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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

Poesie

Di: TOMMASO CAMPANELLA

(1-28)

  INDICE                    29-56

 

1
Proemio.
  1      Io, che nacqui dal Senno e di Sofia,
  2 sagace amante del ben, vero e bello,
  3 il mondo vaneggiante a sé rubello
  4 richiamo al latte della madre mia.
  5     Essa mi nutre, al suo marito pia;
  6 e mi trasfonde seco, agile e snello,
  7 dentro ogni tutto, ed antico e novello,
  8 perché conoscitor e fabbro io sia.
  9     Se tutto il mondo è come casa nostra,
 10 fuggite, amici, le seconde scuole,
 11 ch'un dito, un grano ed un detal vel mostra.
 12     Se avanzano le cose le parole,
 13 doglia, superbia e l'ignoranza vostra
 14 stemprate al fuoco ch'io rubbai dal sole.

2
  A' poeti
  1      In superbia il valor, la santitate
  2 passò in ipocrisia, le gentilezze
  3 in cerimonie, e 'l senno in sottigliezze,
  4 l'amor in zelo, e 'n liscio la beltate,
  5     mercé vostra, poeti, che cantate
  6 finti eroi, infami ardor, bugie e sciocchezze,
  7 non le virtù, gli arcani e le grandezze
  8 di Dio, come facea la prisca etate.
  9     Son più stupende di natura l'opre
 10 che 'l finger vostro, e più dolci a cantarsi,
 11 onde ogni inganno e verità si scuopre.
 12     Quella favola sol dèe approvarsi,
 13 che di menzogne l'istoria non cuopre
 14 e fa le genti contra i vizi armarsi.

3
  Fede naturale del vero sapiente.
  1      Io credo in Dio, Possanza, Senno, Amore,
  2 un, vita, verità, bontate, immenso,
  3 primo ente, re degli enti e creatore.
  4     Non è parte, né tutto, inciso o estenso,
  5 ma più somiglia al tutto, ond'ogni cosa
  6 partecipò virtute, amore e senso.
  7     Né pria, né poi, né fuor, l'alma pensosa
  8 (ché 'n vigor, tempo e luogo egli è infinito)
  9 può andar, se in qualche fin falso non posa.
 10     Da lui, per lui e 'n lui vien stabilito
 11 lo smisurato spazio e gli enti sui,
 12 al cui far del niente si è servito.
 13     Ché l'unità e l'essenza vien da lui;
 14 ma il numero, e che questo non sia quello,
 15 da quel, che pria non fummo, restò in nui.
 16     Lo abborrito niente fa il duello,
 17 il mal, le colpe, le pene e le morti.
 18 Poi ci ravviva il divino suggello.
 19     participabil d'infinite sorti,
 20 Necessitate, Fato ed Armonia
 21 Dio influendo, che su' idea trasporti.
 22     Quando ogni cosa fatta ogn'altra sia,
 23 cesserà tal divario, incominciato
 24 quando di nulla unquanche nulla uscia;
 25     di voglia e senno eterno destinato,
 26 che in meglio o in peggio non pôn far mutanza,
 27 sendo esso sempre morte a qualche stato.
 28     Prepose il minor bene a quel ch'avanza,
 29 e la seconda legge alla primera,
 30 chi diè al peccato origine ed usanza.
 31     Poter peccare è impotenza vera.
 32 Peccato atto non è: vien dal niente;
 33 mancanza o abuso è di bontà sincera.
 34     Vero potere eminenza è dell'ente:
 35 atto è diffusion d'esser, che farsi
 36 fuor della prima essenza non consente.
 37     Necessità amorosa sol trovarsi
 38 nei voler credo: ma di violenta,
 39 l'azioni e passion non distrigarsi.
 40     La pena a' figli da' padri se avventa;
 41 la colpa no, se da voglia taccagna
 42 imitata non è, poiché argomenta;
 43     ma dalla prole a' padri torna e stagna,
 44 chi di ben generar non fan disegno
 45 e trascurâro educazion sì magna.
 46     Ma colpa e pena alla patria ed al regno,
 47 che di tempo e di luoco non provvede
 48 e di persone, che fan germe degno.
 49     Perché dell'altrui pene ognuno è erede:
 50 non lo condanna ignoranza o impotenza,
 51 ma voglia mal oprante in quel che crede.
 52     Dall'ingannati torna la sentenza
 53 agl'ingannanti, che 'l Padre occultâro
 54 a la fanciulla ancor nostra semenza.
 55     Bisogno e volontà, non senso raro
 56 mirando, spesso rispose il pio Padre
 57 là dove e come i figli l'invocâro.
 58     Talché, barbare genti [ed idoladre],
 59 se operaste giustizia naturale,
 60 non siete esenti dalle sante squadre.  
 61     Vivo, e non morto, un padre universale,
 62 non parzial, né fatto esser Dio mai,
 63 a chi s'annunzia più scusa non vale.
 64     Al che aspettato e' venne in tanti guai,
 65 commosso dagli nostri errori e danni,
 66 come per tutte istorie ritrovai,
 67     contra sofisti, ipocriti e tiranni,
 68 di tre dive eminenze falsatori,
 69 a troncar la radice degli inganni.
 70     Voi falsi sempre sol, commentatori,
 71 additaste per «tata» alli bambini
 72 voi stessi e li serpenti e statue e tori.
 73     Poi, contra i sensi proprii a' peregrini
 74 non bastò dir che la saetta vola,
 75 ma che sia uccello, e Dio gli enti divini.
 76     Perdé la Bibbia la mosaica scuola
 77 al tempo d'Esdra.........................
 78 .........................................
 79     I proprii Farisei Cinghie sortìo,
 80 Amida i bongi di Chami e Fatoche,
 81 l'altro emisfero in empietà finìo.
 82     Utili a tutti, chiare leggi e poche
 83 per l'arte abbandonâro: la natura,
 84 perché nel primo seggio le rivoche,
 85     delle scienze ognun vuol ch'abbia cura;
 86 non le condanna con le false sètte,
 87 ch'abborriscon la luce e la misura.
 88     Ammira il sol, le stelle e cose elette
 89 per statue di Dio vive e cortigiani:
 90 adora un solo Dio, ch'un sempre stette.
 91     Scuola alza e regno a Dio da questi vani:
 92 servir a Dio, in comunità vivendo,
 93 è proprio libertà di spirti umani.
 94     La santa Chiesa, il Primo Senno avendo
 95 per maestro, e 'l libro che Dio scrisse, quando
 96 compose il mondo, i suoi concetti aprendo,
 97     sette sigilli or or disigillando,
 98 chiamerà tutto l'universo insieme
 99 al tempio vivo dove va rotando.
100     Né a Dio, né al tutto, male al mondo preme,
101 ma sì alle parti, donde egli è diverso;
102 ma ride al tutto la parte che geme.
103     Ogni cosa è immortale in qualche verso;
104 sol l'alme vanno d'uno in altro mondo,
105 secondo i merti, più opaco o più terso,
106     finito in questo ognuna il proprio tondo,
107 u' gli spiriti sciolti han le lor vie
108 che portan del fatal ordine il pondo,
109     ed il giudicio aspettan del gran die.

