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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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La rigenerazione

ITALO SVEVO

Commedia in 3 atti

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SCENA TERZA

FORTUNATO ed EMMA

 

FORTUNATO. Il padrone non è qui?

EMMA.               Viene subito. È andato di là a vestirsi.

FORTUNATO (imbarazzato e esitante). Io volevo parlare con lui.

EMMA.               Sarà subito di ritorno. È andato a vestirsi.

FORTUNATO. L'aspetterò. (Lunga pausa.)

EMMA.               Rita è tuttora a letto?

FORTUNATO. Sí! Soffre tuttavia di mal di testa. Non può levarsi per oggi. La signora Anna ha fatto chiamare il dottore. (Pausa). Già, Lei a quest'ora sa l'argomento che ho da esporre al padrone. Io non resto piú in questa casa ed io non sposo Rita. Quella non è una donna che si sposa. Come starei al volante? Le mie corna spezzerebbero il parabrise.

EMMA.               Io non capisco quello ch'Ella dice.

FORTUNATO. Oh, Ella sa tutto. Non posso credere che ogni parola di Rita sia bugiarda, tanto piú ch'essa parlò subito, ancora ubbriaca, offuscata dalla stanchezza, dal sonno. Mi disse: Fummo svegliati dalla signora Emma che capitò nella stanza. Dove la bugia cominciò è nell'asserire ch'essa si trovava qui assieme al vecchio signore, il mio padrone. Come se il vecchio signore sarebbe disposto di perdere il suo tempo con una fantesca. Con quale scopo poi? A quell'età egli ha altri pensieri. Io da lungo tempo avevo indovinato due cose: Prima di tutto che Rita era insidiata da quel signor Guido che davvero non sembrerebbe possa appartenere alla stessa vostra famiglia. Mi perdoni se parlo di lui con tanta libertà ma l'ora dei riguardi è passata per me. La seconda cosa cui io avevo ragione d'aspettarmi era che Rita si preparava di difendersi dai miei sospetti sul signor Guido fingendo di essere insidiata dal vecchio signore. Mi parlò a lungo di operazioni e che so io che dovrebbero rendere pericolosi anche i vecchi.

EMMA.               Le operazioni esistono.

FORTUNATO. Ma non parliamone. Nessuno che abbia un po' di pratica della vita ci crede. E ieri quel signor Guido - quel furfante - io non posso avere riguardi per nessuno, ubbriacò Rita. Era ubbriaca fracida. Io me ne intendo. Dica se non è un'azione obbrobriosa. La fanciulla quasi vaneggiava. Si capisce che in quello stato si poteva abusare di lei. Io non la sposo. Nel mio furore mi misi a parlarle del signor Guido e per tutta risposta ella si mise a ridere, ridere sgangheratamente. Poi come si avviò al sonno il suo riso sguaiato si mitigò e quando s'addormentò sulla seggiola in cucina quel riso lasciò delle traccie in un sorriso che non sparí piú. Forse ancora questa mattina essa sorride ancora se ancora dorme. Io non la sposo e voglio subito lasciare questa casa.

EMMA.               Senta io posso andare di là da mio padre. Vuole gli racconti tutto io? Non sarebbe meglio? Forse se apprende una cosa simile di Guido egli potrebbe anche essere capace di interdirgli l'accesso a questa casa.

FORTUNATO. Non servirebbe piú a niente oramai. Chiudere la stalla ora che la mucca è fuggita?

EMMA.               Ad ogni modo lasci che gli parli io. Lei ritorni giú in giardino e aspetti che la chiamerò.

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 22.29

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