salirono in sul poggio del Cerruglio di notte, e quello, datovi assalto di battaglia, ebbono a patti a dì V d'ottobre del detto anno. E per simile modo ebbono il castello di Vivinaia, e Montechiaro, e San Martino in Colle, e Porcari. E poi a dì VIII d'ottobre scesono al piano e acamparsi a Lunata; e a dì X d'ottobre si strinsono all'assedio della città a mezzo miglio, prendendo il campo da la strada che vae a Pistoia a quella che va ad Altopascio; e quello campo affossaro e steccaro con bertesche e porte, e faccendovi molte case d'assi e coperte di lastre e tegoli per potervi vernare. E de la detta oste, al cominciamento, fu capitano messer Alamanno degli Obizzi uscito di Lucca con consiglio di VI cavalieri di Firenze; e avevavi al soldo de' Fiorentini XIc di soldati a cavallo al cominciamento de l'oste, e in Lucca non avea che Vc cavalieri, e poi vennono nell'oste de' Fiorentini de la gente del re Ruberto e di Siena e di Perugia da IIIIc cavalieri e popolo grandissimo. E a dì XII d'ottobre i Fiorentini vi feciono correre tre palii per vendetta di quegli che fece correre Castruccio a Firenze; il primo di quegli da cavallo fu una melagranata fitta in una lancia, e iv'entro fitti XXV fiorini d'oro nuovi; e l'altro fu di panno sanguigno, che 'l corsono i fanti a piè; e l'altro di baraccame bambagino, che 'l corsono le meretrici dell'oste. E gli detti palii si feciono tenere presso a la porta di Lucca quanto potea trarre uno balestro, armata tutta l'oste; e mandarono bando che chi di Lucca volesse uscire a correre, o vedere correre i detti palii, potesse venire e tornare salvamente; onde molti n'uscirono a vedere la festa. Intra gli altri n'uscirono CC cavalieri tedeschi armati, i quali erano usciti di Montecatini quando fu assediato, che per trattato fatto per gli Fiorentini si rimasono nel campo al soldo de' Fiorentini, ond'era capo il Gobbole tedesco, il quale poi fece molta guerra a' Lucchesi. De la quale uscita de' detti CC cavalieri grande isbigottimento ne presono i Lucchesi, e grande favore l'oste de' Fiorentini. Ma la peggiore capitaneria che nella detta oste fosse adoperata di guerra per gli Fiorentini sì fu che 'l capitano col suo consiglio non lasciarono fare guasto nullo, ma lasciarono seminare il piano delle VI migliaia d'intorno a Lucca, sotto cagione di dare esemplo a' Lucchesi di bene trattargli, acciò che si rendessono a' Fiorentini. Ma il capitano e gli altri usciti di Lucca n'aricchirono per le dette difensioni, faccendo ricomperare i contadini di Lucca, e per lo detto modo corruppono e guastarono la detta oste. E per questa cagione i Fiorentini elessono per loro capitano Cantuccio di messer Bino de' Gabbriegli d'Agobbio, la quale lezione fu fatta più per ispezialtà di setta, che ragionevole, a fare capitano uno scudiere non uso di guerra a guidare tanti gentili uomini e cavalieri e baroni, onde male n'avenne, che se difetto fu nella detta oste ne la capitaneria di messer Alamanno Obizzi, maggiore avenne per quella del detto Cantuccio; ma fu per altra forma e caso più pericoloso, come innanzi faremo menzione.
Lasceremo alquanto del detto assedio di Lucca, che vi dimorò più mesi, per raccontare d'altre cose che furono ne' detti tempi; e poi ritorneremo a nostra materia a raccontare del fine de la detta oste.
CLXVI
Come le castella di Fucecchio e di Santa Croce e Castello Franco di Valdarno si diedono liberi al Comune di Firenze.
