CECRI |
Amata figlia,
deh! vieni a noi; deh! vieni. |
MIRRA |
Oh ciel! che
veggo?
anco il padre!... |
CINIRO |
T'inoltra, unica nostra
speranza e vita; inoltrati secura;
e non temere il
mio paterno aspetto,
piú che non temi della madre. A udirti
siam presti entrambi. Or, del tuo fero
stato
se disvelarne la cagion ti piace,
vita ci dai; ma, se il tacerla pure
piú ti giova o
ti aggrada, anco tacerla,
figlia, tu puoi; che il tuo piacer fia il
nostro.
Ad eternare il marital tuo nodo
manca omai sola un'ora; il tien ciascuno
per certa cosa: ma, se pur tu fossi
cangiata mai; se
t'increscesse al core
la data fe; se la spontanea tua
libera scelta or ti spiacesse; ardisci,
non temer cosa al mondo, a noi la svela.
Non sei tenuta a nulla; e noi primieri
te ne sciogliam,
noi stessi; e, di te degno,
generoso ti scioglie anco Peréo.
Né di leggiera vorrem noi tacciarti:
anzi, creder ci giova che maturi
pensier novelli a ciò ti astringan ora.
Da cagion vile
esser non puoi tu mossa;
l'indole nobil tua, gli alti tuoi sensi,
e l'amor tuo per noi, ci è noto il
tutto:
di te, del sangue tuo cosa non degna,
né pur pensarla puoi. Tu dunque appieno
adempi il voler
tuo; purché felice
tu torni, e ancor di tua letizia lieti
tuoi genitor tu renda. Or, qual ch'ei sia
questo presente tuo voler, lo svela,
come a fratelli, a noi. |
CECRI |
Deh! sí: tu il
vedi;
né dal materno
labro udisti mai
piú amoroso, piú tenero, piú mite
parlar, di questo. |
MIRRA |
... Havvi
tormento al mondo,
che al mio si agguagli?... |
CECRI |
Ma, che fia? tu
parli
sospirando infra te? |
CINIRO |
Lascia, deh!
lascia,
che il tuo cor ci
favelli: altro linguaggio
non adopriam noi teco. Or via;
rispondi. |
MIRRA |
... Signor... |
CINIRO |
Tu mal cominci:
a te non sono
signor; padre son io: puoi tu chiamarmi
con altro nome, o figlia? |
MIRRA |
O Mirra, è questo
l'ultimo sforzo. Alma, coraggio... |
CECRI |
Oh cielo!
Pallor di morte in volto... |
MIRRA |
A me?... |
CINIRO |
Ma donde,
donde il tremar? del padre tuo?... |
MIRRA |
Non tremo...
parmi;... od almen, non tremerò piú
omai,
poiché ad udirmi or sí pietosi state.
L'unica vostra, e
troppo amata figlia
son io, ben so. Goder d'ogni mia gioja,
e v'attristar d'ogni mio duol vi veggo;
ciò stesso il duol mi accresce. Oltre i
confini
del natural dolore il mio trascorre;
invan lo ascondo;
e a voi vorrei pur dirlo,...
ove il sapessi io stessa. Assai giá
pria,
ch'io fra 'l nobile stuol de' proci
illustri
Peréo scegliessi, in me cogli anni
sempre
la fatal mia tristezza orridi era ita
ogni dí piú
crescendo. Irato un Nume,
implacabile, ignoto, entro al mio petto
si alberga; e quindi, ogni mia forza è
vana
contro alla forza sua... Credilo, o
madre;
forte, assai forte (ancor ch'io giovin
sia)
ebbi l'animo, e
l'ho: ma il debil corpo,
egro ei soggiace;... e a lenti passi in
tomba
andar mi sento... Ogni mio poco e
rado
cibo, mi è tosco: ognor mi sfugge il
sonno;
o con fantasmi di morte tremendi,
piú che il
vegliar, mi dan martíro i sogni:
né dí, né notte, io non trovo mai
pace,
né riposo, né loco. Eppur sollievo
nessuno io bramo; e stimo, e aspetto, e
chieggo,
come rimedio unico mio, la morte.
Ma, per piú mio
supplicio, co' suoi lacci
viva mi tien natura. Or me compiango,
or me stessa abborrisco: e pianto, e
rabbia,
e pianto ancora... È la vicenda questa,
incessante, insoffribile, feroce,
in cui miei
giorni infelici trapasso.
