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Biblioteca Telematica

CLASSICI DELLA LETTERATURA ITALIANA

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Un marito

ITALO SVEVO

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ATTO TERZO

 

La stessa scena. Tarda sera.

 

 

SCENA PRIMA

BICE e REALI

 

REALI                  (alla finestra). E ancora non ritorna.

BICE                     (disfatta da lungo pianto). Forse non ritornerà piú.

REALI.                 Non credo alla possibilità di un suo suicidio.

BICE.                    Dio mio! (Spaventata.) Non avevo voluto dirlo ma al suicidio egli piú volte deve aver pensato. Disse parole che significavano tutt'altra cosa ma che non si dicono che quando si ha rinunziato alla vita. (Vedendo che Reali si ritira dalla finestra esclama piena di speranza.) Viene?

REALI.                 No! Come l'ami! Eccoti tutta colorita dall'attesa di rivederlo. Con un simile amore accanto egli è salvo.

BICE.                    Come t'inganni! Se la sua salvezza ha da venire da me, egli, semplicemente, è perduto. Non s'accorge neppure ch'io esista. Quelle mie folli lettere lo agitarono prima di tutto perché gli furono consegnate dalla madre di Clara. Se esse gli fossero state consegnate da altri non avrebbero avuto importanza alcuna per lui. Ne fui punita in modo veramente inatteso.

REALI.                 Povera Bice! Vedendoti in tale stato non ho neppure il coraggio di farti dei rimproveri.

BICE.                    Meriterei la piú forte delle punizioni. Mi disse: Con un solo tratto hai annullata tutta l'opera riparatrice del tempo. E poi ancora: Mi sento come se avessi uccisa Clara da poche ore. Oh! lo avessi lasciato vivere come avrebbe potuto per lunghi anni sempre attento di stordirsi nel lavoro.

REALI.                 Io invece non so preferire un male all'altro. Mi bastarono pochi giorni per indovinare come Federico fosse un uomo infelicissimo. Come era difficile di parlare con lui e specialmente quando si trattava di argomenti un po' elevati di scienza. Ogni parola serena gli sembrava un'offesa.

BICE.                    Cosí che tu condanni Federico per aver ucciso la donna che lo tradí!

REALI.                 Io non condanno, io anzi capisco. Ma lo biasimai vivamente quando trovai che dopo tanti anni egli non sapeva fare di meglio a questo mondo che di continuare ad ammazzare sua moglie ogni giorno una volta. Una dualità bizzarra lottava in lui. Uno dei due esseri che lo componevano ingannava l'altro e cercava d'ingannare anche te che gli parlavi. Io conosco esattamente la storia del suo delitto. Dopo anni d'amore egli scopre il tradimento di Clara che glielo confessa subito. Egli la uccide. Quando lo arrestano lo trovano inebetito dalla passione e dall'orrore. Fin qui egli è un innocente colpito dal destino. Il delitto comincia quando, dinanzi ai giurati, egli si difende col dichiarare il suo diritto d'ammazzare la donna che lo tradí. E da allora lui, l'uomo veramente moderno che fino ad allora aveva ammesso e sentito il diritto di tutti e persino i delitti di tutti, diventa un teorista medievalmente spietato.

BICE.                    Come sei fatto tu! Tanto differente da tutti gli altri.

REALI.                 Chi mi consigliava molto era l'antico Federico Arcetri. Di questi giorni avevano cercato di tirarlo dentro in un bruttissimo affare. La difesa di un uxoricida. Per trattenerlo dall'accettare un simile incarico cercai e trovai un opuscolo pubblicato da lui poco dopo finiti gli studii. È magnifico di entusiasmo; contiene vera scienza enunciata da un poeta. La Morale Scientifica. La citazione sotto il titolo è la sincera sintesi del lavoro: Molto sarà perdonato a chi molto ha amato, ma molto sarà perdonato anche a chi non ha amato affatto.

BICE.                    Strano ch'io non abbia mai visto quest'opuscolo.

REALI.                 Lo cela accuratamente. Ora appena è giunto il momento di farglielo vedere. Egli può perdonare a se stesso tanto piú che appartiene alla schiera di coloro che molto amarono.