Nel detto anno e mese d'ottobre, osteggiando i Fiorentini la città di Lucca, il castello di Fucecchio, e di Castello Franco, e di Santa Croce, i quali erano a la guardia del Comune di Firenze istati, dapoi si rivolse lo stato di parte guelfa in Lucca, di loro libera volontà e a·lloro stanza e mossa, si diedono e sottomisono al Comune di Firenze, sì come loro distrittuali e contadini con mero e misto imperio, essendo eglino trattati in Firenze come contadini e popolani, e faccendo ogni fazione di Comune, reale e personale, con giusto estimo ordinato di libbra, e dando ciascuna de le dette terre uno cero grande co la figura di quello castello a la festa del beato santo Giovanni Batista di giugno; e gli detti patti si compierono e fermarono e accettarono in Firenze a dì IIII di dicembre MCCCXXX.
CLXVII
Come di prima il re Giovanni di Buem passò in Italia e ebbe la città di Brescia e quella di Bergamo.
Nel detto anno, essendo il re Giovanni di Buem, figliuolo che fu dello 'mperadore Arrigo di Luzzimborgo, venuto in Chiarentana per certe bisogne ch'avea a·ffare col duca di Chiarentana suo cognato, e quegli della città di Brescia in Lombardia essendo in male stato, e molto oppremuti da' loro usciti e dal signore di Milano e da quegli di Verona, e dal re Ruberto, a cui i Bresciani s'erano dati, non erano soccorsi né atati (e male il potea fare per la forza de' Ghibellini di Lombardia), sì mandarono loro segreti ambasciadori con pieno sindacato al detto re Giovanni, e diedonglisi liberamente. Il Boemino, povero di moneta e cupido di signoria, accettò e prese la detta signoria, e sanza altro consiglio; e co' detti ambasciadori vi mandò CCC cavalieri, e poi incontanente apresso si mise al cammino, e giunse in Brescia con IIIIc cavalieri a dì XXXI d'ottobre MCCCXXX, e da' Bresciani fu ricevuto a grande onore come loro signore. E poco stante lui in Brescia, la città di Bergamo era in grande divisione, e combattiensi insieme i cittadini; una de le parti, che si chiamavano i Collioni, mandò al detto re Giovanni ch'egli mandasse per la terra, il quale vi mandò il suo maliscalco con CCC cavalieri, e fugli data l'entrata della terra, e caccionne la parte di..., e rimase al re Giovanni la signoria. La quale venuta in Italia del detto re Giovanni fece grande mutazione e rivoluzione, come per innanzi leggendo di suoi processi faremo menzione.
CLXVIII
D'uno grande diluvio d'acqua che fu in Cipri e in Ispagna.
Nel detto anno MCCCXXX, del mese di novembre, nell'isola di Cipri piovve quasi al continuo XXVIII dì e le notti; la qual cosa stata disusata e isformata, né mai ricordata in quello paese, per l'abondanza di quella piova crebbono sì le riviere scendendo da le montagne, che giunte a la città di Niccosia e a quella di Limisa, tutto che di loro natura siano di poca acqua, crebbono tanto che quelle città tutte allagarono diversamente, e molte case di quelle rovinaro, e tra in quelle due città e castella e maserie dell'isola vi morirono per la somersione del diluvio più di VIIIm persone. Nel detto anno per simile modo fu disordinato diluvio ne le parti di Spagna, e crebbe sì diversamente il fiume della grande città di Sibilia, che quasi pareggiò d'altezza le mura de la detta città, e se il riparo de le dette mura non fosse stato, la città profondava tutta; e di fuori de la terra fece innumerabile danno di casali profondare, e di gente anegare in grande quantità. Nel detto anno, a dì XVI di gennaio, fu morto Matteo de'... tiranno e signore di Corneto con più suoi seguaci ghibellini da' Guelfi di quella terra a romore di popolo, e' Guelfi ne rimasono signori.
CLXIX
Come si ritrovò il corpo di santo Zenobio.