Ma che?... voi pur dell'orrendo mio stato
piangete?... Oh madre amata!... entro il
tuo seno
ch'io, suggendo tue lagrime, conceda
un breve sfogo anco alle mie!... |
CECRI |
Diletta
figlia, chi può non piangere al tuo
pianto?... |
CINIRO |
Squarciare il cor mi sento da' suoi detti...
Ma in somma pur, che far si dee?... |
MIRRA |
Ma in somma,
(deh! mel credete) in mio pensier non
cadde
mai di attristarvi, né di trarvi a vana
pietá di me,
coll'accennar mie fere
non narrabili angosce. Da che
ferma,
Peréo scegliendo, ebbi mia sorte io
stessa,
meno affannosa rimaner mi parve,
da prima, è ver; ma, quanto poi piú il
giorno
del nodo
indissolubil si appressava,
vie piú forti le smanie entro al mio
cuore
ridestavansi; a tal, ch'io ben tre volte
pregarvi osai di allontanarlo. In questi
indugj io pur mi racquetava alquanto;
ma, col scemar
del tempo, ricrescea
di mie Furie la rabbia. Oggi son elle,
con mia somma vergogna e dolor sommo,
giunte al lor colmo al fin: ma sento
anch'oggi,
che nel mio petto di lor possa han fatto
l'ultima prova.
Oggi a Peréo son io
sposa, o questo esser demmi il giorno
estremo. |
CECRI |
Che sento?... Oh figlia!... E alle ferali
nozze
ostinarti tu vuoi?... |
CINIRO |
No, mai non fia.
Peréo non ami; e mal tuo grado, indarno,
vuoi darti a lui... |
MIRRA |
Deh! non mi torre
adesso;
o dammi tosto a morte... È ver, ch'io,
forse,
quanto egli me, non l'amo;... e ciò,
neppure
io ben mel so... Credi, ch'io assai lo
estimo;
e che null'uomo avrá mia destra al
mondo,
s'egli non l'ha.
Caro al mio core, io spero,
Peréo sará, quanto il debb'esser; seco
vivendo io fida e indivisibil sempre,
egli in me pace, io spero, egli in me
gioja
tornar fará: cara, e felice forse,
un giorno ancor
mi fia la vita. Ah! s'io
finor non l'amo al par ch'ei merta, è
colpa
non di me, del mio stato; in cui me
stessa
prima abborrisco... Io l'ho pur scelto:
ed ora,
io di nuovo lo scelgo: io bramo, io
chieggo
lui solo. Oltre
ogni dire, a voi gradita
era la scelta mia: si compia or dunque,
come il voleste, e come io 'l voglio, il
tutto.
Poiché maggior del mio dolore io sono,
siatel pur voi. Quanto il potrò piú
lieta,
vengo in breve
alle nozze: e voi, beati
ve ne terrete un giorno. |
CECRI |
Oh rara figlia!
quanti mai pregj aduni! |
CINIRO |
Un po' mi acqueta
il tuo parlar; ma tremo... |
MIRRA |
In me piú
forte
tornar mi sento, in favellarvi. Appieno
tornar, sí,
posso di me stessa io donna,
(ove il voglian gli Dei) pur che soccorso
voi men prestiate. |
CINIRO |
E qual soccorso?
|
CECRI |
Ah! parla.
Tutto faremo. |
MIRRA |
Addolorarvi ancora
io deggio. Udite. Al travagliato
petto,
e alla turbata
egra mia mente oppressa,
alto rimedio or fia, di nuovi oggetti
la vista; e in ciò il piú tosto, il
miglior fia.
L'abbandonarvi (oh ciel!) quanto a me
costi,
dir nol posso; il diranno le mie lagrime,
quand'io darovvi
il terribile addio:
se il potrò pur, senza cadere,... o
madre,
infra tue braccia estinta... Ma, s'io
pure
lasciar vi posso, il dí verrá, che a
questo
generoso mio sforzo, e vita, e pace,
e letizia dovrò. |
CECRI |
Tu di lasciarci
parli? e il vuoi tosto; e in un lo temi e
il brami?
