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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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La rigenerazione

ITALO SVEVO

Commedia in 3 atti

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SCENA SECONDA

ANNA e RITA

 

ANNA.               Io non vorrei dir male di questa mia figliuola e soffro anch'io vedendola soffrire tanto. Ma ci fa una vita impossibile. Abbiamo addirittura vergogna di vivere perché, secondo lei, tutti avrebbero l'obbligo di piangere il giorno intero. I piú semplici passatempi dovrebbero esserci interdetti.

RITA.                  Mi dispiace di aver detto che il povero signor Valentino era brutto. Io non pensavo…

ANNA.               Era bruttissimo. Con quella bocca eternamente semiaperta come quella di un ebete… (Atteggia cosí la propria faccia.)

RITA.                  È quello ch'io dissi e mi dispiace. Sarebbe stato tanto poco pericoloso per me di dire che un morto fu bello. Persino Fortunato me l'avrebbe permesso.

ANNA.               Ma una certa sincerità ci vuole. Per il bene suo. Tanto lutto, tanta esaltazione… tanta sartoria! Se la prende persino con le mie povere bestie. Dice che son sempre vive le bestie! Si può dire una bestialità maggiore nello stesso momento in cui quei poveri passerini arrivarono direttamente dal nido a quell'orribile morte? Anche lei invecchierà e il figliuolo suo la tratterà come essa tratta me imponendole i proprii dolori che a nessuno mancano e forse anche i propri piaceri, imponendole insomma di fare la propria vita. Allora anche lei ricorrerà alle bestie.

RITA.                  Io già adesso amo tanto le bestie. E anche gli uccellini: Vivi, belli e lieti. Ma anche con la polenta come si sa farli da noi.

ANNA.               Vergognati! Mangiare gli uccellini!

RITA.                  Col lardo piacciono molto anche a Fortunato. Ed io pur debbo associarmi nel gusto al mio futuro marito.

ANNA.               Ed intanto altercate furibondi. Vi udii ieri in cucina. Non intervenni perché pensai che siete tanto vicini al matrimonio da poter essere già considerati come marito e moglie e che mancavate di una casa vostra ove possiate svolgere i vostri litigi. Ma pur dovreste portar rispetto e abbassare un po' le vostre voci. Potete dirvi contenti che Giovanni è un po' duro d'orecchio e che non sentí.

RITA.                  Ma non son stata io a gridare, signora. Io sono la sgridata. È quel Fortunato ch'è di una gelosia furibonda. Io sto là zitta, rassegnata, aspettando che la tempesta passi.

ANNA.               E di chi è geloso?

RITA.                  Del signor Guido.

ANNA.               Di Guido? Ma è pazzo. Prima di tutto Guido è ancora un ragazzo. Non è piú giovine di te?

RITA.                  Di due mesi soltanto.

ANNA.               Ma poi che cosa si figura quel Fortunato? Guido ha molto da fare, Guido ha da studiare.

RITA.                  E anch'io ho tanto da fare.

ANNA                (colpita) Sorniona! Fortunato ha dunque ragione?

RITA.                  Oh, non lo creda, signora. È ingiusto. Io voglio bene a Fortunato ma il suo contegno mi fa tanta ira che sarei capace di rinunziare a lui. Io amo di scherzare ma sono una ragazza onesta.

ANNA.               Vorrei sapere con quali cose ami di scherzare. Ve ne sono di quelle con le quali una ragazza che si dice onesta non deve scherzare.

RITA.                  Io credo che quando si è molto serii si può scherzare di tutto.

ANNA                (vivamente). Ma non si deve, non si deve.

RITA.                  So, so che la gente piú anziana ama che non si rida di niente. Anche mia madre dice come Lei. Io avevo cominciato a ridere con Fortunato. Poi egli si fece serio ed io ne fui beata. Per un momento fui d'accordo con mia madre. Ma ora egli si fece troppo serio. E con me, specialmente. Non ha il coraggio di prendersela col signor Guido, il nipote dei padrone. Causa quella casetta in giardino che Loro metteranno a sua disposizione con me dentro. Perciò si fa subito violento con me.

ANNA.               Ma tu che cosa fai con Guido?

RITA.                  Io rido, io ciarlo, io scherzo. Niente di serio, proprio niente di serio, sia certa. Io amo Fortunato, ma, passando, mi sarà permesso di star a sentire la parola gentile del garzone dello speziale qui accanto, e anche le parole serie, che mi fanno tanto ridere, del signor Guido.

