3. La Tigre della Malesia
L'uomo che aveva
gettato in così buon momento quel grido poteva avere trentadue o trentaquattro
anni. Era alto di statura, con la pelle bianca, i lineamenti fini,
aristocratici, due occhi azzurri, dolci, e i baffi neri che ombreggiavano le
labbra sorridenti. Vestiva con estrema eleganza: giacca di velluto marrone
con bottoni d'oro stretta ai fianchi da una larga fascia di seta azzurra,
calzoni di broccatello, lunghi stivali di pelle rossa, a punta rialzata, e un
ampio cappello di paglia di vera manilla in testa. Ad armacollo portava una
magnifica carabina indiana e al fianco pendeva una scimitarra la cui impugnatura
d'oro era sormontata da un diamante grosso quanto una nocciola, d'uno splendore
ammirabile. Con un cenno allontanò i pirati, si avvicinò all'indiano che non
aveva pensato a rialzarsi, tanta era la sua sorpresa nel sentirsi ancora vivo, e
lo guardò per alcuni istanti con profonda attenzione. - Che ne dici? - gli
chiese con tono allegro. - Io!... - esclamò Kammamuri, che si domandava chi
poteva mai essere l'uomo dalla pelle bianca che comandava quei terribili
pirati. - Sei sorpreso di sentirti ancora la testa sulle spalle? - Tanto
sorpreso che mi domando se è vero che sono ancora vivo. - Non dubitarne,
giovanotto. - Perché? - chiese ingenuamente l'indiano. - Perché non sei un
bianco, innanzitutto... - Ah! - esclamò - Voi odiate i bianchi? - Sì. -
Non siete un bianco, voi, dunque? - Per Bacco, un portoghese puro
sangue! - Non capisco allora perché voi... - Alto là, giovanotto; questo
discorso non mi va a sangue. - Sia pure, e poi? - Poi, perché sei un prode
e io amo i prodi. - Sono maharatto - disse l'indiano con
fierezza. - Una razza che ha un buon nome. Dimmi un po', ti spiacerebbe esser
dei nostri? - Io, pirata! - E perché no? Per Giove! Saresti un bravo
compagno. - E se rifiutassi? - Non risponderei più della tua testa. -
Se si tratta di salvare la pelle, mi farò pirata. Chissà forse è meglio. -
Bravo giovanotto. Olà, Kotta, vammi a cercare una bottiglia di whisky. Gli
americani non navigano mai senza una buona provvista. Un malese di cinque
piedi di altezza, con due braccia smisurate, scese nella cabina del povero Mac
Clintock e pochi istanti dopo ritornava con un paio di bicchieri e una polverosa
bottiglia alla quale aveva fatto saltare il collo. - Whisky - lesse Yanez
sull'etichetta. - Questi americani sono davvero eccellenti uomini. - Empì due
tazze e ne porse una all'indiano, chiedendogli: - Come ti chiami? -
Kammamuri. - Alla tua salute, Kammamuri. - Alla vostra, signor... -
Yanez - disse l'uomo bianco. E tracannarono d'un fiato i due bicchieri. -
Ora, giovanotto - disse Yanez, sempre di buon umore, - andremo a trovare il
capitano Sandokan. - Chi è questo Sandokan? - Per Bacco! La Tigre della
Malesia. - E voi mi condurrete da quell'uomo? - Certo, mio caro, e sarà
lieto di ricevere un maharatto. Andiamo, Kammamuri. L'indiano non si
mosse. Pareva imbarazzato e guardava ora i pirati ed ora la poppa della
nave. - Che cos'hai? - chiese Yanez. - Signor... - disse il maharatto, esitando. - Parla. - Non la toccherete? - Chi? -
Ho una donna con me. - Una donna! Bianca o indiana? - Bianca. - E
dov'è? - L'ho nascosta nella stiva. - Conducila sul ponte. - Non la
toccherete? - Hai la mia parola. - Grazie, signore - disse il maharatto con voce commossa. Corse a poppa e sparve nel boccaporto.