A mezzo il detto mese di gennaio l'arcivescovo di Pisa fiorentino, il vescovo di Firenze, e quello di Fiesole, e quello di Spuleto fiorentino, con calonaci di Firenze e molti cherici e prelati, feciono scoprire l'altare di santo Zenobi di sotto a le volte di Santa Reparata per trovare il corpo del beato Zenobio, e convenne fare cavare sotterra per X braccia anzi che si trovasse; e trovatolo in una cassa commessa in una arca di marmo, di quello levato alquanto del suo teschio del capo, e nobilemente il feciono legare in una testa d'argento a similitudine del viso e testa del detto santo per poterlo annualmente per la sua festa con grande solennità mostrare al popolo; e l'altro corpo rimisono in suo luogo con grande devozione d'orazioni e canti, e sonando le campane del Duomo di dì e di notte per X dì quasi al continuo, dando per gli vescovi perdono al popolo che 'l vicitasse. Per la quale traslazione e indulgenzia quasi tutto il popolo e persone di Firenze devote, uomini e donne, piccoli e grandi, v'andarono a vicitarlo con grande devozione e oferta.
CLXX
Come si levò l'oste de' Fiorentini da Lucca, e come i Lucchesi si diedono al re Giovanni di Buem.
Tornando a nostra materia dell'assedio de la città di Lucca per gli Fiorentini, come lasciammo nel quinto capitolo scritto adietro, per la partita de' cavalieri tedeschi che n'uscirono, e de la venuta de la gente del re Ruberto e de' Sanesi e Perugini e altre amistà che mandarono aiuto a' Fiorentini, la detta oste crebbe assai di gente d'arme a piè e a cavallo, e quegli di Lucca scemando isbigottirono molto. Per la qual cosa i Fiorentini ordinarono ch'al tutto l'oste acircondasse la terra intorno intorno, acciò che vittuaglia né altro aiuto vi potesse entrare; ch'al continuo per gli Pisani nascosamente era fornita di gente d'arme per la guardia de la terra e di vittuaglia contra' patti de la pace. E ciò fu fatto a dì XVIIII del mese di dicembre, che una parte dell'oste valicarono gli Oseri che vanno da Pontetetto, e fecionvi su più ponti e valichi, e puosonsi a la villa di Cattaiuola alquanto di là dal detto Pontetetto, verso la parte di Pisa, ove avea ricchi e begli casamenti e giardini fatti per Castruccio; e 'l sopradetto Gobbole tedesco con sue masnade e con molti briganti a piè e fanti di volontà si puosono nel borgo del Ponte a San Piero, e in capo del prato in su la strada che vae a Ripafratta feciono una bastita, overo battifolle, guernito di gente d'arme, per lo quale circuito d'assedio i Lucchesi d'entro furono molto ristretti e afflitti, e cominciò loro a mancare la vittuaglia e vino e molte altre cose necessarie; e convenne loro ogni vittuaglia e vino raccomunare, e fare taverne di vino inacquato per lo Comune, e carne poveramente; e simile canova di pane, dandolo per peso alle masnade e alle famiglie. Per la quale stremità quegli che reggeano Lucca, per loro feciono cercare accordo co' Fiorentini, mandando uno di loro maggiori più sagreto in Firenze sotto salvocondotto e sagretamente con certi patti d'arendere la terra (e fu l'opera assai di presso all'accordo per diversi patti e modi, partendosi messer Gherardino della signoria), e dargli danari, e disfaccendosi il castello de l'Agosta, rimanendo i Ghibellini in Lucca co' Guelfi insieme, e raccomunando gli ufici a la guardia e signoria de' Fiorentini, e faccendo certi gentili uomini ghibellini in numero di XXIIII de' più caporali cavalieri per lo Comune e popolo di Firenze per loro sicurtà, al modo di que' di Pistoia, donando a ciascuno Vc fiorini d'oro de' danari del Comune di Firenze, rimanendo le gabelle e l'entrate del Comune di Lucca al Comune di Firenze per fornire la spesa della guardia di Lucca, e i·rimanente scontare del dono si facesse a' detti cavalieri; e oltre a·cciò in termine di V anni sodisfare tutti i cittadini di Firenze che furono presi da Castruccio di ciò