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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

Il ventaglio

di Carlo Goldoni

[ATTO TERZO] 

[SCENA PRIMA] [SCENA SECONDA] [SCENA TERZA]

[SCENA QUARTA][SCENA QUINTA]

  [SCENA SESTA][SCENA SETTIMA][SCENA OTTAVA]

[SCENA NONA][SCENA DECIMA][SCENA UNDICESIMA]

[SCENA DODICESIMA] [SCENA TREDICESIMA]

[SCENA QUATTORDICESIMA] [SCENA QUINDICESIMA]

[SCENA SEDICESIMA]

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

 Muta sino alla sortita del CONTE e del BARONE. — CRESPINO esce dalla bottega con del pane, del formaggio, un piatto con qualche cosa da mangiare, ed un boccale vuoto. Si fa luogo al suo banchetto per desinare. TOGNINO dal palazzino con la scopa in mano corre alla speziaria ed entra. Crespino si mette a tagliare il pane, sempre senza parlare. CORONATO dall'osteria con SCAVEZZO, che porta una barila in spalla, simile a quella che ha portato al Conte. Coronato passa davanti a Crespino, lo guarda e ride, Crespino lo guarda e freme. Coronato ridendo passa oltre, e va per la stessa scena ove ha portato la prima barila. Crespino guarda dietro a Coronato che parte e, quando non lo vede più, seguita le sue faccende. Tognino, dalla speziaria, viene a spazzare i vetri delle caraffe rotte. TIMOTEO, correndo dalla speziaria , passa al palazzino con sottocoppe e caraffe, ed entra. Tognino spazza, Crespino prende il suo boccale e va pian piano e malenconico all'osteria, ed entra. Tognino spazza. SUSANNA esce di bottega, accomoda la sua mostra, poi si mette a sedere e lavorare. Tognino va in casa, e serra la porta. Crespino esce dall'osteria col boccale pieno di vino, e ridendo guarda il ventaglio che ha sotto la gabbana, per consolarsi da sé, ma per farlo vedere al popolo; e va al suo banchetto e mette il boccale in terra. GIANNINA esce di casa, siede e si mette a filare. Crespino si mette a sedere; fa vedere a tirar fuori il ventaglio, e lo nasconde ridendo sotto il curame, e si mette a mangiare. Coronato solo torna dalla stessa strada. Passa davanti a Crespino e ride. Crespino mangia e ride. Coronato alla porta dell'osteria mangia, ride ed entra. Crespino tira fuori il ventaglio, lo guarda e ride, poi lo rimette, poi seguita a mangiare e bere (Qui termina la scena muta). — Il CONTE e il BARONE escono dal palazzo.
CONTE No, amico, scusatemi, non vi potete doler di niente.
BARONE Vi assicuro che non ho nemmeno ragione di lodarmi.
CONTE Se la signora Candida si è trovata male, è un accidente, vi vuol pazienza. Sapete che le donne sono soggette ai vapori, agli affetti sterili.
BARONE Sterili? Isterici vorrete dire...
CONTE Sì, isterici, isterici come volete. In somma, se non vi ha fatto tutta l'accoglienza, non è colpa sua, è colpa della malattia.
BARONE Ma quando siamo entrati, non era ammalata, e appena mi ha veduto si è ritirata nella sua camera.
CONTE Perché si sentiva il cominciamento del male.
BARONE Avete osservato la signora Geltruda, quando è sortita dalla camera della nipote, con che premura, con che ammirazione leggeva alcuni fogli che parevano de' viglietti?
CONTE È una donna che ha degli affari assai. Saranno viglietti arrivati allora di fresco.
BARONE No, erano viglietti vecchi. Ci scommetto, ch'è qualche cosa che ha trovato o sul tavolino, o indosso della signora Candida.
CONTE Siete curioso, collega mio, siete caro, siete particolare. Cosa vi andate voi immaginando?
BARONE M'immagino quel che potrebbe essere. Ho sospetto che vi sia dell'intelligenza fra la signora Candida, ed Evaristo.
CONTE Oh non vi è dubbio. Se fosse così lo saprei. Io so tutto. Non si fa niente nel villaggio che io non sappia. E poi se fosse quello che dite voi, credete ch'ella avrebbe acconsentito alla vostra proposizione? Ch'ella avrebbe ardito di compromettere la mediazione di un cavaliere della mia sorte?
BARONE Questa è una buona ragione. Ella ha detto di sì senza farsi pregare. Ma la signora Geltruda dopo la lettura di quei viglietti, non mi ha fatte più le gentilezze di prima, anzi in certo modo ha mostrato piacere che ce ne andiamo.
CONTE Vi dirò. Tutto quello, di cui si possiamo dolere della signora Geltruda si è, ch'ella non ci abbia proposto di restar a pranzo da lei.
BARONE Per questo non mi fa spezie.
CONTE Le ho dato io qualche tocco, ma ha mostrato di non intendere.
BARONE Vi assicuro, ch'ella aveva gran volontà che le si levasse l'incomodo.
CONTE Mi dispiace per voi... Dove pranzate oggi?
BARONE Ho ordinato all'oste il desinare per due.
CONTE Per due?
BARONE Aspetto Evaristo ch'è andato alla caccia.
CONTE Se volete venire a pranzo da me...
BARONE Da voi?
CONTE Ma il mio palazzo è mezzo miglio lontano.
BARONE Vi ringrazio, perché il pranzo è di già ordinato. Ehi dall'osteria. Coronato.
  