Pochi istanti dopo risaliva sul ponte. - Dov'è questa donna? - chiese
Yanez. - Sta per venire, ma non una parola, signore. Ella è pazza. -
Pazza!... Ma chi è? - Eccola! - esclamò Kammamuri. Il portoghese si volse
verso poppa. Una donna di meravigliosa bellezza, avvolta in un gran mantello
di seta bianca, era improvvisamente uscita dal boccaporto arrestandosi presso il
tronco dell'albero di mezzana. Poteva avere quindici anni. La sua persona era
elegante, graziosa, flessuosa; la sua pelle rosea, di una morbidezza
impareggiabile; gli occhi grandi, neri e d'una dolcezza infinita; il naso
piccolo e dritto; le labbra sottili, rosse come il corallo, schiuse ad un
ineffabile sorriso, che lasciava scorgere due file di piccolissimi e
bianchissimi denti. Una capigliatura opulenta, nerissima, divisa sulla fronte da
un fermaglio in cui era incastonato un grosso diamante, le ricadeva sulle spalle
in pittoresco disordine, scendendo fino alla cintura. Ella guardò quegli
uomini armati, i cadaveri che ingombravano il ponte e tutti quei rottami, senza
che una contrazione di paura, di orrore o di oscurità, si disegnasse sul suo
viso gentile. - Chi è quella donna? - chiese Yanez con strano accento,
afferrando una mano di Kammamuri e stringendola forte. - La mia padrona -
rispose il maharatto. - La vergine della pagoda d'Oriente Yanez
fece alcuni passi verso la pazza che continuava a conservare l'immobilità di
una statua e la guardò fissa. - Quale rassomiglianza!... - esclamò
impallidendo. Ritornò rapidamente verso Kammamuri e, prendendogli la
mano: - Quella donna è inglese? - chiese con voce alterata. - È nata in
India da genitori inglesi. - Perché è diventata pazza? - È una storia
lunga. - La narrerai dinanzi alla Tigre della Malesia. Imbarchiamoci, maharatto, e voi, tigrotti, spogliate per bene questa carcassa e poi
incendiatela. La Young-India ha cessato di esistere. Kammamuri
s'avvicinò alla pazza, la prese per mano e la fece scendere nel praho del
portoghese. Ella non aveva opposto resistenza, né pronunziato sillaba
alcuna. - Partiamo - disse Yanez, prendendo la ribolla del timone. Il mare
a poco a poco si era calmato. Solamente attorno ai frangenti spumeggiava e
muggiva, sollevandosi in larghe ondate. Il praho, guidato da quegli
abili ed intrepidi marinai, superò le scogliere, balzando e rimbalzando sui
cavalloni come una palla elastica e s'allontanò con fantastica rapidità
lasciandosi dietro una scia candidissima, in mezzo alla quale giocherellavano
mostruosi pesci-cani. In capo a dieci minuti raggiunse la punta estrema
dell'isola, la girò senza rallentare la sua velocità, e navigò verso un'ampia
baia che aprivasi dinanzi a un grazioso villaggio. Composto di venti e più
solidissime capanne, difeso da una triplice linea di trincee armate di grossi
cannoni e da numerosissime spingarde, da alte palizzate e da profondi fossati
irti di aguzze punte di ferro. Un centinaio di malesi semi-nudi, ma tutti
armati fino ai denti, uscirono dalle trincee e si slanciarono verso la spiaggia,
mandando urla selvagge, agitando pazzamente kriss avvelenati, scimitarre,
scuri, picche, carabine e pistole. - Dove siamo? - chiese Kammamuri con
inquietudine. - Nel nostro villaggio - rispose il portoghese. - È qui che
abita la Tigre della Malesia? - Abita lassù, dove ondeggia quella bandiera
rossa. Il maharatto alzò il capo, e sulla cima di una gigantesca rupe
che cadeva a picco sul mare, scorse una gran capanna difesa da parecchie
palizzate, su cui si agitava maestosamente una grande bandiera rossa adorna
d'una testa di tigre. - Andremo lassù? - domandò con commozione. - Sì,
amico - rispose Yanez. - Come mi riceverà? - Come si deve accogliere un
coraggioso. - La vergine della pagoda d'Oriente verrà con noi? -
Per ora no. - Perché? - Perché quella donna somiglia a... S'interruppe.
