TRE CROCI
di Federigo Tozzi
..
CAPITOLO VII Giulio diede
subito importanza a quel che gli aveva detto la cognata. Ma da solo non riesciva a vedere
come avrebbe fatto a fingere che la ragazza avesse almeno una dote piccola. Era curioso di
conoscere il giovine; e aspettava, da un giorno all'altro, che capitasse in bottega;
perché, certamente, avrebbe dovuto prima parlare a lui. Ma, poi, non volle preoccuparsene
troppo; perché, convinto che tutto ormai gli dovesse essere contrario, si racchiocciolava
e non desiderava più che la sua sfortuna mutasse; e aveva perduto ogni senso di volontà.
Però, fu di parere di dirlo ai fratelli: Enrico rispose che non ci credeva e che si
trattava molto probabilmente d'una fisima da donnicciole, e Niccolò garantì che non
valeva la pena né meno di occuparsene. Allora, Giulio volle impegnarsi da solo a fare per
Chiarina quel che avrebbe potuto. Tutto il suo sentimento d'uomo gli dava un piacere
d'energia, che si trovava d'accordo con la sua coscienza. E credette, così, di rendersi
meno abbandonato a se stesso. Non aveva fatto mai niente che avesse un intento morale, ed
ora gliene capitava l'occasione! Volle
riprovarsi a discorrerne più a lungo con Niccolò, e gli disse: - Tu che sei
tanto affezionato, e non lo metto in dubbio, a quelle due bambine, perché ti rifiuti ora
di prendere sul serio la possibilità che una abbia trovato da sistemarsi bene? - Giulio, lo
sai! Io di queste bazzecole non me ne intendo punto! - O perché? - Perché io,
da qui in avanti, più che ci s'avvicina all'abisso, voglio mangiare e bere soltanto! - Mi pare che
l'una cosa non escluda l'altra! - Ma che dovrei
fare? - Siccome è un
impiegato al Demanio, tu che conosci il direttore, dovresti informartene. Niccolò si
mise a ridere: - Ti pare che
io sia proprio adatto? Poi disse con
violenza, alzandosi in piedi e battendosi una mano aperta sul ventre: - Se è uno che
cerca la dote, ha sbagliato! La dote non c'è e non la piglia. Si trovi un'altra
fidanzata! Poi, con una
voce, che gli sbatteva insieme con le sue risate brusche e quasi minacciose, seguitò
gridando: - Ti pare che
la sposi senza una dote? Ah, io non ci credo! Sarebbe un bell'imbecille! Sono il primo a
dirglielo! Avete voluto mandare a scuola anche lei, e invece doveva entrare a farsi
monaca! L'ho sempre detto! Non mi sento mica un gonzo! - Ormai, è
inutile avere codeste idee. - E, allora,
fate quel che volete. Io resto del mio parere. E rise, sempre
più aspramente. Mentre rideva,
entrò un giovine vestito abbastanza bene; con i baffi rossi e le lenti. Niccolò gli
chiese, con un risolino beffardo: - Vuol qualche
libro? - Volevo
parlare a uno di loro. Non so a chi. - Parli al mio
fratello! E,
abbottonatasi la giubba, scappò. Giulio escì da
dietro la scrivania, e il giovine si presentò: - Sono il
ragioniere Bruno Pallini, impiegato da un anno al Demanio di Siena. Giulio,
inchinandosi, gli rispose: - Mi dica pure
quello che vuole. Il giovine
stette un momento zitto. - Sa... è la
prima volta ch'io parlo con lei! Mi scusi! Io desidererei l'onore di fidanzarmi con la
signorina Chiarina. Aveva gli occhi
luccicanti, e gli tremavano anche le lenti. Aspettava ansioso che il libraio aprisse
bocca. - Non c'è
nulla in contrario, se la mia nipote acconsente: purché lei sia disposto anche se le
condizioni... attuali... della ragazza sono piuttosto modeste. Il giovine,
esaltato, disse senza riflettere: - Ah, non le
voglio né meno sapere! - Allora... la
cosa può essere fattibile! Oggi ne parlerò alla sua zia e a lei. - Quando vuole
che torni? - A comodo suo.
Stasera, domattina... Meglio domattina. Il giovine
avrebbe voluto stare con lui più a lungo, ma siccome non trovava niente da dire, sorrise
tutto imbarazzato e timido, gli tese la mano; e se ne andò. Giulio restò
fermo, allo stesso posto; facendo girare le lenti fra le dita. Poi, disse: - E ora? Ma entrò
Costanzo Nisard tutto azzimato e gioioso; con un crisantemo che pareva d'oro; tenendolo
insieme con un manoscritto arrotolato. - Disturbo,
forse? - Anzi, mi fa
piacere. C'è stato, mezzo minuto fa, un signore a chiedere la mano d'una mia nipote; di
Chiarina. Il Nisard, a
cui piaceva fare i complimenti, esclamò: - Mi duole di
essere arrivato troppo tardi! Lo avrei conosciuto volentieri. - Pare serio.
