I palazzoni enormi come a Nuova York, contenenti
centinaia di famiglie si succedevano senza interruzione e
anche nelle vie dell'antico sobborgo della capitale dello
stato regnava un'animazione straordinaria, febbrile.
I brooklynesi parevano pure impazziti e correvano,
piuttosto che camminare, come se avessero addosso il diavolo
e l'argento vivo nelle vene.
La tensione elettrica produceva i medesimi effetti anche
sugli abitanti del sobborgo.
Quello che colpiva sempre i risuscitati era la mancanza
assoluta dei cavalli e delle carrozze; perfino le automobili
erano quasi scomparse, non vedendosene che qualcuna.
Il Condor stava attraversando una vasta piazza, quando
l'attenzione di Brandok fu attirata dal passaggio di quattro
mostruosi animali montati ognuno da un uomo.
"Oh bella!" esclamò. "Degli
elefanti!"
"Dove?" chiese Holker.
"Laggiù, guardateli."
"Saranno poi proprio degli elefanti in carne ed
ossa?" chiese il pronipote del dottore, guardandoli un
po' ironicamente. "Sospetto che voi v'inganniate,
signor Brandok."
"Non sono cieco, signor Holker."
"E nemmeno io" disse Toby. "Sono dei veri
elefanti."
"Sono degli spazzini di acciaio, signori miei,"
disse Holker, ridendo.
"Qualche nuova invenzione!" esclamarono Toby e
Brandok.
"E non meno utile delle altre," disse Holker
"e anche molto economica, perché così il comune può
fare a meno d'un esercito di spazzini. D'altronde quel
mestiere era indegno degli uomini."
"Quegli animali sono spazzini?" esclamò
Brandok, che stentava a credere alle parole di Holker.
"E come funzionano bene! Essi eseguono la pulizia
delle vie e delle piazze per mezzo della proboscide, che è
composta di un centinaio di tubi d'acciaio, rientranti l'uno
nell'altro in modo da dare ad essa un'agilità
straordinaria. Nella testa invece vi è un potente apparato
aspirante, mentre il motore, che è elettrico, si nasconde
nei fianchi dell'animale. Quando il conduttore che, come
vedete, si trova a cavalcioni del collo, come i cornac
indiani, scorge delle immondizie sulla via, preme una leva
collocata a portata della sua mano, la quale dirige i
movimenti della tromba e dell'apparato aspirante. La
proboscide allora s'allunga verso l'oggetto da raccogliere e
l'apparato si mette in azione. Ne segue quindi
un'aspirazione violenta a cui nulla resiste, di modo che
pietre, cenci, pezzi di carta, torsoli, immondizie d'ogni
sorta vanno ad inabissarsi nel corpo dell'elefante spazzino.
Non resta poi che andare a scaricare la raccolta. Come
vedete la cosa è semplicissima."
"Stupefacente invece" disse Brandok. "Che
progresso meccanico!"
"Harry, accresci la velocità" disse Holker.
Brooklyn spariva rapidamente fra le nebbie dell'orizzonte
ed il Condor volava sopra bellissime campagne coltivate con
grande cura, in mezzo alle quali si vedevano correre delle
strane macchine agricole di proporzioni gigantesche. Gli
alberi erano rari; le piante basse, invece, infinite. A che
cosa infatti sarebbe dovuto servire il legname dal momento
che gli abitanti del globo avevano il radium per scaldarsi
negli inverni e non costruivano che col ferro e coll'acciaio?
Si vedeva che tutto avevano sacrificato per non correre il
pericolo di trovarsi ben presto alle prese colla fame, dato
l'immenso e rapido aumento della popolazione.
Alle nove del mattino il Condor, dopo essere passato in
vista di Patterson, diventata anche quella una città
immensa, entrava nello stato della Pennsylvania alla
velocità di centododici chilometri all'ora.
"Signor Holker," disse Brandok. "C'è una
cosa che non riesco a spiegarmi."
"Quale?"
"Ai nostri tempi questi territori erano coperti da
linee ferroviarie, mentre ora non riesco a scorgerne
una."
"Eppure in questo momento passiamo sopra una delle
più importanti linee. È quella che unisce Patterson a
Quebec."