che si ricomperarono da·llui, che montavano fiorini Cm d'oro e più. E di certo sarebbe venuto fatto; ma la 'nvidia e avarizia, le quali guastano ogni bene, parte di quegli Fiorentini che sentivano e guidavano il detto trattato co' caporali cittadini di Lucca, per volerne l'onore e il profitto tutto a·lloro propietà, lo scopersono a messer Gherardino, e co·llui tennono nuovo trattato, e andaronne chiusamente in Lucca a parlargli certi di loro; per la quale cagione si guastò l'uno trattato per l'altro, rimanendo in grande sospetto i cittadini di Lucca con messer Gherardino. E io autore, con tutto non fossi degno di sì grandi cose menare, posso essere vero testimonio, però che fui di quello numero con pochi diputato per lo nostro Comune a menare il primo trattato, il quale fu guasto per lo modo detto. Ma la giustizia divina, la quale non perdona alla pulizione degl'innormi peccati, come a Dio piacque, tosto vi mise penitenza con vergogna del nostro Comune per gli modi dupplicati e improvisi e non pensati che diremo qui apresso; in prima, che mutando i Fiorentini il capitano dell'oste Cantuccio de' Gabbriegli d'Agobbio, di cui dinanzi facemmo menzione, giunse nell'oste con sua compagna di L cavalieri e C sergenti a piè a dì XV di gennaio; e come uomo poco iscorto e uso a guidare sì fatta oste, che v'avea CCC gentili uomini più grandi e più maestri e degni di lui, avenne ch'alcuno Borgognone di piccolo affare fece alcuna follia; e la famiglia di Cantuccio prendendolo, e a la guisa come fosse podestà in Firenze il volesse giustiziare, i Borgognoni per isdegno, che n'avea nell'oste più di VIc a cavallo al soldo de' Fiorentini, fiera gente e aspra, s'armarono, e tolsono il malfattore a la famiglia del capitano, e fedirgli e uccisonne; e a furore corsono a la casa e loggia del capitano, e rubarono tutto, e uccisono cui poterono di sua famiglia, e misono fuoco nell'albergo, e però arse il quarto del campo con grande danno e pericolo; onde il campo e oste de' Fiorentini fu a grande rischio, se non fosse per gli savi capitani consiglieri che v'erano di Firenze, ch'atutarono il furore coll'aiuto de' cavalieri tedeschi, che gli ubbidirono e seguirono, e nascosono il capitano e cui poterono di sua famiglia, e rimase a·lloro al tutto la guardia dell'oste; e se non fosse la fiebolezza di que' di Lucca, l'oste de' Fiorentini stava in grande pericolo per la detta novità e discordia. In questo stante messer Gherardino, riconfortatosi della discordia dell'oste de' Fiorentini, lasciò il trattato co·lloro, e mandò incontanente suoi ambasciadori con sindachi di pieno mandato in Lombardia al re Giovanni, e diedongli la signoria di Lucca con certi patti, ed egli la promise di difendere; e a dì XII di febbraio mandò in Firenze il detto re tre suoi ambasciadori, i quali con belle parole e promesse di pace e d'amore richiesono per sua parte i Fiorentini, pregandogli si dovessono partire da l'assedio di Lucca, sì come di sua terra, e fare triegue co·llui; e loro in pieno consiglio fu risposto com'era la detta oste sopra Lucca a petizione della Chiesa e del re Ruberto, e che però non si leverebbe. Partirsi i detti ambasciadori, e andarne a Pisa. Pochi dì apresso avuta la detta risposta, il re Giovanni mandò il suo maliscalco in Parma con VIIIc cavalieri per soccorrere Lucca; e ciò sentendo i Fiorentini, presono al loro soldo messer Beltramon del Balzo, che tornava di pregione di Lombardia, iscambiato per lo legato con Orlando Rosso di Parma, e feciollo capitano di guerra; e ito lui nell'oste da Lucca, parendogli folle la stanza per le novità state ne la detta oste, che molto l'avea scompigliata e pochi giorni dinanzi uno messer Arnoldo tedesco conastabole de' Fiorentini, si partì del campo con C cavalieri, e entrò in Lucca, e per lo maliscalco del re Giovanni che venia a Lucca, gli parve il migliore di levare l'oste.