BICE.                    Lasciamelo! (Sta per guardare il libro; un rumore alla porta attrae la sua attenzione.) È lui! (Va alla porta; sconfortata.) No! Non ancora.

REALI.                 Vedi! tu lo ami anche cosí! Perché volevi farmi credere quando mi obbligasti di dare il mio consenso al vostro matrimonio che lo amavi di piú perché aveva ucciso una donna? Che perciò egli ti appariva quale un eroe?

BICE.                    Oh! non fu mai tanto eroe come ora nel suo grande dolore.

REALI                  (sorridendo). Si capisce che per te egli potrebbe subire ogni giorno una metamorfosi e restare ogni giorno un eroe.

BICE                     (alla finestra). Quanta gente! Una barella! Oh! lui di certo!

 

 

SCENA SECONDA

FEDERICO e DETTI

 

FEDERICO.        Bice! (Vede Reali ed ha un lieve moto di sorpresa non gradita.) Reali! Tu qui!

REALI.                 Sono rimasto ad attenderti. Mi sono immaginato - forse a torto - che un mio segno d'affetto in tale istante potesse giungerti gradito.

FEDERICO         (gli stringe esitante la mano e guarda Bice con aria di rimprovero). Tu gli hai raccontato la strana scena che t'ho fatta? Già tu Reali avrai capito che stavo poco bene. Tutto mi agita, ma in che modo! Figuratevi che poco fa ho quasi picchiato Augusto! Povero uomo! Dovrò domandargli scusa. (Reali e Bice lo guardano stupiti; egli cerca di rompere tale silenzio che lo turba.) Tu hai ragione, Reali…

REALI                  (rasserenato e con qualche impeto). Ah! io ho ragione? (La sorpresa di Federico lo arresta.)

FEDERICO         (rude). Ma di che cosa credevi ch'io parlassi? Volevo dire che tu hai ragione quando dici ch'io lavoro troppo. Non altro! Indovino quello che tu pensavi al sentirti dare ragione. Tu mi vedevi abbattuto dai rimorsi e disposto di rifiutare quella tal difesa.

REALI.                 Sí! Sí!, Questo pensavo.

FEDERICO.        E tutto ciò in seguito a quanto ti raccontò Bice? Oh! Bice! E tu mi hai creduto? Ma se fosse vero tutto ciò che ti dissi, a noi non resterebbe di far altro che di dividerci! Ti dissi che non ti amavo perché non ti potevo amare e mille altre sciocchezze. Devo essere malato! Adesso, dopo poche ore, vedo dinanzi a me quel breve intervallo di tempo passato con te (ne rabbrividisce) riempito da un dolore irragionevole e piú da una follia completa. Io non ti domando perdono, Bice, perché anche tu hai fallato. Io l'ho già dimenticato! Hai raccontato tutto a Reali?

BICE.                    Sí.

REALI.                 Io so tutto ossia credevo di saper tutto.

FEDERICO.        Naturalmente tutto non puoi sapere. Non puoi sapere come io ora sia grato a mia moglie d'avermi risparmiato tanto dolore e tanto delitto. Vedi dove sta la verità, Reali. Io ora amo mia moglie; l'amo piú che non il primo giorno. (Attira a sé Bice, la quale dubbiosa e sconvolta si lascia fare.) E sono felice, felicissimo.

REALI                  (freddo ma non ironico). Non ne ho mai dubitato io.

FEDERICO         (guarda fisso Reali cercando d'indovinarne il pensiero, poi vi rinunzia, freddo). È vero! Ti dico delle cose che a te non importano.

REALI.                 Non importano? Importano moltissimo. Sai però come io son fatto. Preferisco gli uomini sereni ai felici.

FEDERICO         (stizzito). Ma io sono anche sereno.

REALI.                 Insomma… (Con lieve impazienza) mi fa piacere.

FEDERICO.        E puoi dire a chi incaricò d'invitarmi a non assumere la difesa di… di…

REALI.                 Di Cerigni!

