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CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA |
C'era una volta... fiabe |
Di: Luigi Capuana |
LA FONTANA DELLA BELLEZZA |
C'era una volta un Re e una Regina, che avevano una figliuola bruttissima e contraffatta nella persona, e non se ne davano pace. |
La tenevan rinchiusa, sola sola, in una camera appartata e, un giorno il Re, un giorno la Regina, le portavan da mangiare in una cesta. Quando erano lì, sfogavansi a piangere. |
- Figliuola sventurata! Sei nata Regina, e non puoi godere della tua sorte! |
Diventata grande, a sedici anni, lei disse al padre: |
- Maestà, perché tenermi rinchiusa qui? Lasciatemi andar pel mondo. Il cuore mi presagisce che troverò la mia fortuna. |
Il Re non voleva acconsentire: |
- Dove sarebbe andata, così sola e inesperta? Era impossibile! |
- Lasciatemi andare, o m'ammazzo! |
A questa minaccia disperata, il Re non seppe resistere: |
- Figliuola mia, parti pure! |
La diè quattrini a sufficienza, e una notte, mentre tutti nel palazzo reale dormivano, la Reginotta si messe in via. Cammina, cammina, arrivò in una campagna. Il sole, al meriggio, scottava; e lei riparossi sotto un albero. Di lì a poco ecco un lamentìo: |
- Ahi! Ahi! Ahi! |
Lei, dalla paura, si voltò di qua e di là, ma non vide nessuno. |
- Ahi! Ahi! Ahi! |
Allora, fattasi coraggio, avvicinossi a quel punto d'onde il lamento partiva, e tra l'erba scoperse una lucertolina, che agitava il moncherino della coda e nicchiava a quel modo. |
- Che cosa è stato, lucertolina? |
- Mi hanno rotto la coda e non ritrovo il pezzettino. O, se tu me lo trovassi, ti farei un gran regalo. |
La Reginotta, impietosita, si dié a frugare: e fruga e rifruga in mezzo a quell'erbe, finalmente eccolo lì! |
- Grazie, ragazza mia. Pel tuo regalo, scava qui sotto. |
Scavato un tantino, la Reginotta tirò fuori una cipolla poco più grossa d'una nocciuola. |
- Che cosa debbo farne? |
- Tienla cara. Un giorno, forse, ti servirà. |
La Reginotta se la mise in tasca. |
Strada facendo, incontrò una povera vecchia con un sacco di grano sulle spalle. A un tratto si rompe il sacco, e tutto il grano le va per terra. La vecchia cominciò a pelarsi dalla stizza. |
- Non è nulla disse la Reginotta. Ve lo raccatterò io. |
- Ah, i chicchi son contati! Se ne mancasse uno solo, mio marito mi ammazzerebbe! |
E la Reginotta, con una santa pazienza, glielo raccattò tutto, chicco per chicco, senza che ne mancasse uno solo. |
- Grazie, buona. figliuola; non posso darti altro che questo. |
E le dette un coltellino da due soldi, di quelli col manico di ferro. |
- Che cosa volete che ne faccia? |
- Tienlo caro. Un giorno, forse, ti servirà. |
La Reginotta se lo mise in tasca. |
Cammina, cammina, arrivò all'orlo d'un fosso profondo. Sentiva un belato tremolante. Guardò e vide laggiù una capretta: |
- Capretta, che cosa è stato? |
- Son cascata nel fosso e mi son rotta una gamba. |
Scese laggiù, la prese in collo, e poi la fasciò così bene con un fazzoletto, che quella, alla meglio, zoppicando, poté camminare. |
- Grazie, ragazza. Che darti? Il mio sonaglino. |
- Che cosa vuoi me ne faccia? |
- Tienlo caro. Un giorno, forse, ti servirà. |
La Reginotta le staccò dal collare il sonaglino e se lo mise in tasca, insieme con la cipolletta e il coltellino da due soldi. |