"Io non la vedo."
"Perché al giorno d'oggi le ferrovie non scorrono
più sopra il suolo, bensì sotto. Diversamente l'aria
sfuggirebbe. Guardate là; non scorgete una casa sormontata
da un albero che non è altro che un segnalatore e
trasmettitore elettrico della telegrafia aerea?..."
"La scorgo."
"È una stazione."
"E la ferrovia?"
"Vi passa sotto."
"Mi avete parlato d'aria; cosa c'entra colle
ferrovie?"
"Lo saprete quando prenderemo il treno che ci
porterà a Quebec. Ah! ecco l'omnibus che va a Scranton."
Un'enorme macchina aerea, fornita di sei paia d'ali
immense e di eliche smisurate, con una piattaforma di venti
metri di lunghezza, carica di persone, s'avanzava con
velocità vertiginosa, tenendosi a cento metri dal suolo.
"Magnifico!" esclamò il dottore. "Chi
sono?"
"Contadini che portano i loro prodotti a Scranton"
"Come sono bruni! Si direbbero indiani" disse
Bran-dok. "A proposito, che cosa è avvenuto dei
pellirosse che erano ancora assai numerosi cent'anni
fa?"
"Sono stati completamente assorbiti dalla nostra
razza e si sono del tutto fusi con noi. Non esistono ormai
che poche centinaia di famiglie, confinate nell'alto Yucon e
presso il circolo polare."
"Era la sorte che loro spettava" disse il
dottore. "E dei negri, che erano numerosissimi anche
qui?"
"Sono diventati invece spaventosamente
numerosi" rispose Holker. "Hanno buon sangue, gli
africani e non si lasciano assorbire, e così pure gli
uomini di razza gialla."
"C'è ancora la Cina?"
"La Cina, sì; ma non l'impero" rispose Holker,
ridendo. "È stato smembrato dalle grandi potenze
europee ed a tempo per impedire una spaventevole invasione.
La razza cinese, in questi cento anni, è raddoppiata e,
senza il pronto intervento dei bianchi, spinta dalla fame
non avrebbe tardato a rovesciarsi sull'Europa e sull'India.
Hanno tuttavia invaso buona parte del globo, non come
conquistatori, ma come emigranti e si trovano oggidì
colonie cinesi perfino nel centro dell'Africa e
dell'Australia."
"Ed i malesi?"
"È un'altra razza che non esiste più. Ormai al
mondo non ci sono più che bianchi, gialli e negri, che
tentano di sopraffarsi; e finora sono i secondi che hanno
maggiore probabilità di vittoria essendo spaventevolmente
prolifici. Noi corriamo il grave pericolo di venire a nostra
volta assaliti dalle altre due razze."
"Dunque il mondo minaccia di divenire tutto
giallo" disse Toby.
"Purtroppo, zio" rispose Holker. "Ai
vostri tempi a quanto ascendeva la popolazione del
globo?"
"A circa millecinquecento milioni, e l'elemento
mongolo vi figurava con circa seicento milioni."
"La popolazione attuale è invece di due miliardi e
duecento milioni ed i gialli da seicento milioni sono saliti
ad un miliardo e cento milioni."
"Che aumento!" esclamò il dottore. "Ed i
bianchi quanti sono dunque?"
"Raggiungono appena i seicento milioni."
"Un aumento non troppo sensibile."
"E lo dobbiamo alle razze nordiche."
"E le razze latine?"
"La sola Italia è cresciuta e rapidamente, perché
ha i suoi cinquanta milioni, mentre la Spagna, e soprattutto
la Francia, sono rimaste quasi stazionarie. Se non vi fosse
L'Italia, la razza latina a quest'ora sarebbe stata
assorbita dagli anglosassoni e dagli slavi. Ecco là in
fondo Ulmina; stiamo rientrando nello stato di Nuova York, e
fra due ore saremo alle cascate."
Il Condor, che procedeva sempre colla velocità di
centodieci chilometri, rientrava infatti nello stato di
Nuova York, passando in vista di Ulmina, città cento anni
prima di modeste proporzioni ed ora diventata vastissima.