FEDERICO.        Sí! Cerigni! Che io assumerò tale difesa con gioia ed orgoglio. Diglielo, diglielo subito.

REALI                  (alzandosi, stanco). Io preferisco lasciarti il tempo di pensarci su.

FEDERICO.        Non abbisogno di ciò, io.

REALI.                 Farai come vorrai. Vado a fare in fretta alcune ultime visite. Spero di poter essere qui per l'ora di cena, ma non aspettatemi. Addio, Federico.

FEDERICO         (seduto sul sofà gli porge la mano in ritardo come se avesse voluto dirgli ancora qualche cosa).

REALI                  (s'accosta a Bice, a bassa voce). Io spero che la commedia esisterà per me soltanto e ch'egli non desideri altro che di restar solo con te. (Via.)

 

 

SCENA TERZA

FEDERICO e BICE

 

BICE                     (s'avvicina a Federico, dolcemente). Ebbene, Federico.

FEDERICO         (sempre seduto). Ebbene?

BICE                     (dolcemente). Non hai nulla a dirmi?

FEDERICO         (sorridendo con sforzo). Nulla! Solo che le agitazioni di questa giornata mi lasciarono una stanchezza come se avessi percorse cento miglia. Cento miglia! E per di piú carico come un somaro o, meglio, come un cammello. (Si sdraia sul sofà e chiude gli occhi.) Dovresti lasciarmi dormire un pochino prima di cena.

BICE                     (dopo un istante d'esitazione). Tu sei stato dalla signora Arianna?

FEDERICO         (vivamente). Te ne prego, non parliamone. Anche essa appartiene alle agitazioni di questa giornata. Non parliamone piú. Dimentichiamo tutto quanto è successo fra di noi oggi. Da parte mia, facendo ciò, io metto abbastanza generosità; esigo che da parte tua tu sii generosa altrettanto e si ritorni insieme alla calma di prima.

BICE.                    Alla calma? A quella calma? Mai! Se tu volessi impormi una cosa simile io me ne andrei con mio fratello. Io non voglio tutta questa simulazione; non so sopportarla. Potevo sopportare, sí, che tu con una sincerità tale che m'appariva quale una manifestazione d'affetto, mi dichiarassi di non amarmi, di non poter amarmi. Non so sopportare che tu abbia da continuare con me la commedia cominciata dinanzi ad Alfredo. Mi respingi, mi respingi sempre piú lontano da te.

FEDERICO         (rizzandosi vivamente a sedere). E allora voglio dirtelo. Non hai visto quale aspetto avessi quando sono entrato e t'ho chiamata prima di veder Reali? Venivo confidente a raccontarti tutto quanto io avevo pensato dacché t'avevo lasciata. La vista di Reali m'agghiacciò e piú ancora quando appresi che tu gli avevi raccontate tutte le mie debolezze, tutti i miei dubbi.

BICE.                    Ma Alfredo è mio fratello ed anche tuo.

FEDERICO.        Ma la coscienza non ammette fratelli. Io voglio stare solo, solo con la mia. Se ho da discuterla con altri allora non capirò mai niente. Io ammetterei di confidarmi a qualcuno. Forse nella viva parola troverei maggior chiarezza ma questo qualcuno dovrebbe essere una parte di me stesso.

BICE.                    E non lo sono io?

FEDERICO.        Sí! tu potresti esserlo!

BICE.                    Io lo sono! (Con forza.)

FEDERICO         (sorridendo). Basta il desiderio per divenirlo. Povera Bice! (Subito commosso.) Ti adatti a tutto. Chissà quando mi sarà dato di compensarti?

BICE                     (sorridendo esitante e timida.) Basterebbe il desiderio!

