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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

NUOVA CRONICA

Tomo Secondo

Di: Giovanni Villani

 

LIBRO DECIMO (217-288)

CCXVII
Come X galee de' Genovesi furono prese da' Turchi per tradimento.
Nel detto anno e mese di luglio X galee di Genovesi guelfi andarono in corso in Romania rubando amici e nimici, e presono tanta roba che si stimava IIIc milia fiorini d'oro, e feciono compagnia col cerabi di Sinopia, uno grande amiraglio di Turchia; e corseggiato tutto il mare Maggiore, tornati al porto di Sinopia, per quello amiraglio nobilemente ricevuti, e fatta gran festa e conviti per trargli in terra, e dato loro uno ricco desinare, al levare delle tavole gli fece assalire a' suoi Turchi, e uccidere e prendere, e simigliante le galee e la roba ch'era in porto; e così perderono l'avere male acquistato, e le persone: che de le X galee e di tutta la ciurma non iscamparono che III galee; e rimasorvi XL e più de' maggiori nobili di Genova, e bene MD altri per lo tradimento del detto Saracino.
CCXVIII
Come santo Tommaso d'Aquino fue canonizzato da papa Giovanni.
Nel detto anno MCCCXXIII, all'uscita di luglio, per lo sopradetto papa Giovanni e per gli suoi cardinali apo Vignone, fue canonizzato per santo frate Tommaso d'Aquino dell'ordine di san Domenico, maestro in divinità e in filosofia, e uomo eccellentissimo di tutte scienze, e che più dichiarò le sacre Scritture che uomo che fosse da santo Agostino in qua, il quale vivette al tempo di Carlo primo re di Cicilia. E andando lui a corte di papa al concilio a Leone, si dice che per uno fisiziano del detto re, per veleno gli mise in confetti, il fece morire, credendone piacere al re Carlo, però ch'era del legnaggio de' signori d'Aquino suoi ribelli, dubitando che per lo suo senno e virtù non fosse fatto cardinale; onde fu grande dammaggio a la chiesa di Dio: morì a la badia di Fossanuova in Campagna, dì... E quando venne alla sua fine, prendendo Corpus Domini, fece questa santa orazione con grande divozione "Ave pretio mee redemptionis, ave viatico mee peregrinationis, ave premio future vite in cui mano commendo anima et spiritum meum"; e passò in Cristo.
CCXIX
Di grande novitade ch'ebbe in Firenze per cagione degli sbanditi.
Nel detto anno e tempo, essendo gli sbanditi di Firenze, i quali erano stati nell'oste a Prato e a Fucecchio, in isperanza d'esser ribanditi per la promessa loro fatta e per lo bando mandato per gli priori, non si trovò via per gli forti ordini che potessono essere ribanditi. Per la qual cosa VIII di loro caporali, ch'erano in Firenze a sicurtà per sollecitare d'essere ribanditi, veggendo che la loro speranza era fallita, sì ordinaro congiurazione e tradimento ne la città col favore di certi nobili de le case, ond'erano di quegli isbanditi; e la notte di santo Lorenzo, dì X d'agosto MCCCXXIII, vennero a le porte de la città da più parti, in quantità di LX a cavallo e più di MD a piè, con iscuri assai per tagliare la porta che vae verso Fiesole. Sentendosi la sera a tardi loro venuta, non per certo, ma per alcuno indizio, la città fue ad arme e in grande tremore, dubitandosi il popolo non tanto degli sbanditi di fuori, che piccolo podere era il loro a la potenza della città, quanto di tradimento dentro si facesse per gli grandi. Per la qual cosa la città si guardò la notte con grande sollecitudine, e per la buona guardia nullo s'ardì a scoprire dentro di tradimento. Gli sbanditi ch'erano di fuori, veggendo la grande guardia e luminare sopra le mura, e che nullo rispondea loro dentro, si partirono in più parti, e così per la grazia di Dio e di messere santo Lorenzo iscampò la città di Firenze di grande pericolo e rivoluzione; che di vero si trovò che doveano correre la città e ardere in più parti, e rubare e fare micidi in assai buoni uomini, e abbattere l'uficio de' signori priori e gli ordini della giustizia, che sono contra i nobili, e tutto il pacefico stato della città sovertere; e cominciato per gli sbanditi il male, quasi tutti i nobili doveano essere co·lloro per disfare il popolo. E così si trovò; ma perché l'opera era grave a pulire, tanti n'erano colpevoli, si rimase di fare giustizia per non peggiorare stato, ché·ll'una setta e parte del popolo, i quali non reggeano la città, voleano pur che giustizia si facesse, perché si volgesse stato nella città. Quegli che reggieno, perché scandalo non crescesse onde nascesse mutazione ne la città, sì la passarono il più temperatamente che poteano. E essendo a la fine opposto per la fama del popolo per gli più caporali di nobili, ch'avessono aconsentito a la detta congiura, a messer Amerigo Donati, e a messer Tegghia Frescobaldi, e a messer Lotteringo Gherardini, ma non si trovò nullo ch'acusasse; ma nel consiglio de' priori e del popolo per dicreto convenne ciascuno in polizze scrivesse chi gli parea fosse colpevole: trovossi per gli più i tre cavalieri nomati; che fu nuova legge e modo. I quali tre cavalieri dinunziati per lo modo e sorte che detto avemo, essendo richesti per messer Manno de la Branca d'Agobbio, allora podestà, a sicurtà privata di loro persone, compariro e confessarono che sentirono il trattato ma non vi si legaro; ma perché nol palesarono a' priori, furono condannati ciascuno in libbre MM, e a confini per VI mesi fuori della città e contado XL miglia. Per molti si lodò di passarla per questo mezzo per non crescere scandalo ne la città; e per molti si biasimò, che giustizia non si fece de' detti e di molti nobili che si diceva che v'aveano colpa a la detta congiurazione. E per questa novità, e per fortificare il popolo, a dì XXVII d'agosto MCCCXXIII sì diedono LVI pennoni della 'nsegna de le compagnie, III per gonfalone e tali IIII, e così a quegli de la setta che non reggeano come a quegli che reggeano, mischiatamente; e tutti i popolani a sesto a sesto si congregarono insieme, e promisono d'essere a una concordia a la difensione del popolo; per la qual cagione poi nacque mutazione in Firenze, e si criò nuovo stato, come innanzi farà menzione.
CCXX
Come Castruccio guastò le castella di Valdarno di sotto.
Nel detto anno, a dì XXIIII d'agosto, essendo per quegli del castello di Montetopoli fatta preda e danno a quegli del castello di Marti, Castruccio signore di Lucca a richiesta de' Pisani mandò CCC cavalieri, e fece guastare le vigne di Montetopoli e ciò che v'era scampato, ch'egli non avea guasto quando vi fu a oste; e simigliante feciono a Castello Franco e a quello di Santa Croce sanza niuno contasto o soccorso de le masnade de' Fiorentini, ch'erano in maggiore quantità di cavalieri in Valdarno, onde fu grande vergogna a' Fiorentini. E tutto ciò avenia per le divisioni de la città.
CCXXI
Come quegli di Bruggia in Fiandra presono e arsono il porto delle Schiuse.
Nel detto anno e mese d'agosto, essendo quistione tra 'l conte di Fiandra e quegli di Bruggia col conte di Namurro suo zio, il quale tenea la villa e 'l porto delle Schiuse, e quella terra era molto cresciuta e multiplicata per lo buono porto, il detto conte di Fiandra, ciò fu il giovane Luis, con quegli di Bruggia andarono ad oste sopra le dette Schiuse, e per forza l'acquistaro, e uccisono e presono gente assai; e 'l conte di Namurro fu preso; e poi rubarono e arsono la detta villa e porto, che v'aveva più di MD abitanti sanza i forestieri navicanti.
CCXXII
D'uno vento pestilenzioso che fu in Italia e in Francia.
Nel detto anno MCCCXXIII, a l'uscita d'agosto e a l'entrar di settembre, fu uno vento a favognano, per lo quale amalorono di freddo con alquanti dì con febbre e dolore di testa la maggiore parte degli uomini e de le femmine in Firenze: e questa pestilenza fu generale per tutte le città d'Italia, ma poca gente ne morì; ma in Francia ne morirono assai.
CCXXIII
Come quegli di Bergamo furono sconfitti dalla gente de la Chiesa.
Nel detto anno e mese di settembre gente di Bergamo in buona quantità a cavallo e a piè, vegnendo in servigio di que' di Milano a l'oste e assedio ch'era a Moncia, per la gente de la Chiesa furono scontrati e sconfitti, e rimasonne tra morti e presi D e più.
CCXXIV
Come i mercatanti viniziani sconfissono gl'Inghilesi in mare.
Nel detto anno e mese di settembre, essendo partite VII galee de' Viniziani di Fiandra cariche di mercatantia, XXXIIII cocche d'Inghilesi l'assaliro per rubare, le quali galee francamente difendendosi, quelle cocche sconfissono, e presonne X, e uccisonvi molti Inghilesi.
CCXXV
Come i Fiorentini perderono il castello della Trappola co·lloro vergogna.