E così fece a dì XXV del detto mese di febbraio MCCCXXX, e ricolsonsi sani e salvi in sul poggio di Vivinaia, e di quello partendosi, rubarono la terra e misonvi fuoco. E così tornò in vano la 'mpresa dell'oste de' Fiorentini, che nel cominciamento e poi fu così prospera, e Lucca così affinita. E però non si dee nullo disperare, né d'alcuna impresa fare grolia, né avere troppa speranza, se prima non si vede la fine, che sovente riescono le 'mprese ad altro segno che non sono cominciate, per lo piacere di Dio. E poi il primo dì di marzo apresso il maliscalco de·re Giovanni venne di Lombardia, e entrò in Lucca con VIIIc cavalieri tedeschi, e prese la signoria della terra per lo re, e partissene messer Gherardino male contento dal re Giovanni e da' Lucchesi, e con suo dammaggio di più di XXXm fiorini d'oro messi de' suoi danari ne la detta signoria e guerra de' Lucchesi, e non gli poté riavere. E dogliendosene il detto messer Gherardino al re Giovanni, gli fu rimprocciato ch'egli era istato traditore, ch'egli avea tenuto trattato co' Fiorentini di dare loro Lucca; e mostrata gli fu innanzi al re una lettera del Comune di Firenze, la quale messer Gherardino s'avea fatta fare a sua cautela del trattato.
CLXXI
Come la gente del re Giovanni cavalcarono in su il contado di Firenze nella contrada di Greti.
Per la detta venuta della gente del re Giovanni in Lucca i Fiorentini abandonarono il borgo di Buggiano che teneano, e misonvi fuoco; e simile lasciarono il castelletto del Cozzile e quello de la Costa sopra Buggiano a dì VIIII di marzo del detto anno; e poi a dì XV del detto mese di marzo il sopradetto maliscalco del re Giovanni ch'era in Lucca con M cavalieri e MM pedoni si partirono di Buggiano e passarono sotto Montevettolino, ispianando le tagliate, entrarono in Greti in sul contado di Firenze sanza contasto niuno, e presono e arsono il borgo di Cerreto Guidi, e combatterono il castello; e presono e arsono Collegonzi e Agliana, e corsono il paese per III dì, e menarne preda di C pregioni e IIIIc bestie grosse e MM minute; e feciono danno assai con grande vergogna de' Fiorentini, ch'aveano altrettanti cavalieri e più al loro soldo, che per loro non fu fatto contasto niuno. Che se pure CC cavalieri avessono difesa la tagliata da Montevettolino a la Guisciana, ch'assai era leggere a difendere, non ne tornava mai niuno adietro, che tutti rimaneano o presi o morti; però che la cavalcata, tutto fosse per loro ardita e franca, sì fu folle e con mala provedenza di non lasciare guardia al passo. Ma dissesi che certi conastaboli de' Fiorentini ch'erano a la guardia de le castella di Valdinievole seppono la cavalcata, e stettono al tradimento, e lasciarono valicare i nimici sanza volergli contastare, i quali ciò saputo, furono acommiatati da' Fiorentini e cassi di loro soldi.
CLXXII
Come al re Giovanni fu data la signoria di Parma, di Reggio, e di Modana.
Nel detto anno, a dì II di marzo, Giovanni re di Buem entrò nella città di Parma in Lombardia con grande onore, la quale gli fu data per Orlando Rosso e quegli della sua casa de' Rossi, per contradio del legato cardinale ch'era in Bologna per la Chiesa loro contradio. E per simile modo si diede poco apresso al detto re la città di Reggio e quella di Modana per certi patti, per non tornare a la signoria della Chiesa e de' suoi legati e uficiali caorsini; per la qual cosa il papa si mostrò molto turbato, e mandò sue lettere bollate in Firenze, le quali in coram populi si lessono, e piuvicaro, come di suo volere né de la Chiesa il re Giovanni non era passato in Italia, né presa la signoria di Lucca e delle sopradette terre di Lombardia, ma tutto fu disimulazione del papa e del legato, come per lo 'nanzi per loro processi si potrà comprendere.
CLXXIII
Come si cominciò grande guerra in mare tra' Catalani e' Genovesi.
