XI. Inglesi e strangolatori.
Agli orologi della città inglese suonava la mezzanotte,
quando la Devonshire, che sin dal mattino aveva acceso i suoi
fuochi, abbandonava a tutto vapore il molo del forte William,
scendendo la nera corrente dell'Hugly.
La notte era assai oscura. Non luna e non stelle in cielo,
il quale era coperto da una nera fascia di vapori. Pochi
affatto i lumi, la maggior parte immobili, accesi dentro le
capanne di Kiddepur, o sulla prua di legni ancorati sotto la
riva. Solamente verso il nord si scorgeva uno strano bagliore,
una specie d'alba biancastra, dovuta alle migliaia e migliaia
di fiamme che rischiarano la città inglese e la città nera
che formano Calcutta.
Il capitano, ritto sulla passerella, comandava la manovra
con voce metallica, dominando il fragore delle tambure che
mordevano furiosamente le acque e il formidabile russare della
macchina. Sul ponte, mozzi e marinai, si affaccendavano, al
vago chiarore di poche lanterne, a stivare le ultime botti e
le ultime casse che ancora ingombravano il ponte.
Già Kiddepur era scomparsa nelle fitte tenebre, già gli
ultimi lumi delle barche e dei navigli più non si scorgevano,
quando un uomo, che sino allora aveva tenuto la ruota del
timone, attraversò quatto quatto il ponte, urtando forte col
gomito un indiano che stava chiudendo il boccaporto di
maestra.
- Affrettati, - gli disse, nel passargli vicino. La camera
è deserta.
- Pronto, Hider, - rispose l'altro.
Pochi minuti dopo i due indiani scendevano la scaletta che
conduceva nella camera comune, la quale in quel momento era
deserta.
- Ebbene? - chiese brevemente Hider.
- Nessuno ha sospettato di nulla.
- Hai contato le botti segnate?
- Sì, sono dieci.
- Dove le hai collocate?
- Sotto poppa.
- Riunite?
- Tutte vicine l'una all'altra, - disse l'affiliato.
- Hai avvertito gli altri?
- Sono tutti pronti. Al primo segnale si getteranno sugli
inglesi.
- Bisogna agire con prudenza. Questi uomini sono capaci di
far fuoco alle polveri e far saltare amici e nemici.
- Quando si farà il colpo?
- Questa notte, dopo che avremo dato un buon narcotico al
capitano.
- Cosa dobbiamo fare intanto?
- Manderai due uomini a impadronirsi della sala d'armi poi
attenderai nella macchina cogli altri due fuochisti. Avremo
bisogno della tua abilità.
- Non è la prima volta che lavoro alle caldaie.
- Va bene. Io comincio ad agire.
Hider risalì in coperta e diresse lo sguardo sulla
passerella. Il capitano passeggiava innanzi e indietro, colle
braccia incrociate sul petto, fumando una sigaretta.
- Povero capitano, - mormorò lo strangolatore, non
meritavi un così brutto tiro. Ma bah! Un altro al mio posto,
invece di renderti nell'impossibilità di nuocere, ti avrebbe
spedito all'inferno con una buona dose di veleno.
Si diresse verso poppa e senza essere veduto discese sotto
coperta, arrestandosi dinanzi la cabina del comandante.
L'uscio era socchiuso, l'aprì e si trovò in uno stanzino di
otto piedi quadrati, tappezzato in rosso ed ammobiliato
elegantemente.
S'accostò ad un tavolino, sul quale stava una bottiglia di
cristallo, piena di limonata. Un sorriso diabolico gli sfiorò
le labbra.
- Ogni mattina la bottiglia risale vuota, bisbigliò. - Il
capitano, prima di coricarsi, beve sempre.
Cacciò la mano in petto e trasse una fiala microscopica,
contenente un liquido rossastro. Lo fiutò più volte, poi
lasciò cadere nella bottiglia tre goccie.
La limonata ribollì diventando rossa, poi riacquistò la
sua tinta primitiva.
- Dormirà due giorni, - disse il thug. - Andiamo a trovare
gli amici.
Uscì ed aprì una porticina che metteva nella stiva. Un
leggier rumore si udì sotto la poppa, seguito da uno
scricchiolìo, come di un'arma da fuoco che veniva montata.
- Tremal-Naik, - chiamò il thug.