Cammina, cammina, una sera capitò presso una fattoria fuori di mano. |
- Anime cristiane, datemi alloggio per questa notte! |
La padrona pareva una buona donna, e si misero a ragionare in cucina, mentre la pentola bolliva. |
- Chi siete? Dove andate? |
La Reginotta cominciò a raccontarle la sua storia. |
- Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! |
Era la pentola che brontolava; ma la sentiva lei sola. |
Non le diè retta e continuò un altro pochino, fino al punto della sua partenza del palazzo reale. |
- Zitta, zitta, chiacchierona! Zitta, zitta! |
Era la pentola che brontolava; ma la sentiva lei sola. Rimase colpita; e si fermò. |
- E dopo? - domandò la donna. |
- Eccomi qui. |
Quando giunse il marito, quella donna gli riferì minutamente ogni cosa. |
- Sai che ho pensato, marito mio? Noi abbiamo una figliuola che è un sole: conduciamola dal Re. Gli diremo che è la sua figliuola, resa così bella da una Fata. La Reginotta la chiuderemo nel granaio e ve la lasceremo morire. |
- Ma il Re come potrà crederlo? |
- Ci ho tutti i segnali. |
Così fecero. Nel mezzo della notte, afferrarono la povera Reginotta, la chiusero in un granaio, e il giorno dopo condussero la loro figliuola al palazzo reale. |
Il Re e la Regina, sentita quella storia della Fata, rimanevano ancora incerti. Allora la ragazza, indettata, disse: |
- Maestà, non vi ricordate di quando venivate nella mia camera colla cesta, e poi vi mettevate a dire piangendo: "Figliuola sventurata, sei nata Regina e non puoi godere della tua sorte"? |
Il Re e la Regina rimasero. Quelle parole non potea saperle nessun altro, che la loro figliuola! Abbracciarono la ragazza, e bandirono feste reali. |
Ai due che l'avean condotta regalarono un monte di monete d'oro. |
Intanto la povera Reginotta, dopo essersi per tre giorni stemperata in lagrime, cominciò a sentire anche fame. Chiamò più volte, domandando per carità almeno un tozzo di pan duro! |
Non accorreva anima viva. Allora rammentossi della cipolletta: |
- Poteva ingannare un po' lo stomaco! |
E la cavò di tasca. |
- Comanda! Comanda! |
- Da mangiare! |
Ed ecco pietanze fumanti, tovagliuolo, posata, coltello, bottiglia e bicchiere. |
Terminato di mangiare, ogni cosa sparì. |
Cavò di tasca il coltellino. |
- Comanda! Comanda! |
- Spacca quell'uscio per legna. |
E, in un attimo, l'uscio fu ridotto un mucchio di legna. |
Cava di tasca il sonaglino e si mette a suonarlo. Ed ecco una mandria di capre, che non poteva contarsi. |
- Comanda! Comanda! |
- Pascolate per questi campi, finché ci sia un filo d'erba. |
E in un minuto i seminati, le vigne, gli alberi di quella fattoria eran distrutti. |
La Reginotta partì e arrivò in una città, dove c'era un Re che avea l'unico suo figliuolo gravemente ammalato. Tutti i medici del mondo, i più dotti, i più valenti, non n'avean saputo conoscere la malattia. Dicevano ch'era matto: ma egli ragionava benissimo. Aveva soltanto dei capricci, e dimagrava, dimagrava a segno che era ridotto una lanterna. |
Un giorno il Reuccio trovossi affacciato a una finestra del palazzo reale, e vide passar la Reginotta. |
- Oh! Com'è brutta! La voglio qui! La voglio qui! |
Il Re la fece chiamare: |
- Ragazza, vorresti entrare a servizio? |
- Maestà, volentieri. |
- Dovresti servire il Reuccio. |
E si mise a servire il Reuccio. |
- Bruttona, fai questo! Bruttona, fai quello. |