4
  Del mondo e sue parti.
  1      Il mondo è un animal grande e perfetto,
  2 statua di Dio, che Dio lauda e simiglia:
  3 noi siam vermi imperfetti e vil famiglia,
  4 ch'intra il suo ventre abbiam vita e ricetto.
  5     Se ignoriamo il suo amor e 'l suo intelletto,
  6 né il verme del mio ventre s'assottiglia
  7 a saper me, ma a farmi mal s'appiglia:
  8 dunque bisogna andar con gran rispetto.
  9     Siam poi alla terra, ch'è un grande animale
 10 dentro al massimo, noi come pidocchi
 11 al corpo nostro, e però ci fan male.
 12     Superba gente, meco alzate gli occhi
 13 e misurate quanto ogn'ente vale:
 14 quinci imparate che parte a voi tocchi.

5
  Anima immortale.
  1      Di cervel dentro un pugno io sto, e divoro
  2 tanto, che quanti libri tiene il mondo
  3 non saziâr l'appetito mio profondo:
  4 quanto ho mangiato! e del digiun pur moro.
  5     D'un gran mondo Aristarco, e Metrodoro
  6 di più cibommi, e più di fame abbondo;
  7 disiando e sentendo, giro in tondo;
  8 e quanto intendo più, tanto più ignoro.
  9     Dunque immagin sono io del Padre immenso,
 10 che gli enti, come il mar li pesci, cinge,
 11 e sol è oggetto dell'amante senso;
 12     cui il sillogismo è stral, che al segno attinge;
 13 l'autorità è man d'altri; donde penso
 14 sol certo e lieto chi s'illuia e incinge.

6
  Modo di filosofare.
  1      Il mondo è il libro dove il Senno Eterno
  2 scrisse i proprii concetti, e vivo tempio
  3 dove, pingendo i gesti e 'l proprio esempio,
  4 di statue vive ornò l'imo e 'l superno;
  5     perch'ogni spirto qui l'arte e 'l governo
  6 leggere e contemplar, per non farsi empio,
  7 debba, e dir possa: - Io l'universo adempio,
  8 Dio contemplando a tutte cose interno. -
  9     Ma noi, strette alme a' libri e tempii morti,
 10 copiati dal vivo con più errori,
 11 gli anteponghiamo a magistero tale.
 12     O pene, del fallir fatene accorti,
 13 liti, ignoranze, fatiche e dolori:
 14 deh, torniamo, per Dio, all'originale!

7
  Accorgimento a tutte nazioni.
  1      Abitator del mondo, al Senno Primo
  2 volgete gli occhi, e voi vedrete quanto
  3 tirannia brutta, che veste il bel manto
  4 di nobiltà e valor, vi mette all'imo.
  5     Mirate poi d'ipocrisia, che primo
  6 fu divin culto e santità con spanto,
  7 l'insidie; e di sofisti poi l'incanto,
  8 contrari al Senno, ch'io tanto sublimo.
  9     Contra sofisti Socrate sagace,
 10 contra tiranni venne Caton giusto,
 11 contra ipocriti CRISTO, eterea face.
 12     Ma scoprir l'empio, il falsario e l'ingiusto
 13 non basta, né al morir correre audace,
 14 se tutti al Senno non rendiamo il gusto.