Nel detto anno e mese di settembre il castello della Trappola in Valdarno, il quale teneano i Pazzi, si diede a' Fiorentini: mandovisi per lo Comune di Firenze gente e guernimento; e stando a sicurtà con mala guardia quegli che v'erano entro, i Pazzi e Ubertini, per tradimento fu loro data l'entrata del castello, e quanti Guelfi vi trovarono in su le letta gli uccisono, in numero più di XL gagliardi fanti di Castello Franco. Sentendo ciò i Fiorentini, vi mandarono CC cavalieri e pedoni assai. Quegli ch'erano nella Trappola per tema se ne partiro, e rubarono il castello e misonvi fuoco, e ridussonsi nel castello di Lanciolina. La gente de' Fiorentini seguendogli, gli assediarono nel detto castello per più giorni; poi i Pazzi e Ubertini con gli Aretini isforzatamente con più di CC cavalieri e popolo assai venieno al soccorso; per la qual cosa la gente de' Fiorentini sanza attendere se ne partirono dall'asedio, e con grande vergogna se ne tornarono a Firenze.
CCXXVI
Come il vescovo d'Arezzo ebbe la Città di Castello per tradimento.
Nel detto anno, a dì II d'ottobre, signoreggiando la Città di Castello messer Branca Guelfucci a guisa di tiranno, e i più de' migliori Guelfi cacciati della terra, certi di quegli che v'erano rimasi popolani sì feciono trattato col vescovo d'Arezzo per cacciare messer Branca, il quale vi mandò CCC uomini a cavallo con Tarlatino suo fratello. E' detti traditori gli diedono la notte una de le porte, e come gli Aretini furono dentro, co' figliuoli di Tano da Castello degli Ubaldini e più altri Ghibellini, corsono la terra, e per forza ne cacciarono il detto messer Branca, ed eziandio tutti quegli Guelfi che aveano loro data la terra, e ben IIIIc altri Guelfi caporali, e in tutto si riformò a parte ghibellina. Per la qual cosa i Perugini, e Agobbini, e Orbitani, e Sanesi, e Bolognesi, e conti Guidi guelfi mandarono ciascuno a Firenze loro ambasceria, e in Firenze fermarono taglia di M cavalieri, e capitano il marchese da Valiana per guerreggiare la Città di Castello e 'l vescovo d'Arezzo. E fermarono compagnia di IIIm cavalieri per tre anni a richesta del capitano della taglia, che 'l terzo e più ne toccò a' Fiorentini. Piuvicossi la detta compagnia in Firenze in Santo Giovanni a dì XXI di marzo MCCCXXIII.
CCXXVII
Come il papa scomunicò Lodovico di Baviera eletto imperadore.
Nel detto anno MCCCXXIII, a dì VIII d'ottobre, papa Giovanni sopradetto apo Vignone in Proenza, in piuvico concestoro diede sentenzia di scomunicazione contra Lodovico dogio di Baviera, il quale si dicie re de' Romani, però ch'avea mandato aiuto di sua gente a Galeasso Visconti e frategli, che teneano la città di Milano e più altre città di Lombardia contra la Chiesa, opponendogli che non gli era licito d'usare l'uficio dello imperio infino che non fosse approvato degno e confermato per la Chiesa, dandogli termine tre mesi, ch'egli dovesse avere rinunziata la sua elezione dello imperio, e personalmente venuto a scusarsi di ciò, ch'avea favoreggiati gli eretici e sismatici e ribegli di santa Chiesa: e privò tutti i cherici che al detto Lodovico dessono consiglio, aiuto o favore, se disubbidisse. Il quale Lodovico com'ebbe il detto processo, con savio consiglio appellò al detto papa o suo successore e al concilio generale, quando egli fosse a la sedia di San Piero a Roma; e mandò a corte grande ambasceria di prelati e d'altri signori scusandosi al papa, e faccendo promettere di non essere contra la Chiesa; gli fu prolungato termine tre altri mesi, e secondo che aoperasse, così si procederebbe contra lui.
CCXXVIII
D'una grande tempesta che fu nel mare Maggiore.
Nel detto anno e mese d'ottobre fu sì grande tempesta nel mare Maggiore di là da Gostantinopoli, che ben cento legni grossi vi periro; onde fue grande danno a' mercatanti di Vinegia e di Genova e di Pisa e ancora de' Greci, che molto avere e mercatantia e gente vi si perdero.
CCXXIX
Di novità che furono in Firenze per cagione degli ufici e de le sette.
Nel detto anno, a l'uscita d'ottobre, i priori e gonfaloniere che allora erano a la signoria di Firenze, e erano de' maggiori popolani de la città, presono balìa di fare priori per lo tempo avenire, e feciongli per XLII mesi avenire, e mischiarono de la gente che non avea retta la terra dal tempo del conte a Battifolle allora, due in tre per uficio di priorato, per mostrare di raccomunare la terra per la novità degli sbanditi ch'era stata l'agosto dinanzi, e' detti eletti priori misono i bossoli ordinati di trargli di due in due mesi; onde poi nacque novità innanzi che finisse l'anno, come innanzi farà menzione.
CCXXX
Come Castruccio volle pigliare Pisa per tradimento.
Nel detto anno MCCCXXIII, a dì XXIIII d'ottobre, si scoperse in Pisa uno tradimento ch'avea ordinato Castruccio signore di Lucca con messer Betto Malepa de' Lanfranchi e con IIII conastaboli tedeschi, di fare uccidere il conte Nieri e 'l figliuolo e più altri che reggeano la città, e correre la terra, e dare la signoria a Castruccio; per la qual cosa fu tagliata la testa al detto messer Betto, e presi i detti conostaboli e cacciata la loro gente; e d'allora innanzi il conte con quegli che reggeano in Pisa si palesarono nimici di Castruccio, e feciono dicreto che chi l'uccidesse avesse dal Comune di Pisa Xm fiorini d'oro, e tratto d'ogni bando. Questo tradimento scoperse uno de' Guidi e Bonifazio de' Cerchi rubegli di Firenze, che dimoravano in Lucca e in Pisa; e guadagnarne danari da' Pisani.
CCXXXI
Come la gente de la Chiesa ebbono danno a Carrara in Lombardia.
Nel detto anno e mese d'ottobre, essendo nella villa di Carrara nel contado di Milano CCC cavalieri di quegli della Chiesa, messere Marco con Vc cavalieri di Milano subitamente assalì la detta villa; quella poco forte e male fornita, abbandonata da' soldati de la Chiesa, presono e rubarono e arsono con alcuno danno de' loro nimici, partendosi la gente della Chiesa in isconfitta. E poi nel detto anno, a dì XII di novembre, il detto messer Marco con MD cavalieri venne all'assedio, a la rocca e ponte di Basciano in su il fiume d'Adda, il quale era molto bene fornito e di vittuaglia e di gente per la Chiesa. Non avendo soccorso da messer Ramondo e da la sua gente ch'erano a Gargazzuola, vilmente s'arrendero, e chi dice per moneta; che n'era capitano uno oltramontano. E tornato messer Marco in Milano, dissensione nacque tra la sua gente dagli Alamanni di sopra a quegli di sotto, cioè di Valdireno, per invidia che quegli di Soavia erano più di presso al signore, e meglio pagati; e ben Vc a cavalio se ne partirono, e parte se n'andarono in Alamagna, e parte vennono nell'oste de la Chiesa sotto la bandiera di messer Arrigo di Fiandra. Di questo è fatta menzione per la poca fede de' Tedeschi.
CCXXXII
Come il popolo minuto di Fiandra si rubellarono contra i nobili e distrussongli.
Nel detto anno e mese di novembre il popolo minuto del Franco di Bruggia in Fiandra, cioè i paesani d'intorno a Bruggia, si rubellarono contra i nobili de la contrada, e feciono uno capitano il quale appellavano il Conticino, e a furore corsono il paese, e arsono e guastarono tutti i manieri e fortezze di nobili, e molti ne presono e incarceraro. E la cagione fu perché i nobili gli gravavano troppo de la taglia ch'aveano a pagare per la pace al re di Francia; e crebbe tanto la detta congiura, che contaminarono tutto il paese di Fiandra, e non ubbidieno al conte di Fiandra loro signore; e a la fine, a dì XXI di febbraio vegnente, entrarono in Bruggia per forza coll'aiuto del popolo minuto di Bruggia, e corsono la terra, e uccisono a·ffurore molti grandi borgesi, e mutarono lo stato e signoria de la terra a·lloro volontà.
CCXXXIII
Come Castruccio prese Fucecchio, e incontanente ne fu cacciato in isconfitta.
Nel detto anno MCCCXXIII, a dì XVIIII di dicembre, Castruccio signore di Lucca subitamente con suo isforzo si partì da Lucca, e la notte vegnente venne intorno a Fucecchio per prendere la terra; e per alcuno di quegli d'entro di piccolo essere fue ismurata una piccola postierla, la quale era in luogo solitaro presso a la rocca, e per quella entraro molti di sua gente di Castruccio, che non furono sentiti, perché piovea diversamente, e Castruccio in persona v'entrò con più di CL uomini a cavallo e Vc a piè. E combattendo la notte la terra e' presene una parte, e prese la rocca che v'aveano cominciata a fare i Fiorentini, salvo la torre; e credendosi avere vinta la terra, e già n'avea scritto a Lucca, quegli di Fucecchio feciono la notte cenni di fuoco per soccorso a le castella vicine, ov'era la guernigione de' soldati de' Fiorentini; per gli quali cenni soccorso vi venne de le masnade fiorentine, ch'erano a Santa Croce, e a Castello Franco, e a Samminiato, e vegnente il giorno, vigorosamente combattero con Castruccio e sua gente, il quale era abarrato a le bocche de le vie d'in su la piazza, e per forza gli sconfissono e cacciarono de la terra; e 'l detto Castruccio fu fedito nel volto, e a grande pena scampò, e più vi rimasono morti e presi in quantità di CL uomini tra a cavallo e a piede, e quasi tutti i loro cavagli ch'aveano condotti dentro vi rimasono, perché si fuggirono a piè; e se fossono stati seguiti, era finita la guerra castruccina a' Fiorentini. Grande allegrezza n'ebbe in Firenze, però che al cominciamento aveano la terra per perduta, e più bandiere di Castruccio e de' suoi conastaboli co' cavagli presi ne vennono a Firenze.