- Sei tu Hider? - domandò una foce soffocata. Apri, che
qui dentro ci asfissiamo.
Il thug raccolse in un angolo una lanterna cieca, colà
precedentemente nascosta, l'accese e s'avvicinò alle dieci
botti collocate l'una presso l'altra.
I cerchi vennero levati e gli undici strangolatori, mezzo
asfissiati, colle membra indolenzite, madidi di sudore per
l'eccessivo caldo che regnava là sotto, uscirono. Tremal-Naik
si slanciò verso Hider.
- La Cornwall? - gli chiese.
- Corre verso il mare.
- C'è speranza di raggiungerla?
- Sì, se la Devonshire accelera la corsa.
- Bisogna abbordarla, o perderò la mia Ada.
- Ma prima bisogna impadronirsi della cannoniera.
- Lo so. Hai un piano tu?
- Sì.
- Parla, presto, io ardo. Guai, se non raggiungiamo la
Cornwall!...
- Calmati, Tremal-Naik. Ogni speranza non è ancora
perduta.
- Dimmi quale è il tuo piano.
- Innanzi tutto c'impadroniremo della macchina.
- Ci sono affiliati nella camera delle caldaie?
- Tre, e sono tutti fuochisti. In quattro, non faticheremo
troppo a legare l'ingegnere.
- E poi?
- Poi andrò a vedere se il capitano ha bevuto il narcotico
che gli versai nella sua limonata. Allora voi entrerete nel
quadro di poppa e al primo fischio salirete sul ponte. Gli
inglesi, colti lì per lì, si arrenderanno.
- Sono armati?
- Non hanno che i loro coltelli.
- Affrettiamoci.
- Sono pronto. Vado a legare l'ingegnere.
Spense la lanterna, ritornò nel quadro di poppa e risalì
sul ponte, proprio nel momento in cui il capitano lasciava la
passerella.
- Tutto va bene, - mormorò il thug, vedendolo dirigersi a
poppa.
Caricò la pipa e discese nella camera della macchina.
I tre affiliati erano al loro posto, dinanzi ai forni,
discorrendo a voce bassa.
L'ingegnere fumava, seduto su di una scranna e leggeva un
libriccino. Hider con un'occhiata avvertì gli affiliati di
tenersi pronti, e s'avvicinò alla lanterna sospesa alla
volta, proprio sopra il capo dell'ingegnere.
- Permettetemi, sir Kuthingon, d'accendere la pipa, - gli
disse il quartier-mastro.- Sopra tira un ventaccio che spegne
l'esca.
- Con tutto il piacere, - rispose l'ingegnere.
S'alzò per tirarsi indietro. Quasi nel medesimo istante lo
strangolatore lo afferrava per la gola e così fortemente, da
impedirgli di emettere il più lieve grido, poi con una scossa
vigorosa lo rovesciò sul tavolato.
- Grazia, - poté appena balbettare il povero uomo che
diveniva nero sotto il ferreo pugno del quartier-mastro.
- Sta zitto e non ti verrà fatto alcun male, - rispose
Hider.
Gli affiliati ad un suo cenno lo legarono e lo
imbavagliarono, trascinandolo dietro un grande ammasso di
carbone.
- Che nessuno lo tocchi, - disse Hider. - Ed ora andiamo a
vedere se il capitano ha bevuto il narcotico.
- E noi?- chiesero gli affiliati.
- Non vi muoverete di qui, sotto pena di morte.
- Sta bene.
Hider accese tranquillamente la pipa e salì la scala.
La cannoniera filava allora fra due rive completamente
deserte, e il suo sperone fendeva gruppi di vegetali
galleggianti.
I marinai erano tutti in coperta e guardavano
distrattamente la corrente, discorrendo o fumando. L'ufficiale
di quarto passeggiava sulla lunetta, chiacchierando col
mastro-cannoniere.
Hider, soddisfattissimo, si stropicciò allegramente le
mani e ritornò a poppa, scendendo la scala in punta di piedi.
Presso la cabina del comandante accostò l'orecchio alla
porta ed udì un sonoro russare.
Girò la maniglia, aprì ed entrò dopo essersi levato
della cintura un pugnale, per difendersi se fosse stato
necessario.
