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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Con la penna d'oro

ITALO SVEVO

Quattro atti

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ATTO SECONDO

 

 

SCENA UNDICESIMA

CLELIA e DETTE

 

CLELIA.               C’è il fuoco in casa che gridate cosí?

TERESINA          (mite e buona). Senti, Clelia, racconta un poco a mia nipote quello che sai di questa casa!

CLELIA.               Dell'amante della signora Alice? Io ne so poco. Si baciano ch'è un piacere a sentirli.

TERESINA          (fingendosi irritata). Che cosa dici? Io volevo che tu parli del disordine che c'è in questa casa.

CLELIA.               Oh! quello c'è dappertutto! Ma cosí una bella signora che si fa baciare da un amante cosí degno non c'è in nessun luogo. Guai se non ci fosse! In questa casa fra me e voi ci sarebbe da morire di noia.

ALBERTA           (indignata). Ma voi mentite!

CLELIA.               E allora perché mi domandate se non avete da credermi? Volete che vi faccia anche vedere la casa ove abita l'amante della signora Alice! (Andando alla finestra con Alberta.) Abita quell'ultima casa là a destra!

ALBERTA           (mormora). Sereni!

CLELIA                (ridendo). E volete vederlo lui in persona? Guardate! Io espongo dalla finestra questo lembo di tendina e in dieci minuti lo vedrete comparire! È da tanto tempo che desideravo di farlo venire quando non c'è la signora Alice!

ALBERTA.          Non capisco!

CLELIA.               Quest'è il segnale! Se avete un po' di pazienza lo vedrete in persona.

ALBERTA           (vivamente ritira la cortina). Non fate ciò! Ve lo proibisco!

CLELIA                (c.s.). Una volta o l'altra voglio prendermi il gusto di far correre cosí un bel signore.

ALBERTA.          Non permettetevi di simili lazzi coi vostri padroni.

TERESINA          (ridendo). Anch'io le dico che fa male di parlare cosí. E tu devi ricordare che non sono stata io a parlarti di queste cose. Io volevo solo raccontarti del disordine che c'è in questa casa. Di' la verità, Clelia, non siamo noi rimaste ieri a pranzo senza pane?

CLELIA.               Stimo io! Ieri il lembo della cortina prese aria e allora manca sempre in casa qualche cosa.

ALBERTA           (incuriosita). Siete un bel tipo voi!

CLELIA.               Credetemelo, se voi assisteste a tutte le storie che ci sono qui vi divertireste di certo anche voi. Qui non si fa all'amore come si usa nelle altre case, di notte. Qui lo si fa di giorno. I bambini sono a scuola. Berta è occupata a rubare in cucina ed io vengo esigliata in fondo al corridoio con la signora Teresina. Che cosa pretendete di piú comodo? Il centro della casa è libero del tutto. Ma io dal fondo del corridoio arrivo facilmente alla toppa di quella porta. Guardo, poi vado a rallegrare la solitudine della signora Teresina e a raccontarle a che punto siamo arrivati. Essa fa la schizzinosa ma… ci si diverte.

TERESINA.         Impertinente!

CLELIA.               E le fa bene per le gambe. Si figuri che ieri arrivò appoggiata al mio braccio fino a metà del corridoio. Dovette ritornare alla sua seggiola solo perché le era impossibile di camminare sulle punte dei piedi. Altrimenti essa avrebbe potuto giungere a quel buco della chiave come faccio io. Guardate quello che fa l'amore!

TERESINA.         Volevo solo vedere se conoscevo quel signore.

ALBERTA.          Ma Lei non conosce nessuno di questa città!

TERESINA.         Poteva essere qualcuno delle nostre parti.

CLELIA                (pregando). Lasciate che metta alla finestra quel lembo di cortina. Sarebbe bello vedere il muso che farebbe quel signore a trovarci qui adunate ad aspettarlo.

ALBERTA.          Ve lo proibisco assolutamente. Lasciatemi sola con la signora.

CLELIA                (mette il lembo della cortina fuori della finestra). Oh! lasciate questa cortina al suo posto.

ALBERTA.          Volete smetterla d'immischiarvi negli affari altrui? Sfacciata! (Ritira la cortina.)

CLELIA.               Erano affari che se io non ve li dava non erano vostri.

ALBERTA.          Andatevene! Ricordatevi che in casa mia dovrete mostrarvi piú riservata e non creare pettegolezzi.