CCXXXIV
D'uno grande miracolo ch'aparve in Proenza.
Nel detto anno MCCCXXIII, il giorno de la Befania, apparve in Proenza in una terra c'ha nome Alesta uno spirito d'uno uomo di quella terra, il quale di poco era morto, e con sentore quando venia scortamente parlando, dicendo grandi cose e maravigliose dell'altra vita e delle pene di purgatorio; e 'l priore de' frati predicatori, uomo di santa vita, con più de' suoi frati e con più di C buoni uomini della terra il venne a disaminare e scongiurare, recando seco privatamente Corpus Domini, per tema non fosse spirito maligno e fittizio, il quale incontanente conobbe, e confessò quello esser vero Iddio, dicendo al priore: "Tu hai teco il salvatore del mondo"; e per la virtù di Cristo scongiurandolo, più secrete cose disse, e come per l'aiuto e meriti del detto priore e suoi frati tosto avrebbe requia eternale.
CCXXXV
Come il vescovo d'Arezzo ebbe e prese la rocca di Caprese.
Nel detto anno, a dì VII di gennaio, il vescovo d'Arezzo ebbe la rocca di Caprese del conte da Romena, a la quale era stato ad assedio più di tre mesi; e per lo detto conte e per gli Fiorentini tardi fu soccorsa, onde al detto vescovo crebbe podere di più di Vc fedeli di Valdicapresi, ch'erano tutti Guelfi.
CCXXXVI
Come gli usciti di Piagenza furono sconfitti da la gente della Chiesa.
Nel detto anno, dì X di gennaio, messer Manfredi di Landa uscito di Piagenza, che tenea Castello Aquaro, con CC cavalieri e gente a·ppiè venne verso il borgo a San Donnino per levare preda e mercatantia ch'andava a Piagenza: sentendosi in Piagenza, IIIIc cavalieri di quegli del legato cavalcarono contra loro, e tra Firenzuola e San Donnino gli sconfissono; e gran parte ne furono presi e menati in Piagenza.
CCXXXVII
Come i Pisani furono sconfitti in Sardigna da lo 'nfante d'Araona.
Nel detto anno MCCCXXIII, a l'uscita di gennaio, i Pisani feciono una armata di LII tra galee e uscieri, con Vc cavalieri tra Tedeschi e Italiani, e con IIm balestrieri pisani, ond'era capitano messer Manfredi figliuolo del conte Nieri naturale, e si partirono di Pisa a dì XXV di gennaio per andare in Sardigna per soccorrere Villa di Chiesa ch'era assediata da don Anfus figliuolo del re d'Araona, il quale era in su la Sardigna per conquistarla, come adietro è fatta menzione. E per contradio tempo soggiornò la detta armata al porto di Lungone in Elba infino a dì XIII di febbraio, e in Sardigna arivarono a dì XXV di febbraio a capo di terra nel golfo di Caseri, e trovarono che Villa di Chiesa s'era renduta al detto don Anfus a dì VII di febbraio, il quale v'era stato ad assedio VIII mesi, e venuto era con sua oste ad assediare Castello di Castro. I Pisani scesi in terra co·lloro oste andando verso Castello, e la gente di Castello venieno per congiugnersi co·lloro, e dì XXVIIII di febbraio s'afrontarono a battaglia col detto don Anfus, e combattendo aspramente, a la fine la gente de' Pisani furono sconfitti e morto il loro capitano e degli altri, e morirne assai de' Tedeschi a cavallo: la maggiore parte de' Pisani che poco ressono a la battaglia si fuggirono in Castello di Castro. E dopo la detta sconfitta e perdita le galee di don Anfus, ch'erano nel porto di Castello incatenate per contradiare il porto e la scesa a' Pisani, si scatenaro e vennono contra l'armata de' Pisani. Quegli incontanente si misono a la fugga, e lasciarono tutti i loro legni grossi carichi di vittuaglia e d'arnese d'oste, i quali furono presi da le galee di Raonesi. E ciò fatto, il detto don Anfus puose l'assedio per terra e per mare a Castello di Castro. Per questa sconfitta e perdita di Villa di Chiesa fu grande abassamento de' Pisani, che più di CCm fiorini d'oro costava già loro la detta guerra, onde rimasono in male stato e in grande discordia dentro per le sette che v'erano nella città, e con grande sospetto di Castruccio ch'era loro contradio, e allegato col re di Raona.
CCXXXVIII
Come i Fiorentini mandarono in Francia per cavalieri.
Nel detto anno, del mese di gennaio, i Fiorentini mandarono in Francia ambasciadori per Vc cavalieri franceschi, che venissono al soldo del detto Comune.
CCXXXIX
Come messer Ramondo di Cardona fue sconfitto da quegli di Melano, e preso.
Nel detto anno, a dì XXVIIII di febbraio, messer Ramondo di Cardona capitano dell'oste della Chiesa in Lombardia si partì da Moncia con M cavalieri e con gente a piè assai, e venne e prese il castello e 'l ponte di Vavri in sul fiume d'Adda. Galeasso e Marco Visconti incontanente vi cavalcarono da Milano con XIIc di cavalieri tedeschi e popolo assai a piè, e misonsi a l'assedio del detto castello di Vavri. Messer Ramondo non essendo fornito di vittuaglia uscì fuori al campo co la sua gente, e affrontossi a battaglia con quegli di Milano, la quale fu aspra e forte. A la fine per soperchio di gente il detto messer Ramondo co l'oste della Chiesa furono sconfitti, e preso il detto messer Ramondo e più altri conastaboli, intra' quali due di quegli che v'erano per lo Comune di Firenze vi rimasono, e menati presi in Melano; messer Simonino di messer Guidetto della Torre, uomo di gran valore, anegò nel fiume d'Adda, e più altra buona gente vi rimasono presi e morti; e messer Arrigo di Fiandra vi fu preso, ma riscattossi da' Tedeschi che l'aveano, e co·lloro insieme e con gli altri ch'erano scampati de la battaglia ne venne in Moncia. E poi il detto messer Ramondo essendo preso in Milano co le guardie, del mese di novembre scampò e venne a Moncia.
CCXL
Come il vicaro del re Ruberto fu cacciato da' Pistolesi.
Nel detto anno MCCCXXIII, dì III di marzo, tornando a Pistoia per patti il vicaro del re Ruberto, che n'era stato cacciato, con XXX a cavallo de la masnada del conte Novello, per gli Pistolesi fu assalito e sconfitto sotto a Tizzano, e fattagli grande vergogna; e ciò fu opera di messer Filippo Tedici, che volea per tirannia signoreggiare la terra.
CCXLI
Come i Tarteri di Gazzeria corsono Grecia.
Nel detto anno, del mese di febbraio, il Tartero de la Gazzeria e Rusia, ch'aveva nome... con esercito di CCCm d'uomini a cavallo vennono in Grecia infino a Gostantinopoli e più qua più giornate, consumando e guastando ciò che innanzi si trovaro; e dimorarvi infino a l'aprile vegnente con grande consumazione e distruzione de' Greci d'avere e di persone, che più di CLm di persone, tra' morti, e' ne menarono in servaggio. A la fine per difetto di vittuaglia per loro e di loro bestiame furono costretti a dipartirsi, e tornarono in loro paese. Per questo avenimento ancora si mostra il fragello di Dio a coloro che non sono suoi amici, che gli fa perseguitare a' peggiori di loro. E non si maravigli chi leggerà di tanta quantità di gente a cavallo; però che ciascuno Tartero vae a cavallo; e' loro cavagli sono piccoli e sanza ferri e con brettine sanza freno, e la loro pastura è d'erbaggio e di strame sanza biada; e' detti Tartari vivono di pesce e carne mal cotta, con poco pane, e di latte di loro bestiame, che ne' loro eserciti menano grandissima moltitudine; e sempre stanno a campo, e poco in cittadi e in castelli o ville abitano, se non sono gli artefici.
CCXLII
Come papa Giovanni ancora fece processi contro l'eletto di Baviera.
Nel detto anno, a dì XXII del mese di marzo, papa Giovanni XXII apo Vignone fece e piuvicò nuovi processi contra Lodovico dogio di Baviera eletto re de' Romani, per cagione de l'aiuto dato a' Visconti di Milano contra la Chiesa, e scomunicollo se personalmente non venisse a la sua misericordia infra tre mesi apresso, e ordinò perdono di croce, perdonando colpa e pena chi andasse o mandasse per tempo d'uno anno al servigio della Chiesa in Lombardia contra i Visconti signori che teneano Milano.
CCXLIII
Come l'oste di Milano si partì dall'assedio di Moncia co·lloro danno.