SCENA SECONDA

CORONATO dall'osteria, e detti.
CORONATO Mi comandi.
BARONE È venuto il signor Evaristo?
CORONATO Non l'ho ancora veduto, signore. Mi dispiace che il pranzo è all'ordine, e che la robba patisce.
CONTE Evaristo è capace di divertirsi alla caccia fin sera, e farvi star senza pranzo.
BARONE Cosa volete che io faccia? Ho promesso aspettarlo.
CONTE Aspettarlo, va bene fino ad un certo segno. Ma caro amico, non siete fatto per aspettare un uomo di una condizione inferiore alla vostra. Accordo la civiltà, l'umanità, ma, collega amatissimo, sosteniamo il decoro.
BARONE Quasi quasi vi pregherei di venir a occupare il posto del signor Evaristo.
CONTE Se non volete aspettare, e se vi rincresce di mangiar solo, venite da me, e mangeremo quello che ci sarà.
BARONE No caro Conte fatemi il piacere di venir con me. Mettiamoci a tavola, e se Evaristo non ha discrezione a suo danno.
CONTE Che impari la civiltà. (contento)
BARONE Ordinate che diano in tavola. (a Coronato)
CORONATO Subito resti servita. (Avanzerà poco per la cucina).
BARONE Andrò a vedere che cosa ci hanno preparato da pranzo. (entra)
CONTE Avete portato l'altro barile di vino? (a Coronato)
CORONATO Signor sì l'ho mandato.
CONTE L'avete mandato? Senz'accompagnarlo? Mi faranno qualche baronata.
CORONATO Le dirò, ho accompagnato il garzone fino alla punta dello stradone, ho incontrato il suo uomo...
CONTE Il mio fattore?
CORONATO Signor no.
CONTE Il mio cameriere?
CORONATO Signor no.
CONTE Il mio lacchè?
CORONATO Signor no.
CONTE E chi dunque?
CORONATO Quell'uomo che sta con lei che va a vendere i frutti, l'insalata, gli erbaggi...
CONTE Come! quello...
CORONATO Tutto quel che comanda. L'ho incontrato, gli ho fatto veder il barile, ed egli ha accompagnato il garzone.
CONTE (Diavolo! colui che non vede mai vino è capace di bevere la metà del barile). (vuol entrare)
CORONATO Favorisca.
CONTE Cosa c'è? (brusco)
CORONATO Ha parlato per me a Giannina?
CONTE Sì, l'ho fatto.
CORONATO Cosa ha detto?
CONTE Va bene, va bene. (imbarazzato)
CORONATO Va bene?
CONTE Parleremo, parleremo poi. (in atto di entrare)
CORONATO Mi dica qualche cosa.
CONTE Andiamo, andiamo che non voglio far aspettare il Barone. (entra)
CORONATO (Ci ho buona speranza... È un uomo che quando vi si mette... qualche volta ci riesce). Giannina. (amoroso e brusco)
GIANNINA (fila e non risponde)
CORONATO Almeno lasciatevi salutare.
GIANNINA Fareste meglio a rendermi il mio ventaglio. (senza guardar, e filando)
CORONATO Sì... (Uh, a proposito mi ho scordato il ventaglio in cantina!) Sì sì, parlaremo poi del ventaglio. (Non vorrei che qualcheduno lo portasse via). (entra)
CRESPINO (ride forte)
SUSANNA Avete il cuor contento signor Crespino, ridete molto di gusto.
CRESPINO Rido perché ho la mia ragione di ridere.
GIANNINA Voi ridete, ed io mi sento rodere dalla rabbia. (a Crespino)
CRESPINO Rabbia? E di che avete rabbia?
GIANNINA Che quel ventaglio sia nelle mani di Coronato.
CRESPINO Sì, è nelle mani di Coronato. (ridendo)
GIANNINA E per che cosa ridete?
CRESPINO Rido perché è nelle mani di Coronato. (si alza, prende gl'avanzi del desinare, ed entra in bottega)
GIANNINA È un ridere veramente da sciocco.
SUSANNA Non credeva che il mio ventaglio avesse da passare per tante mani. (lavorando)
GIANNINA Il vostro ventaglio? (voltandosi con dispetto)
SUSANNA Sì, dico il mio ventaglio, perché è sortito dalla mia bottega.
GIANNINA M'immagino che ve l'avranno pagato.
SUSANNA Ci s'intende. Senza di questo non l'avrebbero avuto.
GIANNINA E l'avranno anche pagato il doppio di quel che vale.
SUSANNA Non è vero, e se fosse anche vero, cosa v'importa? Per quello che vi costa lo potete prendere.
GIANNINA Cosa sapete voi quello che mi costi?
SUSANNA Oh se vi costa poi qualche cosa... non so niente io... Se chi ve l'ha dato ha delle obbligazioni... (con flemma caricata, satirica)
GIANNINA Che obbligazioni? Cosa parlate d'obbligazioni? Mi maraviglio de' fatti vostri. (balza in piedi)
SUSANNA Ehi, ehi non crediate di farmi paura.
CRESPINO (dalla bottega) Cosa c'è? Sempre strepiti, sempre gridori.
GIANNINA (Ho una volontà di rompere questa rocca). (siede e fila)
SUSANNA Non fa che pungere, e non vuol che si parli.
CRESPINO Siete in collera Giannina? (siede e si mette a lavorare)
GIANNINA Io in collera? Non vado mai in collera io. (filando)
SUSANNA Oh ella è pacifica, non si altera mai. (ironica)
GIANNINA Mai, quando non mi tirano per li capelli, quando non mi dicono delle impertinenze, quando non pretendono di calpestarmi. (in modo che Susanna senta)
SUSANNA (mena la testa, e brontola da sé)
CRESPINO Sono io che vi maltratta che vi calpesta? (lavorando)
GIANNINA Io non parlo per voi. (filando con dispetto)
SUSANNA No non parla per voi, parla per me. (burlandosi)
CRESPINO Gran cosa! In questo recinto di quattro case non si può stare un momento in pace.
GIANNINA Quando vi sono delle male lingue...
CRESPINO Tacete, ch'è vergogna...
SUSANNA Insulta, e poi non vuol che si parli.
GIANNINA Parlo con ragione, e con fondamento.
SUSANNA Oh è meglio, ch'io taccia, ch'io non dica niente.
GIANNINA Certo, ch'è meglio tacere che dire delle scioccherie.
CRESPINO E vuol esser l'ultima.
GIANNINA Oh sì anche in fondo d'un pozzo.
TIMOTEO (dal palazzino,con sottocoppa e caraffe)
GIANNINA Chi mi vuole mi prenda, e chi non mi vuole mi lasci.
CRESPINO Zitto, zitto non vi fate sentire.
TIMOTEO (In questa casa non ci vado più. Che colpa ci ho io, se queste acque non vagliano niente? Io non posso dare che di quello che ho. In una campagna pretenderebbero di ritrovare le delizie della città. E poi cosa sono i spiriti, gli elisiri, le quintessenze? Ciarlatanate. Questi sono i cardini della medicina: acqua, china e mercurio). (entra nella speziaria)
CRESPINO Bisogna che ci sia qualcheduno d'ammalato in casa della signora Geltruda. (verso Giannina)
GIANNINA Sì quella cara gioia della signora Candida.(con disprezzo)
SUSANNA Povera signora Candida! (forte)
CRESPINO Che male ha?
GIANNINA Che so io che male abbia! Pazzia.
SUSANNA Eh, so io che male ha la signora Candida.
CRESPINO Che male ha? (a Susanna)
SUSANNA Dovrebbe saperlo anche la signora Giannina. (caricata)
GIANNINA Io? Cosa c'entro io?
SUSANNA Sì, perché è ammalata per causa vostra.
GIANNINA Per causa mia? (balza in piedi)
SUSANNA Già con voi non si può parlare.
CRESPINO Vorrei ben sapere, come va quest'imbroglio. (si alza)
GIANNINA Non siete capace che di dire delle bestialità. (a Susanna)
SUSANNA Via, via la non si scaldi.
CRESPINO Lasciatela dire. (a Giannina)
GIANNINA Con qual fondamento potete dirlo? (a Susanna)
SUSANNA Non parliamo altro.
GIANNINA No, no parlate.
SUSANNA No Giannina non mi obbligate a parlare.
GIANNINA Se siete una donna d'onore parlate.
SUSANNA Oh quando è così, parlerò.
CRESPINO Zitto zitto, viene la signora Geltruda, non facciamo scene dinnanzi a lei. (si ritira al lavoro)
GIANNINA Oh, voglio che mi renda ragione di quel che ha detto. (da sé, camminando verso la sua causa)
SUSANNA (Vuol che si parli? Sì parlerò). (siede e lavora)
CRESPINO (Se posso venire in chiaro di quest'affare...) (siede e lavora)