Il Reuccio non la comandava altrimenti: volea perfino che rigovernasse i piatti. |
Una volta al Reuccio gli venne la voglia dei bacelli; ed era d'autunno! Dove andare a pescarli? |
- Bacelli! Bacelli! |
Non diceva altro, e rifiutava di mangiare. Il Re avrebbe pagato quei bacelli a peso d'oro. |
La Reginotta rammentossi della cipolletta e la cavò di tasca. |
- Comanda! Comanda! |
- Un bel piatto di bacelli! |
Ed ecco un bel piatto di bacelli. |
Il Reuccio se li mangiò con gran gusto, e dopo disse: |
- Mi sento meglio! |
Un'altra volta gli venne voglia d'un pasticcio di lumache. Ma non era la stagione. |
- Pasticcino di lumache! Pasticcino di lumache! |
Non diceva altro, e rifiutava di mangiare. Il Re avrebbe pagato quelle lumache a peso d'oro. |
La Reginotta corse di bel nuovo alla cipolletta. |
- Comanda! Comanda! |
- Un pasticcino di lumache! |
Il Reuccio se lo mangiò con gran gusto, e dopo disse: |
- Mi sento assai meglio. |
Infatti, s'era rimesso un po' in carne. |
Un'altra volta finalmente gli venne la voglia delle polpettine di rondine. Non era la stagione. Dove andare a pescarle? |
- Polpettine di rondine! Polpettine di rondine! |
Il Re quelle rondini le avrebbe pagate a peso d'oro. |
La Reginotta, al solito, cavò di tasca la cipolletta. |
- Comanda! Comanda! |
- Polpettine di rondine! |
Il Reuccio se le mangiò con gran gusto e dopo disse: |
- Sto benissimo. |
Era diventato fresco come una rosa: non si rammentava neppure d'essere stato malato. E, un giorno, vista la Reginotta: |
- Oh, come è brutta! - esclamò. - Ma chi è costei? Cacciatela via! |
La Reginotta andò via piangendo: |
- La sua stella voleva così! |
E incontrò la vecchia, quella del grano. |
- Che cosa è accaduto, figliuola? |
In poche parole le raccontò l'accaduto. |
- Sta' allegra, figliuola mia! Ti aiuterò io. Vieni con me. |
E la condusse davanti a una grotta. |
- Ascolta: lì dentro c'è la fontana della bellezza. Chi può tuffarvisi a un tratto, diventa bella quanto il sole. Ed ora, bada bene: questa grotta ha quattro stanze. Nella prima c'è un drago: buttagli in gola la cipolletta, e ti lascerà passare. Nella seconda c'è un gigante tutto coperto d'acciaio, con una mazza di ferro brandita: mostragli la lama del coltellino, e ti lascerà passare. Nella terza c'è un leone affamato: appena ti viene incontro, scuoti il sonaglino: non ti toccherà neppur esso. Ma non bisogna aver paura; se no, addio; sei spacciata. Nella quarta stanza c'è la fontana. Appena entrata lì, senza esitare un momento, tùffati dentro l'acqua con tutte le vesti. |
La Reginotta entrò. Ed ecco il drago con tanto di bocca, che stendeva il collo per inghiottirsela. Gli butta in gola la cipolletta, e quello si ritira, si attorciglia chetamente, e si mette a dormire. |
Lei passa oltre. Ed ecco il gigante tutto coperto d'acciaio, che si slancia incontro brandendo la mazza, cacciando terribili urli. Gli mostra la lama del coltellino, e il gigante va a rannicchiarsi in un canto. |
La Reginotta passa oltre nella terza stanza. Ed ecco il leone, colle fauci spalancate, colla coda rizzata che faceva tremar l'aria. Lei scuote il sonaglino e sbuca un branco di capre. Il leone si slancia su di esse, le sbrana e se le divora. |
E lei passa oltre. Vede la fontana, e vi si tuffa dentro con tutte le vesti. Si sentì diventar un'altra: lei stessa non si riconosceva. Da che il mondo è mondo, non s'era mai vista una bellezza pari a quella. |