Nell'anno MCCCXXIIII, a dì XXVIII del mese di marzo, essendo il signore di Milano Galeasso Visconti a oste a Moncia, e per più giorni data battaglia a la terra, quegli ch'erano per la Chiesa in Moncia, ond'era capitano messer Arrigo di Fiandra, uscirono fuori a combattere le torri e altri ingegni de' nimici, e quegli per forza di battaglia arsono e presono con gran danno di quegli dell'oste. Per la qual cosa tutta l'oste si ritrasse da l'assedio de la terra per ispazio d'uno miglio e più, lasciando il campo con gran danno di loro; poi apresso a due dì si partirono e ritornarono in Milano. E intra l'altre cagioni, però che 'l capitano della detta oste, che v'era per lo eletto di su detto re de' Romani, per lettere del suo signore per non fare contra la Chiesa si partì, e tornossi con sue genti in Alamagna.
CCXLIV
Come i Perugini coll'aiuto de' Toscani ebbono la città di Spuleto.
Nel detto anno, a dì VIIII d'aprile, essendo la città di Spuleto assediata per gli Perugini e per lo duca di Spuleto che v'era per la Chiesa, per II anni e più, e aveavi intorno XIIII battifolli, per tale modo l'aveano afflitta e distretta di vittuaglia, che s'arenderono liberamente a la Chiesa e al Comune di Perugia sanza nullo patto, salve le persone; e i primi per patti che entrarono nella città, acciò che non si corresse né guastasse, furono i cavalieri ch'erano nella detta oste del Comune di Firenze e di quello di Siena, ch'erano CCL, i quali guarentirono la terra; poi v'entrarono i Perugini sanza nullo malificio fare; e riformarono la terra a·lloro signoria in parte guelfa, e sì come terra loro distrettuale, e come loro suditi.
CCXLV
Di certi ordini fatti in Firenze contra gli ornamenti delle donne, e di trarre di bando li sbanditi.
Nel detto anno MCCCXXIIII, del mese d'aprile, albitri furono fatti in Firenze, i quali feciono molti capitoli e forti ordini contra i disordinati ornamenti de le donne di Firenze. Feciono dicreto ch'ogni isbandito potesse uscire di bando pagando certa piccola cosa al Comune, e rimanendo in bando al suo nimico, salvo i rubelli, e quegli che furono condannati per la venuta ch'aveano fatta a le porte l'agosto dinanzi per essere ribanditi. Non fu per gli più lodato il dicreto, però che la città non era in bisogno né iscadimento, ch'e' bisognasse ribandire i malfattori. Ma fecesi per la promessa fatta loro nell'oste a Prato, come dinanzi si fece menzione.
CCXLVI
Come il papa scomunicò il vescovo d'Arezzo.
Nel detto anno, dì XII d'aprile, papa Giovanni apo Vignone in piuvico concestoro scomunicò e privò il vescovo d'Arezzo, ch'era di quegli della casa da Pietramala d'Arezzo, a condizione, se infra due mesi non avesse fatta ristituire la Città di Castello nel primo stato a parte di Chiesa e guelfa, e lasciata la signoria temporale d'Arezzo, e venuto personalmente in sua presenza fra tre mesi; la qual cosa non attenne, e rimase in contumacia della Chiesa.
CCXLVII
Come il conte Novello prese Carmignano.
Nel detto anno, a dì XXI d'aprile, il conte Novello capitano di guerra de' Fiorentini co la sua gente e usciti di Pistoia guelfi subitamente prese Carmignano, salvo la rocca, sanza saputa de' Fiorentini, per vendetta dell'onta che que' che teneano Pistoia feciono al vicario del re e a la sua gente, e non si volea partire se non avesse la rocca. Per questa cagione Castruccio signore di Lucca a richesta dell'abate da Pacciano che tenea Pistoia venne a Serravalle con Vc cavalieri; e faccendo segni di volere rendere Pistoia a Castruccio, i Fiorentini feciono partire il conte da Carmignano per tema e gelosia di Pistoia, e perché il conte avea fatta la 'mpresa sanza loro saputa.
CCXLVIII
Come il re di Francia venne in Proenza per procacciare d'esser l'imperadore.
Nel detto anno e mese d'aprile Carlo re di Francia venne in tolosana con la reina sua moglie, figliuola che fu d'Arrigo imperadore, e col re Giovanni di Boemmia suo cognato, con più baroni e signori; e per gli più si credette che venisse al papa a Vignone per farsi eleggere imperadore. Tornossi adietro in Francia, e tornando, la detta reina morì sopra partorire, ella e la creatura; e per gli più si disse ch'avenne perch'egli l'avea tolta per moglie vivendo la sua prima, onde è fatta menzione.
CCXLIX
Come il re Ruberto si partì di corte di papa e andonne a Napoli.
Nel detto anno e mese il re Ruberto si partì da corte di papa e di Proenza con LVI tra galee e uscieri e CCC cavalieri, e arrivò in Genova dì XXII d'aprile, e in Genova dimorò più giorni; e per gli Genovesi gli fu fatto grande onore, e cresciuta la signoria di Genova per VI anni, oltre al primo termine gli s'erano dati. Poi rassettata la terra a sua signoria, si partì di Genova del mese di maggio, e puose a Porto Pisano, e fece uno cavaliere di casa i Bardi di Firenze, e da' Pisani ebbe grandi presenti e onore, e poi si tornò a Napoli co la moglie del duca suo figliuolo, la quale era figliuola di messer Carlo di Valos di Francia; a grande onore la sposò a Napoli.
CCL
Come gente di Milano furono sconfitti da messer Arrigo di Fiandra.
Nel detto anno, a dì XXVIII d'aprile, essendo partito di Milano messer Vercellino Visconti con CCC cavalieri e Vc pedoni, e presa la villa di Decimo, e quella intendea d'aforzare, acciò che vittuaglia non entrasse in Moncia, messere Arrigo di Fiandra si partì di Moncia con Vc cavalieri, e subitamente sorprese la detta gente di Milano e sconfisse, e pochi ne camparono, che non fossono morti o presi.
CCLI
Come i Pisani furono sconfitti un'altra volta in Sardigna.
Nel detto anno, a l'entrante di maggio, i Pisani ch'erano in Castello di Castro, con tutta loro cavalieria e Tedeschi, uscirono un'altra volta fuori a battaglia con don Anfus figliuolo de·re d'Araona, i quali furono sconfitti, e tra morti e presi più di IIIc cavalieri; il rimanente si fuggirono in Castello; e pochi dì apresso il rimanente delle galee e tutto il navile de' Pisani si partirono di Sardigna e tornarono a Pisa per tema di XXV galee sottili che 'l re di Raona avea mandate in Sardigna in aiuto a don Anfus suo figliuolo, onde i Pisani rimasono in Sardigna disperati d'ogni salute. Nel detto anno, a dì VIIII di maggio, scurò la luna in gran parte in sulla sera nel segno dello Scarpione.
CCLII
Come gente di Castruccio ricevettono danno a Castello Franco.
Nel detto anno, a dì XXII di maggio, vegnendo la gente di Castruccio signore di Lucca a Castello Franco in quantità di CL a cavallo, i soldati de' Fiorentini intorno di CXX a cavallo uscirono di Castello Franco, e vigorosamente s'affrontarono insieme; e durò la battaglia per più di tre ore, che poco avea vantaggio dall'uno all'altro. A la fine sopravenne da Fucecchio in soccorso de' soldati di Firenze de la gente del conte Novello intorno di C cavalieri. Per la qual cosa i soldati di Lucca si misono in rotta, e rimasonne morti X a cavallo. De la gente del conte trascorsono tra' nemici Porcelletto d'Arli e uno suo compagno, e tanto andarono innanzi, che furono presi da' nemici.
CCLIII
Come i Fiorentini mandarono aiuto a' Perugini sopra la Città di Castello.
Nel detto anno, a dì XXVIII di maggio, i Fiorentini mandarono a Perugia per fare guerra a la Città di Castello la parte loro de la taglia, che furono CCCXL cavalieri soldati, onde fu capitano messer Amerigo de' Donati; e simigliante feciono i Sanesi, e' Bolognesi, e l'altre città che tennono a la taglia, che furono M cavalieri.
CCLIV
Come il conte Novello si tornò a Napoli.
Nel detto anno, in calen di giugno, il conte Novello, ch'era al soldo de' Fiorentini con CC cavalieri, si tornò con sua gente a Napoli, e poco onore e meno ventura di guerra ebbe in uno anno che dimorò al servigio de' Fiorentini e capitano di guerra.
CCLV
Come il duca d'Ostericchi e quello di Chiarentana passarono in Lombardia contra messere Cane.
Nel detto anno, a l'entrante di giugno, il duca di Chiarentana e il duca Otto d'Ostericchi con molti altri baroni, e con più di VIm cavalieri con più di XIIm cavalli e con arcieri ungari vennono ne la Marca di Trevigi e a Padova per fare guerra a messer Cane della Scala signore di Verona, per cagione che tenea Vincenza e molte castella de' Padovani; e' Padovani s'erano dati al dogio di Chiarentana. Ed erano tanta gente e sì disordinata, che distruggeano amici e nimici, e per gl'Italiani erano chiamati barbanicchi. Messer Cane prima con grande paura del detto esercito e poi con gran senno si ritenne a le fortezze, e tenne trattati co' detti Tedeschi menandoli più tempo in isperanza di fare i loro comandamenti, per modo ch'a·lloro fallì vittuaglia, e cominciò mortalità in loro oste; per la qual cosa feciono triegua con messer Cane, e per moneta che diede a' consiglieri de' detti signori, infino a la seguente Pasqua di Risoresso, e tornarsi in loro paese con peggioramento dello stato de' Padovani e' Trevigiani, e assaltamento del detto messer Cane.