8
  Delle radici de' gran mali del mondo.
  1      Io nacqui a debellar tre mali estremi:
  2 tirannide, sofismi, ipocrisia;
  3 ond'or m'accorgo con quanta armonia
  4 Possanza, Senno, Amor m'insegnò Temi.
  5     Questi princìpi son veri e sopremi
  6 della scoverta gran filosofia,
  7 rimedio contra la trina bugia,
  8 sotto cui tu, piangendo, o mondo, fremi.
  9     Carestie, guerre, pesti, invidia, inganno,
 10 ingiustizia, lussuria, accidia, sdegno,
 11 tutti a que' tre gran mali sottostanno,
 12     che nel cieco amor proprio, figlio degno
 13 d'ignoranza, radice e fomento hanno.
 14 Dunque a diveller l'ignoranza io vegno.

9
  Contra il proprio amore scoprimento stupendo.
  1      Credulo il proprio amor fe' l'uom pensare
  2 non aver gli elementi, né le stelle
  3 (benché fusser di noi più forti e belle)
  4 senso ed amor, ma sol per noi girare.
  5     Poi tutte genti barbare ed ignare,
  6 fuor che la nostra, e Dio non mirar quelle.
  7 Poi il restringemmo a que' di nostre celle.
  8 Sé solo alfin ognun venne ad amare.
  9     E, per non travagliarsi, il saper schiva;
 10 poi, visto il mondo a' suo' voti diverso,
 11 nega la provvidenza o che Dio viva.
 12     Qui stima senno l'astuzie; e perverso,
 13 per dominar, fa nuovi dèi. Poi arriva
 14 a predicarsi autor dell'universo.

10
  Parallelo del proprio e comune amore
  1      Questo amor singolar fa l'uomo inerte,
  2 ma a forza, s'e' vuol vivere, si finge
  3 saggio, buon, valoroso: talché in sfinge
  4 se stesso annicchilando alfin converte
  5     (pene di onor, di voci e d'òr coverte!)
  6 Poi gelosia nell'altrui virtù pinge
  7 i proprii biasmi, e lo sferza e lo spinge
  8 ad ingiurie e rovine e pene aperte.
  9     Ma chi all'amor del comun Padre ascende,
 10 tutti gli uomini stima per fratelli
 11 e con Dio di lor beni gioie prende.
 12     Tu, buon Francesco, i pesci anche e gli uccelli
 13 frati appelli (oh beato chi ciò intende!);
 14 né ti fûr, come a noi, schifi e rubelli.
11
  Cagione, perché meno si ama Dio, sommo bene, 
che gli altri beni, è l'ignoranza.
  1      Se Dio ci dà la vita, e la conserva,
  2 ed ogni nostro ben da lui dipende,
  3 ond'è ch'amor divin l'uom non accende,
  4 ma più la ninfa e 'l suo signor osserva?
  5     Che l'ignoranza misera e proterva,
  6 chi s'usurpa il divin, per virtù vende;
  7 ed a cosa ignorata amor non tende,
  8 ma bassa l'ale e fa l'anima serva.
  9     Qui, se n'inganna poi e toglie sostanza
 10 per darla altrui, ne' vili ancor soggetti
 11 ci mostra i rai del Ben, che tutti avanza.
 12     Ma noi l'inganno, il danno (ahi, maledetti!)
 13 di lui abbracciamo, e non l'alta speranza
 14 de' frutti e 'l senso degli eterni oggetti.

12
  Fortuna de' savi.
  1      Gran fortuna è 'l saper, possesso grande
  2 più dell'aver; né i savi ha sventurati
  3 l'esser di vil progenie e patria nati:
  4 per illustrarle son sorti ammirande.
  5     Hanno i guai per ventura, che più spande
  6 lor nome e gloria; e l'esser ammazzati
  7 gli fa che sien per santi e dèi adorati,
  8 ed allegrezza han da contrarie bande:
  9     ché le gioie e le noie a lor son spasso,
 10 come all'amante pare il gaudio e 'l lutto
 11 per la sua ninfa: e qui a pensar vi lasso.
 12     Ma il sciocco i ben pur crucciano, e più brutto
 13 nobiltà il rende, ed ogni tristo passo
 14 suo sventurato fuoco smorza in tutto.

13
  Senno senza forza de' savi delle genti antiche
 esser soggetto alla forza de' pazzi.
  1      Gli astrologi, antevista in un paese
  2 costellazion che gli uomini impazzire
  3 far dovea, consigliârsi di fuggire,
  4 per regger sani poi le genti offese.
  5     Tornando poscia a far le regie imprese,
  6 consigliavan que' pazzi con bel dire
  7 il viver prisco, il buon cibo e vestire.
  8 Ma ognun con calci e pugni a lor contese.
  9     Talché, sforzati i savi a viver come
 10 gli stolti usavan, per schifar la morte,
 11 ché 'l più gran pazzo avea le regie some,
 12     vissero sol col senno a chiuse porte,
 13 in pubblico applaudendo in fatti e nome
 14 all'altrui voglie forsennate e torte.

14
  Gli uomini son giuoco di Dio e degli angeli.
  1      Nel teatro del mondo ammascherate
  2 l'alme da' corpi e dagli affetti loro,
  3 spettacolo al supremo consistoro
  4 da natura, divina arte, apprestate,
  5     fan gli atti e detti tutte a chi son nate;
  6 di scena in scena van, di coro in coro;
  7 si veston di letizia e di martoro,
  8 dal comico fatal libro ordinate.
  9     Né san, né ponno, né vogliono fare,
 10 né patir altro che 'l gran Senno scrisse,
 11 di tutte lieto, per tutte allegrare,
 12     quando, rendendo, al fin di giuochi e risse,
 13 le maschere alla terra, al cielo, al mare,
 14 in Dio vedrem chi meglio fece e disse.