Tornò nella città, dov'era il Reuccio, e prese a pigione una casa dirimpetto al palazzo reale. |
Il Reuccio rimase sbalordito: |
- Oh, che bellezza! Oh, che bellezza! Se fosse sangue reale, la prenderei per moglie. |
Il Re, che voleva bene al figliuolo quanto alla pupilla degli occhi suoi, mandò subito un ministro a domandarle se mai fosse di sangue reale. |
- Sono. Ma se il Reuccio mi vuole, dovrà farmi tre regali. |
- Che regali dovrebbe fare? |
- La cresta del gallo d'oro, la pelle del re Moro, il pesce senza fiele. Gli do tempo tre anni. Se no, non mi può avere. |
Il Reuccio partì alla ricerca del gallo d'oro, che si trovava in certi boschi pieni di animali feroci. E c'era un gran pericolo: chi lo sentiva cantare, moriva. Dopo mille fatiche e mille stenti, una mattina il Reuccio scoperse il gallo d'oro appollaiato su d'un albero. Tirargli e ammazzarlo fu tutt'una. E tornò trionfante. |
- Va bene - disse la Reginotta. - Mettetelo lì. Aspetto la pelle del re Moro. |
Il re Moro era terribile. Con lui, fin allora non ce n'avea potuto nessun guerriero. Il Reuccio mandò a sfidarlo: ne voleva la pelle. |
- Venga a prendersela. |
Si combatterono colle spade, e il re Moro lo aveva conciato così bene, che il Reuccio grondava sangue da tutte le parti. |
Ma in un punto questi ebbe l'agio d'assestargli un colpo al cuore. |
- Son morto! |
Il Reuccio lo scorticò con diligenza e portò la pelle alla Reginotta. |
- Va bene: mettetela là. Aspetto il pesce senza fiele. |
Questo era più difficile. Fra tante migliaia di pesci va a pescare per l'appunto quello lì! Eppure bisognava pescarlo. |
Prese canna, lenza ed amo, e se n'andò in riva al mare. |
Stette mesi e mesi: tempo perduto! E a compire i tre anni restavano intanto soli otto giorni! |
L'ultimo giorno, tirò fuori un pesciolino di meschina apparenza. La fortuna lo aveva aiutato: era il pesce senza fiele. |
- Va bene - disse la Reginotta; - mettetelo lì. Ora si mandi dal Re mio padre. Senza il suo consenso, non voglio sposarmi. |
Spedirono un ambasciatore, ma l'ambasciatore tornò presto: |
- Quello dice che siamo matti. La sua figliuola l'ha lì, chi volesse vederla. |
- Dunque tu ci hai corbellati! |
E la misero in prigione. |
Le rimaneva in tasca il sonaglino. Disperata, si diè a sonarlo furiosamente. |
Accorse la capretta. |
- Ah, capretta, capretta! Guarda a che sono arrivata! Non ho che te, per aiutarmi. |
- Prendi quest'erba, masticala bene e trattienila in bocca. |
E intanto che masticava, la Reginotta ritornava bruttissima e contraffatta nella persona come una volta. |
- Per ritornar bella, ti basterà sputarla fuori. Ora zitta, e vienmi dietro. |
Uscirono di prigione senza che le guardie e i carcerieri se n'accorgessero, e la Reginotta in quattro salti andò a presentarsi ai suoi genitori. |
Come la videro, il Re e la Regina capiron subito l'inganno. E sentito il tradimento di quel marito e quella moglie, li mandarono ad arrestare e, insieme con la loro figliuola, li fecero buttare in prigione. |
La Reginotta sputò fuori l'erba e ridiventò bellissima. |
Da che il mondo è mondo non si era mai vista una bellezza pari a quella! |
Fu mandato a chiamare il Reuccio, si sposarono, e vissero fino a vecchi felici e contenti. |
Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento: 02/03/99 0.06