Dev'essere meridionale; come quasi tutti gli impiegati che mandano qua. - È ricco? - Io non
gliel'ho chiesto. Ma il Nisard
aveva parlato abbastanza di quell'argomento, e disse: - Ero venuto
per sapere se lei ha un fascicolo del Burlington Magazine, dov'è uno studio sul
Sassetta del Berenson. Mi scusi se io cerco quel che interessa me. - Ora,
guarderemo se lo troviamo! - Non ho
nessuna fretta. Ma comparve
Niccolò, ghignando; e s'accomodò a sedere senza dire niente. - Era lui
quello che ci domanda di Chiarina - gli disse Giulio. - Lo sapevo. E
perciò me la son battuta. Allora il
Nisard gli chiese scherzando, con la sua voce crepitante come fatta di aghi, con un
sorriso che sgrigliolava liscio e pulito come le sue scarpe sempre nuove e sempre lucide: - E lei è
contento? Niccolò lo
ragguardò in viso, ridendo; e ora, il suo riso era tranquillo, ma dileggiante lo stesso.
Si calcò il cappello fin sugli occhi, in modo che le sopracciglia toccarono la tesa, e
gli rispose: - Le pare che
io pensi agli sposalizii? Il Nisard, con
una voce che pareva donnesca, si raccomandò che non si prendesse gioco anche della
nipote. E restò con il sorriso sospeso, aspettando a ricominciarlo quando il libraio gli
avesse risposto. Allora rise come se gli facessero il solletico; rannicchiandosi con le
spalle; e torcendosi le mani. - Ma via! È
troppo grossa! Soltanto lei dice cose simili! Giulio, con il
suo sorriso che si sottometteva, un sorriso che si mutava subito nella voce, gli disse: - Non c'è da
far caso più di niente con lui! Ma Niccolò,
con un ridere agro, che scherniva: - Io non me ne
intendo! Poi, chinò la
testa, e dopo un poco ronfava. Il Nisard
sfogliò, sul banco, il fascicolo del Magazine; batté la punta del bastone su le
ginocchia di Niccolò, per salutarlo. Ma Niccolò finse di non destarsi. Quando sentì
ch'era escito, fece uno sbadiglio lungo come una ragliata, a più riprese, e disse: - Non so
perché i quadri debbano stare nei musei, e invece non li dànno a me, per venderli! Caro
Giulio, senza un quadro di autore vero, saremo sempre miserabili. Giulio,
pensieroso, rispose: - Lo so! Ma
bada se ti riesce a staccarne almeno qualcuno da dove li tengono chiusi a chiave. - Ecco qui!
Siamo costretti a fare l'industria delle antichità false! Come le trecche! Rise con un
suono, che pareva quello di un trombone; e, spalancando la bocca con un altro sbadiglio,
continuò: - Una volta,
almeno, si poteva cercare per la campagna! Ora il governo ha fatto inventariare tutto
senza pensare al nostro mestiere! Ci ha rovinato tutti! Poi, con una
voce più naturale: - Dimmi almeno
quel che t'ha detto! - Chi? - Quel signore,
che è venuto a posta per Chiarina! - Ah, m'era
passato di mente! Niccolò parve
preso dall'impazienza: - Che t'ha
detto? Ma ambedue si
volsero verso la porta, sentendo toccare la maniglia: era il cavaliere Nicchioli. Allora,
Niccolò richiuse lesto gli occhi. Il cavaliere
disse tutto festoso: - Ho incontrato
il Nisard, e m'ha detto che la vostra Chiarina è per fidanzarsi. Me ne congratulo,
quantunque... al mio bambino sia venuta una tossetta... piuttosto cattiva. Giulio sorrise: - Sono certo
che domani tutta Siena saprà che è venuto un giovine a domandarmi il consenso di... - Oh, lo
sapranno tutti! Si figuri: ho parlato con due miei amici, che sapevano perché ho dovuto
cambiare la donna di servizio... che non si prestava... amorevolmente... con il mio
bambino. - È una cosa
meravigliosa. - Siena è
fatta così; e nessuno ci cambierà; se Dio vuole! Anch'io, del resto, non vivrei
volentieri a Siena se non fosse possibile conoscere quel che si desidera degli altri.