Modificò un po' la direzione e s'avviò verso Buffalo,
passando sopra campagne sempre coltivate con grande
accuratezza.
Alle undici il Condor si librava in vista del Niagara,
quell'ampio fiume che mette in comunicazione due dei più
grandi laghi dell'America settentrionale, l'Ontario e l'Erie.
L'immensa cascata non si scorgeva ancora; si udiva invece
il rombo dell'enorme massa d'acqua.
Da qualche minuto una viva eccitazione si era impadronita
di Toby e Brandok.
I loro muscoli sussultavano, le loro membra tremavano e,
lisciandosi i capelli, facevano sprigionare delle scintille
elettriche.
"Quanta elettricità regna qui" disse Toby.
"L'aria ne è satura."
"Provi un certo malessere, James?"
"Sì" rispose il giovane. "Non saprei
resistere a lungo a questa tensione che mi fa
scattare."
"E tu, nipote?"
"Io non provo assolutamente nulla" rispose
Holker. "Noi ci siamo ormai abituati."
"Non so se noi ci riusciremo" disse Toby, che
pareva assai preoccupato. "Noi siamo persone d'un altro
secolo."
"Io spero di sì" rispose Holker. "Ah!
Ecco le cascate!"
Il Condor dopo aver superato una collina che impediva la
visuale, con una rapida volata era giunto sopra le famose
cascate, librandosi fra una immensa nuvola d'acqua
polverizzata, in mezzo a cui spiccava un superbo arcobaleno.
L'immensa massa d'acqua si rovesciava nel fiume
sottostante, con un fragore assordante, mettendo in moto un
numero infinito di ruote gigantesche, costruite tutte in
acciaio, destinate a trasmettere la forza a tutte le
macchine elettriche della Federazione Americana.
Lo spettacolo era spaventevole e nel medesimo tempo
sublime.
In quei cent'anni, delle notevoli modificazioni erano
avvenute nella cascata. Le rocce che dapprima la dividevano
erano scomparse, e l'acqua si precipitava ormai senza
intoppi, facendo girare vertiginosamente le ruote. Un numero
infinito di grossi fili d'acciaio, destinati a portare a
grandi distanze e suddividere la forza della cascata, si
diramavano in tutte le direzioni.
"Ecco la grande officina elettrica degli Stati
Uniti," disse Holker "che mette in moto, senza un
chilogrammo di carbon fossile, migliaia e migliaia di
macchine. Quest'acqua ha fatto abbandonare tutte le miniere
di combustibile."
"Quale forza enorme deve produrre!" esclamò il
dottore.
"Se l'Europa ne volesse, potremmo cedergliene una
buona parte" rispose Holker.
"E quale modificazione ha subita la cascata!"
disse Brandok.
"E si modificherà ancora" rispose Holker.
"I nostri scienziati hanno già accertato che per
giungere al punto attuale ha dovuto cambiare quattro volte.
Nel primo periodo, che sarebbe durato 17.000 anni, la
quantità d'acqua era di un terzo minore del volume attuale
e con una caduta di soli sessanta metri ed una larghezza di
3 chilometri. Nel secondo, il fiume fu diviso in tre cascate
di centoventotto metri e durò 10.000 anni. Ora siamo nel
quarto. Andiamo a far colazione, e poi prenderemo il treno
che ci condurrà a Quebec. Non faremo che una volata
sola."
Il Condor descrisse due o tre giri al di sopra della
muggente cascata, entrando e uscendo dalla nube di
pulviscolo, poi si diresse verso Buffalo per arrivare al
treno.
Dopo mezz'ora si librava sopra la città, fra un gran
numero di battelli volanti che si dirigevano per la maggior
parte verso le cascate, carichi di forestieri giunti forse
dall'Europa.
Il macchinista, dopo aver ricevuto dal suo padrone un
ordine, fece scendere la macchina in una vasta piazza che
era circondata da palazzoni di diciotto o venti piani,
costruiti per la maggior parte in lastre metalliche e che
non mancavano, all'esterno almeno, d'una certa eleganza.
"Andiamo a fare colazione al bar del Niagara"
disse Holker. "Vi farete così un concetto degli
alberghi moderni."
