Erano trascorse altre due ore, quando il dottor Toby pel
primo aperse finalmente gli occhi, dopo cent'anni che li
aveva tenuti chiusi.
Dopo una immersione durata un quarto d'ora, in una vasca
piena di acqua tiepida, aveva già cominciato a dare qualche
segno di vita e a perdere la tinta giallastra, nondimeno era
stata necessaria una nuova iniezione del filtro misterioso
perché il cuore riprendesse finalmente le sue funzioni.
La rigidità dei muscoli era rapidamente scomparsa ed il
colorito roseo era tornato sul suo volto in seguito alla
ripresa della circolazione del sangue.
Appena aperti gli occhi, il suo sguardo si fissò sul
signor Holker che gli stava presso, occupato a soffregar il
petto di Brandok.
"Buongiorno..." gli disse il pronipote,
accostandoglisi rapidamente.
Toby era rimasto muto; nondimeno i suoi occhi parlavano
per lui.
Vi era nel suo sguardo dello stupore, dell'ansietà,
fors'anche della paura.
"Mi udite?" chiese Holker.
Il dottore fece col capo un segno affermativo, poi mosse
le labbra a più riprese, senza che potesse emettere alcun
suono. Certo la lingua non aveva ancora riacquistata la sua
elasticità dopo essere stata per tanti anni immobilizzata.
"Come vi sentite? Male forse?"
Toby fece un gesto negativo, poi alzò le mani facendo
dei segni assolutamente incomprensibili pel signor Holker.
Ad un tratto le abbassò puntandole verso il signor Brandok,
che stava coricato in un letto vicino.
"Mi chiedete se il vostro compagno è vivo o morto,
è vero?"
Il dottore accennò di sì.
"Non temete signor... zio, se non vi rincresce che
vi chiami con questo titolo di parentela, poiché appartengo
alla vostra famiglia come discendente di vostra sorella...
Non temete, anche il vostro compagno sta per tornare alla
vita e fra poco riaprirà gli occhi. Provate molta
difficoltà a muovere la lingua? Vediamo, zio... sono
dottore anch'io al pari di voi."
Gli aprì la bocca e tirò parecchie volte quell'organo,
che pareva si fosse atrofizzato, ripiegandolo poi in tutti i
sensi, per fargli riacquistare la perduta agilità.
"Agisce ora?"
Un suono dapprima confuso uscì dalle labbra del dottor
Toby, poi un grido:
"La vita! La vita!".
"Mercé il vostro filtro, zio."
"Cent'anni?"
"Sì, dopo cent'anni di sonno" rispose Holker
"non credevate certo di poter tornare vivo."
"Sì! Sì!" borbottò il dottore.
In quell'istante una voce fioca chiese:
"Toby? Toby?".
Il signor Brandok aveva aperto gli occhi e guardava il
suo vecchio amico con uno stupore facile a comprendersi.
"Toby!" ripeté per la terza volta, tentando di
rizzarsi sul guanciale.
"Non vi movete, signor Brandok" disse Holker.
"Sono lieto di darvi il buongiorno e di udirvi anche
parlare. Rimanete coricati; vi è necessario un buon sonno,
del vero sonno."
S'avvicinò ad un tavolino su cui stavano parecchie
fiale, ne prese una e versò il contenuto in due tazze
d'argento.
"Bevete questo cordiale" disse, porgendo ad
entrambi le tazze. "Vi darà forza... ah!... mi
scordavo di dirvi che i vostri milioni sono al sicuro, qui
in casa mia... Ricoricatevi, fate una buona dormita e questa
sera pranzeremo insieme, ne sono certo."
Il dottor Toby aveva mormorato:
"Grazie, mio lontano parente".
Poi aveva quasi subito chiusi nuovamente gli occhi. Il
signor Brandok dormiva di già, russando sonoramente.