CCLVI
De la grandezza e edificazione de la città di Firenze a le nuove cerchia e mura.
Nel detto anno MCCCXXIIII si stanziarono per lo Comune di Firenze e si cominciarono i barbacani a le mura nuove de la città di Firenze, a fargli a costa a le dette mura e al di fuori de' fossi; e simigliante s'ordinò che in ogni CC braccia di muro avesse e si facesse una torre alta XL braccia e larga braccia XIIII per fortezza e bellezza della detta città. E acciò che sempre sia memoria de la grandezza de la detta città, e ad altre genti che non fossono stati di Firenze che vedessono questa cronica, sì faremo menzione ordinatamente dell'edificazione de le dette mura, e la misura come furono diligentemente misurate ad istanzia di noi autore, essendo per lo Comune uficiale sopra le mura. Prima in su la fronte di levante di costa al fiume d'Arno da la parte di settantrione, ove sono le V sestora de la città, si ha una torre alta LX braccia fondata sopra una pila di ponte ordinato a ivi edificare, il quale si dee chiamare il ponte Reale. Di presso a quella torre a LXXXX braccia si ha una porta con una torre alta LX braccia, che si chiama porta Reale, e chi la chiama porta di Santo Francesco, perch'è dietro a la chiesa de' frati minori. Da la detta porta Reale a CCCCXLII braccia, una torre in mezzo, si ha poi un'altra grossa torre alta simigliantemente LX braccia e larga braccia XXII con una porta che si chiama porta Guelfa. Da la detta porta conseguendo la detta frontiera e linea di muro a CCCLXXXIIII braccia, un'altra torre in mezzo, e poi si ha una torre di simile altezza con una porta chiamata de la Croce overo di Santo Ambruogio, porta mastra, onde si vae in Casentino. Da la detta porta conseguendo la detta frontiera di levante, si hae VIcXXX braccia, infra le quali hae tre torri infino a una grossa torre con cinque faccie alta LX braccia, sanza porta; ivi fa il muro gombito, overo angolo, e si mostra verso tramontana, e da quella torre chiamata la Guardia del Massaio a la porta detta Fiesolana, e chi la chiama da Pinti, che si guarda in verso Fiesole, con una simigliante torre alta LX braccia, si ha di misura braccia VIIIIcXXV, e cinque torri. E da la detta porta e torre Fiesolana a un'altra torre e porta detta per nome di Servi Sante Marie, per uno munistero de' frati così chiamati, si ha braccia VIc, con una torre in mezzo. Da la detta porta e torre de' Servi conseguendo la linea del muro infino a la mastra porta e torre dal ponte a San Gallo, da la quale esce la strada da Bologna, e di Lombardia, e quella di Romagna, si ha braccia VIIIcXLII e IIII torri in mezzo. E da la detta porta fa gombito, overo angolo, a le dette mura, mostrandosi al segno di maestro; e da la detta porta di San Gallo a quella si dice di Faenza, per uno munistero di donne ch'è di fuori che si chiamano di Faenza, si ha braccia MVIIIcXLVIII, e nove torri; e ivi fa gombito il muro e discende al ponente. E da la detta porta e torre di Faenza infino a quella che vae in Polverosa si ha braccia CCCXX, e una torre in mezzo. E da la detta porta di Polverosa infino a la porta mastra del Prato d'Ognesanti, ond'esce la strada che vae a Prato e a Pistoia e a Lucca, si ha braccia MLXX, e V torri in mezzo. E da la detta porta e torre del Prato infino a una torre ch'è in su la gora d'Arno ha braccia CCLXXV, e una torre in mezzo. E de la detta torre infino a la riva d'Arno, la quale gira l'isola de la gora al fiume, che si chiama la Sardigna, ordinata di chiudere di mura, ha braccia da CCCLXX. E così troviamo che 'l detto spazio de le cinque sestora de la città di Firenze, a le nuove cerchia di mura, sono co la testa di Sardigna VIImVIIc braccia, sanza la larghezza dell'Arno ch'è da braccia Vc da la Sardigna a Verzaia: e havi VIIII porte con torri di LX braccia alte, molto magne, e ciascuna con antiporto, che le IIII sono mastre e le V postierle; e havi in tutto torri XLV con quelle de le porte, murata la frontiera di Sardigna. E da la torre de la Sardigna su per la riva d'Arno infino a la torre Reale, dove cominciammo di verso levante, si ha braccia IIIImVc, ch'è miglio uno e mezzo. Avemo diterminata la città di qua dal fiume d'Arno; diremo apresso del sesto d'Oltrarno, che per sé è di grandezza e potenza come un'altra buona cittade, e seguiremo il primo trattato. E trovammo che da la torre de la Sardigna, ch'è in su la riva d'Arno da la parte di ponente, infino da l'altra riva d'Arno da la contrada detta Verzaia, l'ampiezza del fiume d'Arno si è braccia CCCL. Bene nonn-è la detta torre de la Sardigna apunto a lo 'ncontro a la torre de le mura d'Oltrarno, ch'è fondata in sul fiume d'Arno, però che la lunghezza del sesto d'Oltrarno, il qual è murato, nonn-è tanto quanto quello de le cinque sestora, anzi è più adietro da... braccia; ma la ritondità de la città e circuito pigliamo solamente a la latitudine del fiume d'Arno, come avemo detto di sopra, braccia CCCL.
CCLVII
Ancora de l'edificazione delle mura d'Oltrarno.
Nel detto anno si cominciò il muro in su la riva d'Arno da la coscia del ponte a la Carraia Oltrarno andando insino a Verzaia, ove si fece una torre fondata in sul fiume (la detta torre fece rovinare poi il fiume d'Arno per uno diluvio) ove fa capo il muro che chiude il sesto d'Oltrarno; e da quella torre a la porta da Verzaia, overo detta di San Friano, la quale strada vae a Pisa, si ha braccia di muro CCL, e una torre in mezzo. E da la detta porta andando al diritto verso mezzogiorno infino a una torre a V facce, ove fa canto, overo angulo, il detto muro, si ha braccia VIc, torri V, compitando la detta porta e la detta torre coll'altre. E da la detta torre si volge il muro verso il segno di scilocco assai bistorto e male ordinato, e con più gomiti; e ciò si prese per fretta, e fondossi in su' fossi sanza adirizzarsi, e havi di misura infino a la porta Romana, overo detta di San Piero Gattolino, braccia MCCL, e torri VIIII. E per me' la via dinanzi a la chiesa di Camaldoli si ha una postierla con torre; e quella porta Romana è molto magna, e alta braccia..., ed è in su la strada che vae a Siena e a Roma. E da la detta porta andando al diritto, quasi verso levante verso la villa di Bogole, salendo al poggio infino a una torre a cinque facce, che fa canto a le mura, hae braccia MVc, e torri X. E da la detta torre andando le mura su per Bogole infino a la vecchia torre e porta di San Giorgio al poggio che vae in Arcetri si ha braccia CCCC, e torri... Poi da la detta porta di San Giorgio seguono le mura vecchie fatte al tempo de' Ghibellini, scendendo verso levante a la postierla che vae a Samminiato, si ha braccia M, e torri... E poi seguono le mura di sopra del borgo di San Niccolò infino a lo 'ncontro de la torre Reale di qua da l'Arno, ove dee essere una ricca porta, le quali mura sono di spazio di braccia da VIIcL, con... torri, quando fieno compiute, da la porta di Samminiato a quella di fuori dal borgo di Sa·Niccolò; sì che la parte d'Oltrarno si ha tre porte mastre e tre postierle e... torri; e poi la larghezza del fiume d'Arno dal detto luogo a lo 'ncontro de la torre fondata sopra la pila del ponte Reale di qua da l'Arno si ha braccia CCCXL: e in questo spazio è stanziato uno ponte. Sicché raccogliendo le dette misure, sono in somma braccia... che sono da V miglia. E tanto gira la cittade dentro, cioè le mura sanza i fossi e le vie di fuori; che braccia XXXV sono larghi i fossi di qua da Arno, e XXX que' di là da Arno, e la via di fuori braccia XVI, e altrettanto quella dentro, e le mura di qua da l'Arno grosse braccia III e mezzo, sanza i barbacani, e alte braccia XX co' merli, e quelle d'Oltrarno furono grosse pur braccia III, sanza i barbacani; ma agiunsevi per amenda gli arconcelli al corridoio di sopra. E così gira la nostra città di Firenze migliaia XIIII, e CCL braccia; che le IIIm braccia a la nostra misura fanno uno miglio. Puossi ragionare giri cinque miglia al di fuori; ma rimase dentro assai del voto di casamenti con più orti e giardini. La larghezza e croce de la detta città facemmo misurare, e trovammo che da la porta a la Croce, overo di Santo Ambruogio, ch'è da levante, infino a la porta del Prato d'Ognesanti in sul Mugnone, ch'è dal ponente, andando per la via diritta onde si corre il palio, hae braccia IIIImCCCL; e da la porta di San Gallo in sul Mugnone, ch'è di verso tramontana, infino a la porta Romana di San Piero Gattolino Oltrarno, ch'è dal mezzogiorno, si ha braccia Vm; e da la sopradetta porta a la Croce a Gorgo infino a mezzo Mercato Vecchio, si ha da braccia MMCC; e dal detto mercato infino a la porta del Prato d'Ognesanti si ha quasi altrettanto; e da la porta di San Gallo infino in Mercato Vecchio hae braccia MMCC, e da la porta Romana di San Piero Gattolino in Mercato Vecchio si ha da braccia MMVIIIc; sicché mostra che 'l punto della croce e del centro del giro della cittade si ha in su la Calimala, quasi ov'è oggi la casa de' consoli dell'arte de la lana, ch'è tra Calimala e la piazza e loggia d'Orto Sammichele. La detta città di Firenze hae sopra il fiume d'Arno IIIl ponti di pietra: quello si chiama Rubaconte, e il ponte Vecchio, e quello di Santa Trinita, e quello da la Carraia, sanza quello ordinato di fare a la fronte di levante detto Reale. E nella detta città si hae da C chiese, tra cattedrali, e badie, e monisteri, e altre cappelle, dentro a le dette mura; e a l'uscita quasi d'ogni porta n'hae una chiesa, o monistero, o spedale. Lasceremo omai del sito de la cittade di Firenze, ch'assai n'avemo detto, e torneremo a nostra materia.