SCENA TERZA

GELTRUDA dal palazzino, e li suddetti.
GELTRUDA Dite voi. È ritornato vostro fratello? (a Giannina, con gravità)
GIANNINA Signora sì. (con malagrazia, e camminando verso casa sua)
GELTRUDA Sarà tornato anche il signor Evaristo. (come sopra)
GIANNINA Signora sì. (come sopra)
GELTRUDA Sapete dove sia il signor Evaristo? (a Giannina)
GIANNINA Non so niente. (con dispetto) Serva sua. (entra in casa)
GELTRUDA (Che maniera gentile!) Crespino.
CRESPINO Signora. (si alza)
GELTRUDA Sapete voi dove si trovi il signor Evaristo?
CRESPINO No signora, in verità non lo so.
GELTRUDA Fatemi il piacere di andare a vedere se fosse nell'osteria.
CRESPINO La servo subito. (va nell'osteria)
SUSANNA Signora Geltruda. (sottovoce)
GELTRUDA Che volete?
SUSANNA Una parola. (si alza)
GELTRUDA Sapete niente voi del signor Evaristo?
SUSANNA Eh signora mia so delle cose assai. Avrei delle cose grandi da dirle.
GELTRUDA Oh Cieli! Ho delle cose anch'io che m'inquietano. Ho veduto delle lettere che mi hanno sorpreso. Ditemi, illuminatemi, ve ne prego.
SUSANNA Ma qui in pubblico?... Si ha da fare con delle teste senza ragione... Se vuole ch'io venga da lei...
GELTRUDA Vorrei prima vedere il signor Evaristo.
SUSANNA O se vuol venire da me...
GELTRUDA Piuttosto. Ma aspettiamo Crespino.
SUSANNA Eccolo.
CRESPINO (dall'osteria)
GELTRUDA E così?
CRESPINO Non c'è, signora. L'aspettavano a pranzo, e non è venuto.
GELTRUDA Eppure dalla caccia dovrebbe essere ritornato.
CRESPINO Oh, è ritornato sicuramente. L'ho veduto io.
GELTRUDA Dove mai può essere?
SUSANNA Al caffè non c'è. (guarda in bottega)
CRESPINO Dallo speziale nemmeno. (guarda dallo speziale)
GELTRUDA Vedete un poco. Il villaggio non è assai grande, vedete, se lo ritrovate.
CRESPINO Vado subito per servirla.
GELTRUDA Se lo trovate, ditegli che mi preme parlargli, e che l'aspetto qui in casa della merciaia. (a Crespino)
CRESPINO Sarà servita. (s'incammina)
GELTRUDA Andiamo, ho ansiosità di sentire. (entra in bottega)
SUSANNA Vada, vada; sentirà delle belle cose. (entra)
CRESPINO Vi sono degl'imbrogli con questo signor Evaristo. E quel ventaglio... Ho piacere di averlo io nelle mani. Coronato si è accorto che gli è stato portato via... Manco male che non sospetta di me. Nessuno gli avrà detto che sono stato a comprar del vino. Sono andato a tempo. Chi mai mi avrebbe detto che io avrei trovato il ventaglio sopra una botte? Sono casi che si danno, accidenti che accadono. Sciocco! lasciar il ventaglio sopra una botte! Il garzone tirava il vino, ed io prendilo, e mettilo via. E Coronato ha la debolezza di domandar a me se l'ho veduto, se ne so niente! Sono pazzo io a dirgli che l'ho preso io? Acciò vada dicendo che sono andato a posta, che ho rubato... È capace di dirlo. Oh è così briccone, ch'è capace di dirlo. Ma dove ho d'andar io per trovar il signor Evaristo? Dal Conte no, perché è all'osteria che lavora di gusto. (dà cenno che mangia) Basta cercherò nelle case buone. Sono sei, o sette, lo troverò. Mi dispiace che sono ancora all'oscuro di quel che ha detto Susanna. Ma le parlerò. Oh se trovo Giannina in difetto, se la trovo colpevole!... Cosa farò? L'abbandonerò? Eh poco più, poco meno. Le voglio bene. Cosa mai sarà? (va per partire)
  

SCENA QUARTA

LIMONCINO dal caffè, e detto [poi CORONATO].
CRESPINO Oh, mi sapreste dire dove sia il signor Evaristo?
LIMONCINO Io? Cosa sono? Il suo servitore?
CRESPINO Gran cosa veramente! non potrebbe esser nella vostra bottega?
LIMONCINO Se ci fosse lo vedreste. (si avanza)
CRESPINO Limoncino del diavolo.
LIMONCINO Cos'è questo Limoncino?
CRESPINO Vieni vieni a farti rappezzare le scarpe. (via)
LIMONCINO Birbante! Subito anderò a dirgli che il signor Evaristo è nel nostro giardino. Ora ch'è in giubilo, in consolazione, non ha bisogno di essere disturbato. Ehi dall'osteria. (chiama)
CORONATO (alla porta) Cosa c'è?
LIMONCINO Ha mandato a dire il signor Evaristo che dite al signor Barone che desini, e non l'aspetti, perché è impegnato, e non può venire.
CORONATO Ditegli che l'ambasciata è arrivata tardi, e che il signor Barone ha quasi finito di pranzare.
LIMONCINO Bene, bene, glie lo dirò quando lo vedrò. (va per partire)
CORONATO Dite quel giovane.
LIMONCINO Comandate.
CORONATO A caso, avreste sentito a dire che qualcheduno avesse ritrovato un ventaglio?
LIMONCINO Io no.
CORONATO Se mai sentiste a parlare, vi prego farmi avvisato.
LIMONCINO Signor sì, volentieri. L'avete perduto voi?
CORONATO L'aveva io. Non so come diavolo si sia perduto. Qualche briccone l'ha portato via, e quei stolidi de' miei garzoni non sanno nemmeno chi sia stato a prender del vino. Ma se lo scopro! Se lo scopro! Mi raccomando a voi. (entra)
LIMONCINO Dal canto mio farò il possibile. (s'incammina)
  

SCENA QUINTA

Il CONTE alla finestra dell'osteria, e LIMONCINO [poi GIANNINA].
CONTE Ho sentito la voce di Limoncino. Ehi quel giovane. (forte)
LIMONCINO Signore. (si volta)
CONTE Portateci due buoni caffè.
LIMONCINO Per chi, illustrissimo?
CONTE Per me.
LIMONCINO Tutti due per lei?
CONTE Uno per me, ed uno per il Barone del Cedro.
LIMONCINO Sarà servita.
CONTE Subito, e fatto a posta. (entra)
LIMONCINO (Ora che so che vi è il Barone che paga, glieli porterò). (s'incammina)
GIANNINA (di casa, senza la rocca) Ehi Limoncino.
LIMONCINO Anche voi volete seccarmi con questo nome di Limoncino?
GIANNINA Via via non andate in collera. Non vi ho detto né rava, né zucca, né cocomero, né melenzana.
LIMONCINO Ne avete ancora?
GIANNINA Venite qui, ditemi: il signor Evaristo e ancor là?
LIMONCINO Dove là?
GIANNINA Da voi.
LIMONCINO Da noi?
GIANNINA Sì da voi. (si scalda un poco)
LIMONCINO La bottega è lì, se ci fosse lo vedreste.
GIANNINA Puh! nel giardino.
LIMONCINO Puh! non so niente. (via, ed entra in bottega)
GIANNINA Pezzo d'animalaccio! Se avessi la rocca gliela scavezzerei sul collo. E poi dicono ch'io son cattiva. Tutti mi strapazzano; tutti mi maltrattano. Quelle signore di là, questa sguaiata di qua, Moracchio, Coronato, Crespino... Uh maledetti quanti che siete.
  