15
  Che gli uomini seguono più il caso che la ragione
 nel governo politico, e poco imitan la natura.
  1      Natura, da Signor guidata, fece
  2 nel spazio la comedia universale,
  3 dove ogni stella, ogni uomo, ogni animale,
  4 ogni composto ottien la propria vece.
  5     Finita questa, come stimar lece,
  6 Dio giudice sarà giusto ed eguale;
  7 l'arte umana, seguendo norma tale,
  8 all'Autor del medesmo satisfece.
  9     Fa regi, sacerdoti, schiavi, eroi,
 10 di volgar opinione ammascherati,
 11 con poco senno, come veggiam poi
 12     che gli empi spesso fûr canonizzati,
 13 gli santi uccisi, e gli peggior tra noi
 14 prìncipi finti contra i veri armati.


16
  Re e regni veri e falsi e misti, e fini e studi loro.
  1      Neron fu re per sorte in apparenza,
  2 Socrate per natura in veritate
  3 per l'una e l'altra Augusto e Mitridate,
  4 Scipio e Gioseppe in parte, e parte senza.
  5     Cerca il principe spurio la semenza
  6 delle genti stirpar a regger nate,
  7 come Erode, Melito, e l'empio frate
  8 di Tito e Caifa, ed ogni ria potenza.
  9     Chi si conosce degno di servire,
 10 persegue chi par degno da imperare:
 11 di virtù regia è segnale il martire.
 12     Questi regnan pur morti, a lungo andare:
 13 vedi i tiranni e lor leggi perire,
 14     e Pietro e Paulo in Roma or comandare.

17
  Non è re chi ha regno, ma chi sa reggere.
  1      Chi pennelli have e colori, ed a caso
  2 pinge, imbrattando le mura e le carte,
  3 pittor non è; ma chi possede l'arte,
  4 benché non abbia inchiostri, penne e vaso.
  5     Né frate fan cocolle e capo raso.
  6 Re non è dunque chi ha gran regno e parte,
  7 ma chi tutto è Giesù, Pallade e Marte
  8 benché sia schiavo o figlio di bastaso.
  9     Non nasce l'uom con la corona in testa,
 10 come il re delle bestie, che han bisogno,
 11 per lo conoscer, di tal sopravvesta.
 12     Repubblica onde all'uom doversi espogno,
 13 o re, che pria d'ogni virtù si vesta,
 14 provata al sole, e non a piume e 'n sogno.

18
  A Cristo, nostro signore.
  1      I tuo' seguaci, a chi ti crocifisse
  2 più che a te crocifisso, simiglianti,
  3 son oggi, o buon Giesù, del tutto erranti
  4 da' costumi, che 'l tuo senno prescrisse.
  5     Lussurie, ingiurie, tradimenti e risse
  6 van procacciando i più stimati santi;
  7 tormenti inusitati, orrori e pianti
  8 (tante piaghe non ha l'Apocalisse),
  9     armi contra tuoi mal cogniti amici,
 10 come son io. Tu il sai, se vedi il cuore:
 11 mia vita e passion son pur tuo segno.
 12     Se torni in terra, armato vien', Signore,
 13 ch'altre croci apparécchianti i nemici,
 14 non Turchi, non Giudei: que' del tuo regno.

19
  Alla morte di Cristo.
  1      Morte, stipendio della colpa antica,
  2 dell'invidia figliuola, e del niente
  3 tributaria, e consorte del serpente,
  4 superbissima bestia ed impudica:
  5     credi aver fatta l'ultima fatica,
  6 sottoposto al tuo regno tutto l'ente,
  7 contra l'Omnipotente omnipotente?
  8 Falsa ragion di Stato ti nutrica.
  9     Per servirsi di te scende all'abisso,
 10 non per servir a te: tu l'armi e 'l campo
 11 scegli, e schernita se' da un crocifisso.
 12     S'e' vive, perdi; e s'e' muore, esce un lampo
 13 di deità dal corpo per te scisso,
 14 che le tenebre tue non han più scampo.

20
  Nel sepolcro di Cristo, Dio nostro, a' miscredenti.
  1      O tu, ch'ami la parte più che 'l tutto
  2 e più te stesso che la spezie umana,
  3 che i buon persegui con prudenza vana
  4 perché al tuo stato rio rendon mal frutto,
  5     ecco li Scribi e Farisei del tutto
  6 disfatti, ed ogni setta empia e profana,
  7 dall'Ottimo, che i buoni transumana,
  8 mentre in sepolcro a lor pare distrutto.
  9     Pensiti aver tu solo provvidenza,
 10 e 'l ciel, la terra e l'altre cose belle,
 11 le quali disprezzi, starsene senza?
 12     Sciocco, donde se' nato tu? Da quelle;
 13 dunque ci è Senno e Dio. Muta sentenza:
 14 mal si contrasta a chi guida le stelle.

21
  Nel sepolcro di Cristo.
  1      Quinci impara a stupirti in infinito,
  2 che l'Intelletto divino immortale,
  3 perché divenga l'uom celestiale,
  4 si sia di carne (oh santo Amor!) vestito;
  5     ch'egli sia anciso da' suoi, e seppellito;
  6 che poi sen venne a vita trionfale
  7 e ascese in Cielo; che ciascun fra tale,
  8 chi s'è con lui per vivo affetto unito.
  9     Che chi muore pel caldo di ragione,
 10 sofisti atterra, ipocriti e tiranni,
 11 che vendon l'altrui mal per divozione;
 12     che 'l giusto morto i vivi empi condanni,
 13 or fatta legge al mondo ogni sua azione,
 14 e egli giudice al fin degli ultimi anni.