Il signor Holker rimase nella stanza parecchi minuti,
curvandosi ora sull'uno ora sull'altro dei risuscitati, e
ripetendo con visibile soddisfazione:
"Ecco il vero sonno che farà ricuperare loro le
forze. Meraviglioso filtro!... Ecco un segreto che, se
divulgato, renderà il mio antenato l'uomo più famoso del
mondo. Lasciamoli riposare. Credo che ormai siano
salvi".
Otto ore dopo il dottor Toby veniva svegliato da un
sibilo leggero, che pareva venisse dal disotto del
guanciale.
Assai sorpreso, s'era alzato a sedere, gettando intorno a
sé uno sguardo meravigliato. Nella stanza non vi era
nessuno e Brandok continuava a russare nell'altro letto.
"Chi mi ha fischiato agli orecchi?" si chiese.
"Che io abbia sognato?"
Stava per chiamare Brandok, quando udì una voce che
pareva umana, sussurrargli agli orecchi:
"Gravi avvenimenti sono avvenuti ieri nella città
di Cadice. Gli anarchici della città sottomarina di Bressak,
impadronitisi della nave Hollendorf, sono sbarcati nella
notte, facendo saltare parecchie case, con bombe. La
popolazione è fuggita e gli anarchici hanno saccheggiata la
città. Si chiamano sotto le armi i volontari di Malaga e di
Alicante che verranno trasportati sul luogo dell'invasione
con flotte aeree. Si dice che Bressak sia stata distrutta e
che molte famiglie anarchiche siano rimaste annegate".
Il dottore aveva ascoltato, con uno stupore facile ad
indovinarsi, quella voce che annunziava uno spaventevole
disastro, poi aveva sollevato rapidamente il guanciale,
poiché la voce s'era fatta udire più precisamente dietro
la sponda del letto, e scorse una specie di tubo sul cui
orlo era scritto: "Abbonamento al World".
"Una meraviglia del Duemila!" esclamò. "I
giornali comunicano direttamente le notizie a casa degli
abbonati. Che abbiano soppressa la carta e le macchine per
stamparla? Ai nostri tempi queste comodità non si
conoscevano ancora. Come è progredito il mondo!"
Stava per chiamare l'amico, che non si decideva ad aprire
gli occhi, quando udì uscire dal tubo un altro fischio, poi
la medesima voce che diceva:
"Guardate la scena".
Nel medesimo istante il dottore vide illuminarsi un gran
quadro che occupava la parete di fronte al letto e svolgersi
una scena orribile e d'una verità straordinaria.
Degli uomini erano comparsi in mezzo a delle case e
correvano all'impazzata, lanciando delle bombe che
scoppiavano con lampi vivissimi.
I muri si sfasciavano, i tetti crollavano; uomini, donne
e fanciulli precipitavano nelle vie, mentre larghe lingue di
fuoco si alzavano sopra quegli ammassi di macerie, tingendo
tutto il quadro di rosso.
Gli anarchici continuavano intanto la loro opera di
distruzione, e le scene si succedevano alle scene con
vertiginosa rapidità e senza la minima interruzione. Era
una specie di cinematografo, d'una perfezione straordinaria,
veramente stupefacente, che riproduceva con meravigliosa
esattezza la terribile strage annunciata poco prima dal
giornale.
Per dieci minuti quel rovinio continuò, poi finì con
una fuga disordinata di gente, che si rovesciava verso una
spiaggia, mentre il cielo rifletteva la luce degli incendi.
"Straordinario" ripeteva il dottore, quando la
parete tornò bianca. "Che progresso ha fatto il
giornalismo in questi cento anni! E chissà quante
meraviglie dovremo vedere ancora. Brandok, hai finito il tuo
sonno?"
Udendo quella chiamata, il giovane aprì finalmente gli
occhi, sbadigliando come un orso che si sveglia dopo il
lungo sonno invernale.
"Come ti senti, amico mio?" chiese Toby.
"Benissimo."
"Il tuo spleen?"