ANNA.               Ah! Egli parla seriamente?

RITA.                  No! Scientificamente! Con lui si impara. Ieri mi disse ch'è strano che la faccia umana sia tanto bella e le due parti, quella di destra e di sinistra tanto simili, mentre di sotto pare che le due parti, il cervello e le altre cose che ci sono di sotto, che so io?, non si somigliano affatto.

ANNA.               Il birichino parlava della tua testa?

RITA.                  No, no. Cioè anche della mia perché è umana anch'essa. Risi molto, e Fortunato se ne accorse perché arrivò improvvisamente in cucina. Ciò fu tutto. Sia certa che non c'è altro.

ANNA.               Ma che cosa viene a fare in cucina Guido?

RITA.                  Aveva bisogno di un fiammifero per la sua sigaretta.

ANNA.               E allora è semplice. Tieni in questa stanza sempre pronta una scatola di fiammiferi e sarà finita.

RITA.                  E non sarebbe meglio di dire una parola a Fortunato che non alzi la voce in cucina, e in genere in questa casa? Allora appena si avrebbe la pace tutta la settimana fuori che alla domenica quando esco con lui.

ANNA                (attirandola a sé e guardandola negli occhi). Ma di' bambina dalle gonne e dai capelli corti. Tu non t'accorgi che metti in pericolo il tuo matrimonio con Fortunato? Non t'accorgi che non lo ami?

RITA.                  Non dica questo signora. Io lo amo molto. Quando è al volante lo ammiro. È il padrone della via. Talvolta perciò è un padrone anche lui come lei, come il signor Giovanni e anche come il signor Guido. Poi è un uomo serio e perciò starò bene con lui da vecchia. Mamma dice sempre che bisogna pensare al futuro. Si può pensarci anche ridendo nevvero, signora?

ANNA.               Si può ridere di molte cose. Ma non occorre mica che tu ti associ a Guido per ridere. La vita è difficile per te e anche per noi. Se tu perdi Fortunato non so come faremo. Noi abbiamo già messo in ordine la casa in giardino per te. Io e mio marito ti teniamo cara perché hai la faccina tanto lieta e giovine. Ma è anche vero che c'importava di tenere lo chauffeur a nostra disposizione vicino in casa.

RITA.                  Non abbia paura, signora. Io, davvero, credo che Fortunato non possa piú fare a meno di me. Da questo lato può essere tranquilla.

ANNA.               Tuttavia il tuo modo di parlare non mi rassicura tanto. Davvero se ti avessi sentita parlare prima non sarei stata io a dare a mio marito l'idea di quella casa in giardino. Una casa ha le fondamenta solide che non si fanno se non per famiglie solide. Nella mia giovinezza non si parlava certo cosí.

RITA.                  Lo so. Temo che quando sarò vecchia lo dirò anch'io.

ANNA.               Sei un'impertinente. (Squillo di campanello.)

RITA.                  Mi scusi signora. Non volevo dire nulla di male. Io capisco che quando si è vecchi si amerebbe che tutti vivessero da vecchi.

ANNA.               Guarda quanta scienza in quella testina. Certo il silenzio, la quiete ci piace. Non la gioia sguaiata, né… i dolori troppo prolungati. Eppure alla giovinezza noi pensiamo. Ecco che nella tua casuccia abbiamo fatto una camera di piú per i bambini che potranno giungere.

RITA.                  Oh, bambini non ce ne saranno, almeno tanto presto. Ecco un punto sul quale Fortunato ed io siamo ben d'accordo. Nella stanzuccia destinata ai bambini metteremo un grammofono. Quello almeno grida solo quand'è caricato.

ANNA                (indignata). Si può sentir di peggio? Di questo dunque parlate voi due? Mettersi d'accordo per non aver dei bambini? È lo stesso che mettersi d'accordo per averne. Una sconcezza. In casa mia!

RITA                   (sconcertata). Di questo veramente si parlò, là, fuori della villa. (Tre lunghi squilli di campanello.)

ANNA.               Mi pare che alla porta abbia suonato ripetutamente. Non c'è Fortunato?

RITA                   (corre alla finestra). Fortunato! Ohè! Destati. Non senti che suona?

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:17/07/2005 20.30

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