Una rapida commozione aveva alterato improvvisamente i suoi lineamenti e i suoi
occhi si inumidirono. Kammamuri se ne accorse. - Voi mi sembrate commosso,
signor Yanez - disse. - T'inganni - rispose il portoghese, tirando a sé la
ribolla per evitare la punta estrema di una scogliera che riparava la baia. -
Sbarchiamo, Kammamuri. Il praho si era arenato con la prua verso la
costa. Il portoghese, Kammamuri, la pazza e i pirati sbarcarono. -
Conducete questa donna nella migliore abitazione del villaggio - disse Yanez,
additando ai pirati la pazza. - Le faranno del male? - domandò
Kammamuri. - Nessuno ardirà toccarla - disse Yanez. - Le donne qui si
rispettano forse più che in India ed in Europa. Vieni, maharatto Si
diressero verso la gigantesca rupe e salirono una stretta scala scavata nel vivo
masso, lungo la quale erano scaglionate sentinelle armate di carabine e di
scimitarre. - Perché tante precauzioni? - chiese Kammamuri. - Perché la
Tigre della Malesia ha centomila nemici. - Non è amato dunque il
capitano? - Noi lo idolatriamo, ma gli altri... Se tu sapessi, Kammamuri,
come gl'inglesi lo odiano. Eccoci giunti: non temere nulla. Infatti
giungevano allora dinanzi alla gran capanna, difesa pur questa da trincee, da
gabbionate, da fossati, da cannoni, da mortai e da spingarde del secolo
precedente. Il portoghese spinse prudentemente una grossa porta di legno di teck, capace di resistere al cannone, e introdusse Kammamuri in una
stanza tappezzata di seta rossa, ingombra di carabine d'Europa, di scuri, di kriss malesi, di
yatagan turchi, di pugnali, di bottiglie, di
pizzi, di stoffe, di maioliche della Cina e del Giappone, di mucchi d'oro, di
verghe d'argento, di vasi riboccanti di perle e di diamanti. Nel mezzo,
semisdraiato su di un ricco tappeto di Persia, Kammamuri scorse un uomo dal
volto abbronzato, vestito sfarzosamente all'orientale, con vesti di seta
trapunta in oro e lunghi stivali di pelle pure rossa a punta
rialzata. Quell'individuo non dimostrava più di trentaquattro o trentacinque
anni. Era alto di statura, stupendamente sviluppato, con una testa superba, una
capigliatura folta, ricciuta, nera come l'ala di un corvo, che gli cadeva in
pittoresco disordine sulle robuste spalle. Alta era la sua fronte,
scintillante lo sguardo, sottili le labbra, atteggiate ad un sorriso
indefinibile, magnifica la barba che dava ai suoi lineamenti un aspetto fiero
che incuteva ad un tempo rispetto e paura. Nell'insieme, s'indovinava che
quell'uomo possedeva la ferocia di una tigre, l'agilità di una scimmia e la
forza di un gigante. Appena vide entrare i due personaggi, con uno scatto si
alzò a sedere, fissando su di loro uno di quegli sguardi che penetrano nel più
profondo dei cuori. - Che cosa mi rechi? - chiese con voce metallica,
vibrante. - La vittoria, innanzi tutto - rispose il portoghese. - Ti conduco
però un prigioniero. - La fronte di quell'uomo s'oscurò. - È forse
quell'indiano l'individuo che tu hai risparmiato? - domandò egli, dopo qualche
istante di silenzio. - Sì, Sandokan. Ti dispiace, forse? - Tu sai che
rispetto i tuoi capricci, amico mio. - Lo so, Tigre della Malesia. - E che
cosa vuole quell'uomo? - Diventare un tigrotto. L'ho veduto battersi, è un
eroe. Lo sguardo della Tigre divenne lampeggiante. Le rughe che solcavano la
sua fronte scomparvero come le nubi sotto un vigoroso colpo di vento. -
Avvicinati - disse all'indiano. Kammamuri, ancora sorpreso di trovarsi
dinanzi al leggendario pirata che per tanti anni aveva fatto tremare i popoli
della Malesia, si fece innanzi. - Il tuo nome? - chiese la Tigre. -
Kammamuri. - Sei? - Maharatto - Un figlio di eroi dunque? -
Dite il vero, Tigre della Malesia - disse l'indiano con orgoglio. - Perché
hai lasciato il tuo paese? - Per recarmi a Sarawak. - Da quel cane di
James Brooke? - chiese la Tigre con accento d'odio. - Non so chi sia questo
James Brooke. - Meglio così. Chi hai a Sarawak per recarti laggiù? - Il
mio padrone. - Cosa fa? È soldato del rajah, forse? - No, è
prigioniero del rajah - Prigioniero? E perché? L'indiano non
rispose. - Parla - disse brevemente il pirata. - Voglio sapere tutto. -
Avrete la pazienza di ascoltarmi? La storia è lunga quanto terribile. - Le
storie terribili e sanguinose piacciono alla Tigre; siedi e narra.
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