CCLVIII
Come gente de la Chiesa furono sconfitti da quegli di Milano.
Nel detto anno MCCCXXIIII, a dì VIII di giugno, partendosi de la terra di Moncia in Lombardia messer Passerino de la Torre uscito di Milano, con VIc cavalieri di quegli della Chiesa, per andare a..., da messer Marco Visconti colla gente di Milano fue assalito e sconfitto, e rimasonne ben CC a cavallo, tra morti e presi, di quegli de la Chiesa.
CCLIX
Come i Pisani feciono pace co lo 'nfante d'Araona in Sardigna.
Nel detto anno, a dì XVIII di giugno, essendo la gente de' Pisani strettamente assediati in Castello di Castro in Sardigna da don Anfus figliuolo del re d'Araona, come adietro fa menzione, non possendo più durare, avute due sconfitte, e per difetto di vittuaglia, s'arrenderono, e pace feciono per lo Comune di Pisa col detto don Anfus in questo modo: che riconoscieno il detto re d'Araona per signore e re dell'isola di Sardigna, e promisogli che ciò che' Pisani singulari e il Comune avessono posessione in Sardigna, di tenerle da·llui e fargline omaggio, e Castello di Castro riconoscere da·llui, dandogline l'anno libbre MM di genovini d'omaggio, rimanendo la terra a' Pisani; ma ciò attenne loro poco apresso, ch'al tutto volle la signoria di Castello. E essendo a l'assedio il detto don Anfus di Castello di Castro, avea fatta una terra murata e acasata in su la riva del porto di Calleri a piè di Castello di Castro, e popolata di Raonesi e Catalani, a la quale puose nome Aragonetta, e chi Bonaria. E per tanto lasciò loro la terra di Castello però che nulla persona vi poteva entrare sanza la volontà di quegli de la terra di Raonetta di sul porto. E altri dissoro che come i Pisani erano a misagio dentro a castello, così e più erano di fuori i Catalani per pestilenzia d'infermità e di mortalità, e però ne prese ogni patto che ne poté avere. Ma con tutto il danno che 'l detto don Anfus vi sostenesse di perdita di sua gente, che per corruzzione d'aria vi morirono XVm e più Catalani, egli per forza d'arme e con grande senno e provedenza vinse e conquise la detta isola di Sardigna sopra i Pisani in uno anno; onde tutti gl'Italiani si maravigliarono come ciò potea essere. Partissi di Sardigna il detto don Anfus a dì XVI di luglio con LVI tra galee e uscieri, e tornossi in Catalogna, lasciando fornite le fortezze dell'isola, per cagione che...
CCLX
Come il legato ebbe Castello Aquaro.
Nel detto anno, a dì VIII di luglio, Castello Aquaro del contado di Piagenza, forte e nobile castello, s'arrendé al legato cardinale e al Comune di Piagenza per difetto di vittuaglia, e non avea soccorso. Ebbene messer Manfredi di Landa, il quale il tenea, Vm fiorini d'oro dal legato; eravi stata l'oste de la Chiesa e del Comune di Piagenza più tempo all'assedio.
CCLXI
Come messer Filippo Tedici di Pistoia tolse la terra a l'abate da Pacciano suo zio.
Nel detto anno, a dì XXIII di luglio, messer Filippo de' Tedici di Pistoia levò a romore la città di Pistoia, e tolse la signoria a l'abate da Pacciano suo zio, e fecesi chiamare signore per uno anno. I Fiorentini mandandovi i loro cavalieri, non gli lasciò entrare dentro a la terra, ma incontanente riformata la terra a sua guisa, sì rifermò triegua con Castruccio signore di Lucca, dandogli l'anno IIIm fiorini d'oro di trebuto; e questa mutazione della signoria di Pistoia per molti si disse che fu di tacito consenso dell'abate da Pacciano, perché messer Filippo potesse meglio fornire i suoi conceputi tradimenti, come innanzi si farà menzione.
CCLXII
Come il re di Francia tolse per moglie la cugina.
Nel detto anno MCCCXXIIII, a dì V di luglio, Carlo il giovane re di Francia sposò e tolse per moglie la figliuola che fu di messer Luis di Francia, fratello di padre, ma non di madre, che fu del re Filippo suo padre, e sua cugina carnale, per dispensazione di papa Giovanni; la qual cosa per tutti i Cristiani fu tenuta sconcia e laida cosa, e ancora vivendo la sua prima moglie.
CCLXIII
Come si cominciò guerra in Guascogna tra 'l re di Francia e quello d'Inghilterra.
Nel detto tempo il detto Carlo re di Francia cominciò guerra in Guascogna contra il re d'Inghilterra, per cagione che la gente del re di Francia avendo cominciata una bastita, overo una nuova terra, in su i confini de la Guascogna infra le terre de la giuridizione del re d'Inghilterra, quegli del paese col balio del re d'Inghilterra presono la detta bastita, e disfeciono e guastarono, e 'l balio e gli sergenti che v'erano per lo re di Francia impiccarono in sul detto luogo; per la quale cosa il re di Francia isdegnato vi mandò messer Carlo di Valos suo zio con più di IIIm cavalieri franceschi a fare guerra, e per bisogno di danari peggiorò la sua buona moneta d'argento XIIII e più per C, e fece medaglie e bianche d'argento a guisa del re Filippo suo padre, e fece prendere e ricomperare tutti gl'Italiani che prestavano in suo reame, e fargli finare per moneta.
CCLXIV
Come papa Giovanni scomunicò Lodovico di Baviera eletto re de' Romani.
Nel detto anno, a dì XIII di luglio, papa Giovanni apo Vignone in Proenza diede ultima sentenzia contra Lodovico dogio di Baviera eletto re de' Romani, dispognendolo d'ogni benificio di lezione d'imperio, sì come ribello di santa Chiesa, e fautore e sostenitore degli eretici di Milano in Lombardia, e di mastro Gian di Gandone, e di mastro Marsilio di Padova, grandi maestri in natura e astrolagi, ma di certo eretici in più casi; e comandò che innanzi calen di ottobre prossimo fosse venuto il detto Lodovico personalmente dinanzi da·llui a misericordia, e a·ffare penitenzia del misfatto, o dal termine innanzi procederà contra lui e' suoi beni, sì come scismatico e eretico.
CCLXV
Come i Malatesti da Rimine furono sconfitti a Orbino.
Nel detto anno, a dì XI d'agosto, essendo i signori Malatesti da Rimine posti ad oste ad Orbino, e fatti loro VI cavalieri a grande onore, e con loro isforzo e del Comune da Rimine posti ad oste ad Orbino, e pognendo una fortezza e battifolle in su uno poggetto chiamato Cavallino presso a Orbino, i Ghibellini de la Marca co lo sforzo del vescovo d'Arezzo e di que' de la Città di Castello subitamente vi cavalcarono con più di VIIIc cavalieri e popolo assai, e per forza presono la detta fortezza ancora non compiuta, e non si prendeano guardia, e sconfissongli e misono in rotta; e rimasonne di quegli da Rimine tra morti e presi più di VIIc, i più pedoni.
CCLXVI
Come i Ghibellini di Romagna vollono pigliare Cesena.
Nel detto anno, a dì XVI d'agosto, i Ghibellini di Romagna, coll'aiuto di parte de la detta gente che levarono il battifolle ad Orbino, per tradimento entrarono in Cesena. A la fine, combattendo, da quegli de la terra ne furono per forza cacciati con grande danno di quegli che v'erano entrati.
CCLXVII
Come il re di Francia si credette essere eletto imperadore.
Nel detto anno MCCCXXIIII, essendo il re Carlo re di Francia stato in grande speranza e trattato col papa e con più baroni de la Magna d'essere eletto re de' Romani per le dissensioni de' due eletti re d'Alamagna, e co la detta speranza parlamento avea ordinato a Bari sovr'Alba in Borgogna a le confini de lo 'mperio, ove dovea essere il re di Buemme suo cognato, e gran parte de' elettori dello 'mperio, e più altri signori e prelati d'Alamagna, al detto Bari andò con molta di sua baronia, e al giorno nomato del detto parlamento del mese di luglio, al quale parlamento nullo de' detti baroni né prelati vi venne, se non il dogio Lupoldro d'Osteric. Per la qual cosa il re si tornò in Francia molto aontato, e con poco onore de la detta impresa, veggendo la difalta che gli aveano fatta i baroni de la Magna.
CCLXVIII
Come messer Carlo di Valos acquistò parte di Guascogna.