FEDERICO.        Non basta! Stammi a sentire! Poi capirai tutto. Io sono stato da Arianna e te ne parlerò poi. Importante è soltanto quello ch'io pensai ritornando a te solitario per le vie dopo di quella visita. Per spiegarmi io debbo raccontarti un'avventura della mia vita. Ero ancora adolescente e malcontento di me e di tutti come tanti altri adolescenti. Studiavo, sognavo ma non mi bastava. Mi pareva ora di valer meno di quanto dovessi, ora di esser considerato da meno di quanto valevo. Non bisogna sorridere di quell'infelicità di certi adolescenti; è addirittura un'infelicità fisica. Somiglia quella ch'io provai fino a poco fa. Allora mi fu dato di liberarmi da ogni oppressione e oggi ne ricordai il modo. Con la piú semplice delle azioni mi liberai dalla tristezza come altri si leva di dosso un peso incomodo. Mi fu dato di salvare un povero vecchio levandolo di sotto alle zampe di un cavallo dal quale era stato travolto. Ne ebbi una ferita all'avambraccio e vi restò una cicatrice che per fortuna talvolta mi duole. Oh! se sapessi quale gioia provai di aver salvato un uomo! Il povero vecchio stupito dal grave pericolo corso, poi dall'impensata salvezza fu infine anche piú attonito dai doni di cui lo colmai. Ma io gli dovevo tanto! Mi parve che da quel giorno fosse cominciata la mia virilità! Fu un'azione quella che persino m'accompagnò e mi diresse nei miei studii.

BICE                     (commossa). So che tu sei buono!

FEDERICO.        Lo sai perché te l'hanno detto, ma quando mi conoscesti buono? Ho tentato io in alcun modo di cancellare il ricordo dell'azione sanguinaria cui fui costretto altrimenti che attendendo quietamente, da buon borghese, ai miei affari? Come se a me, omicida, potesse essere concessa una vita normale! Perciò, perciò provo qualche cosa che tu senz'esitazione chiameresti rimorso. Le furie moderne! È l'aspetto e lo spavento della mia crudeltà che mi sconvolgono. Quando sogno quando medito vedo correr sangue per opera mia. (Con virile risoluzione.) È ora di cancellare quell'azione. Non esiste piú.

BICE                     (con ammirazione). Mi pare di udire Reali.

FEDERICO         (vivamente). No! No! (Poi.) Dimmi: Credi ch'io non pecchi di soverchia vanità ritenendo ch'io, Federico Arcetri, sia uomo tale da poter trascinare col mio esempio i miei simili almeno nella piccola, ristretta cerchia della mia città natale?

BICE.                    Oh! lo credo!

FEDERICO.        Ebbene! Questo esempio deve essere benefico. Sai, Bice. Io sempre ho sentito ch'io vivo oltre che per me, per tutti. Io mi sento una parte dell'organismo mondiale. Ho ucciso Clara e sia! Devo perciò servire d'esempio d'illibato onore; fui persino crudele per salvarlo. Difenderò Cerigni; lo devo difendere e rinnoverò nel suo il mio esempio. (Poi, con entusiasmo.) Ma accanto a tutto ciò io voglio porre dei tesori di bontà, di mitezza. Voglio tentar di lenire ogni dolore in cui mi imbatta; il piú miserabile fra gli uomini mi troverà suo amico entusiasta. Io toccherò colpe e dolori con la stessa mano carezzevole. Anche se m'imbatterò in colpe non confessate, io non domanderò la confessione ma tenterò di lenirne il dolore e il rimorso. Perché a questo mondo non c'è altro d'importante che il dolore. Il torto e la ragione spariscono subito dove nel nostro miserabile organismo comincia il dolore.

BICE                     (con preghiera). Bisognerebbe non difendere Cerigni.

FEDERICO.        Oh! mio fiato sprecato! Non appartiene certo alla bontà abbandonare alla sua sorte questo disgraziato Cerigni che, forse, m'ha imitato. Parlandoti come t'ho parlato mi sentivo gonfiare il petto di gioia e d'orgoglio come quando giovinetto speravo tutto per me e per gli altri, e tu mi avvilisci proponendomi una rinunzia a tutto il mio passato!

BICE                     (abbattutissima). Perdonami!