Sbarcarono ed attraversarono la piazza che era quasi
deserta, essendo mezzogiorno, ossia l'ora del pasto, ed
entrarono in una sala vastissima, arredata con un certo
lusso, il cui soffitto era sostenuto da una ventina di
colonne di metallo.
Con viva sorpresa di Brandok e di Toby, in quel preteso
ristorante non vi erano né tavole, né sedie e nemmeno un
cameriere.
"Questo è un bar?" chiese Brandok.
"Dove si mangia benissimo, e a buoni prezzi
anche" rispose Holker. "Qui potrete trovare forse
qualche bistecca di maiale sapientemente rosolata, con
contorno di rape."
"E a chi devo ordinaria se non vedo nemmeno il
padrone del bar o un cameriere?"
"Chissà dove sarà il padrone del ristorante. Ma la
sua presenza non è necessaria."
"E nemmeno un cameriere?"
"Per farne che?"
Brandok era rimasto a bocca aperta, guardando Toby che
non sembrava meno sorpreso di lui.
"Voi dimenticate, signori, che siamo nel
Duemila" disse Holker. "Vi mostrerò ora come i
ristoranti d'oggi siano migliori di quelli d'un tempo e come
il servizio sia inappuntabilmente pronto. Signor Brandok,
prendete una tazza di brodo innanzitutto. Vi farà
bene."
"Vada pel brodo!"
Holker diede uno sguardo all'intorno, poi condusse i suoi
compagni verso una di quelle colonne attorno alle quali, ad
un metro dal suolo, si vedevano quattro mensole di metallo
ed introdusse in alcuni buchi delle monete.
"Servizio automatico: brodo" aveva letto, con
sorpresa di Brandok, su una piccola piastra situata sopra la
mensola.
"Ah! ora comprendo!" esclamò Toby.
Non era trascorso mezzo minuto, che tre porticine
s'aprirono e sopra la mensola comparvero, come per incanto,
tre tazze di brodo fumante, assieme ad una salvietta e ad un
cucchiaio di metallo bianco.
"Signor Brandok," disse Holker "ai vostri
tempi il servizio era così pronto?"
"Oh no, in fede mia!" esclamò il giovine.
"A quale punto è giunta la meccanica! E come arrivano
qui queste tazze?"
"Con una piccola ferrovia elettrica simile a quella
che già avete veduta."
"Ecco soppressi quei noiosi camerieri e anche il
pessimo uso delle mance."
"E dobbiamo mangiare in piedi?"
"È più spiccio, e poi gli uomini oggi hanno troppa
fretta. Volete altri piatti? Qui vi sono venti colonne che
rappresentano il menù della giornata. Basterà che
introduciate una moneta da venticinque centesimi e avrete
tutto quello che vorrete, compresi i dolci, vino, birra,
liquori, caffè e tè."
"Quante straordinarie invenzioni! Quante
meraviglie!" esclamò Toby.
"E quanta praticità e quante comodità
soprattutto" aggiunse il buon Brandok.
"Amici miei," disse ad un tratto Holker
"se cambiassimo un po' l'itinerario del nostro viaggio?
Avete fretta di visitare l'Europa?"
"Nessuna" risposero ad una voce Brandok e Toby.
"Volete che andiamo al polo nord? Ridiscenderemo in
Europa per lo Spitzbergen."
Se Brandok e Toby, a quella inaspettata proposta, non
caddero per lo stupore, fu un vero miracolo.
"Andare al polo nord!" avevano esclamato.
"Da Quebec in cinque ore potremo raggiungere la
galleria americana. A mezzanotte ci riposeremo fra i ghiacci
dell'Oceano Artico, in un letto non meno comodo di quello su
cui avete dormito la notte scorsa in casa mia."
"Sei divenuto pazzo, nipotino mio, o vuoi burlarti
di noi?" gridò Toby.
"Non ne ho alcuna voglia, zio mio. Comprendo che la
proposta vi possa stupire, tuttavia vi prometto che la
manterrò."
"Che cosa hanno fatto dunque gli uomini del
Duemila?"
"Delle cose meravigliose, ve lo dissi già.
Terminiamo la nostra colazione, rimandiamo il Condor a Nuova
York e poi prenderemo la ferrovia canadese."
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