Nel detto anno e mese di marzo si cominciò la guerra da' Catalani a' Genovesi e' Viniziani molto aspra e dura, per cagione di più ruberie fatte in mare per gli Genovesi andando in corso sopra' Catalani e' Viniziani. E per cagione di ciò i Genovesi co' loro usciti e que' di Saona feciono triegua, onde poi nacque pace tra·lloro, come per innanzi faremo menzione. I Viniziani per loro viltà e tema de' Genovesi feciono pace assai tosto co·lloro, per piccola amenda di meno di Xm fiorini d'oro, che 'l valere di più di Cm fiorini d'oro aveano perduti, sanza più buona gente di Vinegia morti da' Genovesi in mare. Quella guerra de' Catalani durò poi più tempo con grande uccisione e dammaggio dell'una parte e dell'altra, come per gli tempi si troverà.
CLXXIV
Come il popolo di Colle di Valdelsa uccisono il loro capitano e signore, e diedonsi a la guardia de' Fiorentini.
Nel detto anno, a dì X di marzo, essendo signore di Colle di Valdelsa messer Albizzo ch'era arciprete di Colle, che s'era fatto capitano di popolo co' suoi frategli, messer Desso e Agnolo de la casa di Tancredi, che teneano la terra a modo di tiranni, soppressando disordinatamente il popolo e chiunque avea podere ne la terra; per la qual cosa il popolo di Colle, dispiaccendo loro sì fatta tirannia e signoria, con ordine di tradimento, coll'aiuto di quegli da Montegabri e da·pPicchiena, de' detti signori loro cugini e parenti, in su la piazza di Colle, usciti coloro da mangiare, uccisono il detto capitano arciprete e Agnolo suo fratello; e messer Desso si difese gran pezza francamente, ma alla fine per lo soperchio de' nimici fu fedito, poi preso per tradimento d'Agnolino Granelli de' Tolomei, e poi in pregione lo strangolaro; e uno fanciullo di quello Agnolo d'età di X anni presono, e per paura il tennono pregione, e tengono ancora, acciò che nullo di quella progenia scampasse, con tutto ch'un altro suo fratello era a Firenze. E ciò fatto, per tema di loro parenti, ch'erano i Rossi di Firenze e altri possenti e grandi di Firenze, feciono popolo, e diedono poi la guardia de la terra di Colle al Comune e popolo di Firenze per più anni, chiamando podestà e capitano fiorentino. Della qual cosa i Fiorentini furono contenti, però ché 'l detto capitano tiranneggiava in Firenze con certi grandi, e al tempo del caro fu molesto al popolo di Firenze di fare divieto e non lasciare venire vittuaglia a Firenze, e era amico di Castruccio tutto si tenesse Guelfo.
CLXXV
Quando si cominciarono le porte del metallo di Santo Giovanni, e si compié il campanile de la Badia di Firenze.
Nel detto anno MCCCXXX si cominciarono a fare le porte del metallo di Santo Giovanni molto belle e di maravigliosa opera e costo, e furono formate in cera, e poi pulite e dorate le figure per uno maestro Andrea Pisano, e gittate furono a fuoco di fornello per maestri viniziani. E noi autore per l'arte de' mercatanti di Calimala, guardiani dell'opera di Santo Giovanni, fui uficiale a far fare il detto lavorio. E il detto anno s'alzò e compié il campanile della Badia di Firenze, e per noi fu fatto fare a priego e a istanzia di messer Giovanni degli Orsini di Roma, cardinale e legato in Toscana e signore de la detta Badia, e della sua entrata di quella Badia.
CLXXVI
Di certi miracoli che furono in Firenze.
L'anno MCCCXXXI morirono in Firenze due buoni e giusti uomini e di santa vita e conversazione e di grandi limosine, tutto che fossono laici. L'uno ebbe nome Barduccio, e soppellìsi in Santo Spirito a·luogo de' frati romitani; e l'altro ebbe nome Giovanni..., e soppellìsi a San Piero Maggiore. E per ciascuno mostrò Idio aperti miracoli di sanare infermi e atratti e di più diverse maniere, e per ciascuno fu fatta solenne sepoltura, e poste più immagini di cera per voti fatti.
CLXXVII
D'uno parlamento che fu fatto intra·re Giovanni e·legato di Lombardia.