SCENA SESTA

EVARISTO dal caffè. Correndo con allegria, e detta [poi CORONATO]
EVARISTO Oh eccola, eccola. Son fortunato. (a Giannina)
GIANNINA Ih! ih! Cosa vuol dir quest'allegria?
EVARISTO Oh Giannina, sono l'uomo il più felice, il più contento del mondo.
GIANNINA Bravo, me ne consolo. Spero che mi farete dare soddisfazione delle impertinenze che m'hanno detto.
EVARISTO Sì tutto quel volete. Sappiate, Giannina mia che voi eravate presa in sospetto. La signora Candida ha saputo ch'io aveva dato il ventaglio, credeva che lo avessi comprato per voi, era gelosa di me, era gelosa di voi.
GIANNINA Era gelosa di me?
EVARISTO Sì, certo.
GIANNINA Ah che ti venga la rabbia! (verso il palazzino)
EVARISTO Si voleva maritar con altri per sdegno, per vendetta, per disperazione. Mi ha veduto, è caduta, è svenuta. Sono stato un pezzo senza più poterla vedere. Finalmente per sorte, per fortuna sua zia è sortita di casa. Candida è discesa nel suo giardino; ho rotto la siepe, ho saltato il muro, mi son gettato a' suoi piedi; ho pianto, ho pregato, l'ho sincerata, l'ho vinta, è mia, è mia, non vi è più da temere. (con giubilo, e affannoso)
GIANNINA Me ne rallegro, me ne congratulo, me ne consolo. Sarà sua, sua sempre sua, ne ho piacer, ne ho contento, ne ho soddisfazione. (lo carica un poco)
EVARISTO Una sola condizione ella ha posto alla mia sicura, alla mia intera felicità.
GIANNINA E qual è questa condizione?
EVARISTO Per giustificare me intieramente, per giustificar voi nel medesimo tempo, e per dar a lei una giusta soddisfazione, è necessario, ch'io le presenti il ventaglio. (come sopra)
GIANNINA Ora stiamo bene.
EVARISTO Ci va del mio, e del vostro decoro. Parerebbe, ch'io l'avessi comprato per voi, si darebbe credito a' suoi sospetti. So che siete una giovane saggia, e prudente. Favoritemi quel ventaglio. (sempre con premura)
GIANNINA Signore... Io non l'ho più il ventaglio. (confusa)
EVARISTO Oh via, avete ragione. Ve l'ho donato, e non lo domanderei, se non mi trovassi in questa estrema necessità. Ve ne comprerò un altro. Un altro molto meglio di quello; ma per amor del cielo datemi subito quel che vi ho dato.
GIANNINA Ma vi dico signore, ch'io non l'ho più.
EVARISTO Giannina si tratta della mia vita, e della vostra riputazione.
GIANNINA Vi dico sull'onor mio, e con tutti i giuramenti del mondo che io non ho quel ventaglio.
EVARISTO Oh cielo! cosa dunque ne avete fatto? (con caldo)
GIANNINA Hanno saputo, ch'io aveva quel ventaglio, mi sono saltati intorno come tre cani arrabbiati...
EVARISTO Chi? (infuriato)
GIANNINA Mio fratello...
EVARISTO Moracchio... (corre a chiamrlo alla casa)
GIANNINA No fermate, non l'ha avuto Moracchio.
EVARISTO Ma chi dunque? (battendo i piedi)
GIANNINA Io l'ho dato a Crespino...
EVARISTO Ehi? Dove siete? Crespino! (corre alla bottega)
GIANNINA Ma venite qui, sentite...
EVARISTO Son fuor di me.
GIANNINA Non l'ha più Crespino.
EVARISTO Ma chi lo ha? Chi lo ha? Presto.
GIANNINA Lo ha quel birbante di Coronato.
EVARISTO Coronato? Subito. Coronato? (all'osteria)
CORONATO Signore.
EVARISTO Datemi quel ventaglio.
CORONATO Qual ventaglio?
GIANNINA Quello che avevo io, e ch'è robba sua.
EVARISTO Animo, subito, senza perder tempo.
CORONATO Signore, me ne dispiace infinitamente...
EVARISTO Che?
CORONATO Ma il ventaglio non si trova più.
EVARISTO Non si trova più?
CORONATO Per distrazione l'ho messo sopra una botte. L'ho lasciato lì, son andato, son ritornato, non l'ho trovato più, qualcheduno l'ha portato via.
EVARISTO Che si trovi.
CORONATO Dove? Ho fatto di tutto.
EVARISTO Dieci, venti, trenta zecchini lo potrebbero far ritrovare?
CORONATO Quando non c'è, non c'è.
EVARISTO Son disperato.
CORONATO Mi dispiace, ma non so cosa farle. (entra)
EVARISTO Voi siete la mia rovina, il mio precipizio. (contro Giannina)
GIANNINA Io? Che ci ho colpa io?
  

SCENA SETTIMA

CANDIDA sulla terrazza, e detti.
CANDIDA Signor Evaristo. (lo chiama)
EVARISTO (Eccola, eccola: son disperato).
GIANNINA Che diavolo! È finito il mondo per questo?
CANDIDA Signor Evaristo! (torna a chiamare)
EVARISTO Ah Candida mia dilettissima sono l'uomo più afflitto, più mortificato del mondo.
CANDIDA Eh che sì che il ventaglio non si può più avere?
GIANNINA (L'ha indovinata alla prima).
EVARISTO Quante combinazioni in mio danno! Sì pur troppo è la verità. Il ventaglio è smarrito, e non è possibile di ritrovarlo per ora. (a Candida)
CANDIDA Oh, so dove sarà.
EVARISTO Dove? dove? Se aveste qualche indizio per ritrovarlo...
GIANNINA Chi sa? Può essere che qualcheduno l'abbia trovato.
EVARISTO Sentiamo. (a Giannina)
CANDIDA Il ventaglio sarà nelle mani di quella, a cui lo avete donato, e non vuol renderlo, ed ha ragione.
GIANNINA Non è vero niente. (a Candida)
CANDIDA Tacete.
EVARISTO Vi giuro sull'onor mio...
CANDIDA Basta così. Il mio partito è preso. Mi meraviglio di voi che mi mettete a fronte di una villana. (via)
GIANNINA Cos'è questa villana? (alla terrazza)
EVARISTO Giuro al cielo, voi siete cagione della mia disperazione, della mia morte. (contro Giannina)
GIANNINA Ehi, ehi non fate la bestia.
EVARISTO Ella ha preso il suo partito. Io deggio prendere il mio. Aspetterò il mio rivale, l'attaccherò colla spada, o morirà l'indegno, o sagrificherò la mia vita... Per voi, per voi a questo duro cimento.
GIANNINA Oh è meglio che vada via. Ho paura che diventi matto. (va pian piano verso la casa)
EVARISTO Ma come! la passione mi opprime il core; mi manca il respiro. Non mi regge il piede; mi si abbagliano gli occhi. Misero me! chi m'aiuta? (si lascia cadere su una sedia del caffè, e si abbandona affatto)
GIANNINA (voltandosi lo vede cadere) Cos'è? cos'è? More povero diavolo! More, aiuto gente, ehi Moracchio! Ehi dal caffè!