22
  Nella resurrezione di Cristo.
  1      Se sol sei ore in croce stette Cristo,
  2 dopo pochi anni di fatiche e stenti,
  3 ch'e' soffrir volle per l'umane genti,
  4 quando del Ciel fece immortal acquisto;
  5     che ragion vuol ch'e' sia per tutto visto
  6 sol pinto e predicato fra tormenti,
  7 che lievi fûr presso a' piacer seguenti,
  8 finito il colpo rio del mondo tristo?
  9     Perché non dire e scriver del gran regno,
 10 ch'e' gode in Cielo e tosto farà in terra
 11 a gloria e laude del suo nome degno?
 12     Ahi, folle volgo, che, affissato a terra,
 13 se' di vedere l'alto trionfo indegno,
 14 onde sol miri al dì dell'aspra guerra!


23
  Al Primo Senno. Canzone prima.
  1      Illustra, o Primo Senno, il senno mio,
  2 tu che inspiri il sapere all'universo,
  3 come dal Primo Amore
  4 e dal Primo Valore
  5 vien ogni possa e voglia: tu il mio verso
  6 fa di te degno e del mio gran desio.
  7 Che se Necessitate
  8 influsso è di Possanza
  9 e di Amor Armonia,
 10 da te dipende il Fato e l'ordinanza.
 11 Tu reggi Amor, guidi la Potestate
 12 ed ogni ierarchia,
 13 tu, giudice ed autor di veritate.
 14     Era il Senno degli enti da principio,
 15 ed era appresso Dio, era Dio stesso
 16 sì come era il Potere
 17 e l'Amor, che tre vere
 18 preminenze dell'essere io confesso,
 19 degli enti tutti un interno principio,
 20 onde ogni parte e tutto
 21 puote, ed ama, e conosce
 22 essere ed operare;
 23 segue le gioie e fugge dall'angosce;
 24 strugge il nemico, per non esser strutto,
 25 e 'l simil fa cercare:
 26 dal che fu il mondo in ordine ridutto.
 27     Autor dell'universo e di sue parti
 28 fu il Senno, a cui natura è quasi figlia,
 29 l'arte nostra è nipote,
 30 che fa quel che far puote,
 31 l'idee mirando, che la madre piglia
 32 dall'avo, che d'un'arte fe' tante arti.
 33 Però sé sente ed ama
 34 per essenza e per atto
 35 ogn'ente, e l'altre cose,
 36 in quanto sente sé mutato, e fatto
 37 quelle per accidente. Indi odia e brama
 38 chi a male o ben l'espose.
 39 Talché il mutarsi in noi saper si chiama.
 40     Ma non del tutto, ché sarìa morire
 41 in sé e farsi altro, come legno fuoco.
 42 Ma di poca mutanza
 43 si nota, per sembianza,
 44 che il resto è, addoppiando molto o poco.
 45 Dunque saper discorso è del patire.
 46 Ma lo Senno Primero,
 47 che tutte cose feo,
 48 tutte è insieme, e fue:
 49 né, per saperle, in lor si muta Deo,
 50 s'egli era quelle già in esser più vero.
 51 Tu, inventor, l'opre tue
 52 sai, non impari; e Dio è primo ingegniero.
 53     Come le piante al suolo, i pesci all'acque,
 54 le fiere all'aria e li splendori al sole
 55 han sì continovate
 56 le vite, che, staccate,
 57 sì svanisce il vigor, riman la mole:
 58 così al Senno Primo unito nacque,
 59 come è bisogno e quanto
 60 per conservarsi, ogn'ente
 61 con più o manco luce;
 62 e, da lui svélto, ignora, muore e mente:
 63 né si annullando e variando manto,
 64 quel che può, si riduce,
 65 come ogni caldo al sole, al Senno santo.