Ma qual fia mai?... |
CINIRO |
Lasciarci? e a
noi che resta,
senza di te? Ben di Peréo tu poscia
irne al padre dovrai; ma intanto pria
lieta con noi qui lungamente ancora.... |
MIRRA |
E s'io qui lieta esser per or non posso,
vorreste voi qui pria morta vedermi,
che felice sapermi in stranio lido?
Tosto, piú o meno, il mio destin mi
chiama
nella reggia
d'Epíro: ivi pur debbo
con Peréo dimorarmi. A voi ritorno
faremo un dí, quando il paterno scettro
Peréo terrá. Di molti figli e cari
me lieta madre rivedrete in Cipro,
se il concedono i
Numi: e, qual piú a grado
a voi sará tra i figli miei, sostegno
vel lasceremo ai vostri anni canuti.
Cosí a questo bel regno erede avrete
del sangue vostro; poiché a voi negato
prole han finor
del miglior sesso i Numi.
Voi primi allor benedirete il giorno,
che partir mi lasciaste. Al sol
novello,
deh! concedete, che le vele ai venti
meco Peréo dispieghi. Io sento in cuore
certo un presagio
funesto, che dove
il partir mi neghiate, (ahi lassa!) io
preda
in questa reggia infausta oggi rimango
d'una invincibil sconosciuta possa:
che a voi per sempre io sto per esser
tolta...
Deh! voi pietosi;
o al mio presagio fero
crediate; o, all'egra fantasia dolente
cedendo, secondar piacciavi il mio
errore. La mia vita, il mio destino,
ed anco (oh cielo! io fremo) il destin
vostro;
dal mio partir, tutto, purtroppo! or
pende. |
CECRI |
Oh figlia!... |
CINIRO |
Oimè!... Tremar
ci fan tuoi detti...
Ma pur, quanto a te piace, appien si
faccia.
Qual ch'esser possa il mio dolor, pria
voglio
non piú vederti, che cosí vederti.
E tu, dolce
consorte, in pianto muta
ti stai?... Consenti al suo desio? |
CECRI |
Morirne fossi
almen certa, come (ahi trista!) il sono
di viver sempre in sconsolato pianto!...
Fosse almen vero un dí l'augurio fausto,
che dei cari
nepoti ella ne accenna!...
Ma, poiché tale il suo strano pensiero,
pur ch'ella viva, seguasi. |
MIRRA |
La vita,
madre, or mi dai per la seconda volta.
Presta alle nozze io son fra un'ora. Il
tempo
vel proverá,
s'io v'ami; ancor che lieta
io di lasciarvi appaia. Or mi
ritraggo
a mie stanze, per poco: asciutto affatto
recar vo' il ciglio all'ara; e al degno
sposo
venir gradita con serena fronte. |
|
CECRI |
Miseri noi! misera figlia! |
CINIRO |
Eppure,
di vederla ogni giorno piú infelice,
no, non mi basta il core. Invan
l'opporci... |
CECRI |
Oh sposo!... io tremo, che ai nostri occhi
appena
toltasi, il fero suo dolor la uccida. |
CINIRO |
Ai detti, agli atti, ai guardi, anco ai
sospiri,
par che la invasi orribilmente alcuna
sovrumana possanza. |
CECRI |
... Ah! ben
conosco,
cruda implacabil Venere, le atroci
tue vendette.
Scontare, ecco, a me fai,
in questa guisa, il mio parlar superbo.
Ma, la mia figlia era innocente; io sola,
l'audace io fui; la iniqua, io sola... |
CINIRO |
Oh cielo!
che osasti mai contro alla Dea?... |
CECRI |
Me lassa!...
Odi il mio fallo,
o Ciniro. In vedermi
moglie adorata del piú amabil sposo,
del piú avvenente infra i mortali, e
madre
per lui d'unica figlia (unica al mondo
per leggiadria, beltá, modestia, e
senno)
ebra, il
confesso, di mia sorte, osava
negar io sola a Venere gl'incensi.
Vuoi piú? folle, orgogliosa, a insania
tanta
(ahi sconsigliata!) io giunsi, che dal
labro
io sfuggir mi lasciava; che piú gente
tratta è di
Grecia e d'Oríente omai
dalla famosa alta beltá di Mirra,
che non mai tratta per l'addietro in
Cipro
dal sacro culto della Dea ne fosse. |
CINIRO |
Oh! che mi narri?... |
CECRI |
Ecco, dal giorno
in poi,
Mirra piú pace
non aver; sua vita,
e sua beltá, qual debil cera al fuoco,
lentamente distruggersi; e niun bene
non v'esser piú per noi. Che non fec'io,
per placar poi la Dea? quanti non porsi
e preghi, e incensi, e pianti? indarno
sempre. |
CINIRO |
Mal festi, o donna; e fu il tacermel,
peggio.