SCENA OTTAVA

LIMONCINO dal caffè, con le due tazze di caffè per andare all'osteria; MORACCHIO dalla casa accorre in aiuto di Evaristo [seguono CRESPINO e TIMOTEO, poi il CONTE].
CRESPINO (di strada) Oh eccolo qui il signor Evaristo. Cos'è stato?
GIANNINA Dell'acqua, dell'acqua. (a Limoncino)
CRESPINO Del vino, del vino. (corre in bottega)
LIMONCINO Dategli del vino. Io porterò il caffè all'osteria. (parte)
MORACCHIO Animo, animo, signor Evaristo. Alla caccia, alla caccia.
GIANNINA Sì altro che caccia! È innamorato. Ecco tutto il suo male.
TIMOTEO (dalla speziaria) Cosa c'è?
MORACCHIO Venga qui, venga qui, signor Timoteo
GIANNINA Venga a soccorrere questo povero galantuomo.
TIMOTEO Che male ha?
GIANNINA È in accidente.
TIMOTEO Bisogna cavargli sangue.
MORACCHIO È capace vossignoria?
TIMOTEO In caso di bisogno si fa di tutto. (va alla speziaria)
GIANNINA (Oh povero signor Evaristo, lo stroppia assolutamente).
CRESPINO (dalla bottega con un fiasco di vino) Ecco, ecco, questo lo farà rinvenire, è vino vecchio di cinque anni.
GIANNINA Pare che rinvenga un poco.
CRESPINO Oh questo fa risuscitare i morti.
MORACCHIO Animo animo si dia coraggio.
TIMOTEO (dalla speziaria con bicchiere, pezze e rasoio) Eccomi qui, presto, spogliatelo.
MORACCHIO E cosa volete far del rasoio?
TIMOTEO In caso di bisogno serve meglio di una lancetta.
CRESPINO Un rasoio?
GIANNINA Un rasoio?
EVARISTO Chi è che vuol assassinarmi con un rasoio? (pateticamente, alzandosi)
GIANNINA Il signor Timoteo
TIMOTEO Son un galantuomo, non assassino alcuno, e quando si fa quello che si può, e quello che si sa, nessuno ha occasione di rimproverare. (Che mi chiamino un'altra volta che or verrò!) (entra in bottega)
MORACCHIO Vuol venire da me, signor Evaristo? Riposerà sul mio letto.
EVARISTO Andiamo dove volete.
MORACCHIO Mi dia il braccio, s'appoggi.
EVARISTO Quanto meglio saria per me che terminassi questa misera vita!(s'incammina sostenuto da Moracchio)
GIANNINA (Se ha volontà di morire basta che si raccomandi allo speziale).
MORACCHIO Eccoci alla porta. Andiamo.
EVARISTO Pietà inutile a chi non desidera che di morire. (entrano)
MORACCHIO Giannina, vieni ad accomodar il letto per il signor Evaristo. (sulla porta, ed entra)
GIANNINA (vorrebbe andare anch'ella)
CRESPINO Giannina? (la chiama)
GIANNINA Cos'è?
CRESPINO Siete molto compassionevole per quel signore!
GIANNINA Faccio il mio debito perché io e voi siamo la causa del suo male.
CRESPINO Per voi non so che dire. Ma io? Come c'entro io?
GIANNINA Per causa di quel maladetto ventaglio. (entra)
CRESPINO Maladetto ventaglio! L'avrò sentito nominare un milione di volte. Ma ci ho gusto per quell'ardito di Coronato. È mio nemico, e lo sarà sempre, fino che non arrivo a sposar Giannina. Potrei metterlo quel ventaglio in terra, in qualche loco, ma se gli camminano sopra, se lo fracassano? Qualche cosa farò, io non voglio che mi mettano in qualche imbarazzo. Ho sentito a dire che in certe occasioni i stracci vanno all'aria. Ed io i pochi che ho, me li vo' conservare. (va al banco suo, e prende il ventaglio)
LIMONCINO Ed il...
CONTE (dall'osteria) Vien qui aspetta. (prende un pezzetto di zucchero e se lo mette in bocca) Per il raffreddore.
LIMONCINO Per la gola.
CONTE Che?
LIMONCINO Dico che fa bene alla gola. (parte e va in bottega)
CONTE (passeggia contento, mostrando aver ben mangiato)
CRESPINO (Quasi, quasi... Sì questo è il meglio di tutto). (s'avanza col ventaglio)
CONTE Oh buon giorno, Crespino.
CRESPINO Servitor di V. S. illustrissima.
CONTE Sono accomodate le scarpe? (piano)
CRESPINO Domani sarà servita. (fa vedere il ventaglio)
CONTE Che cosa avete di bello in quella carta?
CRESPINO È una cosa che ho trovato per terra vicino all'osteria della posta.
CONTE Lasciate vedere.
CRESPINO Si servi. (glie lo dà)
CONTE Oh un ventaglio! Qualcheduno passando l'averà perduto. Cosa volete fare di questo ventaglio?
CRESPINO Io veramente non saprei cosa farne.
CONTE Lo volete vendere?
CRESPINO Oh venderlo! Io non saprei cosa domandarne. Lo crede di prezzo questo ventaglio?
CONTE Non so, non me n'intendo. Vi sono delle figure... ma un ventaglio trovato in campagna non può valere gran cosa.
CRESPINO Io avrei piacere che valesse assai.
CONTE Per venderlo bene.
CRESPINO No in verità, illustrissimo. Per aver il piacere di farne un presente a V. S. illustrissima.
CONTE A me? Me lo volete donare a me? (contento)
CRESPINO Ma come non sarà cosa da par suo...
CONTE No no, ha il suo merito, mi par buonino. Vi ringrazio, caro. Dove posso, vi esibisco la mia protezione. (Ne farò un regalo, e mi farò onore).
CRESPINO Ma la supplico d'una grazia.
CONTE (Oh, già lo sapevo. Costoro non danno niente senza interesse). Cosa volete? Parlate.
CRESPINO La prego non dire di averlo avuto da me.
CONTE Non volete altro?
CRESPINO Niente altro.
CONTE (Via via è discreto). Quando non volete altro... ma ditemi in grazia, non volete che si sappia che l'ho avuto da voi? Per avventura l'avreste rubbato?
CRESPINO Perdoni illustrissimo, non son capace...
CONTE Ma perché non volete che si sappia che l'ho avuto da voi? Se l'avete trovato, e se il padrone non lo domanda, io non ci so vedere la ragione.
CRESPINO Eh c'è la sua ragione. (ridendo)
CONTE E qual è?
CRESPINO Le dirò. Io ho un'amorosa.
CONTE Lo so benissimo. È Giannina.
CRESPINO E se Giannina sapesse che io aveva questo ventaglio, e che non l'ho donato a lei se ne avrebbe a male.
CONTE Avete fatto bene a non darglielo. Non è ventaglio per una contadina. (lo mette via) Non dubitate, non dirò niente d'averlo avuto da voi. Ma a proposito: come vanno gli affari vostri con Giannina? Avete veramente volontà di sposarla?
CRESPINO Per dirle la verità... Le confesso il mio debole. La sposerei volontieri.
CONTE Quand'è così non dubitate. Ve la faccio sposar questa sera, se voi volete.
CRESPINO Davvero!
CONTE Che sono io? Cosa val la mia protezione!
CRESPINO Ma Coronato che la pretende?
CONTE Coronato?... Coronato è uno sciocco. Vi vuol bene Giannina?
CRESPINO Assai.
CONTE Bene dunque. Voi siete amato, Coronato non lo può soffrire: fidatevi della mia protezione.
CRESPINO Fin qui l'intendo ancor io. Ma il fratello?
CONTE Che fratello? che fratello? Quando la sorella è contenta, cosa c'entra il fratello? Fidatevi della mia protezione.
CRESPINO Mi raccomando dunque alla sua bontà.
CONTE Sì, alla mia protezione.
CRESPINO Vado a terminare d'accomodar le sue scarpe.
CONTE Dite piano. Ne avrei bisogno d'un paio di nuove.
CRESPINO La servirò.
CONTE Eh! le voglio pagare, sapete? Non credeste mai... Io non vendo la mia protezione.
CRESPINO Oh per un paio di scarpe!
CONTE Andate, andate a fare le vostre faccende.
CRESPINO Vado subito. (va per andare al banco)
CONTE (tira fuori il ventaglio, e a poco a poco lo esamina)
CRESPINO (Oh cospetto di bacco! Mi era andato di mente. Mi ha mandato la signora Geltruda a cercar il signor Evaristo, l'ho trovato qui, e non gli ho detto niente. Ma la sua malattia... Il ventaglio... Me ne sono scordato. Andarei ad avvertirlo, ma in quella casa non ci vado per cagion di Moracchio. Farò così, anderò a ritrovare la signora Geltruda. Le dirò che il signor Evaristo è in casa di Giannina, e lo manderà a chiamare da chi vorrà). (entra nella bottega della merciaia)
CONTE Eh! (con sprezzo) Guarda e riguarda: è un ventaglio. Che può costar?... che so io? Sette o otto paoli. Se fosse qualche cosa di meglio, lo donerei alla signora Candida, che questa mattina ha rotto il suo. Ma perché no? Non è poi tanto cattivo.
GIANNINA (alla finestra) (Non vedo Crespino. Dove sarà andato a quest'ora?)
CONTE Queste figure non sono ben dipinte, ma mi pare che non siano mal disegnate.
GIANNINA (Oh cosa vedo! Il ventaglio in mano del signor Conte! Presto presto andiamo a risvegliare il signor Evaristo). (via)
CONTE Basta, non si ricusa mai niente. Qualche cosa farò.
  