"Per ora non m'accorgo che mi tormenti. E... dimmi,
Toby, abbiamo sognato, o è proprio vero che noi abbiamo
dormito un secolo?"
"La prova l'abbiamo nelle nostre casseforti, che
hanno portato qui mentre ci riposavamo."
"Chi potrà credere che noi siamo risuscitati?"
"Il mio parente di certo, poiché è venuto lui a
toglierci dal sepolcreto."
"E dove ci troviamo noi? Ancora a Nantucket?"
"Non lo saprei davvero."
"E tu come stai?"
"Provo un turbamento che non so spiegarmi e mi pare
di essere molto debole."
"Sfido io, dopo un così lungo digiuno?" disse
Brandok, ridendo. "Non senti appetito? Io mangerei
volentieri una bistecca, per esempio."
"Adagio, mio caro. Non sappiamo ancora come
funzioneranno i nostri organi interni."
"Se il cuore, ed i polmoni non danno segno d'aver
sofferto, dopo una così lunga fermata, suppongo che anche
gli intestini riprenderanno il loro lavoro."
"Eppure temevo che si atrofizzassero" disse
Toby.
In quel momento la porta si aprì ed il signor Holker
comparve, seguito dal gigantesco negro che portava dei
vestiti simili a quelli che indossava il suo padrone e della
biancheria candidissima.
"Come state, zio? Mi permettete di chiamarvi così,
d'ora innanzi?"
"Certo, mio caro tardo nipote" rispose il
dottore. "Mi trovo abbastanza bene."
"Anche voi, signor Brandok?"
"Ho solamente un po' di fame."
"Buon segno; vestitevi e poi andremo a pranzare. Le
vesti saranno un po' diverse da quelle che si portavano
cent'anni fa, però sono più comode e dal lato igienico
nulla lasciano a desiderare, essendo disinfettate
perfettamente."
"E anche la stoffa mi sembra diversa."
"Stoffa vegetale. Già da sessant'anni abbiamo
rinunciato a quella animale, troppo costosa e poco pulita in
paragone a questa. Ah! Troverete il mondo ben cambiato; per
ora non vi dico altro per non scemare la vostra curiosità.
Vi aspetto nella sala da pranzo."
Il dottor Toby e Brandok si cambiarono, fecero un po' di
toeletta, poi lasciarono la stanza, inoltrandosi in un
corridoio le cui pareti lucidissime avevano degli strani
splendori, come se sotto la vernice che le copriva vi fosse
qualche strato di materia fosforescente, ed entrarono in un
salotto abbastanza ampio, illuminato da due finestre larghe
e alte fino al soffitto, che permettevano all'aria di
entrare liberamente.
Era ammobiliato con semplicità, non esente da una certa
eleganza. Le sedie, la credenziera, gli scaffali situati
negli angoli e perfino la tavola che occupava il centro,
erano formati di un metallo bianco e lucentissimo che
assomigliava all'alluminio.
Il signor Holker era già seduto a tavola, la quale era
coperta da una tovaglia colorata che non sembrava di tela.
"Avanti, miei cari amici," disse, andando loro
incontro "il pranzo e pronto."
"E dove lo mangeremo?" chiese Brandok, che non
aveva scorto sulla tavola né piatti, né bicchieri, né
posate, né salviette, né cibi di alcun genere.
"Ah! mi scordavo che un secolo fa gli albergatori
erano pure indietro di cento anni!" disse Holker,
ridendo. "Hanno progredito anche loro. Guardate."
S'accostò ad una parete ed abbassò una lastra di
metallo lunga un paio di metri e larga una trentina di
centimetri, unendola alla tavola in modo da formare un
piccolo ponte. L'altra estremità s'appoggiava ad una
piccola mensola sopra la quale sta scritto:
"Abbonamento all'Hôtel Bardilly".
"E ora?" chiese Brandok che guardava con
crescente stupore.
"Premo questo bottone ed il pranzo lascia le cucine
dell'albergo per venire sulla mia tavola."
