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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Con la penna d'oro

ITALO SVEVO

Quattro atti

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ATTO SECONDO

 

 

 

SCENA QUINDICESIMA

CLELIA e DETTI

 

ALICE.                 La zia vuol ritornare nella sua stanza.

(Clelia guarda con grande curiosità Sereni e poi trascina fuori Teresina che piange.)

SERENI.               Io non ci capisco nulla. Chi poté sorprendere il nostro segreto coll'esporre quella cortina?

ALICE                  (appoggiandosi con abbandono alla sua spalla). Non mi importa di saperlo. Ti mandarono a me e fecero bene! Ora resta!

SERENI.               E perché non mi lasciasti terminare la mia commedia?

ALICE.                 M'accorsi ch'era inutile! Nessuno ti credeva! Non hai capito ch'erano tutti d'accordo? Alberta di solito resta qui pochi minuti. Quando la servetta o la zia le rivelarono che esponendo un lembo della cortina si poteva vedere arrivare il mio amante, essa volle levarsi il capriccio di sapere di chi si trattasse. Ti chiamò anzi prima ch'io venissi. Fu un caso ch'io fossi qui.

SERENI.               Io penso che quando apprese che tu avevi un amante essa subito indovinò che si trattava di me. Essa sapeva ch'io t'amavo.

ALICE.                 Ma sapeva anche che amavi anche lei. Dico in passato! (Rispondendo ad un movimento di Sereni). Oh! quanto mi dispiace che colpita dall'inattesa tua comparsa non dissi ad alta voce: Ecco! Vi presento il mio amante!

SERENI.               A me dispiace di vederti compromessa cosí! Ci tenevo tanto al nostro dolce segreto!

ALICE.                 Io non ci tengo che a te. Segreto o pubblico il mio amore resta il medesimo.

SERENI.               Doveva finire cosí! Abbiamo cominciato col disertare quella casa ambedue lo stesso giorno… la stessa sera.

ALICE.                 Tu perché essa voleva che tu mi sposassi. Fu cosí che essa fece precipitare le cose proprio dove essa non voleva.

SERENI.               Davvero? Credi che se essa non avesse parlato cosí, io sarei ancora solo ad aspettarti?

ALICE.                 Forse ho torto di dire cosí. Ti amavo sempre, dal primo giorno in cui mi dichiarasti il tuo amore e prima o poi sarei venuta a te ma… se ricordi, tu non rinvenivi dallo stupore che le cose sieno andate cosí presto. Tutti dicono che sei un uomo corrotto ma lo stupore non lo sai celare, ti si vede tanto bene. Ebbene. Le cose furono spinte a passo piú celere dall'ira.

SERENI.               Cosí che io debbo la mia felicità ad Alberta?

ALICE.                 Io ti amavo e ti amo! È difficile dire perché una donna si dia. Ricordo solo che avevo l'anima agitata dalla gelosia. Dio mio! Essa m'appariva tanto potente! Tu non negavi mica di fare la corte ad ambedue! (Commossa.)

SERENI.               Sai! La corte… (abbracciandola). Insomma non so pentirmi di aver agito come agii se arrivai piú facilmente a te. Si capisce che cosí si doveva agire. Ma tu come sei pentita di esser divenuta mia!

ALICE.                 No! No! Certo è ch'ero madre migliore prima!

SERENI.               Ma perché? Mi frappongo io forse fra te e i tuoi figliuoli che non vedo mai?

ALICE.                 Se sapessi come sono lontana da loro. Noi due ci vediamo un'ora al giorno e le altre ore sono tutte invase da quella piccola ora.

SERENI.               Se ci si fosse sposati sarebbe stato anche peggio!

ALICE                  (dubbiosa). Lo credi?

SERENI.               Ho demeritato della tua fiducia tanto da farti pentire?

ALICE.                 No! Io non sono pentita! Di' la verità! Se io non mi fossi arresa tu ancora penseresti che io sia una donna di facile conquista perché ho bisogno di denaro!

SERENI.               Oh! no!

ALICE.                 Sí! Sí! Lo penseresti ancora! Non m'offristi subito subito del denaro? E fu Alberta a farti credere che io sia cosí!

SERENI.               No! Te l'assicuro! Io spiai, riseppi che Alberta ti dava del denaro e non te ne avrebbe dato piú…

ALICE.                 Come sei vivo quando si tratta di difenderla! Sai che mi dava del denaro e sai anche che non me ne dà piú… ed hai tutto indovinato per opera di qualche sortilegio. Com'è stata delicata! Io credo che molte persone sanno che essa mi dava del denaro e che non me ne dà piú.