SCENA NONA

BARONE dall'osteria, e detto [poi TOGNINO].
BARONE Amico, mi avete piantato lì.
CONTE Ho veduto che non avevate volontà di parlare.
BARONE Sì, è vero; non posso ancor darmi pace... Ditemi, vi pare che possiamo ora tentar di riveder queste signore?
CONTE Perché no? Mi viene ora in mente una cosa buona. Volete, ch'io vi faccia un regalo? Un regalo, con cui vi potete far onore colla signora Candida.
BARONE Cos'è questo regalo?
CONTE Sapete che questa mattina ella ha rotto il suo ventaglio?
BARONE È vero; m'è stato detto.
CONTE Ecco un ventaglio. Andiamola a ritrovare, e presentateglielo voi colle vostre mani. (lo dà al Barone) Guardate, guardate non è cattivo.
BARONE E volete dunque...
CONTE Sì, presentatelo come voi. Io non voglio farmi alcun merito. Lascio tutto l'onore a voi.
BARONE Accetterò volentieri quest'occasione, ma mi permetterete che dimandi cosa vi costa?
CONTE Cosa v'importa a sapere quel che mi costa?
BARONE Per soddisfarne il prezzo.
CONTE Oh cosa serve! Mi meraviglio. Anche voi mi avete donato quelle pistole...
BARONE Non so che dire. Accetterò le vostre finezze. (Dove diavolo ha trovato questo ventaglio? Mi pare impossibile, ch'egli l'abbia comprato). (guardandolo)
CONTE Ah cosa dite? Non è una galanteria? Non è venuto a tempo? Oh io in queste occasioni so quel che ci vuole. So prevedere. Ho una camera piena di queste galanterie per le donne. Orsù andiamo, non perdiamo tempo. (corre e batte al palazzino)
TOGNINO (sulla terrazza) Cosa comanda?
CONTE Si può riverire queste signore?
TOGNINO La signora Geltruda è fuori di casa, e la signora Candida è nella sua camera che riposa.
CONTE Subito che si sveglia avvisateci.
TOGNINO Sarà servita. (via)
CONTE Avete sentito?
BARONE Bene, bisogna aspettare. Ho da scrivere una lettera a Milano, andrò a scriverla dallo speziale. Se volete venire anche voi...
CONTE No no da colui vi vado mal volentieri. Andate a scrivere la vostra lettera, io resterò qui ad aspettare l'avviso del servitore.
BARONE Benissimo. Ad ogni cenno sarò con voi.
CONTE Fidatevi di me, e non dubitate.
BARONE (Ah, mi fido poco di lui, meno della zia, e meno ancora della nipote). (va dallo speziale)
CONTE Mi divertirò col mio libro; colla mia preziosa raccolta di favole meravigliose. (tira fuori il libro, e siede)
  

SCENA DECIMA

EVARISTO dalla casa di Giannina, e detto.
EVARISTO (Oh, eccolo ancora qui, dubitava, ch'ei fosse partito. Non so come il sonno abbia potuto prendermi fra tante afflizioni. La stanchezza... la lassitudine. Ora mi par di rinascere. La speranza di ricuperar il ventaglio...) Signor Conte la riverisco divotamente.
CONTE Servitor suo. (leggendo e ridendo)
EVARISTO Permette, ch'io possa dirle una parola?
CONTE Or ora son da voi. (come sopra)
EVARISTO (Se non ha il ventaglio in mano, io non so come introdurmi a parlare).
CONTE (si alza ridendo, mette cvia il libro e s'avanza) Eccomi qui. Cosa posso fare per servirvi?
EVARISTO Perdonate se vi ho disturbato. (osservando se vede il ventaglio)
CONTE Niente, niente finirò la mia favola un'altra volta.
EVARISTO Non vorrei che mi accusaste di troppo ardito.
CONTE Cosa guardate? Ho qualche macchia d'intorno? (si guarda)
EVARISTO Scusatemi. Mi è stato detto che voi avevate un ventaglio.
CONTE Un ventaglio? (confondendosi) È vero, l'avete forse perduto voi?
EVARISTO Sì signor l'ho perduto io.
CONTE Ma vi sono bene dei ventagli al mondo. Cosa sapete che sia quello che avete perduto?
EVARISTO Se volete aver la bontà di lasciarmelo vedere...
CONTE Caro amico mi dispiace che siete venuto un po' tardi.
EVARISTO Come tardi?
CONTE Il ventaglio non è più in mano mia.
EVARISTO Non è più in mano vostra? (agitato)
CONTE No, l'ho dato ad una persona.
EVARISTO E a qual persona l'avete dato? (riscaldandosi)
CONTE Questo è quello, ch'io non voglio dirvi.
EVARISTO Signor Conte mi preme saperlo; mi preme aver quel ventaglio, e mi avete a dire chi l'ha.
CONTE Non vi dirò niente.
EVARISTO Giuro al cielo, voi lo direte. (trasportato)
CONTE Come! mi perdereste il rispetto?
EVARISTO Lo dico, e lo sosterrò; non è azione da galantuomo. (con caldo)
CONTE Sapete voi che ho un paio di pistole cariche? (caldo)
EVARISTO Che importa a me delle vostre pistole? Il mio ventaglio signore.
CONTE Che diavolo di vergogna! Tanto strepito per uno straccio di ventaglio che valerà cinque paoli.
EVARISTO Vaglia quel che sa valere, voi non sapete quello che costa, ed io darei per riaverlo... Sì, darei cinquanta zecchini.
CONTE Dareste cinquanta zecchini!
EVARISTO Sì, ve lo dico, e ve lo prometto. Se si potesse ricuperare darei cinquanta zecchini.
CONTE (Diavolo, bisogna che sia dipinto da Tiziano, o da Raffaelo d'Urbino).
EVARISTO Deh signor Conte fatemi questa grazia, questo piacere.
CONTE Vedrò se si potesse ricuperare, ma sarà difficile.
EVARISTO Se la persona che l'ha, volesse cambiarlo in cinquanta zecchini, disponetene liberamente.
CONTE Se l'avessi io, mi offenderei d'una simile proposizione.
EVARISTO Lo credo benissimo. Ma può essere che la persona che l'ha non si offenda.
CONTE Oh in quanto a questo, la persona si offenderebbe quanto me, e forse forse... Amico, vi assicuro che sono estremamente imbrogliato.
EVARISTO Facciamo così, signor Conte. Questa è una scattola d'oro, il di cui solo peso val cinquantaquattro zecchini. Sapete che la fattura raddoppia il prezzo; non importa, per ricevere quel ventaglio, ne offerisco il cambio assai volentieri. Tenete. (glie la dà)
CONTE Ci sono de' diamanti in quel ventaglio? Io non ci ho badato.
EVARISTO Non ci sono diamanti, non val niente, ma per me è prezioso.
CONTE Bisognerà vedere di contentarvi.
EVARISTO Vi prego, vi supplico, vi sarò obbligato.
CONTE Aspettate qui. (Sono un poco imbrogliato!) Farò di tutto per soddisfarvi... e volete, ch'io dia in cambio la tabacchiera?
EVARISTO Sì datela liberamente.
CONTE Aspettate qui. (s'incammina) E se la persona mi rendesse il ventaglio, e non volesse la tabacchiera?
EVARISTO Signore la tabacchiera l'ho data a voi, è cosa vostra, fatene qual uso che vi piace.
CONTE Assolutamente?
EVARISTO Assolutamente.
CONTE (Il Barone finalmente è galantuomo, è mio amico). Aspettate qui. (Se fossero i cinquanta zecchini non li accetterei, ma una tabacchiera d'oro? Sì signore, è un presente da titolato). (va alla spezieria)
EVARISTO Sì per giustificarmi presso dell'idol mio farei sagrifizio del mio sangue medesimo, se abbisognasse.
  