FEDERICO.        E accetto il mio passato intero. Giacché Arianna vive io voglio darle tutte le soddisfazioni, anche quella di torturarmi. Eppure vedi che parlandotene rimango calmo. Povera vecchia! Essa sí, colpita innocente e da me! (Subito commosso.) Come ho potuto darle tanta importanza, poco fa, parlandotene! Come ho potuto considerarla quale il mio cattivo genio. Mai, mai le augurai la morte. Viva e mi torturi! Vuoi la prova ch'io non le auguro la morte? La trovai febbricitante, in delirio. Una vecchia donna che l'assisteva mi raccontò che il medico non l'aveva ancora visitata. Mi misi alla sua ricerca e lo trovai. Come mi fece bene di cercare quel medico; mi quietai correndo! Quando egli, dopo visitatala, mi disse che nutriva poche speranze sentii un dolore profondo. Era proprio il sentimento con cui si sente annunziare la morte della propria madre. Mi analizzai con voluttà! Rinascevo alla vita! Poi non ebbi cuore di lasciarla sola e andai a chiamare Augusto che le posi accanto. Ora sto arrovellandomi per trovare la persona da metterle accanto. Te lo confesso! Sarei andato volentieri ad assisterla io stesso. Ma io non so! Ho già provato! Io non so né sostenere dolcemente né porgere a delle labbra paralizzate a mezzo il refrigerio della medicina. L'aspetto di un delirio mi terrorizza. Oh! se questi ammalati sapessero dire: Voglio questo, voglio quello; allora saprei. Ma cosí… Voi donne avete invece la facoltà d'indovinare… (Stiracchia le parole.)

BICE                     (con ribrezzo). Oh! Federico!

FEDERICO         (la studia, poi, risoluto). Sia come non detto!

BICE.                    E se questa donna, uscita dal delirio, trovasse accanto al suo letto me ch'essa sopra tutto odia, non potrebbe averne una scossa da farla morire?

FEDERICO         (negando sprezzantemente). Oh! (Poi.) Ma non parliamone piú! Tu provi del ribrezzo per quella povera donna, dunque non sarebbe certo te ch'io metterei a lei da canto. (Pausa.)

BICE                     (meditabonda). Almeno potessi comprendere quello che tu senti.

FEDERICO.        Eppure ti dissi a chiare note quello ch'io sento.

BICE.                    Sí! Ma quando mi dicesti che avendo quella lettera, prova della mia innocenza, ti saresti quietato, parlavi anche a chiare note.

FEDERICO         (gridando). Ma io ora non domando piú di essere quietato perché io sono quieto e sereno. Quieto e sereno! (Si costringe alla calma.) Io ho la mia via chiaramente delineata dinanzi e non ho dubbi. Io sono sereno! Naturalmente posso spazientirmi al vedermi creare intorno delle difficoltà che veramente non avevo previsto. Dovevi comprendere che la bontà mia ch'io cerco, ch'io voglio doveva cominciare da Arianna. Non vuoi seguirmi? Farò da solo.

BICE                     (esitante). Io vorrei seguirti.

FEDERICO.        L'idea di condurti al letto di Arianna mi fu suggerita da lei stessa. Vedeva Clara, te e me e lei stessa su di un'erta che l'affannava e la faceva piangere. Non pare neppure che una tale immaginazione possa essere stata creata da un delirio. Corrisponde in modo meraviglioso al mio proposito di pace. E la mia pace cominciava là, a quel letto. Col tuo aiuto avrei potuto mitigare gli ultimi anni di vita di quella povera donna. Nell'opera d'amore ci saremmo ritrovati anche noi due. Dove vai? (A Bice che s'avvia per uscire.)

BICE.                    A vestirmi per uscire con te.

FEDERICO         (con entusiasmo). Aspetta! Aspetta prima! L'opera di riparazione comincia qui; lascia ch'io ne gusti ogni fase. (Prendendole la mano che bacia piú volte.) Grazie! Grazie! Grazie!

BICE.                    È inutile, Federico! Io resto l'ultima nel tuo pensiero.

FEDERICO.        Oh! non rimproveri, ora! Non sei l'ultima, tu, in nessun luogo, se sai essere tanto buona.

 

 

 

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Edizione HTML a cura di: mail@debibliotheca.com
Ultimo Aggiornamento:13/07/2005 23.52

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