SERENI.               Non crederlo! Alberta è una buona donna! Certo gli affari di cui è obbligata ad occuparsi non servono ad ingentilirle l'animo. Fa continuamente la carità! Ma è buona! Può sbagliare…

ALICE.                 Se sapessi il male che mi fai difendendola…

SERENI.               E se io ti offersi del denaro ero nel mio diritto. Mi doleva di pensare che mentre io godevo di tanta felicità tu forse ti arrovellavi in angustie e preoccupazioni. Era il mio dovere e il mio diritto. Ora che so che non ne hai bisogno posso solo rammaricarmi che mi togli uno dei godimenti dell'amore: Quello di dare!

ALICE.                 Caro! Ti sei espresso bene e te ne ringrazio. Ma se anche ne avessi bisogno (con energia violenta) non accetterei mai, mai. Neppure da te!

SERENI.               Mi sento offeso da questa tua pazzia! Non è come se fossi tuo marito?

ALICE                  (seccamente). No! Per questo riguardo no! E non parliamone piú, te ne prego.

SERENI                (attirandola a sé). E sia come vuoi. Non sono certo qui per litigare. Ma senti! La bugia - io penso - è una necessità anche quando non può essere creduta. Io con la signora Alberta debbo pur mentire. Come farò a spiegarle la scena strana di oggi?

ALICE.                 Tu vuoi andare da Alberta? Mai! Mai! Tu non devi mai piú rivedere Alberta.

SERENI.               Ma sarà una conferma assoluta…

ALICE.                 E lo sia! Che me ne importa? Io sono sicura che essa mi diffamerà presso di tutti. Attendo ancora questo da lei con voluttà. Avrò nuove ragioni per odiarla lei, la benefattrice.

SERENI                (con disdegno). Ma essa non lo farà.

ALICE.                 Oh! lo farà! lo farà! Oggi si prende in casa quella vecchia maligna che mi spiò e cosí saprà tutto. È fatto con intenzione!

SERENI.               Oh! tu vedi macchinazioni dove…

ALICE.                 E questa storia della cortina non ti dice abbastanza di che cosa essa sia capace?

SERENI.               Non è certo ch'essa ci abbia avuto parte!

ALICE.                 Come sei ingenuo… quando vuoi.

SERENI.               Via piccola serpe! (Fermandosi.) Un'espressione del mio amico Carlo!

ALICE                  (fissandolo). Perché pensi ad Alberta!

SERENI                (seccato). No! pensavo a Carlo, al solo Carlo. Come farò io a rifiutare un suo invito? Siamo amici di gioventú sai.

ALICE                  (violentissima). Tu menti! Tu vuoi andare da Alberta! Non so io forse che Carlo tu disprezzi? Non mi dicesti ch'eri felice di non piú vederlo! Ebbene! Vattene!

SERENI.               Ma Alice! Sta sicura che se tu non lo vuoi io Alberta non vedrò mai piú.

ALICE                  (piangendo). M'hai fatto male!

SERENI.               Tu sei in uno stato d'animo… che non mi piace. Sai come ci tengo alla tua dolcezza!

ALICE.                 E sarà intera, sempre, se non mi parli di Alberta.

SERENI.               Donde tanto odio, per una persona che si considerava tua sorella e che può averti offesa con qualche parola, forse senza saperlo?

ALICE.                 Oh! tu non puoi capire! Sei giornalmente con una persona che non ti fa niente di male, anzi che crede di farti del bene! E ti avvilisce e ti toglie la tua libertà e tu t'abbassi, ti abbassi! Sorridi quando avresti voglia di piangere, ringrazi quando nell'intimo non senti gratitudine, vai quando vorresti restare e resti quando vorresti andare. Son piccole, piccole cose ma pur insieme grandi tanto da riempire tutta la vita. E tu neppure sai che lo sforzo cui sei costretta e t'è imposto da quella persona. Un bel giorno quella persona preme piú del consueto su te e ti spinge finalmente a ribellarti. E ora infine tu sai perché la tua vita per mesi ed anni fu tale da non valere di essere vissuta. Respiri! Sei libera e sai chi ti avvilí e umiliò e la odii!

SERENI.               Non capisco!

ALICE.                 Vivendo come viviamo noi due tante cose tu non puoi capire! Ma voglio dirti una cosa. Certo, tu non sei sposato a me ma ora apprendilo: Io sono sposata a te. Ricordi come arrivai tardi quando tu per la prima volta m'aspettavi? Io passai per una chiesa per venire a te. Non c'era nessuno che m'assistesse ma io tuttavia mi legai a te. Già che cosa domanda Dio per non punire o gli uomini per non spregiare una unione come la nostra? Che sia fatta per la vita intera! Ora io mi promisi a te per la vita intera! Che io mi ritolga non è possibile ma che tu m'interdica d'essere ancora tua, sí, questo può avvenire.