24
  Al Primo Senno. Canzone seconda.
  1      La luce è una, semplice e sincera
  2 nel sole, e per se stessa manifesta,
  3 ch'è di sé diffusiva
  4 e moltiplicativa,
  5 agile, viva ed efficace e presta;
  6 tutto vede e veder face in sua sfera.
  7 Poi, negli opachi mista
  8 corpi, vivezza perde,
  9 né per sé si diffonde.
 10 Di color giallo, azzurro, rosso e verde
 11 prende nome, secondo l'ombra trista
 12 più o meno la nasconde,
 13 né senza il primo lume può esser vista.
 14     Così lo Senno in Dio senza fin puro,
 15 moltiplicabile, unico e veloce,
 16 tutto ad un tratto vede,
 17 forma, insegna e possede;
 18 detto qua Verbo, e in Ciel di miglior voce.
 19 Partecipato poi dal mondo oscuro
 20 e di finita forza,
 21 teme, ama, odia ed obblia;
 22 né più Dio, ma vien detto
 23 natura, senno, ragion, fantasia.
 24 E secondo più o men dura ha la scorza
 25 o più e manca è schietto,
 26 più o manco sa; ma in Dio più si rinforza.
 27     Spirto puro, qual luce, di tutti enti
 28 ben s'inface, e gli intende in quella guisa
 29 ch'essi in se stessi sono;
 30 ed a sorgere è buono
 31 a giudicar, di quel che gli si avvisa,
 32 il resto e gli simili e i differenti.
 33 Ma l'impuro infelice,
 34 qual rossor rosse scorge
 35 le cose, e non come enno,
 36 e d'una in altra sembianza mal sorge:
 37 laonde il natural mentire indice,
 38 ma non lo scaltro, un senno
 39 di natura corrotta e peccatrice.
 40     Chi tutte cose impara, tutte fassi,
 41 qual Dio, ma non del tutto ed in essenza,
 42 com'è la Cagion Prima.
 43 Ch'alma di tanta stima
 44 far cose vive sol con l'intendenza
 45 patria e del spazio comprendere i passi;
 46 quanti il freddo e caldo hanno
 47 gradi, e momenti il moto,
 48 e del tempo gli instanti;
 49 quanti angeli, e vie il lume, e corpi ha il vòto;
 50 le riforme, che a lor vengono e vanno,
 51 i rispetti, e sembianti;
 52 quanti atomi in ogni ente e come stanno.
 53     Chi che si sia purissima, dappoi
 54 ch'averia conosciuto tutte cose,
 55 non si potria dir certo
 56 d'una sola esser certo,
 57 quant'arti, parti e rispetti Dio pose
 58 in lei, co' tanti ognor divari suoi.
 59 Ch'e' non è dentro a quella,
 60 e sé dentro a sé ignora:
 61 onde con sua misura,
 62 né con quella dell'esser, certa fôra,
 63 se tutto s'internasse. L'uom, la stella,
 64 l'angel, ogni fattura
 65 diverso han senso pur d'ogni cosella.

25
  Al Primo Senno. Canzone terza.
  1 Tanto senno have ogn'ente, quanto basta
  2 serbarlo a sé, alla specie, al mondo, a cui
  3 per tanto tempo è nato,
  4 per quanto Dio ha ordinato
  5 pel Fato, a cui serviamo più ch'a nui:
  6 ond'altri in fior, altri in frutta, altri guasta
  7 di noi nel materno alvo.
  8 Come, per usa vario,
  9 facciam pur noi dell'erbe,
 10 cui pare ingiusto il nostro necessario;
 11 così a noi, mentre s'offre or folto or calvo,
 12 par che ragion non serbi
 13 il fatal capo, che 'l mondo tien salvo.
 14     Casa stupenda ha fatta il Senno Eterno,
 15 ch'ogni ente, benché vil, non vuol cangiarsi
 16 con altri; onde s'aiuta
 17 contra 'l morir che 'l muta;
 18 ma vorria e crede solo in sé bearsi,
 19 ché ignora l'altrui ben, sape il suo interno.
 20 O somma Sapienza,
 21 che di nostra ignoranza
 22 si serve a far ciascuno
 23 felice e lieto, e l'universo avanza.
 24 Gabbia de' matti è il mondo; e, se mai senza
 25 di follie fosse, ognuno
 26 s'uccideria, anelando a più eccellenza.
 27     La fabbrica del mondo e di sue parti
 28 e delle particelle e parti loro;
 29 le varie operazioni,
 30 che han tutte nazioni
 31 degli enti nostri e del celeste coro;
 32 vari riti, costumi, vite ed arti
 33 de' passati e presenti,
 34 degli astri e delle piante,
 35 de' sassi e delle fiere;
 36 tempi, virtuti, luoghi e forme tante;
 37 le guerre e le cagion de gli elementi
 38 noti chi vuol sapere,
 39 ch'e' nulla sappia, e non con finti accenti.
 40     Spirto puro e beato solo arriva
 41 a sì saggia ignoranza; né può farsi
 42 puro chi non è nato
 43 per colpa altrui o per fato.
 44 Può di natura il don più raffinarsi
 45 con gli oggetti e con l'arte educativa,
 46 e farsi ampio e chiaro;
 47 ma non leggier, di greve,
 48 se di savi e di eroi
 49 senno e forza ogn'alunno non riceve.
 50 Né si trasfonde, se fiacco ed ignaro
 51 figlio hanno; onde puoi
 52 considerare altronde don sì caro.
 53     La purità natia dunque si tira
 54 dall'armonia del mondo e d'ogni corda,
 55 che vario suon disserra,
 56 tesa in cielo ed in terra;
 57 e chi sa ingenerarla, a lor s'accorda,
 58 dove, onorato, Dio sua grazia aspira.
 59 Oh felice soggetto,
 60 degno di favor tale,
 61 che Dio in lui di sé goda!
 62 Poscia è felice chi tanto non vale,
 63 se, ascoltando, s'unisce a quel perfetto.
 64 Ma d'ogni ben si froda,
 65 chi nato è impuro e schifa il saggio e schietto.

26
  Introduzione ad Amore, vero amore.
  1      Il vero amante sempre acquista forza,
  2 ché l'immagine amata e la bellezza
  3 l'anima sua raddoppia; donde sprezza
  4 ogn'alta impresa ed ogni pena ammorza.
  5     Se amor donnesco tanto ne rinforza,
  6 quanta gloria darìa, gioia e grandezza,
  7 unita per amor, l'Eterna Altezza
  8 all'anima rinchiusa a questa scorza?
  9     L'anima si farìa un'immensa spera,
 10 che amar, saper e far tutto potrebbe
 11 in Dio, di maraviglie sempr'altèra.
 12     Ma noi siamo a noi stessi lupi e zebbe,
 13 senza il vero Amore, luce sincera,
 14 ch'a tanta altezza sublimar ne debbe.