Nel detto anno, a dì XVI d'aprile, fu fatto uno parlamento segreto in sul fiume della Scoltena tra Bologna e Modana intra·re Giovanni di Buem, figliuolo che fu dello 'mperadore Arrigo, e legato di Lombardia cardinale, che dimorava per la Chiesa in Bologna; e furono in accordo insieme, e al dipartire si basciarono in bocca; e poi il dì seguente con grande festa mangiarono insieme al castello di Piumaccio. Per la qual cosa tutti i signori e tiranni di Lombardia e ancora il Comune di Firenze, il quale si tenea nimico del detto re Giovanni per la nimistà antica d'Arrigo imperadore suo padre, e per la sua impresa di Lucca e di Brescia, presono grande sospetto e isdegno contra il cardinale legato, parendo loro che disimulatamente egli e la Chiesa avessono fatto venire il detto re Giovanni in Italia; e che colla forza del detto re, e per trattato del papa Giovanni e del re di Francia, volesse occupare la signoria di Lombardia e di Toscana; onde a riparare ciò si trattò di fare compagnia e lega e giura col re Ruberto insieme contro al detto re Giovanni e contra chiunque gli desse aiuto o favore; e de la detta lega il papa disimulando co' Fiorentini, per sue lettere che mandò loro, si mostrò contento; onde poi seguì l'abassamento del detto re e del legato, come innanzi faremo menzione.
CLXXVIII
Come si divise e partì la casa de' Malatesti da Rimine.
Nel detto anno, del mese di maggio, essendo la casa de' Malatesti da Rimine in Romagna nel maggiore stato e colmo che fossono stati mai, e di loro fatti poco tempo dinanzi VI cavalieri con grande onore, e trionfavano non solamente la città da Rimine ma quasi tutta la Romagna; ma per la cupidigia della tirannica signoria messer Malatesta il giovane figliuolo di messer Pandolfo a tradimento cacciò di Rimine tutti i suoi consorti, e loro perseguendo con arme per uccidergli, e alquanti ne prese, e morirono poi in pregione, opponendo loro che volevano cacciare lui; per la qual cosa fu guasta la detta casa, e commossesene quasi tutta la Romagna. E pare una maladizione in quello paese, e ancora pessima usanza di Romagnuoli, che volentieri sono traditori tra·lloro. E nota che pare ch'avegna nelle signorie e istato delle dignità mondane che come sono in maggiore colmo hanno di presente la loro discesa e rovina, e non sanza providenza del divino giudicio per pulire le peccata, e perché niuno si confidi della fallace prospera ventura.
CLXXIX
Come la città di Firenze fu lungamente interdetta.
Nel detto anno, a dì X di maggio MCCCXXXI, il legato di Toscana mise lo 'nterdetto a la città di Firenze per cagione ch'egli avea impetrata dal papa a sua mensa la pieve di Santa Maria in Pineta che vacava, al modo ch'avea fatta la Badia di Firenze, de la quale pieve erano padroni la casa de' Bondelmonti, e a·lloro stanza, e perché pareva a' cittadini che 'l detto legato volesse occupare tutti i buoni benifici di Firenze, e ancora quello benificio preso a inganno contro a' Bondelmonti, per la qual cosa non gli lasciarono avere la rendita né' frutti di quella pieve; e innanzi ne sostennono lo 'nterdetto XVIIII mesi, con grande sconcio e fatica de' cittadini in ogni atto spirituale, tanto che i detti Bondelmonti s'accordarono col legato, per la qual cosa i detti Bondelmonti molto furono obbrigati al popolo di Firenze.
CLXXX
Come il re Giovanni si partì di Lombardia, e andonne oltremonti.
Nel detto anno, avendo il re Giovanni ordinato col legato insieme una disimulata pace e trattato di rimettere gli usciti guelfi in Lucca, alquanti ve ne tornarono contra volere de' Fiorentini. E intra gli altri che cercò il detto trattato fu messer Manno degli Obizzi, per la qual cosa molto venne in disgrazia de' Fiorentini; e poi quegli Guelfi ch'erano tornati in Lucca, per la mala signoria se ne partirono. Poi il detto re Giovanni, riformata Lucca e Parma e Reggio e Modana a la sua signoria, vi lasciò Carlo suo figliuolo con VIIIc cavalieri, e egli si partì di Parma a dì II di giugno per andare a corte e in Francia e nella Magna, per ordinare maggiori cose col papa e col re di Francia per sottomettere la libertà degl'Italiani, come innanzi farà menzione.