Padre innocente appieno, io co' miei voti
forse acquetar potea l'ira celeste:
e forse ancor (spero) il potrò.
Ma intanto,
io pur di Mirra
or nel pensier concorro:
ben forza è torre, e senza indugio
nullo,
da quest'isola sacra il suo cospetto.
Chi sa? seguirla in altre parti forse
l'ira non vuol dell'oltraggiato Nume:
e quindi forse la
infelice figlia,
tal sentendo presagio ignoto in petto,
tanto il partir desia, tanto ne spera.
Ma, vien Peréo: ben venga: ei sol
serbarci
può la figlia, col torcela. |
CECRI |
Oh destino! |
|
PERÉO |
Tardo, tremante, irresoluto, e pieno
di mortal duol, voi mi vedete. Un fero
contrasto è in me: pur, gentilezza, e
amore
vero d'altrui, non di me stesso, han
vinto.
Men costerá la
vita. Alto non duolmi,
che il non poter, con util vostro almeno,
spenderla omai: ma l'adorata Mirra
a morte io trarre, ah! no, non voglio. Il
nodo
fatal si rompa; e de' miei giorni a un
tempo
rompasi il filo. |
CINIRO |
Oh figlio!... ancor ti appello
di tal nome; e il sarai tra breve, io
spero.
Noi, dopo te, noi pure i sensi udimmo
di Mirra: io seco, qual verace padre,
tutto adoprai perch'ella appien seguisse
il suo libero
intento: ma, piú salda,
che all'aure scoglio, ella si sta: te
solo
e vuole, e chiede; e teme, che a lei
tolto
sii tu. Cagion del suo dolore addurne
ella stessa non sa: l'egra salute,
che l'effetto
pria n'era, omai n'è forse
la cagion sola. Ma il suo duol profondo
merta, qual ch'egli sia, pietá pur
molta;
né sdegno alcuno in te destar debb'ella,
piú che ne desti in noi. Sollievo dolce
tu del suo mal
sarai: d'ogni sua speme
l'amor tuo forte, è base. Or, qual vuoi
prova
maggior di questa? al nuovo dí lasciarci
(noi, che l'amiam pur tanto!) ad ogni
costo
vuole ella stessa; e per ragion ne
assegna,
l'esser piú teco, il divenir piú tua. |
PERÉO |
Creder, deh, pure il potess'io! ma appunto
questo partir sí subito... Oimè! tremo,
che in suo pensier disegni ella stromento
della sua morte farmi. |
CECRI |
A te, Peréo,
noi l'affidiamo:
il vuole oggi il destino.
Pur troppo qui, su gli occhi nostri,
morta
cadria, se ostare al suo voler piú a
lungo
cel sofferisse il core. In giovin mente
grande ha possanza il varíar gli
oggetti.
Ogni tristo
pensier deponi or dunque;
e sol ti adopra in lei vieppiú far
lieta.
La tua pristina gioja in volto chiama;
e, col non mai del suo dolor parlarle,
vedrai che in lei presso a finir fia 'l
duolo. |
PERÉO |
Creder dunque
poss'io, creder davvero,
che non mi abborre Mirra? |
CINIRO |
A me tu il puoi
creder, deh! sí. Qual ti parlassi io
dianzi,
rimembra; or son dal suo parlar convinto,
che, lungi d'esser de' suoi lai cagione,
suo sol rimedio
ella tue nozze estima.
Dolcezza assai d'uopo è con essa; e a
tutto
piegherassi ella. Vanne; e a lieta pompa
disponti in breve; e in un (pur troppo!)
il tutto,
per involarci al nuovo sol la figlia,
anco disponi. Del
gran tempio all'ara,
a Cipro tutta in faccia andar non vuolsi;
che il troppo lungo rito al partir ratto
ostacol fora. In questa reggia, gl'inni
d'Imenéo canteremo. |
PERÉO |
A vita appieno
tornato m'hai. Volo; a momenti io riedo. |
|