CLELIA.               Veniamo a stare da voi? (Dubbiosa.)

ALBERTA.          Oggi stesso!

TERESINA          (sorridendo). Vedrai che andiamo a stare meglio molto meglio.

CLELIA.               Sí! Ma perché cosí subito? Non ne avviserete nemmeno la signora?

TERESINA.         Anzi! Le cose saranno fatte come si deve! Nevvero, Alberta, che tu dirai ad Alice che non siamo state noi a chiederti di abbandonare questa casa?

CLELIA                (alza le spalle). Io certo non volevo andar via!

ALBERTA.          Meno chiacchiere! Andate a preparare le cose della zia! (Si volge subito a Teresina e intanto Clelia pian pianino si avvicina alla finestra ed espone il lembo della cortina, poi esce.)

 

SCENA DODICESIMA

ALBERTA e TERESINA

 

ALBERTA.          Dio mio! Quell'Alice! Cosí che subito dopo di aver litigato con me…

TERESINA.         Ma chissà se è vero? Io non posso crederlo. Non ho visto niente. Quello che dice Clelia non è poi vangelo.

ALBERTA.          Oh! è certo! Io ora capisco tutto! E forse essa litigò con me di proposito solo per staccarsi da me e dalla mia sorveglianza.

TERESINA.         Non lo credo! Con te deve averla sul serio.

ALBERTA.          Come lo sa?

TERESINA.         Eh! dacché sono obbligata a non movermi mi sono abituata a guardare bene in faccia le persone. Quando si parla di te nei suoi occhi passa come un'ombra di rancore. Se lo può evita persino di dire il tuo nome.

ALBERTA.          Eppure, me lo creda, io non le feci nulla di male. Vuole sapere la causa della nostra disputa? Ella non lo crederà. Si ebbe una conversazione sul suo futuro destino! Io non potevo prenderla in casa perché mio marito… sí… Ho tanto da fare che mi sarebbe stato difficile di dedicarmi a Lei. Alice invece dichiarò formalmente ch'essa doveva aprirle la casa sua.

TERESINA          (mortificata). Mi vuole piú bene di quanto avrei creduto.

ALBERTA.          Meno di quanto Ella ora crede. Perché io naturalmente sentendo che Alice riteneva suo dovere di prenderla in casa sua, glielo scrissi io. Queste donne che non fanno nulla abbisognano di molto tempo per scrivere una lettera ed io credevo di farle un piacere scrivendola io in vece sua. Questo ella prese a pretesto per litigare con me (commovendosi) in modo incredibile.

TERESINA.         Mi dispiace d'essere stata io la causa del vostro litigio.

ALBERTA.          Lei non c'entra per nulla. Proprio per nulla. Se essa m'avesse fatta un'osservazione io non mi sarei offesa affatto. Prima voleva la zia Teresina, ora non la vuole piú. È semplice!

TERESINA          (con sforzo). Già! È semplice!

ALBERTA.          Era una cosa che si poteva riparare tanto facilmente. Non vuole Ella ora abbandonare la casa di Alice? E dovrebbe perciò Alice offendersene?

TERESINA.         Certamente, no! Ma ricorda, te ne prego che m'hai promesso di non dire ad Alice ch'io desidero di lasciare questa casa.

ALBERTA.          Non tema zia! Io le offersi anche di riparare all'errore se lo avevo commesso e scriverle. E allora andò fuori dei gangheri e mi disse cose che non dimenticherò piú mai.

TERESINA.         Cosí è vero che tutta la colpa è mia ed io capisco perché Alice mi guardi biecamente.

ALBERTA.          Ma non lo creda, zia! Era un pretesto! Voleva liberarsi di me! Eppoi ora che ha l'amante non ha piú bisogno dei miei soccorsi! E per ringraziamento mi diede un ultimo calcio.

TERESINA.         Sta zitta, te ne prego. (Tendendo l'orecchio.) Eccola! È il suo passo. (Dopo una lieve pausa, entra Alice.)

 

SCENA TREDICESIMA

ALICE e DETTE

 

ALICE                  (ha una lievissima esitazione alla soglia). Buon giorno!

ALBERTA.          Buon giorno, Alice! Ho fatto tardi. Ma giacché ti trovo posso avvisarti che ho deciso di prendere con me la zia Teresina!

ALICE                  (guarda Teresina). Spero bene che la zia non abbia avuto a lagnarsi di me?