CLXXXI
Come delle masnade de' Fiorentini furono sconfitti a Buggiano.
Nel detto anno messer Simone Filippi di Pistoia vicario in Lucca del re Giovanni fece porre oste e battifolli al castello di Barga in Carfagnana che si tenea per gli Fiorentini, sentendo ch'era male fornito; per la qual cosa i Fiorentini feciono cavalcare messer Amerigo de' Donati capitano di Valdinievole con IIIIc cavalieri sopra Buggiano per fare levare il detto assedio da Barga. Ma le masnade di Lucca di notte vennono a Buggiano, da Vc cavalieri. Messere Amerigo e sua gente isproveduti di tale avenimento, e non prendendosi guardia, furono assaliti subitamente sul Brusceto sotto Montecatini, e rotti e sconfitti a dì VI di giugno, e rimasonne da C a cavallo tra morti e presi, e messere Amerigo e gli altri fuggiro in Montecatini; e il luglio apresso si perdé Uzzano per tradimento, che 'l teneano i Fiorentini.
CLXXXII
Come papa Giovanni ricomunicò i Milanesi e' Marchigiani.
Nel detto anno, a dì IIII di giugno, papa Giovanni apo Vignone ricomunicò i Milanesi e' Marchigiani, i quali erano stati sì lungamente iscomunicati e in contumacia di santa Chiesa per molti falli fatti contro a la Chiesa, come adietro è fatta menzione; e ciò fece il papa a petizione del legato di Lombardia, l'una per rompere la lega già cominciata tra' Lombardi, e l'altra perché i Marchigiani fossono riverenti al legato, che 'l n'avea fatto marchese e signore.
CLXXXIII
Di fuochi che s'apresono nella città di Firenze in questo anno.
Nel detto anno, a dì XXIII di giugno, la notte de la vilia di santo Giovanni s'apprese fuoco in sul ponte Vecchio dal lato di là, e arsono tutte le botteghe, che v'erano da XX, con grande danno di molti artefici, e morirvi due garzoni, e in parte arsono delle case di San Sipolcro della magione dello Spedale. E poi, a dì XII di settembre la notte vegnente, s'aprese fuoco a casa Soldanieri da Santa Trinita in certe case basse di legnaiuoli e di maliscalco, le quali case erano a lo 'ncontro della via di Porta Rossa, e morirvi VI persone, che per lo 'mpetuoso fuoco del molto legname e stalle non poterono scampare. E poi a dì XXVIII di febbraio la notte vegnente s'apprese fuoco nel palagio del Comune, ove abita la podestà, e arse tutto il tetto del vecchio palazzo e le due parti del nuovo dalle prime volte in su. Per la qual cosa s'ordinò per lo Comune che si rifacesse tutto in volte infino a' tetti. E poi a dì XVI di luglio vegnente s'apprese nel palazzo dell'arte della lana d'Orto San Michele, e arse tutto da la prima volta in su, e morìvi uno pregione, che 'l vi mise credendo scampare, e la sua guardia; poi per l'arte della lana si rifece più nobile e tutto in volte infino al tetto.
CLXXXIV
Come in Firenze nacquono due leoncegli.
Nel detto anno, a dì XXV di luglio, il dì di santo Iacopo, nacquono in Firenze II leoncini del leone e leonessa del Comune, che stavano in istia incontro a San Pietro Scheraggio; e vivettono, e fecionsi grandi poi: e nacquono vivi e non morti, come dicono gli autori ne' libri della natura delle bestie, e noi ne rendiamo testimonianza, che con più altri cittadini gli vidi nascere, e incontanente andare e poppare la leonessa; e fu tenuta grande maraviglia che di qua da mare nascessono leoni che vivessono, e non si ricorda a' nostri tempi. Bene ne nacquono a Vinegia due, ma di presente morirono. Dissesi per molti ch'era segno di buona fortuna e prospera per lo Comune di Firenze.

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Ultimo Aggiornamento:12/07/05 22:56