SERENI                (molto seccato). Ma che dici!

ALICE                  (commossa). In quel caso per me non c'è che un mezzo per salvarmi dall'onta di veder considerata la nostra unione quale una tresca! Ed è qui! (Prende dal petto una boccetta appesa ad una catenella.)

SERENI                (spaventato). Un teschio! Del veleno!

ALICE.                 Sí! E me lo procurai prima di darmi a te.

SERENI.               Spero bene che sia difficile di aprire questa boccettina.

ALICE.                 Basta mettere l'unghia là! Vedi! Là! e fare un piccolo sforzo. Ma aspetta! Se tu andassi da Alberta io riterrei subito che il momento di usare di questa boccettina sia giunto. Non esiterei neppure un istante! E ora cedi pure al suo invito e va da lei.

SERENI.               Cosí che se io andassi da Carlo…?

ALICE.                 Ma che Carlo! E tu credi ch'io non abbia letto nei vostri occhi quello che voi volete? Il suo invito era sfacciato! M'offese piú che l'esposizione di quella cortina! Era fatto proprio al mio amante e con grande compiacimento di poterlo fare in mia presenza. Già! Essa è la mia padrona! Perché avrebbe da usarmi dei riguardi? Tu, poi, accettasti subito, subito con gli occhi lucenti!

SERENI.               Ma io avevo un unico pensiero: Quello di non comprometterti. Perché avrei dovuto rifiutare dal momento che dovevo fingermi libero da ogni legame con te?

ALICE.                 È vero! È vero! Caro! Perdonami! Ma giura che non andrai mai da Alberta!

SERENI.               Io vorrei vederti piú tranquilla, piú fidente nel mio affetto.

ALICE.                 Se mi aiuti ad eliminare Alberta a gettarla fuori - l'intrusa! - allora mi riavrai tranquilla. Senti! Senti! Son pochi giorni che sono tua e non penso che tu già senta il desiderio di altre donne! Ma questo tempo verrà e verrà il giorno che quando mi sarai accanto penserai ad altre ed io subito lo saprò. Ebbene non sarà quello il momento di ricorrere a questa boccettina! No! Io sopporterò quello ch'è il destino di tante mogli! Finché tu mi permetterai di starti accanto - cosa tua! - io sopporterò. Ma guai se fra queste donne ci sarà Alberta! Tu devi dimenticare di averla conosciuta, tu devi dimenticare Carlo che le appartiene e la casa sua e le parole che essa dice o che le vengono dette. Tutto mi offende. Non devi dirmi mai piú serpe! Chiamami magari col nome di un animale anche piú sozzo ma non con quello applicato a sua moglie da Carlo che ben sa quello che fa.

SERENI.               Quale esagerazione!

ALICE.                 Io non domando la tua approvazione! Ma io ti diedi tanto che tu devi concedermi questo. Giura che tu non vedrai piú Alberta. Giuralo!

SERENI.               Ma è mio obbligo di non trattare neppure con lei come se fossi il tuo amante. Con quale pretesto potrò esimermi dal farle la piú semplice visita?

ALICE.                 Te lo dirò io il pretesto: Le dirai che sei l'amante mio e che io non ammetto che la persona che piú amo abbia contatti con la persona che piú odio.

SERENI.               Come mi sembri ingiusta!

ALICE.                 Oh! te ne prego! Giura che non la vedrai piú! Salvami la vita!

SERENI.               Io non ci tengo affatto! Però…

ALICE.                 Giura! Non discutere! È inutile!

SERENI.               Ebbene! Lo giuro! Ma adesso mi permetterai di dirti…

ALICE.                 No! No! Adesso che hai giurato non parliamone piú! Eccomi tranquilla, eccomi lieta, eccomi amante! (Appendendosi a lui; poi si ricrede e va in punta di piedi alla porta di destra che spalanca; dietro di questa origliava Clelia.)

 

SCENA SEDICESIMA

CLELIA e DETTI

 

ALICE.                 Che fate qui?

CLELIA                (poco confusa, un po' sorridente). Guardavo… guardavo se fosse rimasto qui il fazzoletto della signora Teresina.

ALICE                  (calma). E guardate, allora! Non osavate picchiare?

CLELIA.               Potevo aspettare per non disturbare.

ALICE.                 Ora avete visto che il fazzoletto non c'è. Potete andarvene! (Spalanca la porta.)

CLELIA                (esce dopo di aver guardato Sereni).

ALICE                  (le sbatte sulla schiena la porta che copre con la tendina). C’è la sua spia! Oh! come ne ho piacere! Come ti amo! Mi pare di baciarti in sua presenza.

 

CALA LA TELA

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 22.36

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