Il capitano aveva bevuto quasi tutta la bottiglia di
limonata e dormiva profondamente.
- Non lo sveglierà neanche il cannone, - disse l'indiano.
Si slanciò fuori della cabina e discese nella stiva.
Tremal-Naik e i suoi compagni lo attendevano colle rivoltelle
in pugno.
- Ebbene? - chiese il cacciatore di serpenti, saltando in
piedi.
- La macchina è nostra e il capitano ha bevuto il
narcotico, - risposte Hider.
- L'equipaggio?
- Tutto in coperta e senz'armi.
- Saliamo.
- Adagio, compagni. Bisogna prendere i marinai fra due
fuochi, per impedire che si barrichino sotto il castello di
prua. Tu, Tremal-Naik, rimani qui con cinque uomini e io cogli
altri raggiungo la camera comune. Al primo sparo salite sul
ponte.
- Siamo d'accordo.
Hider impugnò una rivoltella nella dritta e una scure
nella sinistra ed attraversò la stiva ingombra di cannoni
smontati, di botti e di barilotti. Cinque thugs lo seguirono.
Dalla stiva il drappello passò nella camera comune e salì
la scala.
- Preparate le armi e fuoco di fila, - comandò Hider.
I sei uomini irruppero sul ponte gettando selvaggi clamori.
L'equipaggio si slanciò a prua, non sapendo ancora di cosa
si trattava.
Un colpo di rivoltella echeggiò abbattendo il
mastro-cannoniere.
-Kâlì!... Kâlì... - urlarono i thugs.
Era il grido di guerra degli strangolatori e fu appoggiato
da una tremenda grandinata di palle.
Alcuni uomini rotolarono sul ponte. Gli altri, smarriti,
sorpresi da quell'improvviso attacco, che certamente non
s'aspettavano, si precipitarono a poppa gettando urla di
terrore.
- Kâlì!... Kâlì! - rimbombò a poppa.
Tremal Naik e i suoi uomini s'erano slanciati sul cassero
colle rivoltelle nella dritta ed i pugnali nella sinistra.
Alcune detonazioni rintronarono.
Una confusione indescrivibile accadde a bordo della
cannoniera, la quale, senza timoniere, andava a traverso alla
corrente.
Gli inglesi, presi tra due fuochi, cominciarono a perdere
la testa.
Per fortuna l'ufficiale di quarto non era stato ancora
ucciso.
D'un balzo si gettò giù dalla lunetta colla sciabola in
pugno.
- A me, marinai! - urlò egli.
Gli inglesi si radunarono in un baleno attorno a lui e si
avventarono a poppa impugnando i coltelli, le scuri, le
manovelle.
Il cozzo fu terribile. I thugs di Tremal-Naik furono
ributtati da quella valanga d'uomini.
L'ufficiale di quarto s'impadronì del cannone, ma la
vittoria fu di breve durata.
Hider si era messo alla testa dei suoi e li assaliva alle
spalle pronto a comandare fuoco.
- Signor tenente, - gridò, puntando verso di lui la
rivoltella.
- Cosa vuoi, miserabile? - urlò l'ufficiale.
- Arrendetevi e vi giuro che non verrà torto un sol
capello né a voi, né ai vostri marinai.
- No!
- Vi avverto che abbiamo cinquanta colpi ciascuno da
sparare. Ogni resistenza sarebbe inutile.
- E cosa farai di noi?
- Vi faremo scendere nelle imbarcazioni e vi lascieremo
liberi di sbarcare sull'una o sull'altra riva del fiume.
- E della cannoniera cosa vuoi farne?
- Non posso dirlo. Orsù, o la resa o io comando il fuoco.
- Arrendiamoci, tenente, - gridarono i marinai che si
vedevano ormai in balìa di Hider.
Il tenente, dopo d'aver esitato, spezzò la spada e la
gettò nel fiume.
Gli strangolatori si slanciarono sui marinai, li
disarmarono e li fecero scendere nelle due baleniere,
calandovi il capitano che ancora dormiva e l'ingegnere.
- Buona fortuna! gridò il quartier-mastro.
- Se ti prendo ti farò appiccare, - rispose il tenente,
mostrandogli il pugno.
- Come vi piacerà. -
E la cannoniera riprese la corsa, mentre le imbarcazioni si
dirigevano verso la sponda del fiume. |