SCENA UNDICESIMA

CRESPINO dalla bottega della merciaia, e detti [poi GIANNINA]
CRESPINO (Oh, eccolo qui). Signore la riverisco. La signora Geltruda vorrebbe parlar con vossignoria. È qui in casa dalla merciaia, e la prega di darsi l'incomodo di andar colà che l'aspetta.
EVARISTO Dite alla signora Geltruda che sarò a ricevere i suoi comandi, che la supplico d'aspettar un momento, tanto ch'io vedo se viene una persona, che mi preme vedere, e verrò subito ad obbedirla.
CRESPINO Sarà servito. Come sta? Sta meglio?
EVARISTO Grazie al cielo sto meglio assai.
CRESPINO Me ne consolo infinitamente. E Giannina sta bene?
EVARISTO Io credo di sì.
CRESPINO È una buona ragazza Giannina.
EVARISTO Sì è vero; e so che vi ama teneramente.
CRESPINO L'amo anch'io, ma...
EVARISTO Ma che?
CRESPINO Mi hanno detto certe cose...
EVARISTO Vi hanno detto qualche cosa di me?
CRESPINO Per dir la verità, signor sì.
EVARISTO Amico io sono un galantuomo, e la vostra Giannina è onesta.
CRESPINO (Oh sì, lo credo anch'io. Non mancano mai delle male lingue).
CONTE (sulla porta della spezieria, che torna)
EVARISTO Oh andate dalla signora Geltruda, e ditele che vengo subito.(a Crespino)
CRESPINO Signor sì. (s'incammina) Son sicuro, non vi è pericolo, son sicuro. (passa vicino al Conte) Mi raccomando a lei per Giannina.
CONTE Fidatevi della mia protezione.
CRESPINO Non vedo l'ora. (entra da Susanna)
EVARISTO Ebbene, signor Conte?
CONTE Ecco il ventaglio. (lo fa vedere)
EVARISTO Oh, che piacere! Oh quanto vi sono obbligato! (lo prende con avidità)
CONTE Guardate se è il vostro?
EVARISTO Sì, è il mio senza altro. (vuol partire)
CONTE E la tabacchiera?
EVARISTO Non ne parliamo più. Vi son schiavo. (corre ed entra dalla merciaia)
CONTE Cosa vuol dire non conoscere le cose perfettamente! Io lo credevo un ventaglio ordinario, e costa tanto! Costa tanto, che merita il cambio d'una tabacchiera d'oro di questo prezzo! (piglia la tabacchiera) Evaristo non l'ha voluta indietro. Il Barone forse forse... non l'avrebbe voluta ricevere... Sì, è un poco disgustato veramente, ch'io gli abbia ridomandato il ventaglio, ma avendogli detto, ch'io lo presenterò in nome suo, si è un poco acquietato. Ne comprerò uno di tre, o quattro paoli, che farà la stessa figura.
CRESPINO (che torna dalla merciaia) Manco male che la mia commissione è poi andata assai bene. La signora Geltruda merita d'esser servita. Oh, signor Conte, adunque ella mi dà buone speranze?
CONTE Buonissime. Oggi è una giornata per me fortunata, e tutte le cose mi vanno bene.
CRESPINO Se gli andasse bene anche questa!
CONTE Sì, subito aspettate. Ehi Giannina.
GIANNINA (di casa) Signore, cosa vuole? Cosa pretende? (in collera)
CONTE Non tanta furia, non tanto caldo. Voglio farvi del bene, e maritarvi.
GIANNINA Io non ho bisogno di lei.
CRESPINO Sente? (al Conte)
CONTE Aspettate. (a Crespino) Voglio maritarvi a modo mio. (a Giannina)
GIANNINA Ed io gli dico di no.
CONTE E voglio darvi per marito Crespino.
GIANNINA Crespino? (contenta)
CONTE Ah! cosa dite? (a Giannina)
GIANNINA Signor sì, con tutta l'anima, con tutto il core.
CONTE Vedete l'effetto della mia protezione? (a Crespino)
CRESPINO Sì signore lo vedo.
  

SCENA DODICESIMA

MORACCHIO di casa, e detti.
MORACCHIO Cosa fate qui?
GIANNINA Cosa c'entrate voi?
CONTE Giannina si ha da maritare sotto gli auspici della mia protezione.
MORACCHIO Signor sì, son contento, e tu vi acconsentirai o per amore, o per forza.
GIANNINA Oh vi acconsentirò volentieri. (con serietà)
MORACCHIO Sarà meglio per te.
GIANNINA E per farti vedere che vi acconsento, do la mano a Crespino.
MORACCHIO Signor Conte. (con affanno)
CONTE Lasciate fare. (placidamente)
MORACCHIO Non era ella signor Conte impegnata per Coronato?
  

SCENA TREDICESIMA

CORONATO dall'osteria, e detti
CORONATO Chi mi chiama?
MORACCHIO Venite qui, vedete. Il signor Conte vuol che mia sorella si mariti.
CORONATO Signor Conte...(con smania)
CONTE Io sono un cavalier giusto, un protettor ragionevole, umano. Giannina non vi vuole, ed io non posso, non deggio, e non voglio usarle violenza.
GIANNINA Signor sì, voglio Crespino a dispetto di tutto il mondo.
CORONATO Cosa dite voi? (a Moracchio)
MORACCHIO Cosa dite voi? (a Coronato)
CORONATO Non me n'importa un fico. Chi non mi vuol, non mi merita.
GIANNINA Così va detto.
CONTE Ecco l'effetto della mia protezione. (a Crespino)
CORONATO Signor Conte ho mandato l'altro barile di vino.
CONTE Portatemi il conto, e vi pagherò. (dicendo così, tira fuori la scatola d'oro e prende tabacco)
CORONATO (Ha la scatola d'oro, mi pagherà). (via)
MORACCHIO Hai poi voluto fare a modo tuo. (a Giannina)
GIANNINA Mi par di sì.
MORACCHIO Se te ne pentirai sarà tuo danno.
CONTE Non se ne pentirà mai; avrà la mia protezione.
MORACCHIO Pane, pane, e non protezione. (entra in casa)
CONTE E così quando si faranno le vostre nozze?
CRESPINO Presto.
GIANNINA Anche subito.
  

