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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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VITA

Di: Vittorio Alfieri

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EPOCA SECONDA - ADOLESCENZA

ABBRACCIA CIRCA OTTO ANNI DI SOGGIORNO NELL'ACCADEMIA

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Debolezza della mia complessione; infermità;
e incapacità d'ogni esercizio, e specialmente del ballo, e perché.

Passò in questo modo anche l'anno della Fisica; e in quell'estate, lo zio, fu nominato Viceré in Sardegna, e si dispose all'andarvi. Partito in Settembre, e lasciatomi raccomandato ad alcuni parenti, e per gli affari rinunziata, o accomunata la tutela con un Cavaliere suo amico, cominciai ad essere alquanto più allargato nelle mie facoltà; e mi fu data una piccola mensualità; cosa a cui lo zio non avea voluto mai consentire: e fin allora avea speso sempre Andrea per me, e a quel ch'io posso credere, per sé ad un tempo; ma un soldo non mi era capitato mai nelle mani. Nel corrente di quest'anno, essendo già promosso allo studio del primo anno di dritto civile, e canonico, riebbi una forte malattia, e preceduta dallo scoppio del capo, così forte questa volta, che non mi fu possibile di salvare i capelli; e uscii di quella malattia imparuccato. Accidente dei più dolorosi ch'io abbia provati in vita mia; dovendo soffrire l'umiliazione di tutti gli scherni dai compagni. Ma vedendo che era impossibil cosa di difendere la mia parrucca da quel torrente pigliai a dirittura il partito il più disinvolto, e fu di sparruccarmi io stesso, e di palleggiar la parrucca per l'aria. Dopo alcuni giorni sfogata l'ira pubblica, rimase la mia parrucca la più rispettata delle tre, o 4 altre che v'erano in quella galleria del 2° appartamento. Allora imparai, che bisognava sempre parer di dare, quello che non si potea impedire di togliere. In quest'anno mi erano anche stati concessi altri maestri. Nelle vacanze avea imparato la Geografia, mista con alquanto d'istoria, e quello studio m'era piaciuto, e l'avea assai bene imparata. Il maestro me l'insegnava in francese ch'era sua lingua, e cominciai d'allora ad andar leggendo libri francesi, tra gli altri Gil blas, che mi rapì veramente: e fu il primo libro che lessi con passione, non lo potendo lasciare; di là caddi poi ne' romanzi; ed i più teneri e tetri mi piaceano più di tutti; tra questi rilessi forse dieci volte in diversi tempi, Les mémoires d'un homme de qualité. Mi era anche stato dato un maestro di cimbalo; e benché avessi una passione smisurata per la musica, non vi feci quasi nessun progresso, fuorché la mano era piuttosto svelta; ma si stava male di musica, ed era il mio poco suonar tutto d'orecchia, e non d'altro. Attribuisco la cagione di questa mia asinità nella nota, all'ora della lezione, che essendo immediatamente dopo il pranzo, ora in cui in ogni tempo della mia vita mi sono riconosciuto per quasi stupido, e incapace d'ogni applicazione di mente, non poteva assolutamente imparare, né fissare pure le note, che mi ballavano dinanzi agli occhi, e mi alzava dal cimbalo malato pel rimanente del giorno. Le scole parimente di ballo, e di scherma, mi riuscivano infruttuosissime: la scherma perché io era assolutamente troppo debile per potere stare in guardia, e in quelle attitudini sforzate, ed era oltre ciò dopo pranzo, e quasi subito dopo il cimbalo; il ballo lo abborriva per natura, e vi s'aggiunse poi un maestro francese nuovamente arrivato di Parigi, che me lo fece abborrir doppiamente con certa sua aria civilmente soverchiatrice e sprezzante, a cui non mi potei mai acconciare; e dopo alcuni mesi lasciai la lezione. Attribuisco in parte a costui quel pregiudizio disfavorevole ch'io ebbi poi sempre per quella nazione, che pure ha tante piacevoli e ricercabili qualità. Ma quelle prime impressioni non si sradicano mai, la ragione le va combattendo; ma bisogna sempre combattere per esser giusti. E due altre cose, raccapezzando così le mie primitive idee, trovo che m'hanno fatto fin da ragazzo, antigallo; una è fin da quando era in Asti, che passò di là una Duchessa di Parma francese, che andava, o veniva di Parigi; quella carrozzata di donne con un impiastro di rossaccio, cosa che non avea vista mai, mi rimase singolarmente nella fantasia, e ne parlai per più anni; non potendo capire cosa volesse dire quell'ornamento così bizzarro, e ridicolo che allora le signore d'Asti, e massime la mia madre, non avean mai conosciuto né trattato pennello. L'altra era, che imparando poi la Geografia, e vedendo quella immensa differenza che passava tra la grandezza e la popolazione della Francia con quella d'Inghilterra, pure sentiva dir sempre da quelli che sapevano le nuove che i Francesi erano battuti per tutto; e così dall'infanzia avea sentito, ch'erano stati presi prigionieri in Asti dove erano in forza e poco innanzi padroni; tutte queste cose riunite, e poste sul viso di quel maestro di ballo, ch'era bastantemente affettatuccio, e che m'insegnava con degli isgarbi un'arte abborrita, mi fece parte abborrire, parte disprezzare i Francesi. E son certo, che chi ricercasse poi in sé stesso maturo, le cagioni degli odii, od amori per gl'individui, e per i diversi popoli, ritroverebbe miserie forse pari a queste mie. Oh picciola cosa e pur l'uomo!

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:08/02/2001 17.51

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