Nel detto anno, del mese d'agosto e di settembre, messer Carlo di Valos, ch'era ito coll'oste del re di Francia in Guascogna, più terre de la Guascogna di sotto ebbe a' suoi comandamenti, e la città di Regola ebbe a patti, e fece triegua co la gente del re d'Inghilterra sotto trattato d'accordo, e tornossi in Francia del mese d'ottobre.
CCLXIX
Come i Pistolesi feciono triegua con Castruccio contra volere de' Fiorentini.
Nel detto anno, a dì XXXI d'agosto, Castruccio signore di Lucca venne con suo isforzo di cavalieri e pedoni nel piano di Pistoia presso a la città, e poi si puose a campo a piè de le montagne, e cominciò a fare riporre il castello di Brandelli, e puosegli nome Bello Isguardo, perché del luogo si vede non solamente Pistoia, ma Firenze e tutto il piano di Firenze. I Pistolesi mandarono per soccorso a' Fiorentini, i quali vi cavalcarono, popolo e cavalieri; e essendo a Prato, mandando innanzi di loro gente per entrare in Pistoia. Messer Filippo, che n'era signore, non si fidò che nullo Fiorentino entrasse nella terra, ma voleva che andassono di fuori contro a Castruccio. Per la qual cosa i Fiorentini isdegnati si tornarono in Firenze sanza andare più innanzi; e' Pistolesi rifermarono la triegua con Castruccio a la sua volontà, e con loro vergogna e crescimento di tributo. Per lo detto isdegno i Fiorentini cercarono uno trattato co l'abate da Pacciano e con uno loro conastabole guascone ch'era in Pistoia a la guardia della terra, e dovea dare a' Fiorentini una delle porte; ma tutto ciò era inganno e tradimento. I Fiorentini, a dì XXII di settembre, di notte vi feciono cavalcare di loro soldati, e come furono a le porte di Pistoia, il detto conastabole avendo rivelato il trattato al signore di Pistoia, la terra fue in arme, e fu preso il detto abate dal nipote; e ambasciadori che v'avea del Comune di Firenze, e tutti i Fiorentini che dentro v'erano, furono a gran periglio. Riposossi il romore, e que' ch'aveano cavalcato si tornarono a Firenze molto scornati.
CCLXX
Come il signore di Milano riprese Moncia.
Nel detto anno e mese di settembre Galeasso Visconti signore di Milano con sua gente andò ad oste sopra la terra di Moncia, la quale si tenea per la Chiesa, ed eravi dentro per capitano messer Vergiù di Landa con CCC cavalieri e M pedoni, strignendo la detta terra per modo che sanza grande scorta e periglio non si potea fornire. A la fine per difalta di vivanda s'arendéo a quegli di Milano a patti, se non avessono soccorso dal legato cardinale infra X dì. Il quale cardinale non avendo forza di fargli soccorrere, si renderono, salve le persone e l'avere: a dì X di dicembre nel detto anno, con gran vergogna della Chiesa e del detto legato, lasciarono Moncia a que' di Milano.
CCLXXI
Come si mutò stato di reggimento in Firenze.
Nel detto anno MCCCXXIIII, del mese di settembre, certi caporali grandi e popolani che reggeano la città di Firenze (parea che tra·lloro medesimi avea certi di quegli che nel reggimento volessono più che parte, ciò erano detti Serraglini, ch'erano i Bordoni, e altri loro seguaci) vennono in divisione; e la maggiore parte di loro che si teneano migliori popolani, acostandosi con quegli che non aveano retto per adietro né essuti di loro setta, che n'avea alquanti tra priori; e i loro XII consiglieri, che allora erano a la signoria della città, copertamente e con ordine fatta feciono pendere balìa a' detti priori e' dodici consiglieri, a correggere e a riformare a·lloro volontà la lezione de' priorati fatti l'anno dinanzi, e quelle lezioni trovando assai bene fatte, no·lle mutarono, ma arrosono gente nuova per VI priorati, e mischiarsi insieme con gli altri, e mettendovi dell'altra setta che non avea retto, sotto colore di raccomunare la città, e dare parte a' buoni uomini. E conseguendo il detto processo, il seguente priorato, del mese di novembre seguente, feciono lezione per XLII mesi di tutti gli ufici che doveano venire, sì de' gonfalonieri de le compagnie, e simigliante de' dodici consiglieri segreti de' priori, e de' condottieri de le masnade di soldati, a trargli a le lezioni, come venieno, di sei in sei mesi, e mischiarono assai presso ch'ebbene di ciascuna setta, e misorgli in bossoli. E simigliante corressono le lezioni de le capitudini dell'arti, pognamo non facessono di loro più ch'una elezione. E così si rinovellò nuovo stato in Firenze, sanza niuna novità o pericolo di città, mischiatamente della setta ch'avea retta la città dal tempo del conte a Battifolle infino allora, e di quella gente che non avea retto, rimagnendo quegli ch'aveano retto in assai buona parte de la signoria. Avemo di questa mutazione fatta menzione per assempro a quegli che sono a venire, e perché nullo viva in isperanza che le cose comuni e signorie, spezialmente in Firenze, abbiano fermo stato, ma sempre siamo in mutazioni; ché faccendo ragione, la detta setta che si criò al tempo del detto conte a Battifolle, non compié di durare VIII anni interi, vincendo ancora de le loro opere assai il meglio.
CCLXXII
Come il Comune di Firenze acquistòe il castello di Lanciolina.
Nel detto anno, in calen d'ottobre, s'arendé al Comune di Firenze il castello di Lanciolina in Valdarno per cagione che guerreggiando il contado di Valdarno Aghinolfo figliuolo di Bettino Grosso degli Ubertini, con sua masnada che dimorava in Lanciolina fue sconfitto e preso da quegli di Castello Franco e di loro; e per riavere il detto Aghinolfo renderono il detto castello, e donarne ogni ragione al Comune di Firenze, il quale avea avuto per retaggio de la madre dal conte Allessandro da Romena suo zio.
CCLXXIII
Come in Mugello si fece una terra.
Nel detto anno e mese d'ottobre si cominciò per lo Comune di Firenze a fare una terra nuova in Mugello presso ove fu Ampinana e le terre che s'erano racquistate per lo detto Comune da' Conti, e puosesi nome Vico.
CCLXXIV
Dell'appello che l'eletto di Baviera fece contro al papa.
Nel detto anno, del mese d'ottobre, Lodovico di Baviera eletto re de' Romani, per cagione del processo e scomunica e privazione che papa Giovanni avea fatta contro a·llui, sì fece in Alamagna uno grande parlamento, nel quale si discusò del processo che 'l papa avea fatto contra lui, come gli facea torto, e appellò a le dette sentenzie al concilio generale a Roma, opponendo contra il detto papa XXXVI capitoli, come non era degno papa; e 'l detto appello mandò del mese di novembre a la corte a Vignone; onde il detto papa e tutta la Chiesa ebbe grande turbazione.
CCLXXV
Come i marchesi da Esti tolsono Argenta a la Chiesa.
Nel detto anno, a dì XXXI d'ottobre, i marchesi da Esti, che teneano Ferrara, tolsono per tradimento la terra d'Argenta in Romagna a la Chiesa di Roma, sanza fare danno o micidio niuno ne la terra.
CCLXXVI
De la venuta de' cavalieri franceschi in Firenze.
Nel detto anno MCCCXXIIII, a dì XX di novembre, giunsono in Firenze Vc cavalieri franceschi, i quali il Comune di Firenze avea fatti soldare in Francia, e furono molto bella gente e nobili, tutti gentili uomini, intra' quali avea più di LX cavalieri di corredo. I capitani e conostaboli furono il siri di Basentino, il siri di Ciavigni, il siri d'Ipria, il siri di Giaconte, messer Miles d'Alzurro, messer Guiglielmo di Noren messer Gian di Curri, messer Uttaso d'Ombrieres, Raolino Lanieri, messer Prezzivalle di..., Rinaldo di Fontana, Raolino di Rocciaforte, e vennono per Lombardia armati e con bandiere levate. E messer Passerino signore di Mantova, che tenea la città di Modona per parte d'imperio, a richesta de' Fiorentini e Bolognesi largì il passo per lo contado di Modona presso a la città, pagando certa gabella per cavallo; con tutto che per forza d'arme fossono passati, sì erano ridottati.
CCLXXVII
Come il legato cardinale credette avere la città di Lodi, e furono sconfitti.
Nel detto anno, a dì VIII di dicembre, sentendo il legato cardinale che la terra di Moncia non si potea tenere, cercò trattato con certi de la città di Lodi che gli dovessono tradire la terra, e doveanne avere VIIIm fiorini d'oro: fece cavalcare da Piagenza cavalieri e gente a piè assai, e fu per gli traditori rotto del muro de la terra, e entrarono dentro parte de la gente della Chiesa. Sentiti da quegli de la città, per forza gli ruppono e sconfissono con grande danno di quegli che v'erano entrati, e vergogna de la Chiesa.
CCLXXVIII
Come il papa scomunicò chi facesse contrafare i fiorini d'oro.