TERESINA          (abbassa gli occhi). No! Alberta può dire che a me anzi dispiace di dover abbandonare questa casa.

ALICE.                 E allora chi ve la obbliga?

ALBERTA.          La zia desidera di avere a sua disposizione un giardino e tu non ce l'hai.

ALICE.                 Abitando in terzo piano non potrei avere che un giardino pensile.

ALBERTA.          E nessuno ti fa naturalmente un rimprovero di non averlo. Ma giacché io l'ho è naturale ch'io l'offra alla zia.

TERESINA          (balbettando). Io forse potrei anche fare a meno del giardino fino a quest'estate in cui andrò a Tricesimo.

ALICE.                 Ma no, zia, non faccia complimenti. Io sono convinta che in casa di Alberta Ella si troverà meglio. Io verrò anzi a trovarla come… Alberta viene a trovarla qui.

TERESINA          (sinceramente commossa). Grazie, cara Alice. Ti sono tanto riconoscente di avermi accettata in casa tua.

ALICE.                 Oh! perché mi ringrazia? Io non feci nulla per Lei! (Sinceramente.) Non potrei fare nulla essendo tanto povera.

TERESINA.         Te ne sono tanto grata perché so che tu veramente hai dovuto restringerti per farmi posto.

ALICE.                 L'ho fatto volentieri zia!

ALBERTA.          Dunque, zia, verrò a prenderla nelle prime ore pomeridiane. Arrivederci! (Offre ad Alice la mano guardando altrove, bacia la zia e s’avvia.)

 

SCENA QUATTORDICESIMA

SERENI e DETTE

 

SERENI                (entra quasi di corsa e resta stupito vedendo Alberta e Teresina).

ALBERTA           (stupita scopre subito che il lembo della cortina è fuori della finestra e resta interdetta).

TERESINA          (guarda anch'essa Sereni e la cortina alla finestra e mormora). Quella Clelia.

SERENI.               La signora Bezzi!

ALBERTA           (esitante). Come state?

SERENI.               Mi fa piacere di vedere che siamo in pace… Come sta Carlo?

ALBERTA.          Sta benissimo. Mi domandò anzi di voi e perché non vi si veda mai.

SERENI                (sempre imbarazzato). Ma se mi si attende io non mancherò di venire.

ALBERTA.          E perché dubitare che vi si attende? Una parola di piú e una di meno non possono guastare vecchie amicizie come le nostre.

SERENI.               Grazie! E per dimostrarvi che non aspettavo che una vostra parola per rivedere il mio vecchio amico Carlo, se mi aspettate un istante io ho solo da domandare un'informazione alla signora Alice e sono con voi. Ecco! La signora Carati mi telefonò di venire a domandare un'informazione su una serva che fu in vostro servizio per vario tempo. Essa sa che siamo tanto vicini e volli compiacerla. La serva si chiama… La Carati non sa neppure di certo se fu in vostro servizio!

ALICE                  (dopo un istante di riflessione, con le guance infocate va verso Alberta). Non affaticatevi, Sereni. (A bassa voce ad Alberta coi denti stretti.) Come osasti un tanto?

ALBERTA           (a bassa voce). T'assicuro che io sono perfettamente innocente di tutto questo.

ALICE.                 Non te lo credo! Anche ora che da te non prendo altro denaro, tu credi di avere un diritto in questa casa.

ALBERTA.          Ti ripeto che io non c'entro. Dev'essere stata quella servaccia che mettesti accanto a zia Teresina a fare una cosa simile. Domati ora!

ALICE                  (ad alta voce). Per chi? Per te che sai, per la zia che sa o per noi due che sappiamo?

ALBERTA.          Per me che non voglio sapere. Sereni, vi aspetto questa sera. Io devo correre. Addio. (Via.)

ALICE                  (va alla zia). Lei mi rimerita davvero della bontà ch'ebbi per lei e di cui Ella tanto parlò. Fare la spia in casa mia.

TERESINA.         Oh! ti giuro che non è vero. Te lo giuro! Dev'essere stata quella Clelia! (Terrorizzata.) Te ne prego, Alice, non guardarmi cosí che mi fai male. Tu ora mi odii! Io non ti feci nulla, te lo giuro! (Si cela la faccia singhiozzando.)

ALICE                  (va alla porta a destra). Clelia!

TERESINA          (piangendo). Tu non dirai a Clelia ch'io l'accusai!

ALICE.                 Io non litigo con delle serve.

 .

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 22.30

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