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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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La rigenerazione

ITALO SVEVO

Commedia in 3 atti

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SOGNO

 

RITA e GIOVANNI

 

RITA.                  Ecco, padrone. Questo è il pezzo di terra che avete da lavorare.

GIOVANNI       (bendato, una zappa sulla spalla). Questo? Mi pare duro. Non si potrebbe attendere che la pioggia venga e lo renda piú tenero?

RITA.                  Siete stato scelto voi a questo lavoro perché siete forte essendo di una giovinezza tanto recente.

GIOVANNI.      E adesso va via e lasciami al lavoro. La gente è tanto maligna che se ci vedessero insieme potrebbe pensare Dio sa che cosa. Fatti in là e intanto ch'io lavoro canta.

RITA                   (allontanatasi canta).

"M'hanno detto che Beppe va soldato

E che v'han visto pianger di nascosto…"

ANNA.               Hai visto che ho lasciata libera Rita perché ti tenga compagnia.

GIOVANNI.      Allontanala. Io sono un uomo serio e ho molto da fare. Alle donne non voglio accordare nessuna libertà. Alla larga. (Lavora.) Già nella mia giovinezza osservai ch'erano tutte fuori di posto.

ANNA.               Fuori di posto.

GIOVANNI.      Non so come dire. Forse erano gli uomini che erano fuori di posto. Certo è che si prendeva una donna e non era quella.

ANNA.               Devo intendere che non m'amasti?

GIOVANNI.      Non parlo qui di te. Lasciami dire. Voialtre donne capitate sempre a interrompere: Domandate subito: Ed io? Che c'entriamo qui io e te? Io dico che ho saputo che di solito si va a letto con una donna e subito si vorrebbe cambiare… di letto. Questo è uno stato di cose che bisogna cambiare.

ANNA.               Ma non m'amasti?

GIOVANNI       (seccato). Che insistenza! Come fare a quietarla e pensare liberamente? (Lavora.) Io t'amai sempre. Lavorai e lavoro per te. Può però essere che una sola donna non basti per un uomo. (Lavora.) O forse sia di troppo. (Lavora.) Dico che tutto è fuori di posto. Ma poi ci si abitua a stare fuori di posto e si vive come se a posto si fosse. Perciò, perciò il dottor Raulli ha ragione di non voler l'operazione. Perché quando capita quella ci si mette a rovistare nella propria vita e si scopre tutto, cioè tutto quello ch'è fuori di posto, tutta la vita. E si vede che quello che si credeva fosse la vita era invece una specie di morte. (Ad alta voce.) E qui parlo di noi. Tu! Ricordi quando ci siamo visti l'ultima volta prima che io mi faccia operare? Perché appena operato, in fede mia, io ti guardai, non però tu me, perché tu guardavi gli uccellini, i cani, i gatti. Io ti guardai e male me ne incolse.

ANNA                (vergognandosi). Sono molto vecchia.

GIOVANNI.      Non parlo di questo! Guardandoti mi ricordai che ci eravamo sposati molti anni prima e che avevamo fatto una cosa futilissima io in marsina e tu in abito bianco e bevemmo e mangiammo tanto come se ci si fosse apprestati a mangiare e bere tanto da allora ogni giorno. Mentre poi arrivò un momento in cui quella bestia di Raulli mi proibí di bere dell'altro vino ed infatti io non ne presi fino a ieri in cui volli far piacere a Rita. (Lavora, poi.) Una cosa futilissima quel matrimonio, ti dico, perché poi non si rimase insieme. Occorreva quella marsina, quell'abito bianco e tutto quel vino e quel cibo?

ANNA.               Nacque però Emma…

GIOVANNI.      Sí, e poco dopo ci dividemmo.

ANNA.               Non credo sia andata cosí.

GIOVANNI.      Va bene! La cosa sarà durata per alcuni brevi anni, ma poi ci dividemmo definitivamente fino a che mi feci operare. Trovai tutto il mondo sconvolto. Non si dava piú alcun peso ai baci. Io baciai Rita…

ANNA.               Sí, come un padre una figlia.

GIOVANNI       (impaziente). Sta bene, come un padre bacia la figlia di un altro. Una cosa importantissima. È vero ch'io l'avevo fatto solo per provare l'effetto dell'operazione. Ma un bacio ai miei tempi era una cosa molto importante. Invece fuori di me che ci pensai tanto e ci penso tuttora non ci fu che mia figlia che al bacio desse importanza. Mia figlia… Chissà perché? Forse perché le è morto il marito prima che da lui si fosse divisa. Rita invece ne parlò a Fortunato come se nulla fosse. L'avrebbe gridato senza vergogna in piazza Unità. Fortunato che avrebbe dovuto uccidermi mi baciò la mano. E tu, tu… Mi proponesti di dare libertà a Rita ogni volta ch'io avessi sentito bisogno di lei.

ANNA.               Volevo esserti aggradevole.

GIOVANNI.      Ti ringrazio, ma mi davi troppo. Molto piú di quanto domandai. Mi pare che tu abbia sbagliato la misura.

ANNA.               Ma non puoi lagnarti. Io speravo che ciò avrebbe reso la tua vita piú gradevole.

GIOVANNI.      Fu un inferno la mia vita dacché tu mi trattasti cosí ossia trattasti cosí l'operazione.

ANNA.               L'operazione? Chi vi poteva pensare? Dopo tre settimane? Si pensa forse al Pagliano?

GIOVANNI.      Mancasti di fede. E perciò non so pensarci neppur io piú. Di donne non voglio piú saperne.

ANNA.               Neppure di me? Vuoi darmi un bacio?

GIOVANNI.      Baci? No, assolutamente. Io ti amo, io mai volli ucciderti. Io ti amo. Amerò per amor tuo tutte le tue bestie, i passeri, i gatti, i cani. E lavoro per te. Lavoro volentieri per te. Per onorare te salvo la gente e la nutro. Questo è il dovere di noi vecchi giovini.

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.33

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