Nel detto anno e mese di dicembre papa Giovanni fece grandi processi e scomunica contra chiunque facesse battere o battesse fiorini d'oro contrafatti e falsi a la forma di que' di Firenze, però che per molti signori erano fatti falsificare, com'era il marchese di Monferrato e Spinoli di Genova. Ma il papa per sue scomuniche corresse altrui, ma in questa parte non corresse sé medesimo, ché fece fare i fiorini a la lega e conio di quegli di Firenze, e non v'avea altra differenza, se non che dal lato de la 'mpronta di santo Giovanni diceano le lettere: "papa Giovanni", e per intrasegna, di costa al santo Giovanni una mitra papale, e dal lato del giglio diceano le lettere: "sancto Petro et Pauli".
CCLXXIX
Come Carmignano si rendé al Comune di Firenze.
Nel detto anno, a dì XIII di gennaio, i terrazzani del castello di Carmignano, conoscendo che messer Filippo Tedici che tenea Pistoia tirannescamente e a progiudicio di parte guelfa, si renderono di loro buona volontade a perpetuo al Comune di Firenze il castello e la rocca e la corte, sì come distrettuali e contadini di Firenze: e furono fatti franchi VII anni, e che a·lloro guisa chiamassono loro podestà di Firenze che fosse popolano ne' detti VII anni.
CCLXXX
Come il re Ruberto volle essere morto i·Napoli.
Nel detto anno, del mese di gennaio, sentendo il re Federigo che tenea Cicilia che 'l re Ruberto e 'l duca suo figliuolo faceano a Napoli grande apparecchiamento per fare armata per andare in Cicilia, ordinò con assessini catalani e toscani che in Napoli dovessono uccidere il re Ruberto e 'l duca, e mettere fuoco a la Terzana ov'era il navilio; il quale tradimento scoperto, gli assessini presi e giudicati ad aspra morte.
CCLXXXI
Come il prenze de la Morea passò in Romania.
Nel detto anno MCCCXXIIII, del mese di gennaio, messer Gianni fratello del re Ruberto, prenze de la Morea, si partì da Brandizio, con XXV galee armate e altri legni per andare in Romania a racquistare il principato de la Morea; e arrivando a l'isola di Cefalonia e del Giacinto, trovò che 'l conte di Cefalonia era stato morto per uno suo fratello, e avea rubellata l'isola. Il prenze per forza d'arme combatté co' ribelli, e sconfissegli e preseli, e le dette isole recò a sua signoria, disertando i detti ribelli; e poi passò a Chiarenza, e fuvi ricevuto come signore a grande onore.
CCLXXXII
Come quegli della terra di Bruggia si rubellarono al conte di Fiandra.
Nel detto anno, del mese di gennaio, quegli de la terra di Bruggia in Fiandra con quegli del Franco d'intorno, per cagione de le sette ch'avea il popolo minuto co' grandi borgesi, si rubellarono al conte Luis di Fiandra; per la qual cosa tutti i mercatanti si partirono di Bruggia, e que' di Bruggia faccendo guerra assediarono ne la terra d'Andiborgo la gente del conte, e per buono tempo molestando il paese. A la fine quegli di Guanto e d'Ipro feciono accordo tra quegli di Bruggia e 'l conte per moneta, a grande vergogna del conte e de' nobili.
CCLXXXIII
Come in Firenze ebbe mutazione per cagione de le sette.
Nel detto anno, del mese di gennaio, essendo per setta accusato Bernardo Bordoni e altri suoi compagni a l'esecutore della giustizia ch'avessono fatta baratteria a l'oficio della condotta di soldati, i suoi compagni comparirono e scusarsi; ma il detto Bernardo essendo a Carmignano per ambasciadore del Comune, il detto esecutore volendolo condannare, e parte dell'uficio de' priori il contastavano che l'aveano mandato in pruova a Carmignano, e Chele Bordoni suo fratello col favore e famiglia de' priori comparì a la condannagione, protestando a l'esecutore; zuffa e romore si cominciò tra la famiglia de' priori e quella de l'esecutore, onde tutta la città quasi romì. A la fine l'esecutore il condannò in libbre MM, e che non avesse mai uficio; e forse non sanza giusta cagione. E prese il detto Chele e più altri loro seguaci, e condannogli grossamente, e mandogli a' confini a torto, sanza altra ragione, con tutto ne fossono degni; non per questa cagione, ma per la loro soperchia arroganza, ch'erano i più prosuntuosi popolani di Firenze, e aveano guidata la terra assai tempo. Ma per abbattere loro e la loro setta, ch'erano chiamati Serraglini, fu loro fatto più che per giustizia. E per cagione di ciò uno che allora era de' priori loro amico e vicino, che gli aveva favorati, uscito del priorato, fu condannato da l'esecutore per contumacia sotto inquisizione di baratteria in libbre MVc a torto e sanza ragione, in abassamento e disinore dell'uficio del priorato. E tutto fu per cagione de le sette, però che 'l detto esecutore favoreggiava coloro ch'erano tornati in istato in Comune. Per la qual cosa l'uficio del detto esecutore, ch'avea nome Pietro Landolfo da Roma, montò in tanta audacia e tracotanza, che l'uficio de' priori avea per niente; e tanto crebbe, ch'avrebbe guasta la città a modo d'uno bargello; e già l'avea follemente cominciata, se non che poi raveduti i buoni popolani che guidavano la città che l'opera andava male, vi misono freno, e feciono dicreto che' priori potessono privare dell'uficio, podestà, e capitano, e esecutore, che non si portassono bene; per la qual cosa il detto esecutore si ritenne del suo folle intendimento. Di ciò avemo fatta menzione non tanto per lo piccolo fatto de' Bordoni, quanto per la mutazione che ne seguì, e per le sette di Firenze, e per assempro per l'avenire; però che per la cagione di questa novità al tutto fue atterrata quella setta de' Serraglini, e non fu piccola mutazione tra' popolani di Firenze.
CCLXXXIV
Di mutazione mossa nella città di Siena.
Nel detto anno MCCCXXIIII, a dì XVIII di febbraio, in Siena risurse la congiura de' giudici e de' beccari e altri popolani contra l'uficio de' nove che governavano la città, per rivolgere lo stato de la terra; la quale giura scoperta, ne furono presi alquanti e dicapitati, e molti condannati e fatti ribelli.
CCLXXXV
Come Castruccio prese la Sambuca, e' Pistolesi s'accordarono co' Fiorentini.
Nel detto anno, a dì XXV di febbraio, Castruccio signore di Lucca cavalcò la montagna di Pistoia, e più tenute prese; e poi andando al castello de la Sambuca, gli si rendéo, lo quale era fortissimo castello. Ma per gli più si disse che fu opera simulata per lo signore di Pistoia, per quello che ne seguì apresso. Rotta la detta triegua per Castruccio a' Pistolesi, mandarono a Firenze, e feciono accordo co' Fiorentini, e promisono d'essere a la guerra co' Fiorentini contra Castruccio, rimanendo messer Filippo Tedici signore in Pistoia con più altri patti, promettendo i Fiorentini di rendere loro Carmignano, e di fare che 'l papa promoverebbe il vescovo di Pistoia in altro benificio, ch'era contrario di messere Filippo; e vollono a la guardia di Pistoia C cavalieri soldati di quegli di Firenze con capitano, cui quegli di Pistoia seppono eleggere. E tutto ciò che seppono domandare a' Fiorentini ebbono, salvo che domandava moneta il detto messer Filippo, e era opera simulata; però che grossamente gli fu proferta per gli Fiorentini, lasciando la signoria, e no·lla vollono e' poi dare. I soldati de' Fiorentini entrarono in Pistoia il dì di Risoresso, a dì VII d'aprile, onde i Fiorentini tenendosi poi al sicuro di Pistoia, si trovarono ingannati, però che tutto fu opera di tradimento del detto messer Filippo Tedici, come innanzi farà menzione.
CCLXXXVI
Come la taglia de' cavalieri ch'erano a Castello cavalcarono sopra gli Aretini.
Nel detto anno, a dì XXVIII di febbraio, il capitano de la taglia ch'era sopra la Città di Castello, il qual era messer Ferrante de' Malatesti d'Arimino, con tutta sua gente cavalcò sopra Castiglione Aretino, che per tradimento gli si dovea rendere; il quale tradimento scoperto, e perduta la speranza, levarono gran preda, e feciono gran danno e arsione intorno, e per lo contado di Cortona, perché i Cortonesi erano scesi contra loro.
CCLXXXVII
Come si trassono de' grandi certe schiatte di Firenze.
Nel detto anno, a l'entrare di quaresima, si feciono in Firenze albitri sopra gli ordini, e statuti correggere e fare di nuovo. Intra l'altre cose che feciono si trassono del numero de' grandi e potenti X casati menimi e 'mpotenti di Firenze, e XXV schiatte de' nobili di contado, e recargli a popolo. Per certi fu lodato; ma per molti biasimato, però che delle schiatte di popolani possenti e oltraggiosi erano degni di mettere tra' grandi per bene di popolo.
CCLXXXVIII
Come Azzo Visconti di Milano prese il borgo San Donnino.
Nel detto anno, a dì XV di marzo, essendo i Parmigiani e' Piagentini ad assedio ad uno castello che si chiamava Castiglione, s'arrendéo loro a patti. E in quello stante Azzo figliuolo di Galeasso signore di Milano passò il fiume di Po con MD cavalieri per soccorrere il detto castello, ma non venne a tempo; ma in quello trattò d'avere il borgo a San Donnino, quale a dì XVIII di marzo gli s'arendéo, e iv'entro si dimorò co la maggiore parte di sua gente, faccendo grande guerra a' Piagentini, e a la gente de la Chiesa, e a' Parmigiani.

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Ultimo Aggiornamento:12/07/05 22:56