27
  Contra Cupido.
  1      Son tremila anni omai che 'l mondo cole
  2 un cieco Amor, c'ha la faretra e l'ale;
  3 ch'or di più è fatto sordo, e l'altrui male,
  4 privo di caritate, udir non vuole.
  5     D'argento è ingordo e a brun vestirsi suole,
  6 non più nudo fanciul schietto e leale,
  7 ma vecchio astuto; e non usa aureo strale,
  8 poiché fûr ritrovate le pistole,
  9     ma carbon, solfo, vampa, truono e piombo,
 10 che di piaghe infernali i corpi ammorba,
 11 e sorde e losche fa l'avide menti.
 12     Pur dalla squilla mia sento un rimbombo:
 13 - Cedi, bestia impiagata, sorda ed orba,
 14 al saggio Amor dell'anime innocenti.

28
  Canzon d'Amore secondo la vera filosofia.
  1      Udite, amanti, il mio cantar. Sempr'era
  2 l'Amor universal, s'egli Dio spinse
  3 a far il mondo, e non forza o bisogno.
  4 La sua Possanza a tanta opra l'accinse,
  5 però che dentro a sua infinita spera
  6 la Prima Sapienza, ond'io ciò espongo,
  7 previde che potea starvi l'essenza
  8 de' finiti enti, e disse: - Or vi ripongo. -
  9 Ché Amor, a cui ogni essere è bontate
 10 ch'al Senno è veritate,
 11 vita alla Potestate,
 12 l'antevista possibile esistenza
 13 repente amò: tal ch'e', c'ha dipendenza
 14 dal Senno e dal Poter, la volve a loro:
 15 ché poter e saper essi non ponno
 16 quel che non vonno. Dunque insieme adoro
 17 Possanza, Senno, Amor, Primo Ente e Donno.
 18     Il perfetto animal, ch'or mondo è, pria
 19 era confusion, quasi un grand'uovo,
 20 in cui la Monotriade alma parente,
 21 covando, espresse il gran sembiante nuovo.
 22 Però Necessità, Fato, Armonia
 23 influendo, il Poter, l'Amor, la Mente
 24 sopiti sciolse a farsi, in membra tante,
 25 natura, fabbri intrinsechi e semente.
 26 Onde ogn'ente è perch'esser può, sa ed ama.
 27 Non può, ignora o disama
 28 chi al morir si richiama;
 29 il che di vita in vita è gire errante,
 30 ché la spera vital sempr'è più innante.
 31 Ma le tre influenze abbreviâro
 32 il saper delle parti, ond'esse, incerte
 33 degli altri esseri e vite, solo amâro
 34 la propria ed abborrîr di farsi esperte.
 35     Il Primo Ente divino, uno, immortale,
 36 tranquillo sempre, è l'infinito Bene,
 37 proprio oggetto adeguato del su' Amore.
 38 Or, perché ogn'esser da quel primo viene,
 39 è buono e lieto oggetto naturale
 40 del proprio amor, talch'egli ama il Fattore,
 41 se stesso amando, di cui è certa imago.
 42 E però s'ama d'infinito ardore,
 43 bramando farsi infinito ed eterno,
 44 ché è tal l'Autor superno.
 45 Quinci nasce odio interno
 46 contra 'l morire in chi non è presago
 47 d'esser vicin più al Primo, ond'è sì vago,
 48 ch'anzi odiar sé, che lui, può, Bene immenso.
 49 Del ben il senso amor spira per tutto;
 50 ma alle parti mortai del male il senso,
 51 per parziale amor, l'odio ha produtto.
 52     Dio cosa nulla odia, ché affanno e morte
 53 da lor non teme; ma sua vita propia,
 54 da lor partecipata, in sé vagheggia,
 55 tutte avendo per buone, e bench'inopia
 56 di più sembianza sua nell'alme torte
 57 si dica odiar, e' non langue o vaneggia,
 58 ch'indi e' ben non mendìca, e n'ha a dovizia
 59 per sempre dar; ma il suo Fato pareggia,
 60 con ta' detti odii e morti, l'Armonia
 61 di sua gran monarchia.
 62 Né 'l mondo, a chi ben spia,
 63 odia sue parti; ma prende a letizia
 64 lor guerre e morti, che fanno a giustizia
 65 in altre vite, dove gli è mestiero.
 66 Così il pan duolsi e muore, da me morso,
 67 per farsi e viver sangue, e questo io chiero;
 68 poi muore il sangue alla carne in soccorso.
 69     Cosa mala io non truovo a Dio ed al mondo,
 70 né téma o gelosia; ma da fiacchezza
 71 nacquero delle parti, o dal difetto
 72 di quel ch'a molti è gioia o sicurezza.
 73 Una comun materia ha il spazio tondo,
 74 di cui far regno amò, stanza e soggetto,
 75 ogni attivo valor per eternarsi.
 76 Dal che Necessità punse l'affetto
 77 del consimile a far lo stesso, e guerra
 78 pone il Fato, e disserra
 79 l'Armonia cielo e terra.
 80 Ecco lite d'amor per amor farsi.
 81 Con re il re pugna, non con Davo; ed arsi
 82 gli enti ha il fuoco, per fuoco amico farli;
 83 e la terra vorria che fusser sui.
 84 E dal non esser nasce il contrastarli;
 85 dall'esser, amicizia; e un di dui.
 86     Amor, che dal Valor e Senno Primo
 87 procede e lega que' con dolce nodo,
 88 del sommo ben, ch'è l'esser suo mai sempre,
 89 è voluntate e gaudio sopra modo