SCENA QUATTORDICESIMA

BARONE dalla spezieria, e detti.
BARONE Ebbene signor Conte, avete veduta la signora Candida? Le avete dato il ventaglio? Perché non avete voluto che avessi io il contento di presentarglielo?
GIANNINA (Come! non l'ha avuto il signor Evaristo?)
CONTE Io non ho ancora veduto la signora Candida, e circa il ventaglio ne ho degli altri, e ve ne ho destinato un migliore. Oh ecco qui la signora Geltruda.
  

SCENA QUINDICESIMA

GELTRUDA, EVARISTO, SUSANNA, tutti tre dalla bottega di Susanna.
GELTRUDA Favoritemi di far discendere mia nipote, ditele che li ho da parlare, che venga qui. (a Susanna)
SUSANNA Sarà servita. (va al palazzino, batte, aprono ed entra)
GELTRUDA Non ho piacere che il signor Conte, ed il signor Barone entrino in casa. A quest'ora possiamo discorrere qui. (piano ad Evaristo)
CONTE Signora Geltruda, appunto il signor Barone, ed io volevamo farvi una visita.
GELTRUDA Obbligatissima. Adesso è l'ora del passeggio, prenderemo un poco di fresco.
BARONE Ben tornato signor Evaristo. (serio)
EVARISTO Vi son servitore. (serio)
  

SCENA SEDICESIMA

CANDIDA e SUSANNA dal palazzino, e detti.
CANDIDA Che mi comanda la signora zia?
GELTRUDA Andiamo a far quattro passi.
CANDIDA (Ah, è qui quel perfido d'Evaristo!)
GELTRUDA Ma che vuol dire che non avete il ventaglio? (a Candida)
CANDIDA Non sapete che questa mattina si è rotto?
GELTRUDA Ah sì è vero; se si potesse trovarne uno!
BARONE (Ora è il tempo di darglielo). (piano al Conte, urtandolo con premura)
CONTE (No in pubblico, no). (piano al Barone)
GELTRUDA Signor Evaristo, ne avrebbe uno a sorte?
EVARISTO Eccolo a' vostri comandi. (a Gertruda lo fa vedere, ma non lo dà)
CANDIDA (si volta dall'altra parte con dispetto)
BARONE (Il vostro ventaglio). (piano al Conte)
CONTE (Diavolo! oibò). (al Barone)
BARONE (Fuori il vostro). (al Conte)
CONTE (No, ora no). (al Barone)
GELTRUDA Nipote non volete ricevere le grazie del signor Evaristo?
CANDIDA No signora, scusatemi; non ne ho di bisogno.
CONTE (Vedete non l'accetta). (al Barone)
BARONE (Date a me, date a me il vostro). (al Conte)
CONTE (Volete far nascere una disfida?) (al Barone)
GELTRUDA Si potrebbe sapere, perché non volete ricevere quel ventaglio?
CANDIDA Perché non è mio, perché non era destinato per me. (a Geltruda, con caricatura) E perché non è mio, né vostro decoro, ch'io lo riceva.
GELTRUDA Signor Evaristo a voi tocca a giustificarvi.
EVARISTO Lo farò, se mi vien permesso.
CANDIDA Con licenza. (vuol andar via)
GELTRUDA Restate qui che ve lo comando. (Candida resta)
BARONE (Che imbroglio è questo?) (al Conte)
CONTE (Io non so niente). (al Barone)
EVARISTO Signora Susanna conoscete voi questo ventaglio?
SUSANNA Sì signore, è quello che avete comprato da me questa mattina, e ch'io imprudentemente ho creduto che l'aveste comprato per Giannina.
GIANNINA Oh così mi piace: imprudentemente! (a Susanna)
SUSANNA Sì, confesso il mio torto, e voi imparate da me a render giustizia alla verità. Per altro io aveva qualche ragione, perché il signor Evaristo ve l'aveva dato.
EVARISTO Perché vi aveva io dato questo ventaglio? (a Giannina)
GIANNINA Per darlo alla signora Candida: ma quando voleva darglielo mi ha strapazzato; e non mi ha lasciato parlare. Io poi voleva rendervelo, voi non l'avete voluto, ed io lo ho dato a Crespino.
CRESPINO Ed io son caduto, e Coronato l'ha preso.
EVARISTO Ma dov'è Coronato? Come poi è sortito dalle mani di Coronato?
CRESPINO Zitto, non lo stiano a chiamare che giacché non c'è dirò io la verità. Piccato sono entrato nell'osteria per trovar del vino, l'ho trovato a caso, e l'ho portato via.
EVARISTO E che cosa ne avete fatto?
CRESPINO Un presente al signor Conte.
CONTE Ed io un presente al signor Barone.
BARONE Voi l'avete riavuto! (al Conte, con sdegno)
CONTE Sì, e l'ho rimesso nelle mani del signor Evaristo.
EVARISTO Ed io lo presento alle mani della signora Candida.
CANDIDA (fa una riverenza, prende il ventaglio, e ridendo si consola)
BARONE Che scena è questa? Che impiccio è questo? Sono io messo in ridicolo per cagione vostra? (al Conte)
CONTE Giuro al Cielo, giuro al Cielo signor Evaristo!
EVARISTO Via via signor Conte si quieti. Siamo amici, mi dia una presa di tabacco.
CONTE Io son così, quando mi prendono colle buone non posso scaldarmi il sangue.
BARONE Se non ve lo scaldate voi, me lo scalderò io.
GELTRUDA Signor Barone...
BARONE E voi signora vi prendete spasso di me? (a Geltruda)
GELTRUDA Scusatemi, voi mi conoscete poco, signore. Non ho mancato a tutti i numeri del mio dovere. Ho ascoltate le vostre proposizioni, mia nipote le aveva ascoltate, ed accettate, ed io con piacere vi acconsentiva.
CONTE Sentite? Perché le avevo parlato io. (al Barone)
BARONE E voi, signora, perché lusingarmi? Perché ingannarmi?
CANDIDA Vi domando scusa, signore. Ero agitata da due passioni contrarie. La vendetta mi voleva far vostra, e l'amore mi ridona ad Evaristo.
CONTE Oh qui non c'entro.
EVARISTO E se foste stato amante meno sollecito, ed amico mio più sincero, non vi sareste trovato in caso tale.
BARONE Sì è vero, confesso la mia passione, condanno la mia debolezza. Ma detesto l'amicizia, e la condotta del signor Conte. (saluta e via)
CONTE Eh niente, siamo amici. Si scherza. Fra noi altri colleghi ci conosciamo. Animo facciamo queste nozze, questo matrimonio.
GELTRUDA Entriamo in casa, e spero che tutto si adempirà con soddisfazione comune.
CANDIDA (si fa fresco col ventaglio)
GELTRUDA Siete contenta d'aver nelle mani quel sospirato ventaglio? (a Candida)
CANDIDA Non posso spiegare l'eccesso della mia contentezza.
GIANNINA Gran ventaglio! ci ha fatto girar la testa dal primo all'ultimo.
CANDIDA È di Parigi questo Ventaglio?
SUSANNA Vien di Parigi ve l'assicuro.
GELTRUDA Andiamo; v'invito tutti a cena da noi. Beveremo alla salute di chi l'ha fatto. (ai comiciE ringrazieremo umilmente, chi ci ha fatto l'onore di compatirlo.

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Ultimo Aggiornamento: 18/07/05 01.28.43