"Dove si trova questo Hôtel? In questa casa?"
"Anzi, è piuttosto lontano: sulla riva opposta
dell'Hudson."
"Siamo dunque a Nuova York?!" esclamarono ad
una voce Toby e Brandok.
"Dove credevate di essere? Ancora a Nantucket?"
"Quando ci avete trasportati?" domandò Brandok
al colmo della sorpresa.
"Ieri sera. Alle otto ho lasciato l'isola e a
mezzanotte eravate qui."
"In quattro sole ore, mentre cent'anni fa se ne
impiegavano sedici e con una scialuppa a vapore!"
esclamò il dottore.
"Abbiamo camminato colle invenzioni, mio caro
zio" disse Holker. "Ah! ecco il pranzo."
Un sibilo acuto era sfuggito da una piccola fessura della
mensola, poi una porticina si era aperta automaticamente
all'estremità della lastra di metallo che si univa alla
tavola e una piccola macchina, seguita da sei vagoncini di
alluminio di forma cilindrica, s'avanzò, correndo su due
incavi che servivano da rotaie.
"Il pranzo che manda l'albergo?" chiesero Toby
e Brandok.
"Sì, signori, e con tutto il necessario. Come
vedete è una cosa molto comoda che mi dispensa dall'avere
una cuoca ed una cucina" rispose Holker.
Aprì il primo vagoncino che aveva una circonferenza di
quaranta centimetri e una lunghezza uguale e levò dei
bicchieri, delle posate, delle salviette e quattro bottiglie
che dovevano contenere del vino o della birra. Dagli altri
quattro estrasse successivamente dei piccoli recipienti
contenenti del brodo ancora caldissimo, poi dei piatti con
pasticci e vivande svariate, delle uova, dei liquori e così
via. Tutto il necessario insomma per un pranzo abbondante.
Quand'ebbe terminato, premette un bottone, la porticina
si aprì ed il minuscolo treno scomparve, retrocedendo colla
velocità d'un lampo.
"Che cosa ne dite, signor Brandok?" chiese
Holker.
"Che ai nostri tempi queste comodità mancavano
assolutamente. E tornerà il treno?"
"Certo, per riprendere le stoviglie."
"E come arriva qui?"
"Per mezzo d'un tubo, e cammina mosso da una piccola
pila elettrica, d'una potenza tale però che le imprime una
velocità di quasi cento chilometri all'ora. Queste vivande
non sono state rinchiuse nei loro recipienti che da qualche
minuto; infatti vedete che fumano, anzi scottano."
"E l'albergatore come viene avvertito dal cliente di
ciò che desidera?"
"Per mezzo del telefono. Al mattino il mio servo
trasmette all'Hôtel il menù per il pranzo e per la cena e
le ore in cui desidero mangiare, ed il treno giunge con
precisione matematica."
"Non tutti potranno permettersi un lusso
simile" osservò il dottore Toby.
"Certo," rispose Holker "ma quelli che non
possono abbonarsi all'Hôtel se la sbrigano anche più
presto."
"A mangiare forse, non certo a prepararsi il
pranzo."
"Il lavoratore non fa più cucina in casa, non
avendo tempo da perdere. Otto o dieci pillole, ed ecco
inghiottito un buon brodo, il succo d'una mezza libbra di
bue, o di pollo o di una libbra di maiale o di un paio
d'uova, d'una tazza di caffè e così via. Cent'anni fa si
perdeva troppo tempo; camminavate ed agivate colla lentezza
delle tartarughe. Oggi invece si gareggia coll'elettricità.
Mangiate, signori miei, o i cibi si raffredderanno. Una
tazza di buon brodo, signor Brandok, prima di tutto, poi
sceglierete quello che più vi piace. Vi avverto che è un
pranzo a base di vegetali; ma queste pietanze non sono meno
nutrienti, e non vi parranno meno saporite. Poi parleremo
finché vorrete."
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