Perché non mi piacciono le grandi città? Principalmente, perché io non potrei stare
senza conoscere gli altri come me stesso. È una curiosità, che abbiamo nel sangue. E
nessuno ce la leva. Anzi, io, le persone che non sono di qui, non ce le vorrei né meno!
Che ci fanno? Stiamo bene tra noi; essendo tutti eguali e dello stesso seme. Dorme davvero
Niccolò? La voce del
cavaliere pareva malata, un poco saponosa, d'una timidità floscia. Il libraio gli
rispose: - Credo. Non fa
altro! - Mi dica che
giovine è. - Ancora non ho
avuto tempo di chiederlo a nessuno. - O che
aspetta? Vuole che me ne incarichi io? Lo faccio con vero piacere. Mi dia il nome. Scrisse il
nome, e riescì dicendo: - Tra un'ora...
lei saprà con precisione quanti anni ha, di che famiglia è nato, e se è un partito da
farsi. Si fidi di me. Giulio, allora,
chiese al fratello: - Ti sei
addormentato da vero? Niccolò se ne
vantò: - Sognavo
perfino! Dentro la
libreria c'era poca luce e dovevano accendere presto il gasse. Nella strada, vedevano
passare sempre le stesse persone; e qualcuna si fermava a guardare la vetrina. Allora,
Niccolò, che occhiava dal suo cantuccio, cominciò a dire: - Quello è il
pazzo che dovette fuggire da Siena, quando scoprirono che aveva rubato al cugino
l'eredità; che non doveva toccare a lui... Una di quelle due signore, la più brutta, è
la moglie di un tale che s'è fatto pagare i debiti dal suocero... Ecco la contessa, che
al servizio non vuol tenere donne... Oh, ecco la marchesa tradita dal marito con la
governante dei figlioli... Lo sai chi è quel prete? È un canonico del Duomo: si dice che
abbia per amante la zia di quel signore che l'altro giorno comprò tutti quei libri di
chimica... quella è l'amante del barone che va sempre con l'automobile... stai attento:
tra poco passa anche lui... Eccolo! Che ti dicevo, Giulio? Lo vedi che è vero?... E batté le
mani dalla compiacenza: - Scommetto che
sono esciti, a quest'ora, per vedersi!... Oh, ecco la govemante che tradisce la marchesa!
È giovine! Si vede che dev'essere l'amante di lui! Basta guardarla in faccia! Stai sicuro
che non ci si sbaglia! Lo vedi che io so tutto? E hai visto come soffre la marchesa?...
Bada quella signorina che si tinge sempre!... M'hanno detto che la mantiene quel conte
tanto ricco, che ha le tenute a Poggibonsi. Io ci credo! Se no, chi glieli comprerebbe i
vestiti a quel modo? E suo padre è contento. Anche questo so. Chi me l'ha detto, la
conosce fin da bambina... Come fa schifo quella signora vecchia! Non la posso né meno
guardare. Come biascica! Non ha più né meno un dente!... Almeno la baronessa, che va
sempre a spasso con gli ufficiali, se li è messi finti. È andata da un dottore
americano, che sta a Firenze. Ha speso una somma favolosa! Ma si turbò,
dicendo: - Ecco questo
screanzato. Era Enrico che
zoppicava anche più del solito. Niccolò gli chiese: - Che vuoi? - Quel che mi
pare. Giulio lo
difese: - Ha ragione. - Mi ha detto
il Nisard che è venuto quel giovine, per il fidanzamento. - Lo sai anche
tu? - Se non lo so
io? Non è anche mia nipote? Dimmi, piuttosto, le tue impressioni. - Né buone né
cattive. - Parla bene?
Era disinvolto? - È un
gingillino, di pelo rosso, mogio, un poco anemico! Ma decente. - Io non
capisco perché sia capitato proprio lui! Speriamo che sia una buona fortuna. Per
l'appunto è il primo e l'unico. Non c'è né meno da scegliere, così! - E chi è che
può imbroccare se si deve dirgli di no o di sì? - Se sono
innamorati, io direi di non rimandarlo via! E, tu, Niccolò, l'hai visto? Niccolò non
gli rispose, e si mise a togliere la polvere di sopra alla cassapanca. Allora, Enrico
disse: - Io, invece di
prendere moglie, mi metterei un pietrone al collo e m'affogherei. - Ma tutti non
sono come te! - Perché non
hanno la mia furbizia! E con la voce,
che gli cambiava tono, quando voleva preparare gli altri a udire qualche scappata,
proseguì: - Bel piacere a
prender moglie! Allora, anche di me direbbero che ho le corna! E rise,
stridendo come un topo e spruzzolando lontano la saliva. |
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Ultimo Aggiornamento: 17/07/2005 14.03