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LE VITE DE' PIÚ ECCELLENTI ARCHITETTI, PITTORI, ET SCULTORI ITALIANI, DA CIMABUE INSINO A' TEMPI NOSTRI
Nell'edizione per i tipi di Lorenzo
Torrentino - Firenze 1550

di Giorgio Vasari

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LORENZETTO

 

Scultore Fiorentino

 

Quando la fortuna ha tenuto in basso per la povertà la virtú, rimorsa spesse volte dallo stimolo, si ravvede, et in un punto non aspettato, procaccia varii modi di beneficii, per rimunerare in uno anno i dispetti e le incommodità di molti. Questo provò Lorenzo di Lodovico campanaio fiorentino, le cui fatiche furono parte nella scultura e parte nella architettura. Fu al tempo del grazioso Raffaello da Urbino da lui strettissimamente amato; il quale lo fece operare sotto di sé aiutandolo, e gli diede per moglie la sorella di Giulio Romano discepolo suo. Finí nella sua giovanezza la sepoltura del Cardinale Forteguerri, posta in | S. Iacopo di Pistoia, già cominciata da Andrea del Verrocchio, dove Lorenzo lavorò una Carità. Fece a Gio<vanni> Bartolini una figura per il suo orto. Andò a Roma, dove piú cose fece, le quali non sono degne di memoria.

Gli allogò Agostin Ghigi per ordine di Raffaello da Urbino la sua sepoltura in Santa Maria del Popolo, dove aveva fabbricata una cappella; perché Lorenzo si mise con grande amore a fatiche impossibili, per riuscire con lode e per piacere a Raffaello, che lo poteva ingrandire et aiutar molto in questo lavoro, et ancora con speranza che Agostino uomo ricchissimo straordinariamente lo rimunerasse. Le quali figure furono dal giudizio di Rafaello di continuo aiutate, et egli a ultima fine le condusse. In una è figurato Iona ignudo uscito del ventre del pesce, per la ressurezzione de' morti, nell'altra Elia, che col vaso d'acqua e col pane subcinerizio vive di grazia sotto il ginepro. Le quali statue furono da Lorenzo a tutto suo potere con arte e con somma bellezza condotte, ma l'aspettazione del premio che desiderava per il peso della famiglia che aveva, tardi venne; con ciò sia cosa che si chiuser gli occhi ad Agostino Chigi et al mirabile Rafaello, e le figure per la poca pietà de' suoi gli rimasero in bottega. Onde Lorenzo oltra modo dolente perdé in un tratto tutte le sue speranze. Avvenne che fu eseguito il testamento di Rafaello da Urbino, perché fece una statua di marmo di quattro braccia d'una Nostra Donna per il sepolcro di esso Rafaello nel tempio di Santa Maria Rotonda; cosí per suo ordine fu restaurato il tabernacolo. Fece ancora per un mercante de' Perini alla Trinità di Roma una sepoltura con due fanciulli di mezzo rilievo, e di architettura a molte case et altre fabbriche diede il disegno, come al palazzo di M<esser> Bernardino Caffarelli, e nella Valle la facciata di dentro e co|sí il disegno delle stalle et il giardino di sopra. Avvenne che Papa Clemente volse mettere in ponte Santo Angelo il San Paolo di Paolo Romano; perché, volendolo accompagnare da un'altra figura di San Pietro, l'allogò a Lorenzo, il quale la fece, e tutte due pose dove si veggono all'entrata del ponte. Successe la morte di Clemente VII e che le sepolture della Minerva di Leone e di esso a Baccio Bandinelli furono allogate. Laonde Lorenzo ebbe la cura del lavoro di quadro e di farlo finire di marmo, e cosí si trattenne alquanto.

Finalmente nella creazione di Paulo III, essendo egli venuto per le poche facende in molto mal governo, e non avendo altro che una casa che al Macello d'i Corbi esso aveva fabbricato, con cinque figliuoli alle spalle, e già passato il tempo d'aspettare il ristoro delle fatiche sue, venne la fortuna a voltarsi et a volerlo ingrandire per altra via. E ciò fu che volendo Papa Paulo III far seguire la fabbrica di San Pietro, non essendo piú vivo né Baldassare Sanese, né quegli che a tal cura attendevano, Antonio da San Gallo mise Lorenzo a tale opera, che facevano le mura in cottimo a tanto la canna. Cosí fu posto in tale opera per architetto. Laonde in quei pochi anni fu conosciuto piú senza affaticarsi, che non era stato ne i molti quando lavorando si esercitava, avendo in quel punto propizio Iddio, gli uomini e la fortuna. Per il che se egli fino al presente fosse vissuto, averebbe ristorato quei danni che la violenzia della sorte quando egli bene operava, indegnamente gli aveva fatto. Cosí condotto alla età di anni xlvii si morí di male di febbre l'anno mdxli. Dolse infinitamente la morte di costui a molti amici suoi, che lo conobbero sempre amorevole e discreto. E perché egli visse sempre da uomo buono e ragionevole, i deputati | di San Piero gli diedero in un deposito onorato sepolcro, e posero in quello lo infrascritto epitaffio:

 

SCVLPTORI LAVRENTIO FLORENTINO

 

ROMA MIHI TRIBVIT TVMVLVM, FLORENTIA VITAM;

NEMO ALIO VELLET NASCI ET OBIRE LOCO.

MDXLI

VIX<IT> ANN<OS> XLVII MEN<SES> II D<IES> XV.


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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 12/07/2005 23.11

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