 90 di sé a sé, sicur ben, sempre opimo.
 91 Amor, infuso del mondo alle tempre,
 92 del suo gaudio e comodo è pur desire,
 93 che del futuro mai non si distempre,
 94 ond'egli perda il sembiante divino.
 95 Ma l'amor, che 'l destino
 96 fe' alle parti meschino,
 97 più tosto è desiderio che gioire,
 98 del proprio ben, che va sempr'al morire.
 99 Amor dunqu'è piacer d'immortal vita
100 in tutti: ma chi in sé perderla sente,
101 la cerca altronde, e 'l consiglio l'invita
102 a trovar via di non morir repente.
103     L'Inopia dunque, pregna dal Consiglio,
104 regenera amor fieri, ardenza e fame,
105 cupidigia, appetito e zel di quelle
106 cose, ch'intraman della vita il stame.
107 Onde il sol mangia la terra, e di piglio
108 ella al ciel dà e vorria mangiar le stelle.
109 Fa di tal guerra e dir lor semi il Fato
110 spirti, umor, pietre, animai, piante; ed elle
111 mangiansi l'un l'altra: ove amor fassi
112 gioir, mentre rifassi
113 pian pian quel che disfassi.
114 Ché gioia del sentirsi esser serbato
115 atto è; e 'l dolor, del sentirsi turbato,
116 cui sommo è ben la conservaz‹one
117 e sommo mal è lo distruggimento.
118 Però diciam le cose male o buone,
119 ch'a lor son via, cagion, mostra e fomento.
120     Del nemico la fuga, o la vittoria,
121 e del cibo il restauro non bastando
122 ad eternar, il Senno amante, visto
123 che 'l sol produce, la terra impregnando,
124 tante sembianze, revocò a memoria
125 l'arte divina, e 'l mortal sesso misto
126 partìo in due, che sembra terra e sole,
127 servendosi del caso; ond'ha provvisto
128 che, d'essi uniti, Amor, per be' lambicchi,
129 virtù vital dispicchi,
130 chi d'esser gli fa ricchi,
131 morendo in sé, nella futura prole,
132 per questo amata più ch'amante; e suole
133 qui Amor, vòlto in gioir, scordarsi il Senno,
134 come fan gli altri dell'Inopia figli,
135 seguendola in più e meno: onde vizi enno,
136 come virtuti son presso a' consigli.
137     Però, dovunque Amor del suo ben scorge
138 segnale alcun, che bellezza appelliamo,
139 pria che lasci pensar s'ivi s'asconda
140 il ben che 'l serva, accorre; e qui pecchiamo,
141 ché fuor di tempo e luogo, o più o men porge
142 l'idea vitale, o in terra non feconda;
143 dove pur, preparata al gran fine, gioia
144 sentendo, in più error grande si profonda,
145 ch'ella d'Amor sia oggetto e fin sovrano,
146 non saggio e ésca e mezzano
147 del viver sempre. Ah insano
148 pensier, che ogni viltà produce e noia!
149 Né cieca legge smorza tanta foia,
150 ma il gran Saper, d'Amor viste ir l'antenne
151 al non morir: il che fra noi mancando,
152 all'alto volo gli veste le penne
153 d'eternità, ch'andiam quaggiù cercando.
154     Visto gli eroi e filosofi più pruove
155 che 'l cibo e 'l generar fallano spesso,
156 e 'l figlio tralignante perdé al padre,
157 invece di servar, l'esser commesso,
158 punti d'Amor divin (cui par che giove
159 più propagar le cose più leggiadre),
160 sprezzâr la parte per lo tutto; e 'l seme,
161 pria in tutti gli enti la Bontà lor madre
162 mirando, amando han sparso, e le sembianza
163 di lor senno e possanza
164 (di Dio ampliati ad usanza
165 in tutto almen l'uman genere insieme),
166 in detti, in fatti ed opre alte e supreme.
167 E preser l'alme belle ad impregnare
168 di lor virtù, che trae di vaso in vaso
169 lor vita; ma pu manca a lungo andare,
170 ché solo Dio resiste ad ogni caso.
171     Te, Amor, sfera infinita, alma e benigna,
172 che 'n Ciel di copia, in noi d'inopia hai centro,
173 circondato dal cerchio sensitivo,
174 onde chi sente più, più ama e gode;
175 io, che son teco a tutte cose dentro,
176 canto, laudo e descrivo.
177 Per te si abbraccia il van le cose sode,
178 e le virtù la mole, onde consiste
179 dell'universo l'ordine, distinto
180 per te di stelle e d'uomini dipinto.
181 Per te si gira il sol, la terra piglia
182 vigor, onde poi tante cose figlia.
183 Per te contra la morte si resiste
184 e contra il mal, che tanto ci scompiglia.
185 Tu, autor di gentilezza,
186 distruttor di fierezza;
187 da ten son le repubbliche e gli regni
188 e l'amicizia, ch'è un amor perfetto,
189 che contra il male accomuna ogni bene.
190 Tu se' d'eternità frate alla spene,
191 soprabbondanza di eterno diletto.
192 Tu vinci la Possanza e l'Intelletto.


INDICE                    29-56

Edizione HTML a cura di:mail@debibliotheca.com

Ultimo Aggiornamento: 
17/07/05 01:13